CASERTA
Giovedì 9 febbraio 2023 – Ore 15.00
Sala Carlo III
Edificio Conferenze
Grand Hotel Vanvitelli
viale Carlo III
San Marco Evangelista
Presentazione del volume “Vittima innocente. Un errore giudiziario. Il caso di Alfonso Bolognesi” di Raffaele Gaetano Crisileo, con il patrocinio morale del Formed
Saluti istituzionali
On. Gennaro Oliviero – Presidente del Consiglio Regionale della Campania
Prof.ssa Vittoria Ponzetta – Presidente del Formed (Ente di Formazione, Didattica e Cultura, in convenzione con diverse Università italiane)
Testimonial
Prof. Patrizio Gonnella – Accademico e giurista, Presidente Nazionale di Antigone, Esperto del Consiglio d’Europa
Intervengono
Dott.ssa Susanna Marietti – Giornalista (cura e conduce la trasmissione radiofonica settimanale Jailhouse Rock), Coordinatrice Nazionale di Antigone
Prof.ssa Mena Minafra – Ricercatrice Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvivelli”
Prof. Raffaele Santoro – Professore associato Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvivelli”
Dott. Roberto Malinconico – Psicologo-Psicoterapeuta
Conduce
Ilenia Petracalvina – Giornalista de La vita in diretta su Rai 1
Presenti
Maresciallo Alfonso Bolognesi
Avv. Dott. Raffaele Gaetano Crisileo
Dopo l’anteprima nella trasmissione televisiva Storie Italiane su Rai 1del 20 dicembre 2022, ora avviene la prima presentazione in Terra di Lavoro del libro drammatico e giuridico insieme dell’Avv. Dott. Raffaele Gaetano Crisileo, Cavaliere di Merito dell’Ordine Costantiniano, dal titolo Vittima Innocente. Un errore giudiziario. Il calvario giudiziario di Alfonso Bolognesi (Edizioni Saletta dell’Uva 2022, 321 pagine), con la Prefazione del Prof. Patrizio Gonnella, Presidente Nazionale di Antigone, l’associazione che dal 1991 lavora alla promozione dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario.
Questa storia vera di un clamoroso caso di errore giudiziario, raccontata in questo volume, continua a commuovere gli Italiani per la singolarità del caso, l’odissea del comandante della Stazione dei Carabinieri di Pinetamare di Castel Volturno, il maresciallo Alfonso Bolognesi. Accusato da un pentito di mantenere rapporti con la camorra, fu arrestato, sottoposto per 14 anni a tre procedimenti penali e condannato, per uno di questi, dopo 7 gradi di giudizio. È stato in carcere per 3 anni e 6 mesi (con altri 6 mesi trascorsi in lavori socialmente utili). Poi in fase di revisione è stato riconosciuto innocente e definitivamente assolto. In tutti questi anni, Bolognesi è stato seguito dal penalista casertano, che ha poi scritto il libro. Bolognesi è rientrato in servizio nell’Arma per soli due mesi, perché ai primi febbraio andrà in pensione per raggiunti limiti di età. E allora ci si chiede: chi lo ripagherà dei 14 anni di vita che gli sono stati ingiustamente sottratti? Questo è uno dei temi del dibattito.
NOLA
Lunedì 13 febbraio 2023, ore 18.30
Basilica cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo e Santi Felice Vescovo Martire e Paolino
piazza Duomo
Santa Messa in occasione del 162° anniversario della Capitolazione della Fortezza di Gaeta del 13 febbraio 1861, in suffragio di tutti i caduti del Regno delle Due Sicilie ed in ricordo dell’incendio doloso della cattedrale di Nola avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 1861
Presiede Don Domenico De Risi, parroco della cattedrale
Concelebrano i Cappellani Costantiniani Don Sebastiano Bonavolontà, Don Carlo Giuliano e Don Carmine Sbarra
L’assedio di Gaeta tra il 5 novembre 1860 ed il 13 febbraio 1861 fu uno degli ultimi fatti d’armi delle operazioni di conquista dell’Italia meridionale nel corso del Risorgimento italiano. La Città di Gaeta, al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, era difesa dai soldati dell’esercito delle Due Sicilie, ivi arroccati dopo la Spedizione dei Mille e l’intervento della Regia Armata Sarda. La caduta di Gaeta, insieme con la successiva presa di Messina e di Civitella del Tronto, portò alla proclamazione del Regno d’Italia.
Il 13 febbraio 1861 nella villa reale dei Borbone (già villa Caposele, attualmente Villa Rubino, a Formia) venne firmato l’armistizio. Alle ore 18.15 le artiglierie di entrambi gli schieramenti cessarono le ostilità, entrando in vigore il cessate il fuoco a seguito della firma della capitolazione, e la guarnigione di Gaeta uscì dalla piazzaforte con l’onore delle armi.
La cittadella di Messina si arrese a Garibaldi dopo due mesi, il 12 marzo e Civitella del Tronto – ultima roccaforte dell’esercito duosiciliano – riuscì a resistere all’esercito piemontese con 530 uomini appartenenti ai diversi corpi (gendarmeria, fanteria di riserva, reali veterani, artiglieria) con 21 cannoni, 2 obici, 2 mortai e 1 colubrina in bronzo del museo, fino al 20 marzo 1861. Dopo due giorni di terrificanti bombardamenti – 7.860 proiettili per 6.500 kg di polvere utilizzata – i Piemontesi riescono ad entrare attraverso una breccia. Finisce il Regno delle Due Sicilie.
La basilica cattedrale di Nola, dedicata a Santa Maria Assunta in Cielo e ai Santi Felice Vescovo Martire e Paolino conserva le spoglie di San Paolino trafugate dal complesso paleocristiano di Cimitile tra il IX e X secolo dai longobardi e trasportate prima a Benevento e poi a Roma, ritornate a Nola soltanto nel 1909. Una cappella conserva le spoglie in un’urna bronzea mentre sull’altare maggiore svetta l’Immacolata Concezione fatta in cartapesta secondo l’artigianato tipico della città, famosa a livello internazionale per la festa dei Gigli come molti dettagli in essa presenti, gli angeli reggicero e il soffitto a cassettoni. L’opera è stata realizzata in collaborazione con manovalanza leccese.
La cattedrale sorge in piazza Duomo dove su lato sinistro è visibile la statua dedicata all’imperatore Augusto legato al territorio nolano, nel punto in cui si costruì la basilica inferiore intorno alla sepoltura del corpo di San Felice Vescovo e Martire, mai ritrovato. La facciata è preceduta da un portico con cinque arcate sorrette da colonne in marmo.
La chiesa collega i due momenti storici, dalla fine del Trecento quando venne costruita per volere del Conte Niccolò Orsini al di sopra delle strutture più antiche relative alla basilica inferiore in cui sono ancora visibili una croce gemmata di V-VI secolo ed un altorilievo con Cristo fra gli apostoli di XIII secolo. Distrutta più volte durante i secoli, è una costruzione moderna, edificata tra il 1869 e gli inizi del Novecento su progetto dell’architetto Nicola Breglia in stile neorinascimentale: essa fu inaugurata nel maggio 1909 con la traslazione delle reliquie di San Paolino.
La nuova costruzione fu necessaria a causa del devastante incendio che avvenne nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 1861, ad opera di facinorosi rivoluzionari e massoni. La cattedrale fu prima saccheggiata e poi incendiata, quando la capitolazione della Fortezza di Gaeta era già concordata e firmata, e ne era giunta la notizia anche a Nola.
L’incendio doloso distrusse completamente l’antica chiesa gotica; di essa si salvarono soltanto alcuni manufatti, le statue dei santi patroni, la cripta, la cappella e la statua dell’Immacolata.
Nel marzo del 1954 Papa Pio XII l’ha elevata alla dignità di basilica minore.
CASTELLAMARE DI STABIA
Sabato 25 febbraio 2023, ore 18.30
Concattedrale di Santissima Maria Assunta e San Catello
via Monsignor Vincenzo Maria Sarnelli 2
Santa Messa
Presiede Mons. Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia
Concelebra Don Antonio De Simone, parroco della concattedrale
Dopo la Celebrazione Eucaristica sarà presentato il Crocifisso restaurato con il contributo della Delegazione di Napoli e Campania
Durante la Rivoluzione francese i repubblicani piantarono il primo “albero della libertà” nel 1790, a Parigi. Gli “alberi della libertà” vennero successivamente piantati in ogni municipio di Francia e in altri Paesi. Andando indietro nella storia apprendiamo, che gli invasori francesi e le repubbliche giacobine imposero ovunque. Durante la rivoluzione napoletana del 1799 gli invasori francesi e i giacobini locali imposero anche nelle città e nei paesi del Regno di Napoli, gli “alberi della libertà” della “religione” rivoluzionaria. Nelle intenzioni dei rivoluzionai avrebbero dovuto soppiantare il Cristianesimo. Questi simboli paganeggianti furono piantati generalmente nelle piazze principali, spesso provocatoriamente di fronte alla chiesa principale delle città e dei paesi. I rivoluzionar giacobini volevano che l’albero sostituisse ovunque il Crocifisso.
Gli odiati simboli dell’oppressione ideologica giacobina venivano abbattuti dalla popolazione, non appena le milizie francesi, unico reale sostegno del governo giacobino, abbandonavano il paese o la città. Al ritorno dei governi legittimi, nei luoghi dove erano stati eretti tali alberi, vennero posti Crocifissi, in origine in segno di riparazione con “funzione redimente o di bonifica religiosa”. Quindi, lo scopo originario era il risanamento dell’offesa giacobina sgradita al clero e al popolo. Da quel momento in poi, i Crocifissi divennero un vero e proprio punto di riferimento e oggetto di culto per la popolazione stabiese.
S.M. Ferdinando IV, ritornato sul trono di Napoli, donò in tutto il Regno vari Crocifissi, a grandezza naturale, fatti dipingere su legno, da erigersi ad espiazione dei sacrileghi “alberi della libertà”. Il documento che lo attesta, custodito nell’Archivio Storico della chiesa del Purgatorio, è una delibera in data 14 luglio 1799. In essa si attesta che a Castellammare di Stabbia vi fu una imponente processione durante la quale furono piantate dei Crocifissi «nei luoghi ove v’erano piantati l’Infami Alberi della perfida e sedicente Repubblica (…), sì per rendere ringraziamento al Signore Iddio per la grazia fatta (…), sì per ratificare l’attaccamento all’amabilissimo (…) Sovrano, per inneggiare infine al Santo Protettore per aver ottenuto da Dio di non morire abbruggiati dal fuoco del cannone e Bombe minacciavano li perfidi infami Giacobini».
Il Crocifisso più grande tra quelli donati da Re Ferdinando IV a Castellamare di Stabia, giaceva in un deposito della concattedrale. Fu riscoperto grazie all’interessamento del Dott. Luigi Esposito, Socio corrispondente dell’Accademia di Scienze Forestali, che ne ha ricostruito la storia.
Nel 2021, il Dott. Esposito ha mobilitato un gruppo di volenterosi fedeli stabiesi per la raccolta dei fondi necessari al restauro, a cui si è aggiunta la sponsorizzazione della Delegazione di Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata dal Delegato, il Nob. Manuel de Goyzueta dei Marchesi di Toverena e di Trentinara, Cavaliere di Giustizia, unitamente all’interessamento del Nob. Prof. Gianandrea dei Baroni de Antonellis.
Questo sforzo e buona volontà ha portato al recupero di un’opera così particolare spiritualmente e storicamente significativa, con ilrestauro conservativo effettuato dalla Dott.ssa Maria Consiglia Stile, collaboratrice della Soprintendenza alle Belle Arti.
Completato l’importante intervento, giovedì 18 novembre 2021 il Crocifisso ha ritrovato il suo originario alloggiamento, posizionato nel nartece della concattedrale di Maria Santissima Assunta e San Catello, rivolto verso la piazza principale di Castellammare di Stabia, a protezione ideale dell’intera città. Così, dopo tanti anni di oblio, fu restituito alla venerazione dei fedeli il Crocefisso con il volto della Sacra Sindone, con il beneplacito di Mons. Francesco Alfano, Arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia; Don Antonino D’Esposito, l’allora Parroco della concattedrale (a cui è succeduto Don Antonio De Simone, che ha fatto il suo ingresso canonico il 16 ottobre 2022); e Don Pasquale Vanacore, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali, Cappellano dell’Ordine Costantiniano.
Il Dott. Esposito ha spiegato che «circola voce che l’artigiano che lo dipinse volle rifarsi a misure e fattezze della Sacra Sindone della quale all’epoca cominciavano a circolare delle raffigurazioni. Se ciò fosse vero, così come parrebbe dai bozzetti, questo Crocefisso avrebbe un valore mistico anche superiore a quello che si stimava, che era di entità storica ed evocativa di una battaglia per il cristianesimo che continua ai nostri giorni, anche con l’impegno che è stato profuso per questo restauro e il suo riposizionamento all’ingresso della concattedrale di Castellammare di Stabia».
Sulla targa che è stata posta il 11 ottobre 2022 ai piedi del Crocifisso è scritto Regnavit a ligno Deus (Dio regnava da un legno). È un verso tratto dal Vexilla regis, l’inno le cui parole sono tratte dal poemetto composto da Venanzio Fortunato in occasione dell’arrivo della reliquia della Vera Croce a Poitiers. Viene principalmente cantato il Venerdì santo in onore della Santa Croce, nella ricorrenza della festa, ormai soppressa, della Invenzione della Croce (3 maggio), e nella celebrazione della Esaltazione della Santa Croce (14 settembre). L’inno ha sempre avuto una grande importanza nella storia della musica. Veniva tradizionalmente cantato nelle processioni precedute dalla Croce. Celebre l’esecuzione con coro a cappella, che accompagna la processione del Santo Legno e del Cristo Morto il venerdì santo a Mola di Bari, e del Cristo Morto e della Pietà a Molfetta, e a Barcellona Pozzo di Gotto. Il Vexilla Regis è stato anche l’inno dell’Esercito Reale e Cattolico che nel 1793 combatté i rivoluzionari in Vandea.
Regnavit a ligno Deus significa che la Croce è il trono dal quale Dio regna. Il nostro Dio non è un re che governa le nazioni con la violenza, la forza, l’intimidazione o la punizione, ma con la fragilità e la debolezza dell’amante. Chi ama è debole e si lascia possedere, si consegna all’amato e alla sua libertà, si lascia tradire. Il verbo tradire infatti significa consegnare. “Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di croce. Per questo, Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e negli inferi; ed ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore” (Fil 2,8-11).
Ecco qui il mandato che viene dalla Croce. Se dalla Croce Dio regna con la legge dell’amore gratuito, così è la consegna fatta a noi: se io che sono Maestro e Signore vi ho lavato i piedi così fate anche voi gli uni agli altri. Per salvare il mondo e per salvare noi stessi è necessaria proprio la nostra croce. Specialmente in questa nostra epoca, caratterizzata dalle guerre in tutte le parti del mondo, sono necessari il messaggio e l’esempio della mortificazione e del sacrificio che sta in ginocchio. Oggi è tempo della necessità del Vangelo risplende con forza, della Verità tutta intera. Oggi è tempo dei cercatori della Verità che non si riempiono la bocca di stupidità mediatica, ma cercano il linguaggio di Dio, nel quotidiano cammino dietro a Gesù. Lui dalla Croce regna, noi nella sua Croce viviamo la gioia del Vangelo: Signore tu sai che ti amo.
Per ulteriori informazioni e fotografie è possibile consultare l’articolo Il Crocifisso col volto della Sacra Sindone. Dono di Ferdinando IV di Borbone a Castellammare di Stabia di Vik van Brantegem del 12 ottobre 2022 nel Blog dell’Editore su Korazym.org [QUI] (da cui sono state tratte le informazioni qui riprese).