Presentato a Palermo il volume «Il complesso architettonico “Castello di Caronia”»

Nel pomeriggio di venerdì 3 febbraio 2023, presso l’Oratorio dei Santi Elena e Costantino a Palermo, sede della Fondazione Federico II, presieduta da Gaetano Galvagno. Presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana e guidata dal Direttore Generale, Dott.ssa Patrizia Monterosso, si è tenuta la presentazione dell’opera letteraria di studio e ricerca Architetture Normanne in Sicilia: Il complesso architettonico “Castello di Caronia” del Nob. Prof. Salvatore Bordonali, Cavaliere di Gran Croce di Giustizia, Delegato della Sicilia Occidentale del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

Il volume fa parte di una nuova collana editoriale I focus della Fondazione Federico II, tenuta a battesimo proprio con questo volume di Bordonali.

Il complesso architettonico dedicato ai Santi Elena e Costantino a Palermo venne costruito nel 1587, ma già nel 1700 le fabbriche avevano subito notevoli trasformazioni con l’aggiunta dell’Oratorio del primo piano, famoso per il suo pavimento di maioliche che rappresentano nel riquadro centrale la Battaglia di Costantino (recentemente attribuita alla bottega dei Sarzana, 1760).

All’Oratorio si accede ancora oggi dallo scalone presso il cortile. Dopo il restauro, tutti gli ambienti del primo piano e in particolare il vano oratoriale hanno riacquistato l’antica distribuzione spaziale e ornamentale, la balconata della cantorìa e altri arredi lignei sono conservati musealmente tra i modernissimi arredi che connotano l’aula della ex-chiesa, oggi adibita a sala di eventi, dopo che tutto il complesso, restaurato, ha mutato la sua funzione d’uso divenendo sede della Fondazione Federico II.

A presentare e discutere l’opera di Bordonali i docenti Giovanni Travagliato, Emanuela Garofalo, Antonino Giuffrida (da sinistra a destra nelle foto) e Marco Rosario Nobile (essendo assente perché influenzato, la sua relazione è stata letta).

Ha concluso i lavori l’autore con un intervento di cui riportiamo di seguito la sintesi.

«Anzitutto un grazie alla Fondazione Federico II, al suo Presidente e in particolare a Patrizia Monterosso. Siamo stati entrambi di parola! Quando alcuni anni or sono le ho confidato che stavo scrivendo un libro a mio avviso meritevole d’essere pubblicato, Lei mi ha risposto che ne era certa e che sarebbe stata ben lieta di presentarlo nei locali della Fondazione.

Naturalmente un grazie ai relatori qui presenti: Ninni Giuffrida, che tanto tempo fa mi ha aiutato nell’apprendere la paleografia, Marco Rosario Nobile, che ha accolto con entusiasmo la pubblicazione del volume, Emanuela Garofalo per le puntuali affermazioni, e Giovanni Travagliato, che apprezzo da tanto tempo e che suggerisce una diversa dedicazione della Cappella Palatina, a mio avviso ancora non definitiva, tanto che prudentemente ho collocato nelle due absidiole, rispettivamente a destra e sinistra, la Madonna e San Pietro.

Un grazie ancora al pubblico per quantità e qualità intervenuto molto oltre alle mie aspettative: è per me motivo di compiacimento e di riflessione.

Ogni libro porta il nome dell’autore, ma tutti sappiamo quanto questo sia tributario di altri apporti, disseminati nel tempo e i cui nomi ora sfuggono. Ma riferendomi a quelli più vicine desidero esprimere un grazie a Elvira Lima Brodersen per avermi aiutato a rivedere il testo e a Roberto D’Angelo che mi ha permesso d’impostarlo nel modo che vediamo; ma soprattutto a Luisa, mia moglie, che mi ha consentito, quasi senza fiatare, d’inondarle la casa di libri.

Rispondo ora alla domanda che Nobile mi aveva anticipato, quando e come era sorta l’idea di scrivere questo volume. In realtà, non avevo intenzione di scriverlo (anche se Wolfgang Krönig mi disse un giorno che il prossimo sarei stato io a scriverlo, ma non l’ho preso sul serio). Tuttavia ho sempre raccolto il materiale relativo a quel XII secolo in cui la Sicilia era un centro della cultura. Così, in occasione della pandemia ho chiesto a me stesso cosa farne. Seguire l’esempio di Omar XIII (quello che bruciò la biblioteca di Alessandria)?

Mi sono messo a scrivere.

Nel percorso che si andava delineando, ho assunto come punto di partenza il complesso di Caronia già “restaurato”, cioè nello stato in cui lo ha restituito alla collettività Lelio Castro – senza del quale oggi non saremmo qui riuniti -, ripristinando tutto quanto si poteva dello stato originario. Assumendo questo dato come acquisito, mi sono avventurato in una riflessione più ampia, nella ricerca del percorso ideale sotteso nelle realizzazioni architettoniche dei Normanni in Italia e poi in Sicilia. Ho cercato di riguardare i manufatti come se fossero un tipo di scrittura, diciamo degli ideogrammi tridimensionali. Quindi, da considerare sullo stesso piano dei documenti scritti, seppure con i dovuti accorgimenti.

Devo dire, che nel corso dell’iter seguito ho rivalutato il ruolo svolto dalla committenza, ma anche quello delle popolazioni locali, che vi hanno lasciato un segno ben riconoscibile grazie a quella committenza propensa a valorizzarle. Non semplice spirito di conquista. E quando altri distruggevano e cercavano di cancellare i segni del passato, loro, senza alcun pregiudizio di tipo ideologico, studiavano quanto potesse riuscire funzionale all’assetto nuovo che andavano a instaurare e al programma edilizio di ricostruzione su vasta scala: dal piano strategico a quello dell’epifania del potere, che da un canto si legittimava da sé medesimo ma che cercava anche una sponda nelle istituzioni allora esistenti, con l’intuizione di rivolgersi al Papa, non ancora definito dominus mundi ma le cui deliberazioni non era nessuno in grado di riformare.

Una lezione per molti versi attuale, pur nella consapevolezza che gli antichi non ragionavano con la nostra testa e che si deve evitare l’errore di leggere il passato con le categorie del presente; cioè senza il difficile tentativo di contestualizzare soggetti e oggetti.

Tutto questo sta scritto (anche) nelle pietre del complesso di Caronia, nei vari aspetti in cui si articola in fortificazione, palazzo residenziale e cappella.

Il primo quesito che mi sono posto è quello sulla possibilità stessa che un complesso di questo tipo potesse sorgere, con le caratteristiche concettualmente elaborate che presenta, in un luogo tanto decentrato rispetto alla Capitale dell’Isola. Occorreva ricercare un periodo storico e un personaggio adatto a colmare la lacuna. E ho trovato una spiegazione plausibile nell’ipotesi che il committente fosse proprio Ruggero II, attento alle ragioni pratiche e nello stesso tempo predisposto al sincretismo, come dimostra la sua attenzione a preservare l’esistenza di una vasta rete di commerci che faceva capo alla Sicilia islamica e non solo, e al contempo a sperimentare in modo consapevole combinazioni inedite di elementi eterogenei: ma Ruggero è anche quello che aveva vissuto dall’infanzia in quei luoghi, dimora abituale della madre Adelaide del Vasto: esattamente in quel tratto di terra del Valdemone (si tramanda che Ruggero parlasse il greco) che si vede guardando da San Marco d’Alunzio verso il mare: da Capo d’Orlando a Cefalù, e in posizione più arretrata a Caronia, giungendo alla conclusione che la vicinanza non era tanto quella dei luoghi quanto quella sul piano psicologico e personale.

Forse coglie nel vero l’idea che mi sono fatto e che propongo al lettore di un Ruggero, non ancora re, che dall’alto della collina guarda il cantiere della chiesa fortezza di Cefalù in costruzione, dove a un certo punto, avendo acquisito la Corona, trasforma l’edificio in Mausoleo dinastico; e nello stesso tempo, avendo concepito una sua idea di Stato Cristiano, accentrato e in tal senso moderno, decide di trasporre in una cappella appositamente concepita l’ideologia del Regno di Sicilia, della combinazione del Sacrum Palatium di derivazione bizantina inscindibilmente legato a una luogo di culto cristiano, che però è sintesi dei due principali riti allora presenti nel territorio, il greco e il latino. Con l’ulteriore affascinate ipotesi (e qui lo dico solo sottovoce), che a Caronia non si tratta di una replica di un modello già definito ma di un prototipo o, piuttosto d’un esperimento riuscito».

Nelle foto sopra il complesso architettonico “Castello di Caronia” nel Messinese, una delle costruzioni più importanti dell’architettura normanna della Sicilia, come asserisce autorevolmente Wolfgang Krönig nel suo volume “Il Castello di Caronia in Sicilia. Un complesso normanno del XII secolo” (Edizioni dell’Elefante 1977). Fu interamente restaurato negli anni 1965-70 dall’Avvocato Lelio Castro, che lo acquistò nel 1939 dai Principi Pignatelli. È tuttora abitato dai suoi eredi.

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