La Delegazione Lombardia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio comunica che giovedì 9 novembre la Santa Messa mensile nella Chiesa di San Sepolcro delle ore 18.45 verrà celebrata dal Cappellano di Delegazione Mons. Federico Gallo, Cavaliere Jure Sanguinis.
Alla Santa Messa seguirà l’avvio di un Ciclo di Incontri sulla Nobiltà in memoria del compianto Presidente delle Real Commissioni per l’Italia e per la Serenissima Repubblica di San Marino, il Duca Don Diego de Vargas Machuca.
Questo Ciclo si aprirà con la relazione della Prof.ssa Maria Malatesta del Dipartimento di Storia, Culture, Civiltà dell’Università di Bologna, sul tema La nobiltà italiana novecentesca: decadenza o resilienza?
Il principale settore di ricerca della Prof.ssa Malatesta sono le élites italiane ed europee, aristocratiche e borghesi, terriere e professionali, anche in una prospettiva di genere, dal primo Ottocento a oggi. Ha appena concluso una ricerca sulla nobiltà italiana fascista e sulle élites cattoliche femminili tra le due guerre. Sta attualmente lavorando allo studio della difesa nei processi alle Brigate rosse e al “modello” della professione forense italiana dall’Ottocento a oggi.
Tra le pubblicazioni della Prof.ssa Malatesta: Le aristocrazie terriere nell’Europa contemporanea (Laterza 1999, pp. 200), Professionisti e gentiluomini. Storia delle professioni nell’Europa contemporanea (Einaudi 2006, pp. XVI-400), Storia di un’élite. La nobiltà italiana dal Risorgimento agli anni Sessanta (Einaudi 2022, pp. XXII-338). Ha curato Storia d’Italia. Annali, Vol. 10:I professionisti (1996, pp. XXXII-781 con tavole a colori fuori testo), Un monopolio imperfetto. Titoli di studio, professioni, università (sec. XIV-XXI) (CLUEB 2016, pp. 224, con Maria Teresa Guerrini e Regina Lupi), L’ invenzione della fiducia. Medici e pazienti dall’età classica a oggi (Viella 2021, pp. 228).
La nobiltà italiana fu un’élite che conservò fino al Novecento alcuni elementi fondamentali della sua cultura, quali la famiglia e la riproduzione all’interno del proprio ceto contraendo matrimoni che solo in misura relativa riguardarono partners borghesi. A fronte di un declino complessivo della sua presenza dentro le istituzioni politiche che riguardò tutta l’Europa, nella nobiltà italiana si formò una super élite formata da circa 200 famiglie che restarono al potere dal 1861 al 1943 trasmettendolo al loro interno lungo le linee della parentela. Da questo punto di vista, la nobiltà italiana ebbe una capacità di resilienza e di riconversione assai elevata adeguandosi ai cambiamenti di regime e conservando al tempo stesso i propri tratti culturali.
Il libro Storia di un’élite. La nobiltà italiana dal Risorgimento agli anni Sessanta studia la nobiltà come un’élite della quale ricercare i caratteri dominanti, i meccanismi di riproduzione familiare e di gestione del potere, la capacità di adattarsi e di reinventarsi di fronte ai mutamenti che hanno scandito la storia italiana dal Risorgimento alla Repubblica. Avvalendosi di un modello statistico di 1500 individui, della consultazione di numerosi archivi pubblici e privati e di una scrittura che incrocia l’approccio biografico con l’analisi quantitativa e che utilizza anche la comparazione con altri casi europei, il volume arriva a conclusioni che ribaltano molte opinioni correnti.
L’analisi del volume Professionisti e gentiluomini. Storia delle professioni nell’Europa contemporanea privilegia il campo legale e quello contabile, i medici e gli ingegneri: professioni di cui è sottolineato il ruolo «costituzionale» esercitato nella costruzione e nelle trasformazioni dell’Europa contemporanea. L’autrice prende in esame, oltre all’Italia, anche Gran Bretagna, Francia e Germania. Quest’approccio comparativo tra le singole professioni in differenti contesti nazionali permette di rilevare interessanti elementi di somiglianza e discontinuità, particolarmente visibili nel momento in cui si affronta la questione femminile. La storia delle professioni infatti è stata anche una storia di esclusione di genere, risoltasi oggi con la femminilizzazione della maggior parte delle professioni, anche di quelle che furono una roccaforte maschile inespugnabile. La chiave di lettura del volume sta nel concetto di mutamento professionale e nei fattori che lo hanno provocato: endogeni (motivi di status, ricerca di legittimazione), ma anche esogeni, che si concentrano nei momenti di crisi (rivoluzioni, guerre, regimi totalitari, emergenze economiche). Oggi è il mercato ad agire come elemento di trasformazione profonda, sia culturale che organizzativa, delle professioni, equiparate sempre più, nella rappresentazione collettiva, a imprese. Il volume si chiude discutendo l’approccio apocalittico che proclama la fine del ruolo civile delle professioni e il loro allineamento su valori mercantili, mettendo a confronto le derive affaristiche con le storie di altruismo e volontariato che ancora sono presenti all’interno di questo settore.