14.09.2020 - I Cavalieri Costantiniani celebrano a Viterbo l’Esaltazione della Santa Croce
Il 14 settembre è il giorno della festa liturgica dell'Esaltazione della Santa Croce, una delle feste del Sacro Militare Ordine Costantino di San Giorgio, che ha tra i suoi scopi statutari la “glorificazione della Croce”. Oggi, nella ricorrenza della festa che evoca la Croce come segno e strumento della nostra salvezza, fonte di santità e simbolo rivelatore della vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte, i Cavalieri e i Volontari della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, hanno recitato una speciale preghiera nella Cappella Costantiniana della Chiesa della S.S. Trinità in Viterbo.

Lo splendido Crocifisso ligneo del XVI secolo venerato nell'oratorio della S.S. Trinità è stato restaurato a cura della stessa Delegazione ed esposto nuovamente al culto l'8 aprile 2018, nel corso di una solenne cerimonia tenutasi alla presenza di S.A.R. il Serenissimo Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa di Borbone delle Due Sicilie, Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.

La festa in onore della Santa Croce venne celebrata la prima volta nel 335, in occasione della Crucem sul Golgota e quella dell'Anàstasis, cioè della Risurrezione. La dedicazione avvenne il 13 dicembre.
Col termine di "esaltazione", che traduce il greco hypsòsis, la festa passò anche in Occidente. A partire dal secolo VII, essa voleva commemorare il recupero della preziosa reliquia fatto dall'Imperatore Eraclio nel 628. Della Croce trafugata quattordici anni prima dal Re persiano Cosroe Parviz, durante la conquista della Città santa, si persero definitivamente le tracce nel 1187, quando venne tolta al Vescovo di Betlem che l'aveva portata nella battaglia di Hattin.
La celebrazione odierna assume un significato ben più alto del leggendario ritrovamento da parte della pia madre dell'imperatore Costantino, Elena. La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della Croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione: Cristo, incarnato nella sua realtà concreta umano-divina, si sottomette volontariamente all'umiliante condizione di schiavo (la Croce, dal latino Crux, cioè tormento, era riservata agli schiavi) e l'infamante supplizio viene tramutato in gloria imperitura. Così la Croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.
La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è la semplice presentazione di "Cristo crocifisso". Il cristiano, accettando questa verità, "è crocifisso con Cristo", cioè deve portare quotidianamente la propria croce, sopportando ingiurie e sofferenze, come Cristo, gravato dal peso del patibulum (il braccio trasversale della croce, che il condannato portava sulle spalle fino al luogo del supplizio dov'era conficcato stabilmente il palo verticale), fu costretto a esporsi agli insulti della gente sulla via che conduceva al Golgota.
Le sofferenze che riproducono nel corpo mistico della Chiesa lo stato di morte di Cristo, sono un contributo alla redenzione degli uomini, e assicurano la partecipazione alla gloria del Risorto.