La Delegazione della Tuscia e Sabina onora la Madonna del Carmelo a Viterbo

La celebrazione di Santa Maria del Monte Carmelo è la festa di quanti in qualsiasi modo sono uniti al Carmelo per riconoscere la Vergine...

La celebrazione di Santa Maria del Monte Carmelo è la festa di quanti in qualsiasi modo sono uniti al Carmelo per riconoscere la Vergine Santissima quale dispensatrice di ogni grazia, via e aiuto nell’arduo cammino verso la salvezza.

Anche quest’anno la Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è stata invitata dall’Arciconfraternita del Gonfalone a partecipare alla solenne processione serale in onore della Madonna del Carmelo, che si è svolta a Viterbo sabato 16 luglio 2022 a partire dalle ore 21:00.

In ossequio alla secolare tradizione carmelitana di Viterbo, Mons. Francesco Zarletti di s.m., Rettore della Chiesa del Gonfalone e Presidente del Capitolo della Cattedrale, ristabilì negli anni settanta del secolo scorso le celebrazioni in onore della Vergine onorata sotto il titolo di “Santa Maria del Carmelo”. Tale titolo che il riferimento al monte della Galilea lega ad un Ordine che sullo stesso monte ha avuto origine, rappresenta una delle forme più diffuse di devozione mariana.

Il Carmelo è una catena della lunghezza di oltre 25 km, che si estende dal golfo di Haifa, sul Mediterraneo, fino alla pianura di Esdrelon. Nella Bibbia, dove è spesso ricordato per la sua vegetazione (cf Is 35,2 ; Ct 7,6; Am 1,2), è richiamo a bellezza e fecondità. La tradizione lo lega al profeta Elia, benché la Scrittura lo ponga in relazione con il Carmelo una sola volta (1 Re 18, 19-46). Comunque è su questo monte, già spiritualmente collegato ad Elia nella tradizione, che nella seconda metà del sec. XII iniziano un’esperienza eremitica alcuni “devoti Deo peregrini”, occidentali probabilmente congiunti con le ultime Crociate del secolo. Riuniti in “collegium”, da Alberto Avogadro, Patriarca di Gerusalemme (1204-1214), in tale periodo da lui ebbero anche la Regola. In essa si dice che sono stabiliti “presso la fonte di Elia” al wadi Es-siah, dove l’itinerario Les cites de Jerusalem (1220-1229) indicherà i “fratelli del Carmelo” accanto ad ”una piccola chiesa di nostra Signora”.

È certo che allora il gruppo dei “fratelli” si chiamava “Ordine di Santa Maria del Monte Carmelo”, secondo il titolo –certamente già in uso – che appare per la prima volta in un documento pontificio di Innocenzo IV (13 gennaio 1252). È anche indubbio come già nella prima metà del sec. XIII l’Ordine sia mariano, fondato in onore della Vergine, e come i religiosi si professino particolarmente dediti alla Madre di Dio. Tale dedicazione, espressa fondamentalmente nella scelta di Maria quale “Signora” del primo “luogo” sul Carmelo, secondo il concetto giuridico medievale costituiva i “fratelli” persone poste al totale servizio della 4patrona, con un culto speciale che, dalla professione fatta anche a lei, si esprimeva nella vita in molti segni, anche liturgici, di culto comunitario e privato.

Si può dire che la Vergine “del Monte Carmelo”, quale viene sentita, venerata, contemplata dai suoi “fratelli” e da quanti in seguito parteciperanno alla loro vita (religiose, “confratres”, tertiarii), è al centro dell’esperienza spirituale del gruppo costituitosi nella Terra Santa con il fine della perfezione evangelica in una solitudine contemplativa centrata, come la vita di Maria di Nazareth, sulla preghiera continua e l’ascolto della parola, in un clima di semplicità, povertà e lavoro.

Il riferimento, che nel nome della Madonna si dà al monte, è peraltro semplicemente geografico – storico, quale indicazione del luogo dove i frati sono nati. Per questo in origine il titolo “Santa Maria del Monte Carmelo” non si riferisce ad un’immagine speciale o un aspetto nuovo del culto. Tanto è vero che nella manifestazione concreta della loro “pietas” espressa subito anche nei titoli delle varie chiese, i Carmelitani accentueranno per lo più gli aspetti dalla maternità divina, della verginità, dell’immacolata concezione, dell’annunciazione. Perciò, nella tradizione primitiva, Santa Maria del Monte Carmelo è semplicemente la Madonna quale risulta nel contesto del Vangelo.

I Carmelitani celebravano ogni settimana la commemorazione liturgica di Maria. Nella seconda metà del sec. XIV ha inizio in Inghilterra una “solemnis memoria beatae Mariae virginis” che man mano andò prendendo fisionomia completa anche nelle varie parti liturgiche, però con l’oggetto preciso del ricordo e del ringraziamento dei benefici impartiti da Maria al Carmelo e quale esaltazione della Patrona. È quello che risulta sostanzialmente dalla ”legenda” Inviolabilis antiquitatis, attribuita a Nicolò Kenton.

È chiaro che la festa voleva riconoscere Maria quale autrice della “pace” dell’Ordine dalle lotte esterne subite anche a proposito del titolo mariano. È importante sottolineare che la data della festa – il 17 luglio- sembra richiamarsi, come ebbe già a rilevare nella prima metà del sec. XVI Giovanni Bale, alla data dell’ultima sessione del II Concilio di Lione (17 luglio1274), nella quale si decretò in suo statu manere concedimus, donec aliter fuerit ordinatum, l’Ordine Carmelitano insieme a quello di Sant’Agostino.

Una falsa interpretazione di approvazione, avutasi in realtà solo da Bonifacio VII nel 1298 (in solido statu volumus permanere) fece pertanto ritenere il 17 luglio come il giorno più indicato per celebrare Maria, dalla quale l’Ordine Carmelitano ha il nome e la difesa. Alla fine del sec. XV, però, la festa venne anticipata – non se ne conosce il motivo- al 16 luglio, giorno al quale continua ad essere assegnata.

Nella sua tipologia primitiva l’oggetto è perciò molto chiaro: la celebrazione dell’amore della Patrona. È solo per ignoranza del riferimento al Concilio di Lione, che nel 1642 Giovanni Cheron parlò del 16 luglio 1251 come di data del dono dello scapolare da parte della Madonna a San Simone Stock. Si tratta della nota “visione” giunta a noi attraverso il Catalogo dei Santi carmelitani, i cui manoscritti più antichi sono posteriori al 1411, anche se qualche brano dei testi può essere anteriore.

Nella forma ritenuta più antica, il Catalogo ha semplicemente che un certo “Simone di nazionalità inglese, nelle sue preghiere chiedeva sempre alla Vergine un privilegio per il suo Ordine. E gli apparve la Vergine gloriosa, recando in mano lo scapolare e dicendogli: “Questo sarà il privilegio per te e per i tuoi. Chi ne morirà rivestito, si salverà”.

Così nel secolo XVI la festa, già diffusa anche in altre nazioni europee e nella stessa America, pur non perdendo la sua fisionomia primitiva di celebrazione di Maria Patrona, man mano assunse anche con maggio forza, fino a prevalere, il carattere di “festa dell’abito”, anche a causa del moltiplicarsi dei fedeli che, specialmente in Spagna e in Italia, venivano aggregati all’Ordine Carmelitano come confratelli per mezzo dello scapolare, segno di devozione alla Madonna e, insieme, della sua protezione nell’ora della morte. Ciò che ulteriormente accentuò tale nuovo carattere fu anche la cosiddetta ”Bolla Sabbatina” con cui Giovanni XXII il 3 marzo1322 riferì una sua visione della Vergine, che gli avrebbe promesso la liberazione dal Purgatorio il primo sabato dopo la morte per i Carmelitani e anche per i “confratelli” dell’Ordine che avessero osservato la castità del loro stato, fatto preghiere e portato l’abito del Carmelo. Questo, che all’inizio era specialmente il mantello, presto venne inteso solo come “scapolare”.

È certo che le due asserite promesse a San Simone (salvezza eterna) e a Giovanni XXII (liberazione dal purgatorio il primo sabato dopo la morte) influirono molto sulla diffusione della devozione alla “Madonna del Carmine” (nome volgato più usuale) tra i fedeli e sul moltiplicarsi di schiere di “confratelli” aggregati all’Ordine mediante il piccolo abito (“abitino”) o scapolare. Non è quindi strano che la festa del 16 luglio si sia imposta man mano come “festa dell’abito”, fino a diventare nel 1606 festa delle confraternite e a conseguire nel 1609 lezioni proprie di notevole rilievo delle accennate visioni e promesse. Cosa sempre più evidenziata nelle formule liturgiche proprie autorizzate anche nel sec. XX dalla Santa Sede per l’Ordine Carmelitano.

La festa, dapprima diffusasi spontaneamente in molte nazioni, nel 1726 da Benedetto XIII venne estesa a tutta la Chiesa. Nella semplificazione del calendario, richiesta dal Concilio Vaticano II, si è conservata con il grado di “memoria facoltativa”. Infatti si tratta di una celebrazione che direttamente riguarda un Ordine religioso e quanti ad esso si aggregano a onore e per amore di Maria, a cui l’Ordine è dedicato, per mezzo del segno dello scapolare. Poiché questo segno, sostituibile con la medaglia, è con il rosario il più diffuso nella pietà dei fedeli di tutto il mondo (in certe regioni d’Italia e di Spagna ancora viene dato dopo il battesimo; in India del sud in molte zone è segno di appartenenza alla Chiesa Cattolica), sembrò che la celebrazione relativa dovesse rimanere.

È rimasto anche l’antico oggetto della festa, cioè la manifestazione della riconoscenza per quello che Maria è per il Carmelo, pur nelle nuove formule liturgiche postconciliari. La nuova orazione di colletta della Chiesa latino-romana, ispirata a testi già in uso, si apre al carattere contemplativo dell’Ordine Carmelitano. In essa infatti s’invoca l’aiuto della Madonna per poter giungere alla santa montagna che è Cristo. In tale ottica, anche il “segno” costituito dallo scapolare, ha il significato più autentico, guardandosi soprattutto al suo valore reale. Lo scapolare è un “piccolo abito” e “chi lo indossa – come afferma esattamente Pio XII in un suo discorso il 6.8.1950 – per mezzo di esso viene associato, in modo più o meno stretto all’Ordine Carmelitano”: perciò deve sentirsi impegnato ad una speciale dedicazione alla Vergine, al cui culto, alla cui imitazione, elementi essenziali di quella vocazione carmelitana di cui nella Chiesa lo scapolare rende partecipi. Così hanno considerato lo scapolare i numerosi santi che non hanno mai voluto separarsene e che lo hanno visto vincolo di unione a una famiglia religiosa, della quale volevano vivere l’impegno di particolare dedicazione alla Madonna, sicuri della sua speciale protezione materna durante la vita e nell’ora della morte. Per tutti coloro che lo indossano, “lo speciale vincolo di amore alla medesima famiglia della beatissima Madre” come scrive l’11 febbraio 1950 lo stesso Pio XII, deve fare sì che lo scapolare diventi “memoriale della Madonna, specchio di umiltà e di castità, breviario di modestia e di semplicità, eloquente espressione simbolica della preghiera d’invocazione dell’aiuto divino”.

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