I Cavalieri Costantiniani onorano ad Amelia la patrona Fermina

È stata celebrata giovedì 24 novembre 2022 ad Amelia la festa di Santa Fermina, patrona della Città e co-patrona della Diocesi di...

È stata celebrata giovedì 24 novembre 2022 ad Amelia la festa di Santa Fermina, patrona della Città e co-patrona della Diocesi di Terni-Narni-Amelia. Una celebrazione che è un evento religioso e civile, un incontro tra Amelia e Civitavecchia per rinsaldare il gemellaggio tra le due città nel nome della comune patrona Fermina, giovane martire del III secolo.

Ad Amelia la festa di Santa Fermina si celebra il 24 novembre, con un solenne pontificale presso la concattedrale a lei dedicata, durante il quale avviene la cerimonia della Offerta dei Ceri da parte dei sindaci, nonché con un suggestivo corteo storico che fa riferimento agli antichi statuti del comune di Amelia del 1346. A Civitavecchia la festa di Santa Fermina si celebra il 28 aprile, giorno in cui giunsero nella città le reliquie donate dalla città di Amelia nel 1647, con un solenne pontificale, con la cerimonia dell’accensione del cero offerto dalla città di Amelia e con un suggestivo corteo storico con costumi di entrambe le città. A seguire la statua della santa viene portata su un rimorchiatore all’interno del porto, dove si celebra la benedizione in mare con il ricordo dell’antico miracolo della santa, tra il suono delle sirene delle navi, dei pescherecci e delle numerose imbarcazioni che seguono il corteo in festa.

“La festa di Santa Fermina vuol essere ancor più un’occasione di preghiera, per rinnovare con entusiasmo la fede e l’impegno coraggioso per vivere un tempo di rinascita materiale e spirituale. L’esempio e la testimonianza del martirio che santa Fermina ci offre, sia per tutti incoraggiamento a rimanere fedeli al Signore, diventando sempre più testimoni e costruttori di pace e di fraternità”, si legge in una nota della Diocesi di Terni-Narni-Amelia.

Due sono stati i principali momenti liturgici del 24 novembre 2022 nella concattedrale di Amelia, a cui ha preso parte una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, su invito del Capitolo della concattedrale.

Alle ore 11.15 la solenne Concelebrazione Eucaristica in comunione con la Chiesa in Civitavecchia è stata presieduta da Mons. Gianrico Ruzza, Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e Porto-Santa Rufina, con la partecipazione del clero, delle autorità marittime e dei pellegrini di Civitavecchia. Al termine è avvenuta la proclamazione degli alunni vincitori del “Concorso Santa Fermina” e in piazza Vincenzo Lojali, l’omaggio del Complesso bandistico Città di Amelia.

Alle ore 17.00 si è svolta la cerimonia della Offerta dei Ceri, secondo gli statuti cittadini del 1346, da parte dei sindaci del comprensorio amerino e di Civitavecchia. I ceri che sono stati accesi con la fiaccola portata dalla staffetta podistica giunta da Civitavecchia.

È seguito il solenne Pontificale, presieduto da Mons. Francesco Antonio Soddu, Vescovo di Terni-Narni-Amelia che ha sottolineato nella sua omelia che “Santa Firmina ci insegna che non si può cercare il Signore a caso e neanche per una sorta di presunta convenienza, quanto piuttosto lo si cerca -e lo si deve cercare- perché si riconosce in lui l’unico vero bene da cui proviene ogni nostra realizzazione piena e verso cui la nostra vita dev’essere orientata”.

I canti liturgici sono stati eseguiti dalla Cappella musicale del Duomo e dai Cori della Vicaria di Amelia-Valle Teverina.

Al termine del sacro rito, il Vescovo diocesano si è intrattenuto con i Cavalieri Costantiniani, interessandosi sulle attività caritatevoli e assistenziali della Delegazione della Tuscia e Sabina.

Le notizie che abbiamo di Santa Fermina provengono dalla sua passio, che è un testo non anteriore al VI secolo. Apparteneva a una famiglia romana d’alto rango. Il padre, Calpurnio, era prefetto dell’Urbe. Da Roma la famiglia si trasferì a Civitavecchia e quindi ad Amelia. Fermina si convertì giovanissima al Cristianesimo, con impegno ed entusiasmo si consacrò all’apostolato, convertendo tantissime persone, sollecitata da una fede fervida e operosa. Nonostante potesse vivere in modo agiato, decise di lasciare la famiglia per ritirarsi in una vita eremitica di preghiera, rivolgendo ai fedeli parole di conforto esortandoli coraggiosamente alla fede e all’amore. Un consularis Olimpiade, che aveva tentato di sedurla, fu da lei convertito e diede poi la vita per la fede. Fermina seppellì il martire in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia.

Denunciata come cristiana, Fermina fu arrestata e condotta davanti al giudice Megezio il quale, nemico acerrimo dei cristiani, la sottopose a minacce e tormenti più spietati che non spezzarono però il suo coraggioso rifiuto di rinnegare la fede cristiana. Il 24 novembre del 304 d.C. fu martirizzata dal Prefetto romano di Amelia, Magenzio. Dopo numerosi tormenti, appesa con i capelli alla colonna (la tradizione vuole che sia quella posta all’ingresso del Duomo), mentre veniva torturata con le fiamme, Fermina morì pregando il Signore per sé e per i suoi persecutori. Molti vedendola morire in quel modo si convertirono al Vangelo. I resti del prezioso corpo vennero segretamente sepolti con grande venerazione dai Cristiani, fuori le mura di Amelia, e vi restarono occulti per circa sei secoli. Furono ritrovati nell’anno 870 e da allora sono solennemente custoditi nella Cattedrale di Amelia.

Le si attribuiscono numerosi miracoli, uno dei quali avvenne durante la navigazione verso Civitavecchia (allora Centumcellae): una violenta tempesta che infuriava in mare sulle imbarcazioni venne placata dall’intervento miracoloso della vergine Fermina. La Santa sostò per un periodo in una grotta del porto, sulla quale è stato successivamente costruito il Forte Michelangelo. Per questo è anche la protettrice dei naviganti. Dopo oltre 17 secoli, Fermina è ancora un esempio di come amare il Signore, anche in mezzo ai sacrifici, ai problemi, alle difficoltà della vita. Le celebrazioni in suo onore, mostrano, ancora oggi, l’intensa devozione che la popolazione locale da secoli destina alla propria patrona.

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