Si è celebrata venerdì 24 novembre 2023 ad Amelia la festa di Santa Fermina, patrona della città e co-patrona della Diocesi di Terni-Narni-Amelia. Una celebrazione che è un evento religioso e civile, un incontro tra Amelia e Civitavecchia per rinsaldare il gemellaggio tra le due città nel nome della comune patrona Fermina, giovane martire del III secolo. Quest’anno la ricorrenza di Santa Fermina è coincisa con il Centenario dell’ordinazione sacerdotale del Servo di Dio Vincenzo Lojali, Vescovo di Amelia.
«La festa di Santa Fermina vuol essere ancor più una occasione di preghiera, per rinnovare con entusiasmo la nostra fede e il nostro impegno coraggioso per vivere un tempo di rinascita materiale e spirituale. L’esempio e la testimonianza nel martirio che Santa Fermina ci offre, sia per tutti incoraggiamento a rimanere fedeli al Signore, diventando sempre più testimoni e costruttori di pace e di fraternità», si legge in una nota.
Due sono stati i principali momenti liturgici. Alle ore 11.00 è stata celebrata la solenne Santa Messa in comunione con la Diocesi in Civitavecchia-Tarquinia, presieduta dal Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, già Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e concelebrata da Mons. Gianrico Ruzza, Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e Porto Santa Rufina, da Mons. Francesco Antonio Soddu, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, da Mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Orvieto-Todi, dai vescovi dell’Umbria, dai Canonici della concattedrale e dal clero, alla presenza delle autorità marittime e dei pellegrini di Civitavecchia.
«Per disegno di Dio, Fermina giunse ad Amelia, per portare a questa città il Vangelo. Innamorata di Gesù Cristo e della sua verità, pur di non tradire la fede, ha donato la vita. Una vita cristiana, fatta di amore, e fedeltà, subito diventata pietra angolare di questa Chiesa», ha detto il Cardinal Bassetti.
Al Sacro Rito ha preso parte, su invito della Diocesi, anche una Rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata da Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, che successivamente ha ossequiato il porporato ed il vescovo diocesano.
La Rappresentanza Costantiniana ha presenziato alle ore 17.00 nella concattedrale di Amelia anche al solenne pontificale presieduto da Mons. Francesco Antonio Soddu, Vescovo di Terni-Narni-Amelia, preceduto dal corteo storico e dalla cerimonia della offerta dei ceri da parte dei sindaci del comprensorio amerino e di Civitavecchia, secondo gli statuti comunali del 1346.
Santa Fermina
Di origini romane, Fermina si convertì giovanissima al Cristianesimo. Con impegno ed entusiasmo si consacrò all’apostolato, convertendo tantissime persone, sollecitata da una fede fervida e operosa.
Le notizie che abbiamo di Fermina provengono dalla sua passio, che è un testo non anteriore al VI secolo. Apparteneva a una famiglia romana d’alto rango. Il padre, Calpurnio, era prefetto dell’Urbe. Da Roma la famiglia si trasferì a Civitavecchia e quindi ad Amelia. Fermina si convertì giovanissima al Cristianesimo, con impegno ed entusiasmo si consacrò all’apostolato, convertendo tantissime persone, sollecitata da una fede fervida e operosa. Nonostante potesse vivere in modo agiato, decise di lasciare la famiglia per ritirarsi in una vita eremitica di preghiera, rivolgendo ai fedeli parole di conforto esortandoli coraggiosamente alla fede e all’amore. Un consularis Olimpiade, che aveva tentato di sedurla, fu da lei convertito e diede poi la vita per la fede. Fermina seppellì il martire in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia.
Denunciata come cristiana, Fermina fu arrestata e condotta davanti al giudice Megezio il quale, nemico acerrimo dei cristiani, la sottopose a minacce e tormenti più spietati che non spezzarono però il suo coraggioso rifiuto di rinnegare la fede cristiana. Il 24 novembre del 304 d.C. fu martirizzata dal Prefetto romano di Amelia, Magenzio.
Dopo numerosi tormenti, appesa con i capelli alla colonna (la tradizione vuole che sia quella posta all’ingresso del Duomo), mentre veniva torturata con le fiamme, Fermina morì pregando il Signore per sé e per i suoi persecutori. Molti vedendola morire in quel modo si convertirono al Vangelo. I resti del prezioso corpo vennero segretamente sepolti con grande venerazione dai Cristiani, fuori le mura di Amelia, e vi restarono occulti per circa sei secoli. Furono ritrovati nell’anno 870 e da allora sono solennemente custoditi nella concattedrale di Amelia.
A lei si attribuiscono numerosi miracoli, uno dei quali avvenne durante la navigazione verso Civitavecchia (allora Centumcellae): una violenta tempesta che infuriava in mare sulle imbarcazioni venne placata dall’intervento miracoloso della vergine Fermina. La Santa sostò per un periodo in una grotta del porto, sulla quale è stato successivamente costruito il Forte Michelangelo. Per questo è anche la protettrice dei naviganti.
I Cristiani, ormai numerosi in tutto l’Impero, erano perseguitati anche a Civitavecchia così che Firmina si fermò per un pò in questa città per soccorrere i confessori di Cristo e i condannati alla lavorazione delle pietre.
Dopo oltre 17 secoli, Fermina è ancora un esempio di come amare il Signore, anche in mezzo ai sacrifici, ai problemi, alle difficoltà della vita. Le celebrazioni in suo onore, mostrano, ancora oggi, l’intensa devozione che la popolazione locale da secoli destina alla propria patrona.
Servo di Dio Vincenzo Lojali
Tre erano i pilastri della vita del Servo di Dio, Mons. Vincenzo Lojali, Vescovo di Amelia: la pietà eucaristica, la pietà mariana, il padre dei poveri.
Già negli anni della giovinezza i compaesani avevano dato al Lojali il nome di “magna Cristi” per la partecipazione alla Santa Messa e la sua Comunione quotidiana. L’Eucaristia sarà il caposaldo della sua esperienza sacerdotale. “Se l’ufficio divino deve essere la mia letizia, l’Eucaristia deve essere la mia vita.” L’Eucaristia celebrata, donata, adorata già prefigurata nell’iconografia del “pio pellicano”, che adottò per il suo stemma episcopale. Nella Santa Messa entrava profondamente nella celebrazione del divino mistero perché “per mezzo del sacrificio eucaristico Gesù capo fa crescere il corpo mistico nella vita di grazia, di carità e li stabilisce nell’unità.” La sua partecipazione al sacrificio di Cristo, espressa più volte nel suo Diario spirituale: “Quando alzo il calice nella Santa Messa chiedo sempre dalla mia prima celebrazione di spargere il sangue per Gesù”, si concretizzò nello “spendere il suo e di più se stesso per il bene delle anime”, come il buon tralcio innestato alla vite da suo frutto. Durante il suo episcopato celebrò il Convegno Eucaristico Diocesano (1950), partecipò ad alcuni Congressi Eucaristici nazionali e dedicò all’Eucaristia due Lettere Pastorali: La Santa Messa nel 1960 e Il Ponte sul Mondo nel 1964.
Altro pilastro della personalità umana e sacerdotale di Lojali fu la pietà mariana. La Madre di Dio fu una costante in tutti gli scritti e ad essa dedicherà tre Lettere pastorali: L’Ora della Mamma nel 1954, Le Visite Materne nel 1958 e La Madre della Chiesa nel 1965. Ma la sua devozione ha origini più remote: “Mi ha protetto in guerra tanto fisicamente che spiritualmente e a Lei avevo affidato la mia vocazione. Così quando sono stato doppiamente protetto da Lei, le ho offerto in un quadro le mie spalline da Capitano con la scritta: Restitutus fiducia tui! Restituito per la fiducia di Te, o Madre! A Lei ho consacrato il mio sacerdozio e il mio episcopato e ho fatto conoscere in Amelia il titolo della Madonna della Fiducia. Mater mea, fiducia mea”
Durante il suo episcopato celebrò nel 1945 II Centenario dell’Incoronazione dell’Immagine dell’Assunta, nel 1949 indisse in diocesi la Peregrinatio Mariae in preparazione all’Anno Santo e partecipò alla definizione del Dogma dell’Assunta (1° novembre 1950). Nell’Anno Mariano 1954 promosse la Visitatio Mariae alle famiglie e prese parte al pellegrinaggio dell’Episcopato umbro a Lourdes, che ripeté anche nel 1958, anno giubilare delle apparizioni. L’anno seguente, insieme a oltre cento vescovi, fu a Catania per la Consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria.
La sua vita di uomo, sacerdote e vescovo fu ispirata all’ideale della carità: il suo cuore, la sua casa, la sua borsa fu aperta a tutti i bisognosi. A volte preso dai ritmi dell’attività pastorale quotidiana, confessa che l’istinto naturale lo vorrebbe portare a non badare a qualcuno di loro “ma subito un’espiazione: è Gesù stesso, lascia Dio per Dio e soccorrila subito!”.
Iniziò il suo servizio episcopale visitando tutte le famiglie ed entrò in tutte le case, consolò i poveri, i più cari tra i suoi figli. Le sue visite avvenivano per lo più nelle ore serali, indossando il vecchio mantello militare tinto di nero, sotto il quale era facile nascondere cibarie o altro, senza destare attenzione. Quanti di loro, in teorie interminabili, si sono rivolti a lui hanno sempre trovato a tutte le ore buona accoglienza, senza pretesti, ma piena comprensione e sollecito interessamento.
“I poveri sono tutti coloro, che hanno bisogno di aiuto e di confort: i bisognosi, i disoccupati, i malati, i carcerati, gli afflitti. A questi in modo speciale è aperto il cuore del pastore e del padre, e vorrei che a tutti arrivasse subito l’interesse e il soccorso dei fratelli che si trovano in grado di aiutarli in modo che la vita cristiana della nostra diocesi ricavasse da questo impegno di energia e di mezzi non peso e fatica, ma forza e santa letizia”.
Fra le iniziative del suo XXV di episcopato, nel 1964 celebrò la “Giornata del Povero” lieto di essere circondato dalla presenza dei “prediletti tra i suoi venticinquemila figlioli”.