Con l’approssimarsi della Santa Pasqua la Delegazione della Lombardia organizza il consueto Ritiro spirituale che si terrà sabato 25 marzo 2023 presso l’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo ad Abbadia Cerreto.
L’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo ad Abbadia Cerreto vista dall’alto (Foto di Piero Orlandi).
Il Ritiro spirituale, che è uno degli appuntamenti più importanti della Delegazione, si svolgerà con il seguente programma:
Ore 10.00 Ritrovo dei partecipanti all’ingresso dell’Abbazia. Meditazioni guidata tenuta dal Cappellano di Delegazione Mons. Federico Gallo, Cappellano Jure Sanguinis
Ore 12.15 Pranzo presso l’Antica Osteria del Cerreto
Ore 15.00 Confessioni
Ore 16.00 Santa Messa prefestiva
L’Abbazia dei Santi Pietro e Paolo ad Abbadia Cerreto fu un’abbazia di Clairvaux, attraverso il fondatore Bernardo di Chiaravalle. Ha avuto importanti riflessi in Lombardia (includendo anche la piacentina Chiaravalle della Colomba), anche perché Bernardo scese più volte in Italia fra il 1133 e il 1135 e, secondo la tradizione, prese accordi diretti per la fondazione di alcuni monasteri (Ambrosioni 1992). L’impianto “modulare” che è passato sotto la definizione di “pianta bernardina” sembra alla base delle costruzioni lombarde, che tuttavia aggiungono chiare connotazioni autoctone.
La fondazione di Cerreto Lodigiano si determina ad opera di Brunone, primo abate di Chiaravalle Milanese e già monaco di Clairvaux. Innocenzo II, il 18 novembre 1139, affidava a Brunone il compito di riformare un preesistente cenobio benedettino di San Pietro, di proprietà della Chiesa romana: Brunone ne fece una comunità cistercense, di cui egli stesso fu a capo fino al 1144 (Ambrosioni 1992, p. 23). Il monastero passò agli Osservanti nel 1481 e fu soppresso nel 1798.
Il Porter datava la chiesa fra il 1140 circa e gli inizi del XIII secolo; la Fraccaro De Longhi pensa invece a un inizio più tardo (1160-1170), anche per la dipendenza da Chiaravalle e per la presenza di volte con chiave lapidea. Il portico sarebbe duecentesco e la torre d’incrocio trecentesca (ma Untermann 2001, a ragione, la pone entro il 1240). Il giudizio della studiosa è che la chiesa “parla” un linguaggio lombardo, anche se recepisce numerosi elementi borgognoni (pilastri con elementi pensili, ogive a toro, volte a botte spezzata nelle cappelle, oculi sopra l’arco absidale, partito di finestre della cappella maggiore).
La lettura planimetrica rivela subito le analogie con Chiaravalle: tre navate “basilicali”, un transetto sporgente, tre cappelle minori a fianco della cappella/santuario (tutte a chiusura rettilinea), un vestibolo al capo opposto. Anche riguardo alla struttura in elevato, in laterizio, le quattro “campate doppie” della navata centrale, voltate a crociera con ogive toriche e corrispondenti a otto campate in ciascuna navatella, sono come quelle di Chiaravalle Milanese, ma ai pilastri massicci di Chiaravalle vengono sostituiti pilastri articolati, omologhi a quelli della vicina Chiaravalle della Colomba. Come a Chiaravalle Milanese si constatano invece i semi-pilastri perimetrali piatti a sud, e semicircolari a nord. I pilastri sono alternati e dotati di tre semicolonne con capitelli cubici ad angoli smussati, a ricevere gli archi longitudinali e gli archi trasversali delle navatelle. Verso la navata centrale, invece, i pilastri maggiori hanno una semi-colonna di tipo “pensile” (che parte da circa due metri da terra) – frequente in ambito cistercense – a raccogliere le spinte degli archi trasversali e delle ogive, mentre i pilastri minori hanno una lesena piatta che riceve la seconda ghiera delle arcate. Anche nella campata dell’incrocio esisteva una volta costolonata ma più rialzata, oggi è a costoloni solo dipinti. È interessante il dato che i terzi pilastri da est hanno un elemento piatto (lesena), invece della semicolonna, verso la navatella: è da sottoscrivere l’idea della Fraccaro de Longhi (1958, p. 86) che essi indicassero la linea occidentale del coro monastico, che sarebbe stato così ubicato nell’ultima campata della navata centrale. A questa corrispondono inoltre capitelli in pietra scolpiti invece che in laterizio appoggiati all’interno del perimetrale nord. Ogni braccio del transetto ha una volta costolonata, mentre le cappelle orientali sono coperte da una volta a botte spezzata e accessibili tramite un’apertura a sesto acuto.
La facciata è caratterizzata in alto da tre croci “in negativo”, la centrale più pronunciata grazie alle cornici in cotto: forse un deliberato simbolo trinitario. In basso, il portale in pietra a rincassi è sormontato da un frontone decorato da archetti. Il vestibolo attuale è in parte ripristinato dopo un rifacimento barocco, ma conserva la triplice campata.
Sul fianco nord il sistema alternato dei contrafforti è omologo a Chiaravalle Milanese, mentre le finestre delle navate non sono più quelle originali.
Come a Chiaravalle una scala poligonale è posta sul lato ovest del braccio nord del transetto, sulla cui testata nord – concepita come una facciata – un portale conduceva dalla chiesa al cimitero. Il lato orientale delle cappelle evidenzia finestre di ripristino, anche se in parte corrispondenti a quelle originarie.
È da notare il “gioco” delle quattro finestre della cappella maggiore (quella superiore a oculo), frequente in ambito cistercense (Fraccaro De Longhi 1958, p. 91). Il lato sud, ove sorgeva il chiostro, è ampiamente di restauro.
Sull’incrocio si eleva una bella torre ottagonale, a molteplici aperture, che risente senz’altro dell’architettura di Borgogna, anche se la torre ottagonale era già stata introdotta in alta Italia dai Cluniacensi (San Paolo d’Argon, Capodiponte, Santa Maria al Polirone, forse Vertemate).