I Cavalieri della Tuscia e Sabina nell’abbazia di San Martino al Cimino per Natale

Nel giorno del Santo Natale, 25 dicembre 2022 il nuovo Vescovo di Viterbo, Mons. Orazio Francesco Piazza, ha preso possesso dell’abbazia...

Nel giorno del Santo Natale, 25 dicembre 2022 il nuovo Vescovo di Viterbo, Mons. Orazio Francesco Piazza, ha preso possesso dell’abbazia di San Martino al Cimino.

Il parroco Don Fabrizio Pacelli ha accolto Mons. Piazza sul sagrato, unitamente al Vicario Generale della Diocesi di Viterbo, Don Luigi Fabbri. All’interno ad accoglierlo un gruppo di bambini dell’oratorio parrocchiale che, coordinati da Massimo Speranza, hanno dato vita al presepe vivente; la piccola Benedetta De Angelis con i suoi genitori hanno interpretato la Natività. Francesca Filippi ha sottolineato la rappresentazione con il suo canto, Alessio Cavaliere all’organo ha diretto il coro parrocchiale dell’abbazia.

All’inizio della Santa Messa di Natale, Don Fabrizio Pacelli ha rivolto il saluto a Mons. Piazza a nome della comunità parrocchiale: “Eccellenza Reverendissima, come parroco di questa comunità di San Martino, esprimo a nome di tutti il benvenuto e la nostra gratitudine per averci fatto dono di celebrare in questa Abbazia il Santo Natale. Un grazie, da tutti i bambini presenti; si uniscono al ringraziamento le famiglie, gli operatori pastorali, la comunità cristiana e civile. La accogliamo, come padre, fratello maggiore e amico”.

Presenti alla solenne cerimonia, una delegazione dei Carabinieri della stazione di San Martino e della Polizia Locale, i confratelli e le consorelle della Confraternita del Santissimo Sacramento e Santo Rosario di San Martino al Cimino, e una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Ordine Militare Costantiniano di San Giorgio, guidata dal Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce Iure Sanguinis con Placca d’Oro.

Nell’omelia, il Vescovo di Viterbo ha espresso un messaggio di incoraggiamento a tutti i presenti: “Buon Natale fratelli e sorelle, buon Natale a quei bambini che ci hanno presentato il momento della natività. Mi chiedo e vi chiedo: c’è un po’ di gioia nei vostri cuori? Ognuno di voi, compreso io, siamo entrati in questa chiesa portando le nostre tensioni, i nostri problemi, la fatica della nostra vista, le contraddizioni. Sembrerebbe la vita diversa a Natale, come in una bolla, no fratelli, il Natale è dentro di noi. Sono venuto tra voi per sostenere la vostra speranza ed incoraggiarvi alla vita, non farvi cadere le braccia. Oggi, mi rivolgo ai padri presenti, quando oggi benedite la mensa, fatelo a nome mio e guardatevi negli occhi. La gioia nasce dalla certezza di non sentirci soli. È in questa vita che dobbiamo portare la gioia. Se in casa ci sono degli ammalati portate la mia benedizione. Vi chiedo che questo Natale vi porti ad essere messaggeri di credere nella vita da protagonisti e portatori di gioia”.

A termine del Sacro Rito, Mons. Piazza si è intrattenuto con i Cavalieri Costantiniani, interessandosi alle loro attività caritatevoli e culturali nell’ambito della Diocesi di Viterbo.

Situata nella frazione omonima, l’abbazia di San Martino fu realizzata nel XIII secolo su iniziativa dei monaci cistercensi dell’abbazia di Pontigny, cui Papa Innocenzo III concesse delle terre nei monti Cimini con l’incarico di costruirvi un’abbazia, che potesse divenire un polo di sviluppo agricolo nella regione. La chiesa abbaziale, realizzata in tempi brevi, fu consacrata nel 1225. L’intero complesso monastico, con chiostro, sala capitolare, refettorio, biblioteca, infermeria, forno e altri laboratori, fu completato prima della fine del secolo.

Nel 1379, l’abbazia rischiò di essere abbandonata a causa della mancanza di monaci e nel 1426 ve ne erano rimasti solo due. Papa Pio II (1458 – 1464) provò a rivitalizzarla e fece eseguire alcuni lavori di restauro, ma i risultati non furono quelli sperati. Nel 1564 gli ultimi monaci lasciarono l’abbazia, che fu chiusa e i beni incorporati nel patrimonio della Santa Sede. Nel 1645 ricevette nuovamente il titolo di chiesa abbaziale da Papa Innocenzo X, ma divenne praticamente un feudo della sua potente e perfida cognata Olimpia Maidalchini Pamphilj, che affidò il restauro della chiesa ai migliori architetti, tra cui il Borromini. Furono aggiunte due torri e sulle rovine delle strutture monastiche fu eretto un grande palazzo. Anche il borgo fu ristrutturato dall’architetto militare Marc’Antonio de Rossi, con rifacimento delle mura perimetrali, delle porte e delle abitazioni, di lavatoi, forni, macelli, teatro e piazza pubblica. Olimpia Maidalchini Pamphilj morì di peste nel 1657 e la sua salma venne inumata nel coro della chiesa abbaziale.

Della antica abbazia cistercense rimangono l’abside e il transetto della chiesa abbaziale, una modesta porzione del chiostro e qualche lembo della sala capitolare e dello scriptorium. La bellissima facciata è racchiusa dalle due possenti torri campanarie seicentesche, ornate da un orologio e da una meridiana. Il portale ad arco è sovrastato dallo stemma di Innocenzo X. Un finestrone costituito da due grandi monofore acute e un rosone a otto petali danno luce all’interno.

Pur manomesso dal restauro seicentesco, l’interno della chiesa conserva l’aspetto austero e solenne dell’antica abbazia. La navata centrale è illuminata da una luce tenue che esalta il grigio dei materiali, mentre le due laterali rimangono nella mistica penombra. All’originale severa struttura gotica si sovrappongono e si fondono senza contrasto elementi più morbidi, di un barocco sommesso. L’altare è decorato da archetti su colonnine lisce. L’abside, sormontata da un’elegante volta costolata, prendeva luce da sei monofore, ora quella di destra è tamponata.

Tra le opere conservate, spicca il celebre capolavoro di Mattia Preti, lo Stendardo Giubilare, commissionato da Olimpia Maidalchini Pamphilj per essere utilizzato nelle cerimonie giubilari dell’Anno Santo 1650. Sopra: Elemosina di San Martino (recto). Sotto: Salvator Mundi (verso).

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