Santa Messa in suffragio di Papa Benedetto XVI a Torino

Seguendo le indicazioni del Cappellano Capo della Real Commissione per l’Italia, Don Fabio Fantoni, Cappellano di Gran Croce di Merito,...

Seguendo le indicazioni del Cappellano Capo della Real Commissione per l’Italia, Don Fabio Fantoni, Cappellano di Gran Croce di Merito, ogni Delegazione del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, sotto la guida del proprio Cappellano ricorda Sua Santità il Papa Benedetto XVI, scomparso il 31 dicembre scorso.

Domenica 29 gennaio 2023, la Delegazione Piemonte e Valle d’Aosta del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio si è ritrovata nella suggestiva cornice della Cappella dei Banchieri e dei Mercanti in Torino, per unirsi nella preghiera di suffragio per Papa Benedetto XVI, a circa un mese dal suo pio transito.

In comunione di spirito con l’intera Sacro Milizia, sottolineata dalla presenza del Delegato Vicario per la Lombardia, Ing. Gilberto Spinardi, Cavaliere di Gran Croce di Merito, Cavalieri e Dame, provenienti dalle diverse referenze della Delegazione, unitamente a postulanti ed amici, hanno partecipato alla Celebrazione Eucaristica presieduta da Padre Andrea Bello, il quale ha raccolto ed elevato al Signore la comune preghiera di tutti i presenti, grati per il dono straordinario che Cristo ha concesso alla Sua Chiesa, nella persona e nel Magistero di Joseph Ratzinger/Papa Benedetto XVI.

Nel commentare le pagine di Sacra Scrittura che la liturgia ha presentato in questa ultima domenica di gennaio, Padre Bello ha offerto alcune precisazioni per aiutare a comprendere la grandezza del messaggio di Salvezza in esse contenuto.

Nel brano del profeta Sofonìa proclamato nella prima lettura (Sof. 2,3; 3, 12-13), il contesto presentato è quello di un evento “tragico” per il popolo ebraico: l’esilio. Questo viene percepito quale castigo per peccati commessi, principalmente da coloro che nella società dell’epoca ricoprivano incarichi di maggior responsabilità. Infatti, a Gerusalemme rimasero solo i più poveri ed umili… “lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero” (Sof. 2,3) e questi potranno “pascolare e riposare senza che alcuno li molesti” (Sof. 3, 13), poiché Dio ama il Suo popolo e non permette che venga distrutto.

La predilezione di Dio verso i poveri, gli umili, verso ciò che viene rigettato dal mondo, ritorna nella seconda lettura (1Cor. 1,26-31). In essa, l’Apostolo Paolo si rivolge alla comunità cristiana che è in Corinto, comunità particolarmente “litigiosa” (precisa Padre Bello). Qui, come in ogni comunità ed in ogni tempo, il Signore chiama ed agisce non sulla base di meriti umani (non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili), bensì secondo i carismi che lo Spirito Santo distribuisce, secondo criteri che sfuggono alla “logica” del mondo, al limitato sguardo dell’uomo, ma che la mano di Dio ha tracciato nel Suo disegno di Amore e di Salvezza.

Il brano del Vangelo di Matteo che viene proclamato (cfr. Mt 5, 1-12) costituisce il primo di quelli che vengono definiti come “discorsi della Montagna”, ovvero insegnamenti che Cristo ha rivolto alle folle e che l’Evangelista (proveniente dall’ambiente giudaico istruito e che conosceva le Scritture) riesce ad ordinare in modo organico, catechetico, compiendo il passaggio dalla trasmissione orale a quella scritta. Un aspetto dal grande valore simbolico che, spiega Padre Bello, caratterizza questo racconto di Matteo è il fatto di essere costituito esattamente da 72 parole, tante quante erano le Nazioni non ebree conosciute al tempo: la Parola che esse veicolano è rivolta all’intera umanità. Come Mosè salì sul monte Sinai per ricevere da Dio le tavole della Legge, così Cristo, Verbo di Dio fattosi carne, come un nuovo Mosè sale su di un monte (luogo che da sempre, nell’immaginario umano, essendo più vicino al cielo, viene avvertito come più vicino a Dio), per donare agli uomini le beatitudini. Il discorso della montagna ricalca, infatti, i comandamenti, li completa. Come il popolo di Dio li aveva ricevuti attraverso Mosè, il nuovo popolo riceve le beatitudini da Dio stesso, in Cristo.

Tra queste, nel corso della sua omelia, Padre Bello si è concentrato sulla prima: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. Nel solo uso del tempo presente, in quel “è”, si racchiude la potenza di un annuncio che ha scardinato le umane certezze: il Regno dei cieli non è qualcosa di astratto, che dovrà instaurarsi in un futuro indefinito. Esso è iniziato nel momento stesso in cui il Verbo è venuto ad abitare in mezzo agli uomini, poiché il Regno è Dio stesso nella persona di Cristo. Se la nostra vita, prosegue padre Andrea, rispecchia le beatitudini, significa che siamo pienamente immagine di Dio ed il Suo Regno è già in noi. Con tale consapevolezza, come non volgere lo sguardo alla figura di Papa Benedetto XVI, la cui vita e magistero si sono instancabilmente spesi perché gli uomini e le donne di questi nostri difficili tempi, comprendano che il Cristianesimo non è un ideale, ma un “fatto”: l’amicizia con Cristo, nella quale si spalancano le porte della vita! Come lo stesso Pontefice ha affermato nell’omelia tenuta durante la Santa Messa di inizio del suo pontificato.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, dopo un breve saluto del Delegato Vicario per la Lombardia, i Cavalieri, le Dame e i Postulanti presenti si sono stretti intorno all’immagine del defunto Pontefice esposta per l’occasione accanto all’altare.

In quel momento, sollevando lo sguardo verso i meravigliosi squarci di cielo, popolato da angeli e Santi, che ornano la volta affrescata della Cappella dei Banchieri e Mercanti, il pensiero è stato per la bellezza di quella Gerusalemme Celeste nella quale voglia il Signore accogliere l’amato Papa Benedetto XVI.

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