Reportage sull’Ordine Costantiniano e intervista alla Delegazione di Napoli e Campania

Venerdì 31 luglio 2020 è stato pubblicato un reportage sul Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, costituito da un video ed...

Venerdì 31 luglio 2020 è stato pubblicato un reportage sul Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, costituito da un video ed un articolo correlato. Il servizio giornalistico contiene anche una intervista al Delegato di Napoli e Campania, Nob. Manuel de Goyzueta dei Marchesi di Toverena e di Trentenara, Cavaliere di Giustizia e al Segretario Generale, Cav, Gionata Barbieri, Cavaliere di Merito con P.A.

Gli autori di questo lodevole lavoro sono un gruppo di giovani reporters napoletani denominato “Storie di Napoli”, il cui fine è autoesplicativo e che hanno raggiunto attraverso blog e piattaforme social networks un grande successo in Campania ma anche oltre, giungendo ad avere circa 130.000 followers trasversali per fasce d’età.

Il documentario ha ovviamente un taglio divulgativo e si prefigge, al contempo, l’obiettivo di rivolgersi ad un largo pubblico, molto interessato alla storia patria e spesso di conoscenze generalistiche. Il risultato permette di conoscere in maniera concisa gli elementi essenziali della storia e del carisma Costantiniano.

Nel cuore di Napoli c’è l’ordine di cavalieri più antico del mondo
L’articolo connesso al video reportage sul blog degli autori

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio fu infatti fondato dall’Imperatore Costantino ben 1700 anni fa.

Dopo un millennio e mezzo di avventure, crociate e papi, oggi l’Ordine è l’ultimo legame fra la famiglia dei Borbone e l’ex Regno delle Due Sicilie.

Una storia affascinante raccontata proprio da due cavalieri: l’Ingegner Gionata Barbieri, Segretario Generale, e il Marchese Manuel de Goyzueta di Toverena, Delegato per Napoli e Campania.

L’Ordine Costantiniano di San Giorgio, 1700 anni di storia nel cuore di Napoli

di Federico Quagliuolo [*]

Storie di Napoli, 31 luglio 2020

Sul sito Storienapoli.it l’articolo con fotografie e link

Nel cuore di Napoli c’è l’ordine di cavalieri più antico del mondo. Stiamo parlando del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, che fu fondato dall’Imperatore romano Costantino il Grande nel 313 d.C.

L’Ordine esiste ancora oggi e, quando si aprono le porte delle magnifiche chiese in cui si radunano, si entra in un’atmosfera fatta di antichissimi rituali, titoli nobiliari e fortissima religione; strette di mano, croci e mantelli che sembrano farci volare in un’atmosfera fuori dal mondo. Ed è affascinante pensare che le persone che compongono quest’ordine sono probabilmente gli avvocati che ci hanno assistito in tribunale, gli ingegneri che hanno lavorato sull’aeroplano che ci aspetta a Capodichino, il nostro vicino di casa o, ancor più semplicemente, una delle tante persone che abbiamo incrociato al semaforo, indaffarata nella sua auto. Nulla di più ordinario che, una volta indossato il mantello, li trasporta in un mondo senza tempo.

L’ordine ha aperto le sue porte a Storie di Napoli attraverso la voce del Delegato per Napoli e Campania, il Marchese Manuel de Goyzueta di Toverena, e il Segretario Generale, l’Ingegner Gionata Barbieri.


Cosa fa l’Ordine Costantiniano?

Fa un certo effetto chiamarsi “cavalieri” nel Terzo Millennio. Soprattutto quando si fa parte di un ordine che le crociate le ha combattute per davvero e che, fra i suoi nomi, ha vantato personaggi del calibro di Federico Barbarossa, Riccardo Cuor di Leone, Gaetano Filangieri e Papa Clemente XI.

Oggi spade e armature sono finite nelle teche dei musei, ma i cavalieri sono ancora in attività in tutto il mondo. Ed hanno la loro Cappella Magistrale, oltre che la sede napoletana, nella chiesa di San Giuseppe del vestire nudi, che si trova alle spalle del Museo Nazionale. I Cavalieri moderni sono costantemente impegnati in opere di beneficenza sul territorio nazionale, con raccolte fondi, acquisti di beni essenziali ed opere di carità ai nullatenenti. Non dimenticano però i doveri nei confronti della fede, ma soprattutto nei confronti della cultura napoletana, dei quali sono tutti difensori.

Un simbolo vecchio di un millennio e 700 anni

“In Hoc Signo Vinces” (Sotto questo segno vincerai) è il motto dell’ordine. A chi ha spolverato i libri di storia romana, probabilmente questa frase suonerà familiare: si tratta infatti della visione che ebbe l’Imperatore Costantino nel 313 d.C., prima della battaglia di Ponte Milvio.

Secondo la leggenda, Costantino vide in un sogno questo simbolo dipinto fra le nuvole. Poi, stando a quanto riferito dagli storici dell’epoca, Gesù Cristo in persona gli si presentò in sogno per suggerirgli di utilizzarlo in battaglia. Fu così che il futuro imperatore fece dipingere il simbolo sugli scudi dei soldati e fece realizzare un labaro nuovo per la sua truppa.

Il simbolo rappresenta quattro lettere greche: innanzitutto X (chi, che si legge con una C dura) e una P (rho, che è la R greca), che sono le iniziali di Cristo. Poi, ai lati, ci sono la A (alpha, la nostra A) e la O (omega, la nostra O). Si riferiscono, in questo caso, ad una delle più famose definizioni di Dio contenute nell’Apocalisse di Giovanni, uno dei libri più enigmatici e affascinanti dell’intera letteratura cristiana. Sono due lettere che si trovano praticamente in quasi ogni chiesa e in ogni raffigurazione religiosa, oltre ad aver ispirato addirittura film, videogiochi come Fallout e tante altre forme d’arte non legate al mondo cristiano.

“Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Iddio, che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Apocalisse di Giovanni, 1,8).

La battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio fu lo scontro definitivo fra l’antica Roma pagana e il futuro della cristianità, rappresentato da Costantino.

La Storia dichiarò un vincitore e, stando alla leggenda, subito dopo l’Imperatore nominò 50 militari fidatissimi per difendere il sacro labaro che lo aveva guidato nella vittoria. Erano nati i cavalieri dell’Ordine Costantiniano che, ovviamente, adottarono la simbologia imperiale.

In più furono aggiunte ai lati della croce anche le lettere IHSV, ovvero le iniziali di “In Hoc Signo Vinces“. Il santo al quale è stato votato l’Ordine Costantiniano fu poi San Giorgio, il protettore dei militari.

Il Gran Magistero era (ed è) ereditario. Dopo la morte dell’imperatore passò infatti al figlio e, dopo la fine dell’Impero Romano, passò all’Impero Bizantino e alla dinastia dei Comneni, che custodì gelosamente a Costantinopoli la sede dell’Ordine (in realtà, secondo alcuni storici, l’Ordine Costantiniano nacque intorno al XI secolo proprio ad opera di uno degli imperatori Comneni). Poi passò in mano ai Farnese e, per mano di Elisabetta Farnese, finì fra le mani dei Borbone.

Carlo di Borbone rimase infatti legatissimo a Napoli anche dopo il trasferimento a Madrid. Decise infatti di passare il Gran Magistero dell’Ordine Costantiniano al suo quarto figlio, il “nostro” Ferdinando IV, in modo da far rimanere a Napoli la sede dell’Ordine. Ancora oggi i Borbone delle Due Sicilie sono titolari del Gran Magistero.

Una questione di fede e nobiltà

“La cosa più importante è dichiarare la nostra fedeltà alla Santa Romana Chiesa“, dicono quasi in coro il Segretario Generale e il Delegato. E aggiungono: “La missione principale dell’ordine, oltre alla diffusione e alla tutela della cultura e allo svolgimento di opere di carità, è la difesa della fede cattolica“.

Sembrano parole uscite da un discorso d’altri tempi, “ma è più attuale che mai – ammonisce Barbieri – perché ogni gesto e ogni simbolo rappresenta un bagaglio storico di migliaia di anni che risiede nel cuore di Napoli. Abbiamo il dovere di conoscere e insegnare le nostre tradizioni: un legame così antico con il passato è fonte d’orgoglio. Dimostra che Napoli, grazie anche all’Ordine Costantiniano, è portatrice di principi universali”.

Le regole per entrare nell’Ordine sono severe e molto precise. Richiedono una chiara e distinta fede cristiana, oltre ad una nobiltà d’animo. Fino al ‘500 era esclusivamente destinato agli aristocratici (ancora oggi esistono alcuni ordini aperti esclusivamente alla nobiltà, ndr), poi le porte dell’Ordine si aprirono anche ai partecipanti non aristocratici. Sono chiamati ancora oggi “Nobili di spirito“, ma non possono accedere alle maggiori cariche interne dell’ordine, per le quali sono richiesti titoli nobiliari.

Effettivamente, le tracce dell’Ordine si trovano praticamente ovunque in città e nel Sud Italia. Se è ovvio trovarlo nel ricchissimo simbolo della dinastia dei Borbone, aguzzando un po’ la vista, si può trovare spesso il motto “In Hoc Signo Vinces” nelle insegne delle famiglie di Napoli. Anche a Castel Nuovo ci sono tracce, con un simbolo della Croce Costantiniana ben visibile sul pavimento di marmo. I beni immobili e patrimoniali dell’Ordine in Italia, invece, furono in buona parte statalizzati dopo l’Unità d’Italia. Può però capitare di vedere qualche croce all’interno dei palazzi antichi della città.

“L’Ordine non chiude le porte a nessuno”

Non bisogna immaginare una vita fatta di rituali stancamente ripetuti o incontri di nobili annoiati: l’Ordine Costantiniano è infatti costantemente impegnato in attività di beneficenza ed è molto attento alle problematiche della città.

“Anzi – spiega De Goyzueta di Toverena – proprio durante l’emergenza del Coronavirus abbiamo investito tante risorse per assistere i napoletani, aiutando quasi 100 famiglie del Centro Storico e regalando oltre 6000 indumenti ai più bisognosi. L’Ordine Costantiniano si attiva ogni giorno, in tutto il mondo, per dare il proprio supporto a chi ne ha bisogno: è il nostro dovere“.

L’ultimo testimone del Regno delle Due Sicilie

La presenza dei Borbone, in una città come Napoli, non è mai una cosa banale. Anche perché l’Ordine Costantiniano è legalmente l’ultimo legame ufficiale che tiene uniti i Borbone delle Due Sicilie al loro ex regno. L’istituzione gode infatti del riconoscimento ufficiale da parte dello Stato Italiano come “Ordine dinastico non nazionale“, secondo la legge 178/51.

L’Ordine, spiega il Marchese De Goyzueta, “è rappresentato da Sua Altezza Reale Pedro di Borbone. È il rappresentante del ramo spagnolo della casata inaugurata da Carlo III di SpagnaCarlo I di Napoli“: è infatti anche cugino dell’attuale Re di Spagna, Filippo VI.

“Vive in Spagna, ma è legatissimo a Napoli – aggiunge – e non perde occasione per visitare la città. Ha una particolare devozione per la Madonna di Pompei e si è speso in prima persona per mantenere e presenziare a molti rituali nelle chiese napoletane come nel caso del Pontificale svolto nella chiesa di Santa Chiara“. Proprio davanti al sepolcro di Ferdinando II, che non avrebbe mai immaginato questo futuro prima della sua improvvisa morte alla vigilia dell’Unità.

[*] Federico Quagliuolo, fotografo e scrittore, classe 1992: “Vado in giro con la Vespa alla ricerca di tutte le curiosità nascoste dietro le strade che esploro. Sono il fondatore di Storie di Napoli, il gruppo di ragazzi innamorati della propria città che oggi conta due libri pubblicati, 70.000 fan e molti premi nazionali. Ho studiato al Liceo Sannazaro e mi sono laureato in Giurisprudenza alla Federico II. Nonostante gli studi classici, sono appassionato di tecnologia e motori. Sogno un giorno di poter raccontare tutte le storie d’Italia”.

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