Celebrazione Eucaristica della Rappresentanza presso l’Abbazia di Casamari della Delegazione Tuscia e Sabina

La Rappresentanza presso l’Abbazia di Casamari della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio si incontrerà venerdì 5 aprile 2024.
Abbazia veduta aerea

++++ AGGIORNAMENTO: la Santa Messa non è stata celebrata a Casamari come abbiamo annunciato, ma a Boville Ernica [QUI] ++++

La Santa Messa verrà officiata alle ore 17.45 nella basilica abbaziale nel comune di Veroli, provincia di Frosinone, da Padre Pierdomenico Volpi, S.O.Cist., Cappellano di Merito, Postulatore generale per le cause dei santi dell’Ordine Cistercense-Casamari.

La creazione della Rappresentanza presso l’Abbazia di Casamari nell’ambito della Delegazione della Tuscia e Sabina risale al 2012 a motivo dell’interessamento di Padre Volpi, profondo conoscitore della Storia e delle Istituzioni dell’Ordine Costantiniano. Tenuto altresì conto dei legami storici tra la stessa Abbazia ed il Monastero della Visitazione, detto della Duchessa, in Viterbo, pure appartenente al Sacro Ordine Cistercense, il Delegato Nob. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, con l’assenso del Presidente della Real Commissione per l’Italia, il compianto Duca Don Diego de Vargas Machuca, ha provveduto in questi anni a far nominare 22 Cavalieri e Dame, molto attivi in campo religioso, caritativo e culturale. Interessante notare come a cura dei Padri Cistercensi ogni anno vengono celebrate due solenni Sante Messe in memoriam delle L.L. M.M. Re Ferdinando II e Francesco II, Sovrani delle Due Sicilie e Gran Maestri della Sacra Milizia.

L’Abbazia di Casamari

La fondazione dell’Abbazia di Casamari risale agli albori del II millennio quando alcuni ecclesiastici di Veroli, con l’intento di costruire una comunità monastica benedettina, avviarono la costruzione di un monastero sulle rovine di Cereate, patria del console romano Caio Mario cui si riporta la denominazione di Casamari, Casa di Mario.

Intorno alla metà del XII secolo, i monaci benedettini furono sostituiti dai cistercensi i quali, in un arco relativamente breve di tempo, edificarono l’attuale monastero, gioiello di architettura cistercense.

Dopo un periodo di splendore, a partire dalla metà del XIV secolo Casamari si avviò ad un lento declino fino a quando nel 1717 vi fu introdotta una colonia di monaci cistercensi riformati, detti Trappisti, provenienti da Buonsollazzo in Toscana, i quali ridiedero impulso alla vitalità spirituale, culturale e materiale del monastero.

In età napoleonica e nel corso dell’800, Casamari subì invasioni, saccheggi, incendi e spargimenti di sangue. Spogliata dei suoi beni nel 1873 in seguito alle leggi di soppressione, l’abbazia, nell’anno successivo, fu dichiarata monumento nazionale.

Nel 1929 Casamari, insieme ai monasteri da essa fondati, è stata eretta in Congregazione monastica autonoma, aggregata all’Ordine cistercense.

Nel giugno del 1957 Papa Pio XII ha elevato la chiesa abbaziale alla dignità di basilica minore.

Nell’Abbazia di Casamari vive attualmente una comunità di ventidue monaci. I monasteri dipendenti sono Certosa di Pavia, Abbazia di Valvisciolo, Monastero di San Domenico in Sora, Monastero di Santa Maria di Cotrino a Latiano (Brindisi) e Monastero di Santa Maria della Consolazione a Martano (Lecce). Nella Congregazione ci sono tre monasteri conventuali: Abbazia di Nostra Signora dell’Assunta in Asmara (Eritrea) con 2 monasteri dipendenti; Monastero di Santa Maria di Piona (Lecco) con un Monastero dipendente (Chiaravalle della Colomba – Piacenza); e Monastero di Nostra Signora di Claraval in Brasile.

I Martiri di Casamari

Nella primavera del 1799 i rivoluzionari francesi, che avevano instaurato in Napoli la Repubblica Partenopea, furono costretti dall’esercito borbonico riorganizzato dal Cardinale Fabrizio Ruffo e dalla presenza della flotta inglese ancorata presso le isole di Ischia e di Procida, a prendere la via del ritorno, risalendo la penisola per la litoranea, attraverso Gaeta e Terracina.

Un distaccamento dell’esercito, però, calcolato dalle cronache del tempo sulle tredici – quindici mila unità, agli ordini dei Generali Vetrin e Olivier, si diresse verso l’interno. Esso giunse, il 10 maggio 1799, a Cassino quando gli abitanti avevano abbandonato la città e si erano rifugiati sui monti. Anche i monaci dell’Abbazia di Montecassino erano fuggiti a Terelle recando alla sicuro le cose più preziose; i pochi monaci rimasti dovettero assistere con raccapriccio, e non senza pericolo di morte, alla devastazione, al saccheggio ed alla profanazione, perpetrati, tra canti osceni e parodia di sacre liturgie, dai 1500 soldati della colonna del Generale Olivier che erano saliti all’archicenobio.

L’11 maggio 1799, il passaggio dei soldati in ritirata è documentato in Aquino: “Oggi, 11 di maggio, sono passati qui i Francesi inseguiti dalle truppe regie e in questa chiesa non hanno lasciato neanche un candeliere” – e in Roccasecca, dove sei persone “chiusero i loro giorni per l’aggressione francese”.

Dopo essere giunti ad Arce e averla saccheggiata, le truppe, anziché deviare per Ceprano, si diressero per Isola Liri e ne fecero una città martire. Forzato lo sbarramento e rotta la resistenza i Francesi penetrarono nella cittadina seminando violenza lutto e sangue, non risparmiando le molte persone che si erano rifugiate, come ultima speranza, nella chiesa Di San Lorenzo. Il Canonico-Vicario Giuseppe Nicolucci ci ha lasciato nei libri dei defunti una agghiacciante testimonianza: “Memorando né mai dimenticabile il giorno che fu di Pentecoste, 12 maggio 1799, che il gallico furore che noi e tutte le nostre case rovinò e travolse nell’ultimo eccidio – Nulla che il nemico ferro non avesse devastato e mietuto – Non gregge non armento sicuro alla campagna, nei presepi e negli ovili – Non uomo che scappasse da morte; non donna, ancorché fanciulla, risparmiata dalla militare licenza brutale. Né altari, né cose sacre le scellerati mani rispettarono – Chi voglia più saperne legga la triste memoria scritta a pagina … (si guardi l’elenco dei morti) di questo libro ed apprenderà perché registri 500 e più nomi di trapassati nel solo e medesimo giorno 12 maggio 1799”.

Dopo l’eccidio nella cittadina di Isola, mentre la truppa riprendeva la ritirata verso il Nord, un drappello di venti soldati sbandati, – “venti leopardi”, secondo la descrizione di un teste oculare – il 13 maggio irruppe all’interno dell’Abbazia di Casamari, alle otto di sera, quando la comunità si accingeva al canto della “compieta”, prima del grande silenzio che ovatta di notte un monastero benedettino. Fu una notte di spavento, di dispersione, di sangue, di morte di martirio.

Mentre gli altri monaci, come uno stormo di miti colombe spaventate, cercavano all’impazzata scampo per ogni dove, sei di essi impavidamente restarono ed eroicamente testimoniarono la loro fede nell’eucarestia, rimanendo uccisi nell’atto di sottrarre le sacre pissiddi o di riparare alla profanazione delle particole consacrate. Essi sono: il priore P. Simeone Cardon, P. Domenico Zawrel, Fra Maturino Pitri, Fra Albertino Maisonade, Fra Modesto Burgen, Fra Zosimo Brambat. Sulla testimonianza di sangue dei martiri, associati alla passione di Cristo, poggia la solidità della Chiesa; essi non saranno mai dimenticati perché “sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavate le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7,14).La Delegazione della Tuscia e Sabina alla Santa Messa di beatificazione dei 6 monaci martiri di Casamari, presieduta dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, sabato 17 aprile 2021 [QUI].

Avanzamento lettura