Podcast 9 giugno 2024 – Dal Libro dell’Ordine della Cavalleria di Raimondo Lullo [QUI]
In questo podcast presento una breve sintesi di uno dei testi che furono, ma, come vedremo, dovrebbero essere anche oggi, alla base della formazione di un membro dell’Ordine cavalleresco. Si tratta del Libro dell’Ordine della Cavalleria di Raimondo Lullo.
Quasi 150 anni dopo l’Elogio della nuova cavalleria di Bernardo di Chiaravalle, redatto tra il 1128 ed il 1136, la situazione storica ed antropologica dell’Occidente era profondamente cambiata. In Oriente le note vicende che sconvolsero la Terra Santa, con la caduta di Gerusalemme nelle mani di Saladino nel 1187, ebbero anch’esse un notevole impatto su tutto il “sistema” cavalleresco. La crisi emerge in molti modi in ambito politico, religioso, etico, economico, artistico.
Epifenomeno del suddetto clima storico-antropologico è la vita e l’opera del catalano Raimondo Lullo, il quale, secondo Franco Cardini, è “uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici del Medioevo europeo. Mistico, poeta, filosofo, scienziato, alchimista, organizzatore pionieristico di missioni e missionario lui stesso, egli affianca “sogni” medioevali ed intuizioni già quasi rinascimentali, fedele ad idee ed istituzioni tradizionali, ma animato anche da coraggiosa ansia di rinnovamento.
Il Libro dell’Ordine della Cavalleria è uno straordinario dialogo-romanzo-trattato a carattere mistico-allegorico nel quale l’Autore si interroga attentamente sulla natura dell’esperienza cavalleresca e la rivisita proponendone, ad un tempo, la soluzione cristiana ed il superamento ascetico. Si trattava di sottolineare come, per il Cristiano, l’esperienza militare, la guerra stessa, avessero un loro statuto di legittimità, non solo nella misura in cui servivano da metafora di valori religiosi o si modellavano sugli schemi teologico-canonisti della “guerra giusta”, ma anche in sé e per sé, come occasione per un affinamento spirituale autonomo rispetto a moventi e valori di altra differente origine. Potrà sembrare imbarazzante questa sorta di apologia della guerra compiuta da un mistico Cristiano. Potrà anche parere contraddittoria visto che il Lullo, come sappiamo, è anche uno dei quegli Autori che sono alla base di quella stessa idea di tolleranza religiosa.
Ma la realtà storica è ben diversa. Crociata e missione sono, in Raimondo Lullo, realtà non opposte bensì complementari, volte, la prima al ristabilimento di una giustizia che l’offensiva degli infedeli ha turbato, la seconda alla salvezza delle loro stesse anime. E la guerra, che è legittimo portare ai Musulmani, sarà, non di meno, guerra senza odio, guerra a misura d’uomo, nella quale la dura necessità di uccidere sarà temperata dalla coscienza Cristiana che anche il nemico è un fratello e che la pace resta l’obbiettivo finale di chiunque prenda le armi.
La spada, l’armatura, il cavallo stesso, divengono così non già – come nella meditazione mistica – simboli di virtù teologali o di verità della fede, bensì strumenti di un’ascesi interiore da percorrere restando fedeli al proprio stato.
A questa sostanziale vocazione pacifica della cavalleria, un’istituzione pensata non già per santificare, bensì per mitigare e circoscrivere la violenza in tempi nei quali i pubblici poteri erano carenti e la forza fisica signoreggiava i rapporti interpersonali, il Lullo propone un contributo tanto più significativo in quanto rivolto ai laici del suo tempo e diretto a sottolineare come l’esercizio delle armi, in una società civile, non possa né venir meno né tralignare rispetto ai fini ed ai confini che gli sono stati attribuiti. Il Cristianesimo non accetta lezioni pacifistiche, non ne ha bisogno, dal momento che non è una religione pacifista. È una religione pacifica, una religione d’amore. È ben diverso ed è molto di più.
Questo breve trattato sui valori morali e religiosi vincolati all’esercizio delle armi fu scritto tra il 1274 ed il 1276 per fortificare gli ideali Cristiani del ceto militare del secolo XIII ed ha avuto una considerevole fortuna letteraria. Il Libro dell’Ordine della Cavalleria consta di sette capitoli che trattano rispettivamente di: origine e nobiltà della cavalleria, descrizione dell’ufficio del cavaliere, esame dell’aspirante cavaliere, cerimoniale della vestizione, simbolismo delle armi offensive e difensive, costumi propri del cavaliere e l’onore che gli è dovuto. Lullo propone una riforma morale della cavalleria (fedeltà alla monarchia, difesa della fede, rispetto dei ceti sociali inferiori) che si iscrive nella produzione coeva sull’assunto, compensando così lo scarso entusiasmo per la milizia che sprigiona dal capitolo 112 del Libro della Contemplazione, altra fondamentale opera del Catalano, dedicato a comparare la “cavalleria celeste”, aperta alle opere dello Spirito, a quella “mondana”, impegnata in compiti politici, militari e sociali. Il Libro dell’Ordine della Cavalleria si propone di imbastire un sistema ideologico abbastanza completo, sottile e, soprattutto, adeguato alla realtà degli Stati europei del XIII secolo. Ne presento una stringatissima sintesi sempre orientata alla formazione continua dei Cavalieri e delle Dame dell’Ordine Costantiniano.
1. Il principio della Cavalleria. Quando cominciò nel mondo il dispregio per ogni giustizia e verità, si convenne che queste venissero restaurate per mezzo del timore; perciò ogni popolo venne diviso in migliaia di uomini e fra ogni mille di essi uno ne fu scelto che, per bontà, saggezza, lealtà valore, nobiltà, bellezza e devozione, su tutti gli altri prevalesse. Anche tra le bestie si cercò la più bella. E poiché il cavallo è l’animale più nobile e più adatto a servire l’uomo, fu scelto; ecco perché quell’uomo si chiamò Cavaliere. È d’uopo che colui che aspira ad entrare nell’Ordine mediti sul nobile principio della Cavalleria; ed è d’uopo che la nobiltà del suo cuore e la sua eccelsa natura concordino con questo principio; se non farà così, agirà contro l’Ordine stesso ed i suoi principi; perciò non è giusto che l’Ordine della Cavalleria ammetta alla partecipazione dei suoi onori coloro che per natura sono contrari ed estranei. Amore e timore sono i rimedi contro la discordia e lo spregio alle leggi: si convenne perciò che il Cavaliere fosse amato e temuto dalle genti, affinché con l’amore riportasse sulla terra la primordiale armonia, e per mezzo del timore ristabilisse la giustizia e la verità. Pondera bene, se vuoi prendere gli Ordini della Cavalleri, assieme all’onore avrai servitù che spetta agli amici della Cavalleria; poiché tu hai principi più nobili, sei maggiormente obbligato ad essere devoto a Dio e probo con le genti; se sarai falso sarai il più grande nemico dell’Ordine, dei suoi principi e del suo onore. Chi ama la Cavalleria e vuole entrare in essa, è giusto che riceva istruzioni da un Cavaliere e sarebbe necessario che un uomo dell’Ordine facesse scuola, che vi fossero dei libri concernenti le varie dottrine e che l’Arte venisse insegnata a somiglianza delle altre.
2. Dell’ufficio del Cavaliere. Compito della Cavalleria è il mantenimento della santa Fede Cristiana. I compiti più nobili e onorati e più simili tra loro sono quelli del Prete e del Cavaliere, regni dunque la più grande armonia tra il Clero e la Cavalleria. Il Cavaliere, a causa della dignità del suo ministero, è, più di ogni altro uomo, adatto al reggimento dei popoli e, poiché possiede maggiore nobiltà d’animo, difficilmente scenderà alla malizia, all’inganno ed alle vili azioni. Compito del Cavaliere è di difendere il suo Signore che, senza il suo aiuto, non potrebbe mantenere la giustizia tra i vassalli. Infatti, i Cavalieri debbono mantenere la giustizia e, quanto all’anima, egli dovrà coltivare la verità, la prudenza e le altre virtù e la saggezza. Dovere del Cavaliere è aiutare le vedove, gli orfani, gli invalidi, poiché è ragionevole e giusto che i maggiori aiutino e difendano i minori. Il Cavaliere, poi, non sia spergiuro né lussurioso, ma umile, come in origine, per poter pacificare gli uomini e far regnare la giustizia.
3. Ad esaminare l’Aspirante è necessario che sia un Cavaliere amante della Cavalleria. Per prima cosa si chiederà se lo Scudiero ama e teme Dio, poi ci si accerterà che egli sia di animo nobile per essere ricevuto nella Cavalleria, poiché la nobiltà fu di essa il principio e la viltà la distruzione. E questa nobiltà non chiederla alle labbra, perché esse non sempre sono veritiere, né al ricco abbigliamento, poiché li sotto si può nascondere un cuore vile e debole e perfido. Se vuoi trovare nobiltà d’animo chiedila alla fede, alla speranza, alla carità, alla giustizia, alla fortezza, alla lealtà ed alle altre virtù poiché nell’esercizio costante di esse consiste la vera nobiltà. Per il nuovo Cavaliere è richiesta età confacente. Nobiltà e Cavalleria convengono e concordano, poiché la prima non è altro che l’antico Onore continuatosi, ma pure lo studio ed il valore dell’intelletto vanno considerati talché l’Ordine consente che entrino in esso anche uomini di nuove ed onorate famiglie in premio alle loro prodezze e buoni costumi. Sulla vita ed i costumi dell’Aspirante e sul suo valore e sulla sua nobiltà d’animo converrà indagare approfonditamente per evitare l’onta di doverlo espellere in seguito. E la massima attenzione dovrà essere posta sul motivo per il quale l’Aspirante desidera essere fatto Cavaliere. Perché se lo fa per arricchirsi o per signoreggiare o per vanagloria senza onorare la Cavalleria non è degno di ricevere per mezzo degli Ordini di cavalleria né ricchezze, né signoria, né onori. È giusto che lo Scudiero che chiede la Cavalleria conosca il grande compito di essa ed i grandi pericoli ai quali sono esposti (i futuri Cavalieri); poiché il Cavaliere deve avere maggior timore del disprezzo delle genti che della morte e la vergogna deve dare maggiori triboli al suo cuore di quelli che potranno dare fame e sete, caldo, freddo o qualunque altra sofferenza. Perciò tutti questi pericoli debbono essere mostrati e denunciati allo Scudiero prima che venga armato Cavaliere. Lo Scudiero che non ha armi né tanta ricchezza da poter sostenere la Cavalleria, difficilmente può diventare Cavaliere, infatti mancando il denaro, mancano le armi e può darsi che per la mancanza di queste e delle ricchezze, il cattivo Cavaliere si faccia grassatore, ladro, traditore, bugiardo, falso. Il deforme o colui che è troppo grosso o minuto o affetto da qualche altra deficienza del corpo che gli impedisca di esercitare l’ufficio di Cavaliere, non può entrare nell’Ordine. Se lo Scudiero è vanitoso per ciò che fa non sembra adatto alla Cavalleria poiché la vanità è un vizio che annulla i meriti, i premi, i benefici. Lo Scudiero orgoglioso, maleducato, arrogante, scorretto nella conversazione e nelle vesti, di cuore malvagio, avaro, bugiardo, spergiuro, subdolo, mendace, sleale, pigro, iracondo, lussurioso, incontinente, ubriacone, ghiotto o che abbia altri vizi del genere non potrà ricevere l’Ordine.
La sintesi che ho fornito è volutamente assai ristretta proprio per lo scopo che si propone il mezzo di comunicazione del podcast, che deve essere tecnicamente breve ed essenziale. Tuttavia, nonostante la sinteticità del mio testo, nessuno di noi può dire di non avere compreso come gli alti ideali che ispirarono il Catalano Lullo siano immuni dai danni e dalle perversioni legate allo scorrer del tempo e dalle spesso devastanti influenze che esse hanno sulla società umana.
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Il Libro dell’Ordine della Cavalleria sui valori morali e religiosi vincolati all’esercizio delle armi fu scritto tra il 1274 e il 1276 per fortificare gli ideali cristiani del ceto militare del XIII secolo, e ha avuto una considerevole fortuna letteraria.
Raimondo Lullo propone una riforma morale della cavalleria (fedeltà alla monarchia, difesa della fede, rispetto dei ceti sociali inferiori) che si iscrive nella produzione coeva sull’assunto, compensando così lo scarso entusiasmo per la milizia che sprigiona dal capitolo 112 del Libro della contemplazione di Dio, dedicato a comparare la ‘cavalleria celeste’, aperta alle opere dello spirito, a quella ‘mondana’, impegnata in compiti politici, militari e sociali.
Il Libro dell’Ordine della Cavalleria si propone di imbastire un sistema ideologico abbastanza completo, sottile e, soprattutto, adeguato alla realtà degli stati europei del XIII secolo, come la Corona d’Aragona o la Francia.

Sommario
- Il libro dell’Ordine della Cavalleria – Prologo
- Parte I – Il Principio della Cavalleria
- Parte II – Dell’ufficio del Cavaliere
- Parte III – L’esame dello Scudiero
- Parte IV – Come lo Scudiero riceverà Cavalleria
- Parte V – Sul Significato delle Armi del Cavaliere
- Parte VII – Costumi del Cavaliere
- Parte VII – L’Onore dovuto al Cavaliere

L’autore
Ramon Llull (Palma di Maiorca 1233 – Isola di Maiorca 1315), italianizzato in Raimondo Lullo, filosofo, teologo, mistico, scienziato, alchimista, poeta scrittore e missionario catalano, detto doctor illuminatus. Siniscalco del principe Giacomo, condusse vita di corte, finché, poco più che trentenne, avvertì la vocazione religiosa. Viaggiatore instancabile, percorse tutta l’Europa meridionale per attuare un ambizioso programma missionario. Ovunque si trovasse scriveva, in catalano e in latino, in arabo e in provenzale, senza per questo tralasciare la disputa teologica, l’opera catechista ed evangelizzatrice, la contemplazione, la polemica conciliare e capitolare.
Elemento fondamentale del suo pensiero fu l’idea della missione per convertire gli Ebrei e i Musulmani al Cristianesimo: in questa prospettiva elaborò la sua ars, una logica universale, capace di scoprire e dimostrare la verità partendo dai termini semplici e combinandoli in modo matematico. La logica combinatoria e le sue tecniche di memoria ebbero larga influenza sino al XVII secolo.

Di Ramon Llull restano, sicuramente autentiche, 243 opere, fra le quali: Llibre de l’Orde de Cavalleria (Libro dell’Ordine di Cavalleria) del 1276, destinato alla formazione del cavaliere cristiano; Llibre del gentil et dels tres savis (Libro del pagano e dei tre savi) del 1277, che confronta – con sorprendente assenza di pregiudizi – le tre religioni monoteistiche; Llibre de contemplació en Déu (Libro della contemplazione in Dio) del 1277, monumento di scienza teologica e di scienza naturale; Blanquerna, del 1283-85, romanzo della vita umana; Félix o Llibre de les maravelles del món (Félix o Libro delle meraviglie del mondo) del 1288-89). Ma l’opera più nota è Lo desconhort (Lo sconforto) del 1295, nato dalla desolazione dell’autore di fronte al rifiuto opposto dal Papa ai suoi progetti di evangelizzazione dei Musulmani.
«Quando eravamo bambini, tra compagni giocavamo spesso ai Cavalieri. Era un gioco istintivo, che nessuno ci aveva insegnato. Non aveva regole scritte eppure sapevamo ciò che era compito del Cavaliere. Solo dopo molto tempo, qualcuno, forse proprio io, si domandò se ciò che noi credevamo era un Cavaliere, lo fosse davvero. Quali i suoi compiti nella nostra società moderna priva di principesse rinchiuse in una torre o draghi da uccidere? Tra le sue qualità dovrebbero essere più importanti l’onore, il coraggio e la forza oppure la bontà, la gentilezza e la misericordia? Inoltre sapevamo che un Cavaliere dovesse combattere il Male e difendere il Bene, ma cos’erano il Male e il Bene? Fin quando fatti ed eventi appaiono bianchi o neri è forse semplice distinguerli ma quando sono grigi dove collocarli? Queste nostre domande da bambini di tanti anni fa, naturalmente, rimasero insolute. Ancora oggi però ho molti amici che fanno parte di Ordini Cavallereschi veri e propri, come il Sovrano e Militare Ordine di Malta, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, e anche loro si chiedono, ogni tanto, quale debba essere la loro funzione nella Chiesa e nel mondo o più in generale quale debba essere il ruolo del Cavaliere e l’Ufficio della Cavalleria.
Uno dei pochi che cercò di rispondere a questo interrogativo fu il Beato Ramon Llull, italianizzato Raimondo Lullo, nel suo Libro dell’Ordine della Cavalleria. Questo fu un lavoro destinato a lasciare una forte influenza sui posteri, almeno quanto il De laude novae militiae ad Milites Templi di San Bernardo. La figura del Cavaliere, dopo di lui, si andò caricando di significati, di funzioni e di implicazioni assai più vaste e profonde, e la Cavalleria divenne un ufficio sempre più della massima importanza» (Estratto da Alcune note sull’ideale di Cavaliere nell’opera di Ramon Llull di da Alessio Bruno Bedini).
Foto di copertina: Rene Theodore Berthon, Philippe de Villiers de l’Isle Adam prend possession de l’île de Malte, le 26 octobre 1530, Salles des Croisades, Château de Versailles (dalla Copertina dell’edizione di Avanguardia del 2022).
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