Riportiamo di seguito il fitto e spiritualmente ricco programma della Delegazione della Tuscia e Sabina.
La Processione della Madonna Liberatrice
Viterbo, 26 maggio 2024
Una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina, guidata dal Delegato Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, su invito dei Padri Agostiniani parteciperà domenica 26 maggio 2024, solennità della Santissima Trinità, alle celebrazioni per rinnovare pubblicamente la speciale devozione dei Confratelli Costantiniani verso la Vergine Santissima, invocata a Viterbo con il titolo di Liberatrice.
Dopo le Sante Messe celebrate alle ore 07.00, 08.15 e 11.30 presso la Chiesa della Santissima Trinità-Santuario Cittadino di Maria Santissima Liberatrice, Protettrice della Città di Viterbo, alle ore 17.30 si terrà in piazza del Plebiscito a Viterbo la rievocazione storica, con il saluto e il discorso del Priore della Comunità Agostiniana, Padre Giuseppe Scalella, OSA, e l’indirizzo di omaggio del Sindaco di Viterbo, Chiara Frontini.
Alle ore 18.00 si muoverà la tradizionale Processione del Voto del Comune e del Popolo di Viterbo a Maria Santissima Liberatrice. Parteciperanno al trasporto della Sacra Effige della Madonna in trono con bambino che gioca con un uccellino del XIV secolo, chiuso all’interno della macchina lignea del XVII secolo, i Portatori di Maria Santissima Liberatrice e il Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa.
La Sacra Immagine della Madonna Liberatrice, con la scorta d’onore dei Cavalieri Costantiniani, verrà accompagnata dal clero, dai religiosi, dalla fraternità agostiniana secolare, dalle confraternite, dai movimenti ecclesiali, dalle autorità e dai fedeli, appartenenti anche alla Chiesa Ortodossa. Alla Processione si uniranno anche il Corteo storico, dei musicisti e gli Sbandieratori del Pilastro.
La solenne Processione si concluderà alle ore 19.00 presso la chiesa della Santissima Trinità-Santuario Cittadino di Maria Santissima Liberatrice, con il discorso e la benedizione del Vescovo di Viterbo, Mons. Orazio Francesco Piazza. A seguire la Santa Messa di chiusura delle festività.
Il culto verso la Madonna Liberatrice rappresenta la più antica devozione mariana dei Viterbesi, poiché è da settecento anni che essi invocano sotto questo titolo la Madre di Dio nella Chiesa della Santissima Trinità, officiata dai Padri Agostiniani.
Essa cominciò ad essere venerata con culto solenne il 28 maggio 1320, a seguito della protezione accordata dalla Vergine alla Città dei Papi, funestata da violente calamità naturali e da gravi discordie civili: come è riferito dalle cronache del tempo, i Viterbesi ritrovarono la pace ai piedi dell’Immagine della Madonna, da quel momento proclamata loro Liberatrice.
Per solennizzare tale consacrazione, la Magistratura, postasi a capo del movimento popolare, fece dono al Santuario di una riproduzione in argento della Città. L’interesse costante del Comune di Viterbo per la sua Liberatrice è confermato dagli antichi Statuti. Quello del 1344 stabiliva che la sua festa si celebrasse ogni anno, con tutte le modalità che si osservavano nelle più grandi solennità, il lunedì di Pentecoste.
Con la caduta del potere temporale dei Papi, a causa dell’opposizione della Giunta liberal-massonica la processione venne interrotta dopo cinque secoli e mezzo. Nel 1945, su iniziativa del Vescovo Mons. Adelchi Albanesi, venne ripreso il tradizionale corteo religioso con l’intervento delle Autorità municipali. Nel 1984 il Santo Pontefice Giovanni Paolo II sostò in preghiera dinanzi all’altare della Madonna e confortò gli ammalati riuniti nell’attiguo chiostro rinascimentale.
La Delegazione della Tuscia e Sabina – dalla sua istituzione nel 2002 per volontà del XXXI Gran Maestro, S.A.R. l’Infante di Spagna Don Carlos di Borbone delle Due Sicilie e Borbone Parma, di felice memoria – ha prescelto la chiesa della Santissima Trinità come centro della propria vita spirituale. Fin da subito, i Costantiniani hanno scelto la Madonna Liberatrice come loro celeste Patrona, impegnandosi per la diffusione della sua devozione. Ogni anno partecipano alla tradizionale processione in suo onore. La chiesa fu edificata dagli Agostiniani Eremitani in forma gotica nel 1256 e ricostruita nel 1745. In essa è particolarmente onorata la Madonna, invocata con il Titolo di Liberatrice a motivo degli avvenimenti prodigiosi del 28 maggio 1320 e per aver lungo i secoli liberato il Popolo Viterbese in occasione di guerre e calamità. Nella chiesa è stata benedetta l’8 aprile 2018, alla presenza del Gran Maestro S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orlèans, Duca di Calabria, Conte di Caserta, la Cappella Costantiniana dove è venerato l’artistico Crocifisso ligneo del secolo XVI, restaurato a cura della Delegazione.
Per prepararsi all’importante ricorrenza della festa della Madonna Liberatrice, segue un breve saggio sulla storia del Culto e del Santuario della Madonna Liberatrice, dal titolo Sette secoli di culto per la Madonna Liberatrice nella chiesa degli Agostiniani di Viterbo (1320-2020), ad opera del Primo Cappellano della Delegazione della Tuscia e Sabina, Prof. Padre Rocco Ronzani, OSA, Cappellano di Merito con Placca d’Argento, pubblicato in Analecta Augustiniana, Volume LXXXIII, 2020, pp. 179-245:
La festa di Santa Rita da Cascia
Viterbo, 22 maggio 2024
In occasione dei festeggiamenti in onore Santa Rita da Cascia, la grande Santa agostiniana, nella Chiesa della Santissima Trinità in Viterbo, mercoledì 22 maggio 2024 alle ore 19.00 verrà celebrata la solenne Santa Messa presieduta dal Vicario Foraniale di Viterbo, Don Flavio Valeri e animata dalla Schola Cantorum “Don Bruno Medori” di Attigliano. Come da tradizione, su invito dei Padri Agostiniani, parteciperà una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata dal Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro.
Al termine del Sacro Rito, i Cavalieri e i Postulanti Costantiniani provvederanno a distribuire le rose benedette ai fedeli radunati nel Santuario. Alcuni Confratelli della Sacra Milizia presteranno servizio d’ordine all’ingresso del Convento. Il servizio d’ordine e di sicurezza verrà assicurato dai Cavalieri e dai volontari Costantiniani, che presteranno anche il servizio d’onore alla statua di Santa Rita.
Per tutta la giornata saranno celebrate delle Sante Messe, benedette le rose e le automobili.
Costante è stata la devozione dei Cavalieri Costantiniani verso Santa Rita. Ricordiamo il Pellegrinaggio effettuato il 17 ottobre 2015 dalla Delegazione della Tuscia e Sabina, insieme ad una rappresentanza della Delegazione Marche e Romagna, a cui presenziò anche il compianto Presidente del Real Commissione per l’Italia, S.E. il Duca Don Diego de Vargas Machuca. Durante la Solenne Celebrazione Eucaristica, presieduta da Mons. Giovanni D’Ercole, allora Vescovo di Ascoli Piceno, Cappellano Gran Croce di Merito della Sacra Milizia, furono benedetti i mantelli dei nuovi Cavalieri.
La tradizione ci tramanda che Rita da Cascia, portata alla vita religiosa, fu data in sposa ad un uomo violento che, convertito da lei, venne in seguito ucciso per una vendetta. I due figli giurarono di vendicarlo ed ella, non riuscendo a dissuaderli, pregò Dio a farli piuttosto morire. Quando ciò si verificò, Rita si ritirò nel monastero delle Monache Agostiniane di Cascia, dove condusse una santa vita con una particolare spiritualità in cui veniva privilegiata la Passione di Cristo. Durante un’estasi ricevette uno speciale stigma sulla fronte, che le rimase fino alla morte. La sua esistenza di moglie e di madre cristiana, segnata dal dolore e dalle miserie umane, è ancora oggi un esempio di alta santità per il Popolo di Dio.
La vita di Santa Rita da Cascia
Rita figlia (1381 – 1397) – Il vero nome di Santa Rita da Cascia è Margherita Lotti, figlia di Antonio Lotti e Amata Ferri. La piccola Margherita di Roccaporena, frazione a 5 km da Cascia, sboccia nel 1371, altri ritengono la data del 1381. Le ipotesi sono due: per la nascita 1371 o 1381, per il trapasso (rispettivamente) 1447 o 1457. Le date 1381-1457 sono state riconosciute come ufficiali da Papa Leone XIII quando proclamò Rita Santa. In un clima di fragile calma, Antonio e Amata svolgono la funzione di “pacieri”. I genitori di Rita sono particolarmente stimati e gli statuti del libero comune di Cascia affidano loro l’arduo incarico di pacificare i contendenti o almeno evitare stragi cruenti tra famiglie in conflitto.
Rita moglie e madre (1397 – 1406) – Come per tante ragazze, anche per la giovane Rita arriva il momento di farsi una famiglia. Il giovane che s’innamora di lei, e che lei ricambia, si chiama Paolo di Ferdinando di Mancino. Non è un giovane violento, come descritto in qualche vita, ma un ghibellino risentito e basta. Rita, quindi, non “ammansisce” affatto Paolo, piuttosto lo aiuta a vivere con una condotta più autenticamente cristiana. Sarà questo il frutto di un amore incondizionato e reciproco illuminato dalla benedizione divina.
Rita vedova (1406 – 1407) – Paolo di Ferdinando di Mancino viene assassinato nei pressi del “Mulinaccio”, dove si era trasferito con Rita e i suoi due figli. La tradizione colloca l’accaduto intorno al 1406. Rita se ne accorge, accorre ma non le resta che cogliere il rantolo finale del marito e affrettarsi a nascondere la camicia insanguinata, perché i figli, vedendola, non finiscano col covare vendetta.
Rita monaca (1407 – 1457) – Dopo l’assassinio del marito e la tragica morte dei suoi due figli, Rita si rifugia nella preghiera. È in questo momento che deve aver maturato con forza il desiderio di elevare il suo amore ad un altro livello, ad un altro sposo: Cristo. All’età di circa 36 anni, Rita bussa alla porta del Monastero di Santa Maria Maddalena. Superate le mille difficoltà, con l’aiuto della preghiera ai suoi tre protettori Sant’Agostino, San Nicola Da Tolentino e San Giovanni Battista, finalmente corona il suo desiderio.
Rita sale al Cielo (1457) – Nell’inverno precedente la sua scomparsa, gravemente ammalata, Rita trascorre lunghi periodi nella sua cella. Probabilmente la nostalgia per la sua Roccaporena, il ricordo di Paolo e dei figli si fa sentire vivo. Forse Rita, che ha sempre pregato per le loro anime, ora che sente avvicinarsi la fine, avverte una pena in cuore: sapere se il Signore abbia accolto le sue sofferenze e preghiere in espiazione dei peccati dei suoi cari. Chiede un segno all’Amore e il cielo le risponde.
I primi miracoli per intercessione di Rita (1457) – Nel 1457, per iniziativa delle autorità comunali, i primi miracoli per intercessione di Rita cominciano ad essere riportati nel Codex miraculorum (il Codice dei miracoli). Fra questi, troviamo quello cosiddetto maxime, ovvero il più straordinario: il miracolo di un cieco che riebbe la vista. Il corpo di Rita non è mai stato sepolto, proprio per il forte culto nato immediatamente dopo la sua morte. Da subito, infatti, grazie alle sue virtù, cominciano ad arrivare gli ex voto portati dai devoti. Vedendo tanta venerazione, le monache, decidono di riporre il santo corpo in una cassa. È a questo punto che Mastro Cecco Barbari s’incarica di costruire (più probabile: far costruire) la prima bara detta “cassa umile”.
Beatificazione e canonizzazione di Rita (1626 – 1900) – Se tra i concittadini la venerazione è stata rapida, non altrettanto rapido è il cammino di ascesa agli altari. Il processo di beatificazione ha inizio il 19 ottobre 1626, sotto il pontificato di Urbano VIII, che ben conosce la Santa essendo stato vescovo di Spoleto fino al 1617. Fra i principali sostenitori della causa di beatificazione, oltre alla famiglia Barberini, c’è il Cardinale Fausto Poli, nativo di Usigni, villaggio del territorio casciano. È lui a interessarsi anche dei luoghi ritiani di Roccaporena, trasformando nel 1630 la casa-domuncola in capella.
La supplica a Santa Rita da Cascia
O’ gloriosa Santa Rita, raccolti attorno a te in questo giorno solenne, con cuore lieto e riconoscente, ancora una volta ci affidiamo alla tua preghiera che sappiamo potente presso Dio, Padre onnipotente e misericordioso.
Tu che hai vissuto le diverse condizioni della vita e conosci le preoccupazioni e le ansie del cuore umano, tu che hai saputo amare e perdonare ed essere strumento di riconciliazione e di pace, tu che hai seguito il Signore come il bene prezioso davanti al quale impallidisce ogni altro bene, ottieni per noi il dono della sapienza del cuore che insegna a percorrere la via del Vangelo.
Guarda alle nostre famiglie e ai nostri giovani, a quanti sono segnati dalla malattia, dalla sofferenza e dalla solitudine, ai tuoi fratelli e sorelle agostiniani, ai devoti che a te si affidano con speranza.
Chiedi per tutti la grazia del Signore, la fortezza e la consolazione dello Spirito, la forza nella prova e la coerenza nelle azioni, la perseveranza nella fede e nelle opere buone, perché possiamo testimoniare davanti al mondo, in ogni circostanza, la fecondità dell’amore e il senso autentico della vita, fino a quando, al termine del nostro pellegrinaggio terreno, saremo accolti nella casa del Padre, dove insieme con te canteremo la sua lode per i secoli eterni.
Amen.
La solennità del Corpus Domini
Bolsena, 2 giugno 2024
Domenica 2 giugno 2024, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata dal Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, alle ore 17.00 nella basilica di Santa Cristina-Santuario del Miracolo Eucaristico a Bolsena, alla solenne Santa Messa, animata con i canti eseguiti dal Coro Polifonico Santa Cristina, e alle ore 18.00 alla solenne Processione con il Santissimo Sacramento e la Sacra Pietra, lungo il tradizionale percorso coperto interamente dalle artistiche infiorate realizzate dai gruppi di infioratori.
Il Miracolo Eucaristico di Bolsena
La solennità del Corpo e Sangue di Cristo vuole ricordare il miracolo eucaristico di Bolsena – piccolo comune del viterbese adagiato sulla sponda nord-orientale dell’omonimo lago – avvenuto in un giorno impreciso del 1263. Le più antiche cronache ci parlano di un sacerdote Boemo cui la tradizione dà il nome di Pietro da Praga, il quale in quel tempo di controversie teologiche sul mistero eucaristico fu assalito da dubbi sulla reale presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrato. Per trovare finalmente pace, risolse nel suo animo di intraprendere un lungo pellegrinaggio di penitenza e meditazione alla volta di Roma per pregare sulla tomba di San Pietro. Dopo aver pregato sulla tomba del principe degli apostoli, rinfrancato nello spirito riprese il viaggio di ritorno verso la sua terra. Lungo la via Cassia si fermò a dormire a Bolsena nei pressi della basilica di Santa Cristina e per ringraziare Iddio, il mattino seguente, chiese di celebrare la Santa Messa.
Durante la celebrazione, dopo la consacrazione alla frazione dell’ostia, apparve ai suoi occhi un prodigio al quale da principio non voleva credere. Quell’ostia che teneva tra le mani era diventata carne da cui stillava miracolosamente abbondante sangue. Impaurito e allo stesso tempo pieno di gioia cercò di nascondere ai rari presenti quello che stava avvenendo: concluse la celebrazione, avvolse tutto nel candido corporale di lino usato per la purificazione del calice che si macchiò immediatamente di sangue e fuggì verso la sagrestia. Ma durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul pavimento tradendo la segretezza del prodigio.
A seguito di questo miracolo, nel 1264, con la Bolla Transiturus de hoc mundo, Papa Urbano IV decretò che la solennità del Corpo e Sangue del Signore fosse celebrata ogni anno in tutta la Chiesa universale e venne edificato il bellissimo e imponente duomo di Orvieto, cittadina umbra poco distante da Bolsena, dove è conservato al suo interno il reliquiario che contiene l’Ostia.
L’istituzione della processione del Corpus Domini trae le sue origini dalla cerimonia con la quale le reliquie del miracolo, traslate da Bolsena ad Orvieto, furono riposte in Santa Maria Prisca, alla presenza di Papa Urbano IV. Nel 1337 il governo di Orvieto stabilì di portare annualmente l’ostia consacrata e il Corporale in solenne processione per le vie della città. Per questa occasione, ogni anno, Orvieto abbellì vie, strade, piazze e palazzi di verdure, fiori, dipinti, arazzi e stoffe preziose.
Bolsena cominciò a celebrare solennemente la festa del Corpus Domini solo alcuni secoli più tardi dopo che i marmi macchiati di sangue (le “Sacre Pietre”), trasportati su un carro trionfale costruito per l’occasione, furono trasferiti dalla cappella del Corpo di Cristo per essere custoditi nella nuova Cappella del Miracolo. La prima solenne processione con le reliquie del miracolo risale soltanto al 1881.
Alla grandiosa processione, che si svolge con devota partecipazione e compostezza del popolo, prendono parte i religiosi locali e del Duomo di Orvieto, il vescovo diocesano, un cardinale, autorità cittadine, provinciali e militari. Il percorso della processione è lungo circa 3 km (sembra sia il più lungo del mondo) ed è completamente ricoperto da un’artistica infiorata, su disegno di base, con petali di fiori, foglie e semi. A livello individuale o in gruppi, gli abitanti delle vie interessate dal percorso della processione provvedono nei giorni precedenti l’evento alla raccolta dei fiori e alla preparazione dell’occorrente per i contorni dei disegni (fondi di caffè, segatura colorata) mentre il mattino stesso della festa alla raccolta dei fiori più delicati. Il grande impegno ha termine poco prima della solenne processione.
Nel suo messaggio per la chiusura dei lavori del 41° Congresso Eucaristico Internazionale, l’8 agosto 1976 a Bolsena Papa Paolo VI scrisse: «Bolsena non dimentica, ed oggi ripresenta a noi e al mondo il miracolo compiuto nel santuario della sua Santa Cristina, il quale miracolo ha ravvivato nella Chiesa d’allora e ravviva tuttora la coscienza interiore e ha perpetuato il culto esteriore, pubblico e solenne, dell’Eucarestia, del quale Orvieto e Bolsena conservano ed alimentano nel mondo l’inestinguibile fiamma».
La solennità del Corpus Domini
La data della solennità del Corpo e Sangue di Cristo – una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa Cattolica Romana – ricorre il giovedì della seconda settimana dopo la Pentecoste. Si tratta pertanto di una ricorrenza “mobile” (non cade sempre nello stesso giorno dell’anno) in quanto direttamente collegata alla data della Pasqua. La data del Corpus Domini 2024 è giovedì 30 maggio. La solennità è riconosciuta festa civile in alcuni Paesi, come in Spagna, Germania, Irlanda, Croazia, Polonia, Portogallo, Brasile, Austria, Monaco Principato, a San Marino e nei cantoni cattolici della Svizzera. In Italia la ricorrenza non è riconosciuta come festività e la celebrazione è posticipata alla successiva domenica, quest’anno il 2 giugno, giorno nel quale la Processione del Corpus Domini a Bolsena si svolge dalle ore 18.00 sul tradizionale percorso ricoperto interamente dalle artistiche infiorate.
I miracoli eucaristici nella storia della Chiesa La storia della Chiesa è disseminata di miracoli eucaristici attraverso i quali Dio ha voluto rivelare la sua reale presenza in mezzo agli uomini. Nel volume I miracoli eucaristici in Italia (Paoline Editoriale Libri 2015, 112 pagine [QUI]) Raffaele Iaria racconta, con l’aiuto di documenti storici, i diciassette miracoli eucaristici avvenuti in Italia tra l’VIII e il XVIII secolo. Basta il nome evocativo di qualche luogo: Lanciano, Bolsena, Orvieto, Siena. I miracoli eucaristici, di fatto, sono eventi reali umano-divini di quella realtà tutta divina che è l’Eucaristia, di cui San Pier Giuliano Eymard amava dire: “Troverete tutto nell’Eucaristia: la parola di fuoco, la scienza e i miracoli. Sì, anche i miracoli”. Il lavoro di Raffaele Iaria, oltre che attuale e opportuno, è molto utile sia per avere un bagaglio prezioso di riferimenti ai miracoli eucaristici più importanti e significativi avvenuti in Italia, sia per avviare una valida riflessione e meditazione su fatti cosi importanti che non sono soltanto “storia”, ma anche “teologia”, ossia sono eventi che possono svelare realmente qualcosa dell’ineffabile mistero eucaristico. Questo volume si differenzia bene da altri lavori del genere per due caratteristiche particolari: la prima è l’accuratezza della ricerca che punta all’essenziale dei “fatti” senza nulla concedere al cosiddetto “miracolismo” di eventi qualificati scientificamente come miracoli eucaristici; la seconda caratteristica è lo stile giornalistico aperto e accattivante, che sa incidere nell’animo del lettore con semplicità e rapidità.