In ossequio di una graziosa tradizione, al termine della Santa Messa celebrata da Padre Giuseppe Tesse, O.S.A., i Cavalieri della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidati dal Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, hanno distribuito ai fedeli le ciambelle benedette, confezionate secondo un’antica ricetta conventuale.
Il servizio d’onore alla statua del Beato Giacomo da Viterbo è stato prestato dagli stessi Cavalieri Costantiniani.
La statua artistica del Beato Giacomo da Viterbo, realizzata a Napoli, è stata inaugurata dieci anni fa, il 4 giugno 2014, al termine della solenne Santa Messa celebrata presso la chiesa della Santissima Trinità, nella ricorrenza della sua festa liturgica.
Il Beato Giacomo da Viterbo
La nascita di Giacomo avvenne intorno al 1255 a Viterbo. Anche se una certa tradizione lo vuole appartenente alla nobile famiglia Capocci, non è sicura la sua discendenza dalla potente casata. Abbracciò ben presto la vita religiosa, entrando nel 1272 tra gli Eremitani di Sant’Agostino, la presenza dei quali nel territorio viterbese era ben radicata e rimontante certamente alle origini dell’Ordine. Ancor prima della Grande Unione ordinata da Papa Alessandro IV nel 1256, infatti, gli Agostiniani avevano eretto alcuni cenobi nell’Alta Tuscia. È documentata, in particolare, la fondazione di un eremo in località Monterazzano, a circa sei chilometri da Viterbo. All’incirca nel periodo in cui nacque Giacomo, gli Agostiniani si trasferirono definitivamente da Monterazzano a Viterbo, dove provvidero ad edificare una chiesa in stile gotico dedicata alla Santissima Trinità. Fu, quindi, nel nuovo, vasto complesso conventuale della Santissima Trinità che Giacomo intorno al 1270 vestì l’abito ed intraprese il curriculum di studi umanistici rivelando sin dagli inizi le sue doti di profondo ingegno.
Tra Parigi e l’Italia
Nel 1274 il giovane frate fu inviato a Parigi a frequentare la Facoltà Teologica dell’Università più celebre dell’Europa medievale, dove incontrò due altri brillanti studenti agostiniani, i romani Egidio e Giacomo. A Parigi Giacomo subì l’influenza dell’insegnamento di Tommaso d’Aquino che ebbe senz’altro modo di incrociare in Italia e forse proprio a Viterbo prima della sua partenza per Parigi. Giacome ebbe sempre profondo rispetto e venerazione per il più grande teologo del Medioevo. Ne è riprova la calorosa testimonianza che egli renderà in occasione del processo di canonizzazione di Tommaso d’Aquino: «Credo che il nostro Salvatore abbia inviato in questo mondo, per illuminarlo, prima l’apostolo Paolo, poi Agostino, e finalmente fra Tommaso, il quale non avrà uguali fino alla fine dei secoli». Alla morte del Doctor Angelicus ottenne per concorso la cattedra per commentare il Maestro delle sentenze.
Tornato in Italia nel 1281, Giacomo consegue il titolo di Lector novus nel Capitolo provinciale celebrato a San Martino di Campiano e viene destinato ad incarichi autorevoli.
Insieme ad Egidio Romano ritornò a Parigi nel 1286 per riprendervi gli studi teologici, conseguendo il baccellierato nel 1288 e, al termine del prescritto tirocinio, il dottorato nel 1293. Su designazione di Egidio Romano, eletto Priore Generale dell’Ordine, fu nominato nello stesso anno Maestro Reggente dello Studio parigino. È in tale carica che Giacomo rivela pienamente il particolare acume di carattere speculativo per cui gli venne presto attribuito, come era consuetudine tra i grandi maestri della scolastica, il titolo di Doctor Speculativus.
Dopo il suo ritorno in Italia, verso la fine del 1299, Giacomo venne designato come Definitore della Provincia Romana per il Capitolo Generale di Napoli. Nella capitale del Regno angioino rimase per due anni come Primo Lettore del locale Studio Generale di Sant’Agostino alla Zecca, fondato dagli Agostiniani in quella città.
Arcivescovo di Benevento e Napoli
Durante il soggiorno napoletano, Giacomo venne eletto Arcivescovo di Benevento da Papa Bonifacio VIII con bolla del 3 settembre 1302. Si trattò, evidentemente, di un riconoscimento per la difesa che l’Agostiniano aveva fatto pochi mesi prima dell’autorità e del primato del Papa nell’opera De regimine christiano. Dopo poco più di un anno, il 12 dicembre 1203, su istanza di Carlo II d’Angiò, Giacomo fu trasferito dal Papa alla sede metropolitana di Napoli. Per la sua feconda azione pastorale, Giacomo seppe guadagnarsi la stima e la venerazione del Re e del figlio Roberto, Duca di Calabria, come è attestato nei Regesta angioini degli anni 1302-1307. Tra i meriti di maggior rilievo di Giacomo, quale Arcivescovo metropolita di Napoli, vi è l’impegno costante nel promuovere i lavori per la costruzione della nuova cattedrale, per la quale, grazie alla protezione del Re, ottenne larghe concessioni e privilegi.
La sua attività pastorale dovette essere esemplare, sia nel breve periodo di governo a Benevento, che nei cinque anni trascorsi alla guida dell’Arcidiocesi di Napoli. In vari passi del De Regimine christiano, specialmente nella parte seconda, capitolo IV, Giacomo si era espresso con chiarezza sull’ufficio e sui doveri del vescovo, insistendo sull’obbligo di pascere il gregge di Cristo «verbo, exemplo et temporali subsidio», cioè con la predicazione, con l’esempio e con l’elemosina.
Morto in fama di santità
La morte di Giacomo è avvenuta a Napoli tra la fine del 1307 e l’inizio del 1308, in fama di santità. La sua memoria fu subito circondata di venerazione nell’Ordine Agostiniano, in Viterbo, Benevento e Napoli, divenendo ben presto oggetto di culto pubblico, confermato ab immemorabili da Papa San Pio X il 14 giugno 1911, su istanza dell’Ordine Agostiniano. Non è noto il luogo della sua sepoltura. La sua memoria liturgica ricorre il 12 dicembre, a Viterbo il 4 giugno.
Le opere
Come filosofo scolastico e scrittore politico, Giacomo occupa un posto importante tra i pensatori del suo tempo. Per tutto il secolo XIV e nei primi anni del secolo XV, godette di grande fama ed autorità, com’è comprovato dai numerosi manoscritti che riproducono le sue opere e dalle copiose citazioni di esse da parte dei dottori della scuola agostiniana ed anche di dottori di altre scuole teologiche. Considerato uno dei maggiori teologi scolastici, per l’acume del suo ingegno, meritò l’onorifico titolo di Doctor Speculativus.
Delle sue opere ci sono rimaste l’Abbreviatio Sententiarum Aegidii, il De praedicamentis divinis e la Lectura super 4 libros Sententiarum, le Quaestiones disputatae de praedicamentis in divinis, collocabili tra il 1293 ed il 1295 e la Summa de peccatorum distinctione, scritta tra il 1300 ed il 1306.
La sua fame ed autorità è legata soprattutto al De Regimine christiano, opera scritta nel 1301-1302 in occasione della lotta tra il Papa Bonifacio VIII e il Re di Francia Filippo il Bello. Questa opera può essere considerato uno dei primi e più significativi trattati medievali di ecclesiologia, concentrato sul tema del governo della Cristianità e dell’ordinamento gerarchico dei suoi poteri [QUI].
Giacomo nel De Regimine christiano si occupa del potere temporale esercitato all’epoca dagli esponenti della gerarchia sacra: fino a che punto quello che doveva essere un ministero era da ritenere compatibile con le altre forme di governo politico? Il pensatore tardo-medievale affronta in modo originale la questione non soltanto dal punto di vista giuridico-canonico, ma tratteggia le linee di un regimen christianum. Giacomo dà al potere temporale una base naturale che l’intervento della Chiesa non crea ma perfeziona. La novità del suo pensiero consiste nell’indirizzare in senso ecclesiologico la tradizione teologico-giuridica, riformulandone la dottrina. Una riflessione “situata”, quella di Giacomo. È in hoc tempore che nascono valide ragioni per le quali bisogna occuparsi della gloria del regno della Chiesa e del senso di quel potere che Cristo-re ha comunicato al proprio Vicario terrestre.
Le note biografiche sono tratte dal libretto Beato Giacomo da Viterbo agostiniano, Arcivescovo di Napoli. VII centenario della morte (1308-2008) di Roberto Saccarello (2008, 56 pagine).