Si tratta dell’interessante realtà dei parchi-giardini borbonici assolutamente da valorizzare, anche in relazione con i modelli dell’area napoletana presenti a Portici, Caserta, Chiaia, testimonianze di una politica illuminata che ha saputo coniugare, in maniera sapiente, patrimonio archeologico e patrimonio paesaggistico, costituente un originale precedente per i dibattiti odierni. A parlare di tutto ciò, dopo l’introduzione del Delegato, il Nob. Prof. Salvatore Bordonali, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, è stato il Prof. Giovanni Fatta del Bosco, dei Principi di Belvedere e Barone di Garbinogara, che ha già collaborato con la Delegazioni in altre iniziative e lectio magistralis. Il relatore è Professore ordinario di Arboricoltura Speciale dell’Università di Palermo, dove ricopre l’incarico di Direttore dell’Istituto di Coltivazioni arboree, Direttore e Docente alla Scuola di specializzazione in Architettura dei giardini, progettazione e assetto del paesaggio e Docente ufficiale al Master di 2° livello in Architettura dei giardini e progettazione del paesaggio presso la Facoltà di Architettura. Inoltre, è Vice Presidente della Società Siciliana di Storia Patria. È stato relatore in conferenze e autore di saggi sul tema del Convegno.

Indirizzo di saluto del Delegato
Nob. Prof. Salvatore Bordonali
«Il tema di oggi riguarda i parchi borbonici, riprendendo tra le attività della Delegazione la serie degli interventi ed approfondimento di temi di carattere storico, in questa sede prestigiosa quanto bella, la chiesa di San Giorgio dei Genovesi; una perla che giunge a noi dal XVI secolo, tra le pochissime rimaste di quel periodo.
Un grazie di cuore per quanti sono in ascolto e per i presenti, anzitutto per S.A.R. la Principessa Silvia di Savoia, Duchessa d’Aosta. Sento di dover fare una piccola digressione e ricordare che quando l’Ambasciatore Paolo Pucci di Benesichi mi ha proposto di entrare a fare parte dell’Ordine Costantiniano, ne ho parlato con Amedeo: mi ha detto immediatamente che si trattava di difendere gli stessi valori comuni, la famiglia, la Fede dei padri, la nostra storia. Si, tutto il passato ci riguarda e va studiato con spirito di verità e con amore; non di propaganda politica, come purtroppo continua a fare oggi una certa storiografia sedicente progressista. Non a caso, certi temi che sembravano appartenere al passato riemergono oggi sotto l’aspetto della novità: così il passaggio al green, la difesa e la creazione di parchi, tra cui occupano un posto di rilevo quelli realizzati nel Sud dai Borbone e che in buona parte permangono.
E qui devo cedere la parola al nostro oratore, che non è per noi una conoscenza nuova. Tutti ricordiamo, Giovanni Fatta del Bosco, dei Principi di Belvedere, Professore ordinario nell’Università di Stato e autore di parecchie importanti pubblicazioni, quando ci ha intrattenuto su altri aspetti di questo tema.
Ma nel concludere il mio saluto, non posso non ricordare qui un amico scomparso, del quale ricorre in questi giorni l’anniversario e che tanto ha dato all’Ordine Costantiniano: il Duca Don Diego de Vargas Machuca. Apparteneva ad una delle più antiche ed illustri famiglie nobili della Spagna, con più di mille anni di storia, diramatasi poi anche in Italia nel XVII secolo.
Per lunghi anni Presidente della Real Commissione per l’Italia, ha impostato le basi che ancora oggi ci consentono di portare avanti l’attività, direi la missione, dell’Ordine».








Uno sguardo sui parchi borbonici
Sintesi dell’intervento
del Prof. Giovanni Fatta del Bosco
I “siti reali” vennero costituiti non solo “per l’onesti divertimenti a cui le gravi cure del governo dei vassalli obbligarono i monarchi; ma anche per attirare in un compendio di utile e dilettevole le nuove idee illuministiche” e in effetti nel motto Deliciae Principis felicitas populi, si traduce quella concezione monarchica dello Stato di Giovan Battista Vico che guidava i Borbone, quell’ideale illuministico di una razionale utilizzazione delle risorse naturali riscontrabile anche in epoche assai più remote nell’oraziano Miscuit utile dulci.
Così il Parco della Favorita, oltre al “giardino”, al “Parco” al “labirinto”, conteneva anche “campi sperimentali” per “speculazioni ed esperimenti al miglioramento della agricoltura applicandovi le teorie dè moderni e dè più accreditati autori”.
Così pure il Real sito di Boccadifalco, voluto da Francesco di Borbone (il futuro Francesco I), dalla cui meritoria attività di sperimentazione deriverà la diffusione di coltivazioni di grande importanza economica quali il lino, la canapa (oggi scomparsa), il mandarino e il nespolo del Giappone, tuttora assai diffuse e apprezzate.
Con l’ascesa al trono di Carlo III viene iniziata la costruzione delle Regge di Capodimonte, di Caserta e di Portici.
Nella Reggia di Capodimonte la sistemazione del parco venne affidata a Ferdinando Sanfelice che, sfruttando la varietà delle aree acquisite, realizza una sintesi tra la nuova visione prospettica del giardino, nato dalla ideologia illuminista, e il più severo impianto scenografico di colture tardo-barocca. Le aree a carattere agricolo saranno utilizzate, soprattutto, per la coltivazione degli agrumi e delle piante tropicali, mentre in epoca post-unitaria nell’onda della moda orientalista si diffonderanno le palme. Di fronte all’edificio sorse la Real Fabbrica della Porcellana, oggi dell’Istituto Professionale per la Lavorazione della Ceramica. Per la sua posizione collinosa il sito di Capodimonte può considerarsi uno dei più affascinanti belvedere della Città di Napoli.
Nella Reggia di Caserta, dove si esprime il genio di Luigi Vanvitelli, i giochi di acqua che scaturiscono dai gruppi scultorei delle fontane realizzate sotto la direzione di Carlo Vanvitelli e le opere idrauliche in genere, sono elementi essenziali di un linguaggio decorativo consolidato ormai a livello internazionale, dove a planimetrie razionali si accompagnano significati allegorico-simbolici. L’ampia scenografia prospettica è indispensabile per fare risaltare il concetto di grandeur, nuova metafora di regalità. Vero luogo di delizie è, poi, il “giardino inglese” voluto dalla Regina Maria Carolina e realizzato dall’inglese John Andrew Grefer nel 1986, con l’intervento anche di Carlo Vanvitelli, e che si svolge su una superfice di circa 25 ettari. Al suo interno vi saranno un insieme di elementi che appaiono tipici degli impianti del genere: un criptoportico, sette statue antiche della collezione Farnese ed altre provenienti dagli scavi di Pompei, una cappelletta gotica, un’atra statua “all’antica” di Venere realizzata da Tommaso Solari e, in mezzo a un bacino artificiale, un’isoletta con le finte rovine di un tempio.
Nella Villa La Floridiana a Napoli, voluta da Ferdinando per la moglie morganatica Lucia Migliaccio, Duchessa di Floridia, l’Architetto dei Reali Teatri e Direttore della Regia Scuola di Scenografia Antonio Nicolini, in armonia con i canoni del giardino “all’inglese” realizza un andamento a raggera dei viali principali nella zona orientale, e sistema invece “a macchia” la parte a sud dell’edificio così da sfruttare lo stato dei luoghi e da valorizzare gli straordinari squarci di paesaggio della parte meridionale. Utilizza, poi, la naturale orografia del terreno che scende dapprima gradatamente, poi con un brusco pendio verso il mare così da realizzare un giardino dai forti effetti chiaroscurali, con zone a macchia, praterie e boschetti, balze con pietre laviche, tutto ciò che accentua l’effetto “pittorico” dell’insieme. Felicissimo angolo della Floridiana è poi il piccolo Teatro di Verdura”, abbellito dalle statue di Melpomene e Talia, con il suo impianto in cui le quinte del palcoscenico, la bordura dell’orchestra e il perimetro esterno di chiusura dei sedili della platea sono esclusivamente costituiti da essenze arboree. È documentata anche l’esistenza di un labirinto al cui centro, in una piccola radura, era collocata una gabbia per le tigri e leoni e un recinto per canguri (18 per l’esattezza, ottenuti dall’Inghilterra in cambio di 18 papiri ercolanesi).