Il Gran Priore: “Dio ama tutti, ma non ama tutto. Odia il peccato, perché ci trascina alla morte eterna”

Il Gran Priore del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Diacono del titolo di Sant’Agnese in Agone, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, Balì Gran Croce di Giustizia, ha presieduto domenica 21 gennaio 2022 alle ore 12.15, in Roma presso la chiesa a piazza Navona di cui è titolare, la solenne Concelebrazione Eucaristica nella ricorrenza della memoria liturgica di Sant’Agnese, una delle prime martiri cristiane.

Hanno concelebrato il Rettore, Mons. Paolo Schiavon, Vescovo titolare di Trevi, Vescovo ausiliare emerito di Roma, Mons. Marcello Bartolucci, Arcivescovo titolare di Bevagna, Segretario emerito della Congregazione delle Cause dei Santi, e quattro sacerdoti della Diocesi di Roma.

Ha animato la Liturgia il Coro di Sant’Agnese in piazza Navona, diretto dal Maestro Paolo Teodori, organista Marco Puzoni.

Ha partecipato una rappresentanza della Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Tra i Cavalieri intervenuti per l’occasione, S.A.S. il Principe Maurizio Ferrante Gonzaga del Vodice di Vescovato, Cavaliere di Gran Croce di Giustizia; il Delegato Vicario, Prof. Dott. Giuseppe Schlitzer, Cavaliere di Gran Croce di Merito; il Referente per la Sezione dei Castelli Romani, Ing. Franco Iacobini, Cavaliere Jure Sanguinis; e il Referente per le Attività caritatevoli, Prof. Luca Mazzola, Cavaliere di Ufficio.

Nella sua omelia. incentrata sulla 12enne martire Sant’Agnese come esempio per i giovani di oggi, il Cardinal Müller ha rilevato, che «l’ideologia atea del gender confonde i giovani sulla loro identità maschile o femminile e quando vengono sedotti dalle aziende mediche a mutilare i loro corpi in cambio di molto denaro. Non ci vuole una grande arguzia per capire la perfida propaganda che maschera eufemisticamente come “libera scelta di genere” questi crimini contro l’umanità». Invece, ha detto il Cardinal Müller, «l’essere umano è un’unità naturale di anima e corpo. Accettando con gioia il sì sincero che il Creatore ha rivolto alla mia esistenza spirituale e fisica nello spazio e nel tempo, posso anche accettare me stesso. Sono una creatura di Dio, sono un figlio o una figlia del Padre, sono un fratello o una sorella dell’unigenito Figlio di Dio Gesù Cristo e sono un amico o un’amica dello Spirito Santo».

Il Cardinal Müller ha osservato che «la menzogna mortale del nuovo paganesimo, può essere smascherata e vinta solo dalla verità di Dio “perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore“ (Rm 6,23)».

«Se questa Parola della Scrittura è vera – ha proseguito il Cardinal Müller -, allora la conclusione è: nessun sacerdote di Cristo può benedire nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo un peccato che è diretto contro la natura dell’uomo creato da Dio. È vero: Dio ama tutti. Ma dobbiamo aggiungere: Dio non ama tutto, ma odia il peccato, perché ci trascina alla morte eterna. Per questo motivo non dobbiamo interpretare l’amore divino secondo gli interessi umani, ma piuttosto come manifestazione della sua misericordia attraverso Gesù Cristo. Dio stesso ci rivela la ragione e il senso del suo amore per i peccatori come unica via di salvezza (…).

La vera adorazione di Dio e l’autentica castità della mente e del corpo sono reciprocamente dipendenti. L’adorazione degli idoli del sesso, del denaro e del potere ha – come spiega l’Apostolo – una conseguenza autodistruttiva per il nostro pensiero e per il nostro comportamento e porterà inevitabilmente alla morte mentale e spirituale (…).

Sant’Agnese, che oggi veneriamo, fu una martire cristiana durante le ultime fasi della persecuzione nell’Impero Romano. Questa vergine e martire è l’ideale della nuova vita in Dio, nostro Creatore e Redentore. Non abbiamo bisogno di un idolo sessuale del vecchio e nuovo paganesimo come oggetto del nostro desiderio per anestetizzare il sentimento nichilista dell’assenza Dio. In tutto il mondo, i cattolici ammirano la dodicenne romana per il suo eroismo e la celebrano come Santa e paladina della gioventù cristiana. (…)

La castità come virtù cristiana, che nasce dall’adorazione dell’unico e vero Dio come creatore e autore della nostra vita, significa riconoscere il significato positivo della corporeità in generale e della sessualità maschile e femminile in particolare. Dio ha creato gli esseri umani come uomo e donna. Essi sono stati benedetti in Cristo con tutte le benedizioni del suo Spirito, affinché nell’amore coniugale possano manifestare il Suo amore e trasmettere la vita nella successione delle generazioni nel reciproco amore di genitori e figli. In questo modo, coniugi e genitori cooperano alla volontà salvifica universale di Dio».

Il Cardinal Müller ha concluso: «Che Sant’Agnese ci aiuti a discernere la verità di Dio e le menzogne del nuovo paganesimo, e in particolare affidiamo alla sua intercessione i bambini e i giovani, affinché possano gioire della loro natura e diventare buoni cristiani. Sant’Agnese, sii un esempio per i nostri bambini e giovani e prega per loro Dio nostro Signore».

Il testo integrale dell’Omelia del Cardinal Müller [QUI].

Agnese nacque a Roma da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano alla defezione. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del prefetto di Roma, invaghitosi di lei ma respinto. Fu esposta nuda al Circo Agonale, nei pressi dell’attuale piazza Navona. Un uomo che cercò di avvicinarla cadde morto prima di poterla sfiorare e altrettanto miracolosamente risorse per intercessione della santa. Gettata nel fuoco, questo si estinse per le sue orazioni, fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca tra il 249 e il 251 durante la persecuzione voluta dall’imperatore Decio, altri nel 304 durante la persecuzione di Diocleziano.

Di lei nell’inno Agnes Beatae Virginis scrive Sant’Ambrogio:

«In morte vivebat pudor

vultumque texerat manu

terram genu flexo petit

lapsu verecundo cadens»

(La pudicizia viveva anche nella morte

si coprì il volto con la mano

cadde a terra in ginocchio

e fu vereconda anche nel cadere).

Il suo nome è inserito nel Canone romano. Nel Martirologio romano è riportato su di lei lo scritto di San Girolamo: «Memoria di sant’Agnese, vergine e martire, che, ancora fanciulla, diede a Roma la suprema testimonianza di fede e consacrò con il martirio la fama della sua castità; vinse, così, sia la sua tenera età che il tiranno, acquisendo una vastissima ammirazione presso le genti e ottenendo presso Dio una gloria ancor più grande; in questo giorno si celebra la deposizione del suo corpo».

Nel giorno della sua memoria liturgica, il 21 gennaio, la liturgia riporta questa antifona al Magnificat: «Stans beata Agnes in medio flammae, expansis manibus, orabat ad Dominum: Omnipotens, adorande, colende, tremende, benedico te et glorifico nomen tuum in aeternum» (Sant’Agnese, in piedi in mezzo al fuoco, aprendo le mani, pregava il Signore: Onnipotente, degno di adorazione, di lode e di timore, benedico te e glorifico il tuo nome in eterno).

La chiesa di Sant’Agnese in Agone [QUI] https://www.santagneseinagone.org/origini/ si trova in piazza Navona a Roma, nel luogo dove, secondo la leggenda, Sant’Agnese ha subito il martirio.

La chiesa ebbe un primo progetto disegnato nel 1652 da Girolamo Rainaldi (1570-1655) in stile barocco. Il committente fu Papa Innocenzo X Pamphili, il cui monumento funebre si trova all’interno della chiesa. La famiglia aveva ampi possedimenti nella piazza e la chiesa doveva essere una specie di cappella privata annessa al palazzo di famiglia che si trova accanto.

Negli anni 1653-1657 i lavori proseguirono sotto la direzione di Francesco Borromini. Borromini cambiò in parte il progetto originario; tra le altre cose aumentò la distanza tra le due torri integrate nel prospetto ed ideò l’impostazione della facciata concava per dare più risalto alla cupola.

Nel 1672 la costruzione fu completata da Carlo Rainaldi (1611-1691), il figlio dell’architetto che aveva cominciato i lavori.

La facciata, caratterizzata dal suo arretramento nella parte centrale e dalle parti laterali curve, è in mezzo ai due campanili, entrambi culminanti con una copertura conica recante delle croci. Nella facciata, priva di decorazioni all’infuori delle ghirlande fra le lesene, si aprono tre portali, con il centrale più grande rispetto agli altri.

La cupola, opera di Giovanni Maria Baratta (tamburo) e di Carlo Rainaldi (lanterna), è decorata alla base da coppie di pilastri corinzi alternate ai finestroni rettangolari. I pennacchi della cupola, dipinti fra il 1667 e il 1671 da Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, sono dedicati alle quattro virtù cardinali; l’affresco della cupola, invece, opera di Ciro Ferri e di Sebastiano Corbellini che lo portò a termine, raffigura Sant’Agnese introdotta alla Gloria del Paradiso.

All’interno la chiesa presenta una pianta a croce greca; i quattro corti bracci della navata, dell’abside e dei transetti, riccamente decorati con stucchi dorati nelle volte si incontrano nell’ottagono centrale, in cui si trovano quattro altari dedicati a Sant’Alessio, Santa Ermenziana, Sant’Eustachio e Santa Cecilia, con pale marmoree e statue rispettivamente di Giovanni Francesco Rossi, Leonardo Reti, Melchiorre Cafà e Antonio Raggi. Le colonne che li riquadrano sono in marmo rosso di Cottanello. I transetti sono dedicati a Sant’Agnese e a San Sebastiano. Le prospettive accelerate marmoree sono di Costanzo de Peris. L’altare maggiore fu eseguito fra il 1720 e il 1724 su un progetto di Carlo Rainaldi ed accoglie la pala Sacra Famiglia di Domenico Guidi. L’elevazione dell’altare è costruita su quattro colonne scanalate in marmo verde antico provenienti dall’Arco di Marco Aurelio al Corso; le colonne terminano con capitelli compositi in marmo dorato a foglia, che sorreggono la trabeazione ad andamento curvilineo. Il timpano è sormontato da due angeli in stucco che recano la colomba con la palma simbolo del martirio. Al centro, tre angeli che sostengono il cartiglio con la scritta tratta dal Vangelo “tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni”, frase che si ricollega anche a Giovanni Battista Pamphilj il quale volle che l’altare fosse dedicato al santo di cui portava il nome. Inizialmente l’altare doveva essere dedicato a Sant’Agnese e la pala doveva contenere il miracolo di Sant’Agnese che fa resuscitare con la preghiera Procopio ucciso dal diavolo. In seguito alla morte di Alessandro Algardi, al quale era stata affidata la realizzazione, Ercole Ferrata e Domenico Guidi furono incaricati di realizzare il modello grande in stucco conforme a quello preparato dall’Algardi. In seguito però, si decise di dedicare alla santa non più l’altare absidale ma la cappella nel lato nord, e si decise di dedicare la pala absidale alle due Sacre Famiglie (quella di Maria, Giuseppe e Gesù e quella di Elisabetta, Zaccaria e Giovanni). Al centro della composizione il piccolo Giovanni Battista mostra a Gesù un cartiglio arrotolato. Gesù, sostenuto dalla Vergine alle sue spalle, viene inondato dalla luce dello Spirito Santo. In alto, cherubini, angeli e putti svolazzano tra ramoscelli di ulivo e porgono grappoli di datteri.

La cripta, o sacellum infimum, è l’unica parte superstite della primitiva chiesa costruita sul luogo del martirio di Sant’Agnese. Vi si accede dalla Cappella di Sant’Agnese (opera del Borromini) attraverso la scala posta sulla destra dell’Altare. È ritenuto il luogo dove fu uccisa la fanciulla Agnese; per questo è un luogo venerato dai fedeli di cui si ha notizia fino dal VII secolo. La cripta è articolata in tre ambienti ricavati dalle aule dello stadio dell’imperatore Domiziano (inaugurato nell’86 d.C.); stadio ricalcato nella sua forma dalla attuale piazza Navona. Nel 1653 il Borromini, subentrato nella direzione dei lavori della chiesa di Sant’Agnese, dopo i dovuti accertamenti provvide ad un primo risanamento della cripta, compromessa dall’umidità, problema tuttora presente. La cripta è soggetta a frequenti allagamenti; per questo fu restaurata anche nel 1885. Le pitture ispirate alla vita della Santa, oggi sono quasi completamente rovinate ed illeggibili, a causa dell’elevata umidità degli ambienti.

Nel racconto del Professor Strinati nel video qui sopra, le vicende che porteranno al martirio e alla santificazione della giovanissima Agnese, si accompagnano alle immagini di come l’iniziativa abbia fatto emergere dal buio e dall’oblio gli ambienti della cripta, bonificata e restaurata, dove affreschi, lapidi e altorilievi mantengono vivido il ricordo della fanciulla Agnese e del suo martirio.

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