La Delegazione Sicilia Occidentale sostiene la Pia Opera vincenziana e visita il monastero di Santa Caterina d’Alessandria a Palermo

Foto di gruppo

La rappresentanza Costantiniana, guidata dal Delegato, Nob. Prof. Salvatore Bordonali, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, era composta da Mons. Giuseppe Bucaro, Cappellano di Merito, Direttore dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Palermo, che ha proposto l’opera da beneficiare; dallo sponsor dell’azione benefica, Dott. Eduardo Traina, benemerito dell’Ordine Costantiniano, Presidente della Associazione sportiva “Società Canottieri Palermo 1927”; e da alcuni Cavalieri della Delegazione.

Le suore vincenziane hanno accolto la rappresentanza Costantiniana alle ore 10.30. Dopo un breve saluto, hanno raccontato la quotidianità del loro operato, rimarcando il grande numero di meno fortunati che assistono. Prendendo spunto dal loro moto “Aiutateci ad aiutare”, il Delegato nel ringraziare Mons Bucaro e le suore, ha assicurato che non mancherà loro il supporto della Delegazione della Sicilia Occidentale.

Concluso l’incontro con le suore vincenziane, Mons. Giuseppe Bucaro ha accompagnato i Cavalieri Costantiniani nell’attiguo monastero di Santa Caterina d’Alessandria, di cui è il Rettore.

Sita nel cuore del centro storico, in piazza Bellini, una delle più importanti piazze della città, da sempre uno dei punti focali della vita civile e religiosa di Palermo, da dove, straniero o Palermitano prima o poi bisogna passare, si erge superba nella sua grande mole una delle chiese più belle della città uno degli esempi più imponenti, esuberanti e sensuali del barocco palermitano: la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria Qui, Mons. Bucaro ha illustrati i marmi che decorano la chiesa barocca a destra della navata centrale: “Sono l’espressione scolpita di tutte le sacre scritture”, ha affermato. Successivamente, i Cavalieri Costantiniani si sono soffermati a contemplare il tesoro nascosto del soffitto trecentesco e dell’affresco dell’Incarnazione.

Il soffitto medievale, rimasto celato per più di due secoli, che era visibile solo dall’interno di una intercapedine di non facile accesso, è tornato fruibile grazie alla tecnologia: sarà possibile scaricare sul cellulare una app, creata da alcuni studenti dell’Università di Palermo sotto la supervisione del Prof. Fabrizio Agnello.

L’app permetta al visitatore di ammirare in tutto il suo splendore le travi del soffitto, su cui sono raffigurati animali reali (volatili, elefanti, leoni) e fantastici (draghi, sirene), stemmi nobiliari, dame e cavalieri di famiglie siciliane filoghibelline, legate a Federico II e ai suoi eredi.

Accanto allo scudo araldico dei Mastrangelo è raffigurata a cavallo Benvenuta, fondatrice del monastero, che con la mano guantata sorregge un grande falco dalle ali spiegate: chiaro riferimento alla caccia con il falcone (a cui partecipavano anche le dame), praticata come segno distintivo della propria casata e del proprio potere. La presenza dello stemma dei Ventimiglia nella decorazione pittorica potrebbe far supporre che il progetto iconografico del soffitto sia stato definito per volontà della priora Giacoma Ventimiglia.

Le scoperte fatte “sono veramente grandi“, ha spiegato Mons. Bucaro. Uno è “l’esistenza di un antico soffitto ligneo a cassettoni dipinto al di sopra della volta della sacrestia interna che conferma quanto avessero fatto i Chiaramonte in Sicilia, già nota alla Soprintendenza e agli studiosi del monumento”, ha raccontato. Sulla trave centrale, ai lati dello stemma aragonese, sono dipinte due dame a cavallo. Probabilmente le due fondatrici del monastero: Palma, moglie dell’eroe del Vespro Ruggero Mastrangelo, e la figlia Benvenuta, vedova del Conte di Santa Fiora di casa Aldobrandeschi, la cui tomba si trova ancora nel transetto destro della chiesa.

“Le decorazioni essenzialmente geometriche e vegetali sono abbellite da animali fantastici, figure di dame e cavalieri, drôlerie e stemmi di famiglie siciliane. Inoltre la realizzazione dell’opera potrebbe ascriversi allo stesso periodo e, forse, agli stessi autori del soffitto ligneo dello Steri e, la presenza dello stemma di Giacoma Ventimiglia, priora dal 1348 al 1353 ne confermerebbe la datazione”, ha spiegato Mons. Bucaro.

“L’affresco dell’Incarnazione-Annunciazione, invece, è poco reperibile e forse è l’unico in Sicilia. In Oriente, in oltre, vene sono pochissime rappresentazioni, forse due o tre”, ha affermato Mons. Bucaro, illustrando una parte dell’affresco ritrovato, che è stato staccato per la visione degli esperti ed è esposto nell’oratorio del monastero. Difatti, non rappresenta l’Annunciazione né secondo i canoni occidentali, né secondo quelli orientali, ma fissa il momento dell’Incarnazione del Verbo, culmine della nuova Alleanza che Dio stabilisce in Maria.

L’affresco, che è stato possibile recuperare solo di recente, ritrovato sotto un sottile strato di calce bianca, nell’intercapedine tra il tetto ligneo e la volta del Settecento, era probabilmente parte di un ciclo pittorico più vasto, che rappresentava storie di vita di Cristo e della Madonna, ma che purtroppo è andato perduto. L’ignoto artista si è ispirato al Protovangelo di Giacomo, un Vangelo apocrifo del II secolo, molto diffuso nel Medioevo, che narra con dovizia di particolari la vita della Madonna.

Sulla sinistra sono raffigurate la mano di Dio Padre e la colomba dello Spirito Santo; sulla destra la Madonna al balcone, intenta ad esporre sulla loggia della propria abitazione un drappo color porpora, simbolo del velo del Tempio e del Sacrificio di Cristo. Il colore rosso simbolicamente mette in relazione il mistero dell’Incarnazione di Gesù nel grembo di Maria e la rinascita del Cristo dal grembo del Sepolcro.

A conclusione, la rappresentanza della Delegazione della Sicilia Occidentale si è fermata alla dolceria, che conserva ricette antiche come il “Trionfo di gola” di gattopardiana memoria.

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