Domenico Ghirlandaio, La Visitazione,
tempera su tavola, 1491, 172×165 cm, Museo del Louvre, Parigi.
L’opera venne commissionata da Lorenzo Tornabuoni per un suo altare nella chiesa fiorentina dei cistercensi, detta poi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi.
Fu oggetto delle spoliazioni napoleoniche nel Granducato di Toscana.
La festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, che conclude il mese mariano, viene celebrata con particolare solennità nella Chiesa della Santissima Trinità-Santuario Mariano in Viterbo. La Celebrazione Eucaristica delle ore 18.30, è stata presieduta da Mons. Lino Fumagalli, Vescovo emerito di Viterbo. Su invito della Comunità Agostiniana, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, presieduta dal Delegato Nob. Avv. Roberto Saccarello, Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, ha preso parte alla Santa Messa, prestando servizio liturgico all’altare.
«Festa della Visitazione della Beata Vergine Maria, quando venne da Elisabetta sua parente, che nella vecchiaia aveva concepito un figlio, e la salutò. Nel gioioso incontro tra le due future madri, il Redentore che veniva santificò il suo precursore già nel grembo e Maria, rispondendo al saluto di Elisabetta ed esultando nello Spirito, magnificò il Signore con il cantico di lode» (Martirologio Romano).
È l’Evangelista Luca a raccontarci del viaggio di Maria alla volta della casa della cugina Elisabetta (Luca 1,39-55). Maria aveva ricevuto la visita dell’Angelo, che non solo le aveva annunciato la sua prossima maternità, ma anche quella di Elisabetta, moglie di Zaccaria, sacerdote del Tempio di Gerusalemme e appartenente alla tribù di Levi, anziana e creduta da tutti sterile. Dopo l’annuncio dell’Angelo, Maria si mette in viaggio frettolosamente, racconta San Luca: «In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda» (Lc 1,39).
Maria parte da Nazareth in Galilea, aggregandosi probabilmente ad una carovana di pellegrini diretti a Gerusalemme, per far visita alla parente e prestarle servizio. La giovane donna incinta va in fretta, ansiosa di essere utile, ma anche desiderosa di condividere con la donna l’annuncio che le è stato fatto. In questa fretta leggiamo dunque il senso di misericordia di Maria, ma anche il suo stupore, il suo essere pervasa dal mistero di cui è stata resa protagonista e, nello stesso tempo, il desiderio di confrontarsi con un’altra donna a sua volta resa parte del piano di Dio, con una gravidanza tardiva a dir poco miracolosa.
Maria attraversa la Samaria e raggiunge la Città di Ain-Karin dove abita la famiglia di Zaccaria, in Giudea, pochi chilometri ad occidente di Gerusalemme. È facile immaginare quali sentimenti pervadano il suo animo alla meditazione del mistero annunciatole dall’Angelo. Sono sentimenti di umile riconoscenza verso la grandezza e la bontà di Dio, che Maria esprimerà alla presenza della cugina con l’inno del Magnificat, l’espressione «dell’amore gioioso che canta e loda l’amato» (San Bernardino da Siena). Per questo motivo, la festa della Visitazione è chiamata anche festa del Magnificat, dal cantico riportato nel Vangelo di Luca dove si racconta l’episodio e Maria ringrazia Dio per averla scelta e per aver liberato Israele dalla schiavitù:
«Allora Maria disse:
“L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre”»
(Lc 1,45-55).
Maria partì dunque, e giunse dalla cugina tre mesi prima della nascita di Giovanni. San Luca prosegue il racconto: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”» (Lc 1,40-45).
Due madri speciali a confronto, due annunciazioni che si sfiorano, in un incontro apparentemente comune tra due parenti. Ma Maria porta in grembo il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, e Elisabetta il suo Precursore, colui che Lo battezzerà e segnerà l’inizio della Sua missione sulla Terra. Un incontro segnato dalla gioia, ma anche intriso di una solennità spaventosa. È il punto di non ritorno, l’inizio del Nuovo Mondo, e le due donne protagoniste possono solo intuirlo, percepirlo, senza conoscere appieno il destino che attende i due bambini che sono destinate a generare, e che cambieranno per sempre la storia dell’umanità.
La presenza del Verbo incarnato in Maria è causa di grazia per Elisabetta che, ispirata, avverte i grandi misteri operanti nella giovane cugina, la sua dignità di Madre di Dio, la sua fede nella parola divina e la santificazione del precursore, che esulta di gioia nel seno della madre.
San Luca conclude il racconto della visita di Maria ad Elisabetta: «Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua» (Lc 1,56). Maria rimane presso Elisabetta fino alla nascita di Giovanni Battista, attendendo probabilmente altri otto giorni per il rito dell’imposizione del nome. Accettando questo computo del periodo trascorso presso la cugina Elisabetta, la festa della Visitazione, di origine francescana – i frati minori la celebravano già nel 1263 -, veniva celebrata il 2 luglio, cioè al termine della visita di Maria. Sarebbe stato più logico collocarne la memoria dopo il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, ma si volle evitare che cadesse nel periodo quaresimale.
La festa venne poi estesa a tutta la Chiesa latina da Papa Urbano VI per propiziare con la intercessione di Maria la pace e l’unità dei cristiani divisi dal grande scisma di Occidente. Il Sinodo di Basilea, nella sessione del 10 luglio 1441, confermò la festività della Visitazione, dapprima non accettata dagli Stati che parteggiavano per l’antipapa.
Non tenendo conto della cronologia suggerita dall’episodio evangelico, ha abbandonato la data tradizionale del 2 luglio (anticamente la Visitazione veniva commemorata anche in altre date), con la riforma conciliare, applicata da San Paolo VI, nel nuovo Calendarium Romanum (1969) e nella Marialis cultus (1974), oggi si celebra, con il titolo di Visitazione di Maria Vergine e con il grado liturgico di festa, all’ultimo giorno di maggio, quale coronamento del mese che la devozione popolare consacra al culto particolare della Vergine. In questo modo, la festa viene a situarsi tra le solennità dell’Annunciazione del Signore (25 marzo) e della Natività di San Giovanni Battista (24 giugno), che meglio si adatta alla narrazione evangelica.
San Francesco di Sales commentava: «Nell’Incarnazione Maria si umilia confessando di essere la serva del Signore… Ma Maria non si indugia ad umiliarsi davanti a Dio perché sa che carità e umiltà non sono perfette se non passano da Dio al prossimo. Non è possibile amare Dio che non vediamo, se non amiamo gli uomini che vediamo. Questa parte si compie nella Visitazione».