E Gaudì proseguiva, precisando: “Siccome l’arte è bellezza, senza verità non c’è arte. Per trovare la verità bisogna conoscere bene gli esseri del creato”. Creato che è stato “fatto nuovo” e letificato dalla Resurrezione di Cristo, evento che celebriamo ogni domenica, la Pasqua settimanale, come ha ricordato Padre Vincenzo Tristaino C. S. I. del Murialdo, che ha presieduto la celebrazione della Santa Messa, alla presenza del Delegato, Nob. Dott. Andrea Serlupi, dei Marchesi Serlupi Crescenzi, Cavaliere di Giustizia.
Commentando la pagina del Vangelo di Giovanni, che la liturgia proclama in questa ultima domenica di Pasqua (Gv 15, 9–17), Padre Tristaino ha gettato luce su un particolare semantico di grande valenza, tanto da costituire la chiave di lettura non solo dell’intero brano, ma di molti capitoli del Vangelo giovanneo: il significato del verbo rimanere, che ricorre ben quattro volte nella pagina proclamata. Purtroppo, a causa di un certo impoverimento lessicale legato al quotidiano, spesso non abbiamo consapevolezza del significato pieno delle parole, ha osservato Padre Tristaino.
L’invito “rimanete nel mio amore”, che il Signore Risorto rivolge agli Apostoli, implica l’abitare in esso, in modo che la dimora di un cristiano sia l’Amore che Dio ha per le sue creature. Quando ci si trova bene in un luogo o con qualcuno, non si vorrebbe più andare via e allontanarsene, ma rimanere, appunto, lì dove si è felici.
Allo stesso modo, è l’Amore di Dio a rendere pienamente felice il cuore dell’uomo, poiché lo rende certo di non essere mai solo. Rimanere nel suo amore significa, quindi, lasciarsi amare totalmente da Cristo, così che la propria vita venga trasformata e divenire dono.
Il senso autentico della vita risiede proprio in questo, ha precisato Padre Tristaino: donarla. Il dono quotidiano di se stessi è il frutto più prezioso del nostro essere cristiani. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15, 5). Al contrario, l’amore si fa “accessorio” alla vita quando viene vincolato all’interesse personale, al possesso.
Un simile amore, che non perdona, non comprende, non dialoga, è un sentimento “tossico” e sterile, come testimonia il difficile momento storico attuale, con il suo doloroso fardello di violenze, femminicidi ed i conflitti tra popoli e stati, che stanno interessando diverse parti del mondo. Ma chi ama veramente non ha nemici, poiché l’amore di Dio copre ogni cosa: esso “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 7). “Rimanete nel mio amore”, ci chiede Cristo. Abitare nel suo Amore, essere uniti a lui come i tralci lo sono alla vite. È l’immagine della perfetta unità con il Maestro e tra i discepoli. Ricordando, così, che in questo giorno i fratelli delle Chiese Ortodosse celebrano solennemente la Pasqua di Resurrezione del Signore, è ancor più significativo innalzare a Lui la preghiera per l’unità e la concordia tra i cristiani, perché insieme possano “dipingere di Vangelo” le strade del mondo.