Il Giubileo che verrà celebrato a partire dal 24 dicembre 2024 fino al 6 gennaio 2026, annunciato solennemente da Papa Francesco con la Bolla di indizione [QUI] dal titolo La speranza non delude, tratto dalla Lettera ai Romani (Rm 5,5), consegnata il 9 maggio alle Chiese dei cinque continenti, evidenzia la necessità di speranza in un mondo afflitto da fame, povertà e guerra. “A quanti leggeranno questa lettera, la speranza ricolmi il cuore”, scrive il Papa nel titolo del documento di 10 pagine, in cui affronta molti temi che hanno caratterizzato i dodici anni del suo pontificato.

All’inizio delle Bolla – che ha come sottotitoli Una Parola di speranza, Un cammino di speranza, Segni di speranza, Appelli per la speranza e Ancorati alla speranza – Papa Francesco scrive, con riferimento ai Discorsi di Sant’Agostino: «Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: “In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare”». Il Santo Padre invoca la speranza come dono nell’Anno Santo 2025 per un mondo segnato dal frastuono delle armi, dalla morte, dalla distruzione, dall’odio verso il prossimo, dalla fame, povertà e guerra, dal “debito ecologico”, dalla scarsa natalità. Denuncia la vergognosa povertà globale e il terrore della guerra, difendendo i diritti dei migranti e la necessità di aumentare i tassi di natalità in molti Paesi.
La Bolla contiene suppliche, proposte (come quella ai Governi di amnistia o condono della pena ai detenuti o quella di un Fondo mondiale per eliminare la fame con i soldi delle armi, esortando l’alleggerimento del debito nei confronti dei paesi poveri), poi appelli per detenuti, malati, anziani, poveri, giovani. Il Papa annuncia anche le novità di un Anno Santo – tra cui l’apertura di una Porta Santa in carcere – che avrà come tema Pellegrini di speranza, in riferimento ai fedeli che giungeranno a Roma e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli, lo celebreranno nelle Chiese particolari.

Nell’atrio della Basilica di San Pietro, davanti alla Porta Santa, dopo il saluto liturgico, il Papa ha introdotto la celebrazione e consegnato la Bolla di Indizione del Giubileo Ordinario 2025 agli Arcipreti delle Basiliche papali, ad alcuni Rappresentanti della Chiesa sparsa nel mondo e ai Protonotari Apostolici. Quindi il Decano del Collegio dei Protonotari Apostolici di Numero Partecipanti, Mons. Leonardo Sapienza, R.C.I., Reggente della Prefettura della Casa Pontificia, alla presenza del Papa, ha dato lettura di alcuni passi significativi della Bolla di indizione del Giubileo Ordinario 2025 Spes non confundit. Successivamente, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre ha presieduto la celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità dell’Ascensione del Signore, nel corso delle quali ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito.

Riscoprire la speranza
Annunciare la speranza
Costruire la speranza
Omelia del Santo Padre
Tra canti di gioia Gesù è asceso al Cielo, dove siede alla destra del Padre. Egli – come abbiamo appena ascoltato – ha ingoiato la morte perché noi diventassimo eredi della vita eterna (cfr 1 Pt 3,22 Vulg.). L’Ascensione del Signore, perciò, non è un distacco, una separazione, un allontanarsi da noi, ma è il compimento della sua missione: Gesù è disceso fino a noi per farci salire fino al Padre; è disceso in basso per portarci in alto; è disceso nelle profondità della terra perché il Cielo si potesse spalancare sopra di noi. Egli ha distrutto la nostra morte perché noi potessimo ricevere la vita, e per sempre.
Questo è il fondamento della nostra speranza: Cristo asceso al Cielo porta nel cuore di Dio la nostra umanità carica di attese e di domande, «per darci la serena fiducia che dove è Lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria» (cfr Prefazio dell’Ascensione).
Fratelli e sorelle, è questa speranza, radicata in Cristo morto e risorto, che vogliamo celebrare, accogliere e annunciare al mondo intero nel prossimo Giubileo, che è ormai alle porte. Non si tratta di semplice ottimismo – diciamo ottimismo umano – o di un’effimera aspettativa legata a qualche sicurezza terrena, no, è una realtà già compiuta in Gesù e che ogni giorno è donata anche a noi, fino a quando saremo una cosa sola nell’abbraccio del suo amore. La speranza cristiana – scrive San Pietro – è «un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce» (1 Pt 1,4). La speranza cristiana sostiene il cammino della nostra vita anche quando si presenta tortuoso e faticoso; apre davanti a noi strade di futuro quando la rassegnazione e il pessimismo vorrebbero tenerci prigionieri; ci fa vedere il bene possibile quando il male sembra prevalere; la speranza cristiana ci infonde serenità quando il cuore è appesantito dal fallimento e dal peccato; ci fa sognare una nuova umanità e ci rende coraggiosi nel costruire un mondo fraterno e pacifico, quando sembra che non valga la pena di impegnarsi.
Questa è la speranza, il dono che il Signore ci ha dato con il Battesimo.
Carissimi, mentre, con l’Anno della preghiera, ci prepariamo al Giubileo, eleviamo il cuore a Cristo, per diventare cantori di speranza in una civiltà segnata da troppe disperazioni. Con i gesti, con le parole, con le scelte di ogni giorno, con la pazienza di seminare un po’ di bellezza e di gentilezza ovunque ci troviamo, vogliamo cantare la speranza, perché la sua melodia faccia vibrare le corde dell’umanità e risvegli nei cuori la gioia, risvegli il coraggio di abbracciare la vita.
Di speranza, infatti, abbiamo bisogno, ne abbiamo bisogno tutti. La speranza non delude, non dimentichiamo questo. Ne ha bisogno la società in cui viviamo, spesso immersa nel solo presente e incapace di guardare al futuro; ne ha bisogno la nostra epoca, che a volte si trascina stancamente nel grigiore dell’individualismo e del “tirare a campare”; ne ha bisogno il creato, gravemente ferito e deturpato dagli egoismi umani; ne hanno bisogno i popoli e le nazioni, che si affacciano al domani carichi di inquietudini e di paure, mentre le ingiustizie si protraggono con arroganza, i poveri vengono scartati, le guerre seminano morte, gli ultimi restano ancora in fondo alla lista e il sogno di un mondo fraterno rischia di apparire come un miraggio. Ne hanno bisogno i giovani, spesso disorientati ma desiderosi di vivere in pienezza; ne hanno bisogno gli anziani, che la cultura dell’efficienza e dello scarto non sa più rispettare e ascoltare; ne hanno bisogno gli ammalati e tutti coloro che sono piagati nel corpo e nello spirito, che possono ricevere sollievo attraverso la nostra vicinanza e la nostra cura.
E inoltre, cari fratelli e sorelle, di speranza ha bisogno la Chiesa, perché, anche quando sperimenta il peso della fatica e della fragilità, non dimentichi mai di essere la Sposa di Cristo, amata di un amore eterno e fedele, chiamata a custodire la luce del Vangelo, inviata a trasmettere a tutti il fuoco che Gesù ha portato e acceso nel mondo una volta per sempre.
Di speranza ha bisogno ciascuno di noi: le nostre vite talvolta affaticate e ferite, i nostri cuori assetati di verità, di bontà e di bellezza, i nostri sogni che nessun buio può spegnere. Tutto, dentro e fuori di noi, invoca speranza e va cercando, anche senza saperlo, la vicinanza di Dio. A noi sembra – diceva Romano Guardini – che il nostro sia il tempo della lontananza da Dio, in cui il mondo si riempie di cose e la Parola del Signore tramonta; tuttavia, egli afferma: «Se però verrà il tempo – e verrà, dopo che l’oscurità sarà stata superata – in cui l’uomo domanderà a Dio: “Signore, allora dov’eri?”, allora di nuovo udrà la risposta: “Più che mai vicino a voi!”. Forse Dio è più vicino al nostro tempo glaciale che al barocco con lo sfarzo delle sue chiese, al medioevo con la dovizia dei suoi simboli, al cristianesimo dei primordi con il suo giovanile coraggio di fronte alla morte. […] Però Egli attende […] che noi gli restiamo fedeli. Da questo potrebbe sorgere una fede non meno valida, anzi forse più pura, in ogni caso più intensa di quanto sia mai stata nei tempi della ricchezza interiore» (R. GUARDINI, Accettare se stessi, Brescia 1992, 72).
Fratelli e sorelle, il Signore risorto e asceso al Cielo ci doni la grazia di riscoprire la speranza – riscoprire la speranza! –, di annunciare la speranza, di costruire la speranza.
L’apertura della Porta Santa
L’apertura della Porta Santa è il rito più conosciuto ed emozionante dell’Anno Santo. La Porta Santa è aperta solo in occasione dell’Anno Santo. L’apertura della Porta Santa della basilica di San Pietro in Vaticano il 24 dicembre 2024 sancisce l’inizio del Giubileo 2025. Nei giorni successivi vengono aperte le Porte Sante delle altre tre basiliche papali: le basiliche di San Giovanni in Laterano (è la cattedrale del Vescovo di Roma ed è la più antica e importante basilica d’Occidente), di San Paolo fuori le Mura e di Santa Maria Maggiore.
Queste quattro basilica papale che si trovano a Roma sono le maggiori; altre due basiliche papali, considerate minori, si trovano ad Assisi: le basiliche di San Francesco (del Sacro Convento) e di Santa Maria degli Angeli (della Porziuncola). Queste sei basiliche papali godono del rango più alto nell’ambito della Chiesa Cattolico Romana. Le basiliche maggiori hanno un altare papale e una Porta Santa che viene aperta solo per la durata di un Anno Santo con un rito speciale dal Papa o da un suo incaricato.
Il significato della Porta Santa
La Porta Santa assume un significato particolare: è il segno più caratteristico del Giubileo, perché la meta è poterla varcare. La Porta Santa simboleggia il passaggio che ogni Cristiano deve fare dal peccato alla grazia. Nel passare questa soglia, il pellegrino si ricorda il Vangelo secondo Giovanni: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). Il gesto esprime la decisione di seguire e di lasciarsi guidare da Gesù, che è il Buon Pastore. Del resto, la porta è anche passaggio che introduce all’interno di una chiesa. Per la comunità cristiana, non è solo lo spazio del sacro, al quale accostarsi con rispetto, con comportamenti e con vestiti adeguati, ma è segno della comunione che lega ogni credente a Cristo: è il luogo dell’incontro e del dialogo, della riconciliazione e della pace che attende la visita di ogni pellegrino, lo spazio della Chiesa come comunità dei fedeli.
A Roma questa esperienza diventa carica di uno speciale significato, per il rimando alla memoria di San Pietro e di San Paolo, apostoli che hanno fondato e formato la comunità cristiana di Roma e che con i loro insegnamenti e il loro esempio sono riferimento per la Chiesa universale. Il loro sepolcro si trova qui, dove sono stati martirizzati; insieme alle catacombe, è luogo di continua ispirazione.

Il logo del Giubileo 2025
Il logo ufficiale del Giubileo 2025, su cui campeggia il motto Pellegrini di speranza, presenta quattro figure stilizzate, a indicare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra. Una figura abbracciata all’altra, per richiamare la solidarietà e la fratellanza che devono legare i popoli fra loro. L’apri-fila delle figure è aggrappata alla croce, una croce di speranza, con le onde sottostanti che fanno pensare al mare agitato della vita.
Si tratta di un disegno semplice ma allo stesso tempo articolato, che si presta a diverse osservazioni. Per esempio, la parte inferiore della croce si prolunga trasformandosi in un’àncora che si impone sul moto ondoso. Si tratta di un’àncora, anche qui, di speranza, come è il nome che in gergo marinaresco viene dato all’àncora di riserva usata in emergenza per stabilizzare le imbarcazioni durante le tempeste. Inoltre, l’immagine mostra come il cammino delle quattro figure non è individuale, ma comunitario, con un dinamismo crescente che tende verso la croce. E anche la croce è “dinamica”, si curva verso le figure come per andare loro incontro. L’autore del disegno, Giacomo Travisani, ha dichiarato: «Quando ho voluto “personificare” la speranza ho avuto subito chiara un’immagine: la croce; la speranza, mi sono detto, è nella croce. Ho immaginato il Papa, Pietro di oggi, guidare il popolo di Dio verso la meta comune, abbracciando la croce, che diviene un’ancora, quale saldo riferimento per l’umanità; e noi, popolo, stringerci tra noi e a lui come fossimo stretti a quell’ancora anche noi evocando simbolicamente i pellegrini di ogni tempo».


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Venti domande e risposte sul Giubileo Ordinario 2025, sul Pellegrinaggio Costantiniano Internazionale e sul solenne Pontificale in onore di San Giorgio Martire, nell’Anno Santo 2025 per i Cavalieri, le Dame, i Postulanti e gli Amici del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.