Riflessioni sulle letture festive della Delegazione di Roma e Città del Vaticano – II Domenica di Pasqua: «Affinché il mondo creda»

La Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, nell’obiettivo di fornire una formazione continua ai propri Cavalieri, Dame e Postulanti, con la Domenica delle Palme 2024 ha iniziato la pubblicazione sul proprio canale YouTube dei podcast con delle riflessioni sulle letture festive, a cura dal Referente per la Formazione, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. Il 7 aprile 2024 è stata pubblicata la Meditazione sulle letture della II Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia: Come bambini appena nati dobbiamo nutrirci di un latte spirituale se vogliamo crescere verso la salvezza.
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Podcast XVIII – 7 aprile 2024 – II Domenica di Pasqua: Come bambini appena nati dobbiamo nutrirci di un latte spirituale se vogliamo crescere verso la salvezza [QUI]

Gli Atti degli Apostoli presentano l’unità come caratteristica della prima comunità cristiana dove “la moltitudine… aveva un cuore solo e un’anima sola… e ogni cosa era fra loro comune”. È un’immagine che coglie ed esprime il senso di comunità dei credenti: quello che aveva chiesto Gesù durante la cena: “… che siano tutti una cosa sola… affinché il mondo creda”. (Gv 17,21), ma non la realtà effettiva dal momento che lo stesso Autore degli Atti annoterà che anche tra i cristiani esistono mediocrità, contrasti e tensioni (cf At 5,1-2; 6,1; 15,36-40).

E allora? La realtà? Luca ci vuol far comprendere che la nuova comunità è sì permeata dall’amore, ma deve continuamente riconquistare questa realtà in ogni contesto, in ogni situazione nuova che si presenta, senza mai cedere allo scoraggiamento. Questo compito è affidato anche a noi oggi per essere testimoni credibili di Gesù nel nostro tempo.

Lo ricorda il Salmo 117, ma, soprattutto, l’apostolo Giovanni nella seconda lettura ove ci esorta: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12); in ciò consiste anche l’unico criterio valido per affermare che siamo in comunione di amore con Dio. Tutti fratelli in Cristo, dunque, nel modo più reale e concreto che si traduce in gesti di comunione viva e operosa, come tra i credenti della prima comunità apostolica. Questa comunità sarà abilitata a portare la testimonianza “fino agli estremi confini della terra” e far conoscere a tutti la “misericordia” del perdono dei peccati.

In Redemptor Homini 18 si legge che, se il “Corpo mistico di Cristo è Popolo di Dio… ciò significa che ogni uomo è in esso penetrato da quel soffio di vita che proviene da Cristo. In questo modo anche il volgersi di ciascuno verso l’uomo, verso i suoi reali problemi, le sue speranze e sofferenze, conquiste e cadute, fa sì che la comunità dei credenti in Cristo sia un solo corpo, come organismo, come unità sociale, percepisca gli stessi impulsi divini, i lumi e le forze dello Spirito che provengono da Cristo crocifisso e risorto, ed è proprio per questo che essa vive la sua vita. Questa comunità non ha altra vita all’infuori di quella che le dona il suo signore”.

Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il figlio di Dio? Vince il mondo la comunità che vede il Signore e le sue piaghe. Vedere è importante e anche toccare, così come vuol fare Tommaso che non era presente la sera stessa del giorno della resurrezione… perché la nostra corporeità ha bisogno di questo, “prendete e mangiatene tutti… prendete e bevetene tutti”, l’Eucaristia è il sacramento della corporeità, è la logica dell’incarnazione che non è affatto negata nei giorni posteriori alla Pasqua, quando Gesù mangia con i suoi Discepoli.

Questa comunità che vede testimonia Gesù che è venuto alla loro vita non solo con l’acqua, ma con l’acqua e con il sangue, non solo nella gloria della resurrezione, ma anche con le ferite della passione che subito mostra ai suoi Discepoli. Essi, la sera del giorno di pasqua, hanno paura, si nascondono, chiusi nella loro incredulità e delusione. Ma ecco che si presenta il Signore risorto. Le porte chiuse non lo fermano perché la Porta è lui stesso e l’incredulità non arresta il desiderio di incontrare i suoi Discepoli. e porta loro, per prima cosa, la sua pace, prezioso dono del riscatto, il suo perdono, prima ancora che loro glielo chiedano. Poi alitò su di loro lo Spirito Santo: è il gesto della nuova creazione, non realizzata in sette giorni ma in un solo giorno, il primo della settimana, l’ottavo della Creazione.

Il risorto va a trovare i suoi nel loro sepolcro e li invita a risorgere, al grande passaggio della pasqua: dalla paura alla gioia, dal sepolcro alla vita, dalla delusione al coraggio. Ma Tommaso non c’era quella sera ed al suo ritorno riceve l’annuncio della visita del Risorto. Povero Tommaso… anche lui come le donne e gli altri discepoli vuole rivedere il risorto! Questo discepolo davvero ci assomiglia, forse per questo è chiamato didimo, “il gemello”. Gemello di ciascuno di noi, increduli, incapaci di fiducia, sempre alla ricerca di una prova da toccare, da vedere, da investigare. Tommaso è gemello della nostra incredulità chiamata alla fede, delle nostre chiusure da aprire alla beatitudine del risorto: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”.

La fede è una grazia; essa supera la conoscenza. La fede è un abbandonarsi con fiducia, non è un dato scientificamente dimostrato. Noi crediamo perché Dio si è rivelato. La fede rende salda la speranza e, grazie ad essa, ci preserva dalla sfiducia, dalla tristezza, dallo smarrimento e ci sprona alla carità operosa che costruisce la struttura portante della comunità dei Christifideles in cui tutti noi, come bambini rinati nella Pasqua siamo chiamati a nutrirci di latte spirituale per crescere verso la salvezza. Si scopre allora il mistero profondo e anche la nostalgia di quella comunità cristiana primitiva che vince il mondo non assoggettandosi alle logiche del mondo, ma alla logica del Regno.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

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