Riflessioni sulle letture festive – Solennità Pentecoste: vieni, Santo Spirito

La Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, nell’obiettivo di fornire una formazione continua ai propri Cavalieri, Dame e Postulanti, con la Domenica delle Palme 2024 ha iniziato la pubblicazione sul proprio canale YouTube dei podcast con delle riflessioni sulle letture festive, a cura dal Referente per la Formazione, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. È stata pubblicata la Meditazione sulle letture della Solennità di Pentecoste, 19 maggio 2024.
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Podcast 19 maggio 2024 – Solennità di Pentecoste: vieni, Santo Spirito [QUI]

L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora (Rm 5,5; 8,11).

Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio (Sap 1,7).

Per questo oggi noi ti preghiamo, Dio onnipotente ed eterno, che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni, rinnova il prodigio della Pentecoste: fa’ che i popoli dispersi si raccolgono insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome.

La liturgia del tempo pasquale ci ha fatto meditare sulla presenza reale del Risorto nella Comunità dei suoi fedeli, sorta come segno e annuncio della vita nuova nata dalla Pasqua del Signore e dal dono dello Spirito. Incastonata in questo sfolgorante gioiello di fede, speranza ed amore, oggi troviamo la rutilante gemma della Pentecoste come sigillo della nostra nuova realtà di salvezza e redenzione. Proprio come le diverse sfaccettature di un diamante ne mettono in più brillante evidenza l’unicità, la purezza e lo splendore, le differenze letterarie e teologiche tra la Prima lettura, dagli Atti degli Apostoli (2,1-11), e il Vangelo di Giovanni (15,26-27; 16,12-15), che pure narrano lo stesso evento che oggi noi solennizziamo, illustrano e magnificano il senso del dono dello Spirito nell’ottica della redenzione e della salvezza.

Luca narra l’evento di Pentecoste con immagini assai suggestive che rimandano ad un evidente parallelismo tra la teofania del Sinai di cui parla Esodo 19,3-20; 31,18, e quella manifestatasi a Gerusalemme cinquanta giorni dopo la Pasqua del Signore:

ai piedi del monte Sinai, era presente tutto il popolo, convocato in assemblea, fuoco e vento impetuoso avevano manifestato la presenza di Dio sul monte e Dio aveva dato a Mosè la legge dell’Alleanza;

a Gerusalemme, i discepoli, Maria, alcune donne ed i fratelli del Signore sono “tutti insieme nel medesimo luogo” (At 2,1) in cui si manifestano gli stessi fenomeni del Sinai (vv. 2-3) e Dio dà lo Spirito della nuova Alleanza (v. 4).

Questa è la novità della nostra Pentecoste: l’Alleanza ultima e definitiva è fondata non più su una legge esterna scritta su tavole di pietra, ma sull’azione dello Spirito Santo di Dio direttamente dentro di noi, nel nostro stesso spirito, quello che abita in noi che siamo immagine e somiglianza di Dio Creatore nella sua triplice unità di Amore.

Il Patriarca di Costantinopoli Atenagora, riprendendo un intervento di Ignazio, Metropolita di Laodicea, all’Assemblea generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, affermava “senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo una lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità un potere, la missione una propaganda, il culto un arcaismo, e l’agire morale un agire da schiavi. Ma nello Spirito Santo il cosmo è nobilitato per la generazione del Regno, il Cristo risorto si fa presente, il vangelo si fa potenza e vita, la Chiesa realizza la comunione trinitaria, l’autorità si trasforma in servizio, la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano viene deificato”.

Il battesimo nello Spirito illumina la comunità sul mistero di Cristo, Messia, Signore e Figlio di Dio; fa comprendere la risurrezione come il compimento dei progetti di salvezza di Dio non solo per il popolo di Israele ma per tutto il mondo; la spinge ad annunciarlo in tutte le lingue e in ogni circostanza, senza temere né persecuzioni né morte. Come gli apostoli, i martiri e tutti i Cristiani che hanno ascoltato fino in fondo la voce dello Spirito di Cristo diventano testimoni: di ciò che hanno visto, di ciò che è stato trasmesso e che hanno verificato nella loro esistenza.

Ogni comunità è chiamata a collaborare con lo Spirito per rinnovare il mondo attraverso l’annuncio e la testimonianza della salvezza, nell’attività quotidiana come nelle vocazioni straordinarie. Per questo la comunità dei Christifideles si struttura e prende forma attraverso doni, compiti, servizi che hanno tutti l’unica sorgente nello Spirito del Padre e del Figlio.

Tutto poi è fatto convergere dal medesimo Spirito all’”utilità comune” come ci conferma Paolo al capitolo 12 della Prima Lettera ai Corinzi proprio riguardo ai doni dello Spirito. In tal modo la pienezza e la inesauribile vitalità dello Spirito si manifesta attraverso una Comunità aperta a tutti per testimoniare nelle “opere” dei credenti la presenza di Dio nel mondo secondo il “frutto dello Spirito” cui si riferisce la Seconda lettura: Gal 5,22-23.

La Pentecoste, dunque, non si è verificata una volta per tutte. L’evento non si è concluso allora a Gerusalemme, essa continua nelle situazioni in cui vive la Comunità dei Christifideles. Tutta la vita dei Cristiani si svolge sotto il segno dello Spirito. Ciascuno infatti, secondo Dom Adrien Nocent, uno tra i fondatori della riforma liturgica del Concilio Ecumenico Vaticano II, “vive sotto l’influsso dello Spirito del suo Battesimo e della sua Confermazione; è sempre lo Spirito che conferma la nostra fede e la nostra unità ogni volta che noi partecipiamo all’Eucaristia, e l’epiclesi, nelle preghiere eucaristiche, ci ricorda l’intervento dello Spirito non soltanto nella trasformazione del pane e del vino, ma anche per la solidità della nostra fede e la nostra unità. Non vi è una riunione di preghiera, una liturgia della Parola in cui lo Spirito non agisca per permettere di pregare e di dialogare col Signore reso presente in mezzo a noi mediante la forza dello Spirito che dà vita alla parola proclamata” (Adrien Nocent).

Così pure lo Spirito si manifesta, senza sconvolgenti ed eclatanti teofanie, ma con la stessa potenza con la quale si manifestò a Pentecoste, in ogni Sacramento a cominciare dal primo, il Battesimo, in cui l’azione continua del Padre e del Figlio nella rinascita dell’uomo nuovo, redento e salvato ripristina in eterno l’immagine e la somiglianza di Figli di Dio che il Creatore ardentemente cerca fin da prima dell’inizio dei tempi. Noi siamo dunque in ogni istante permeati dallo Spirito.

Nel suo Trattato contro le eresie il santo vescovo Ireneo di Lione, Padre e Dottore della Chiesa, affronta magistralmente la realtà dello Spirito e della sua azione unificatrice della storia della salvezza che ci aiuta a comprendere anche l’unità dell’uomo in Dio: “Infatti la gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio”. Ed ancora “Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: “Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19). È questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò esso discese anche sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell’uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio, operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall’uomo vecchio alla novità di Cristo.

Luca narra che questo Spirito, dopo l’Ascensione del Signore, venne sui discepoli nella Pentecoste con la volontà e il potere di introdurre tutte le nazioni alla vita e alla rivelazione del Nuovo Testamento. Sarebbero così diventate un mirabile coro per intonare l’inno di lode a Dio in perfetto accorto, perché lo Spirito Santo avrebbe annullato le distanze, eliminato le stonature e trasformano il consesso dei popoli in una primizia da offrire a Dio.

Perciò il Signore promise di mandare lui stesso il Paraclito per renderci graditi a Dio. Infatti come la farina non si amalgama in un’unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l’acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un’unica Chiesa in Cristo Gesù senza l’«Acqua» che scende dal cielo. E come la terra arida se non riceve l’acqua non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la «Pioggia» mandata liberamente dall’alto Il lavacro battesimale con l’azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti nell’anima e nel corpo in quell’unità che preserva dalla morte.

Lo Spirito di Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore di Dio (cfr. Is 11,2).

Il Signore poi a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il Paraclito su tutta la terra, da dove, come disse egli stesso, il diavolo fu cacciato come folgore cadente (cfr. Lc 10,18). Perciò è necessaria a noi la rugiada di Dio, perché non abbiamo a bruciare e a diventare infruttuosi e, là dove troviamo l’accusatore, possiamo avere anche l’avvocato.

Il Signore affida allo Spirito Santo quell’uomo incappato nei ladri, cioè noi. Sente pietà di noi e ci fascia le ferite, e dà i due denari con l’immagine del re. Così imprimendo nel nostro spirito, per opera dello Spirito Santo, l’immagine e l’iscrizione del Padre e del Figlio, fa fruttificare in noi i talenti affidatici perché li restituiamo poi moltiplicati al Signore.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

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