Il suggestivo spettacolo delle cime innevate del Monviso, ai cui piedi sorge la cittadina medievale, già capitale dell’omonimo Marchesato, ha accolto i Cavalieri. le Dame, i Postulanti e gli amici, che si sono ritrovati per condividere questa intensa occasione di formazione e crescita spirituale, cortesemente ospitati dal Seminario vescovile di Sant’Agostino in via della Consolata 4. Il tema scelto da Mons. Bodo per questo ritiro è stato quello delle Beatitudini, il progetto di vita che Dio, attraverso Cristo, propone all’uomo. L’evangelista Matteo lo colloca come vertice del “Discorso della montagna” (cfr. Mt 5): come Mosè salì sul monte Sinai per ricevere da Dio i Comandamenti, così Cristo sale sull’altura, presso le rive del lago di Tiberiade, per annunciare la lieta notizia che capovolge il modo di pensare di coloro che accettano di mettere la propria vita nelle mani di Dio. Ecco chi sono i destinatari del progetto: i poveri in spirito di cui parla il Vangelo. Infatti non si tratta di una povertà intesa come stato materiale, bensì come la consapevolezza propria di coloro che riconoscono di avere bisogno di Dio. Questa povertà, ha spiegato Mons. Bodo, chiama accanto a sé semplicità e curiosità del cuore con le quali accostarsi alle Beatitudini, a piccoli passi, chiedendo a Dio di rendercene partecipi. In ciò consiste la sapienza spirituale necessaria a comprendere l’insegnamento del Maestro e ad accoglierne tutta la sconvolgente novità, capace di arricchire le nostre vite: “Ti benedico, o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11,25-26). Farsi piccoli, farsi come i bambini, mano nella mano con Dio che è Padre, fidandosi di Lui, abbandonandosi a Lui, facendo silenzio dentro ed intorno a noi, chiedendo che lo Spirito Santo riveli la Sapienza del Vangelo, perché possiamo viverlo “hic et nunc”, nel presente, per poter ricevere poi ciò che esso promette. Per poter essere chiamati figli di Dio, Egli affida a questi “piccoli” il compito di vivere come operatori di pace. Data la gravità del contesto attuale, il Vescovo Cristiano sceglie, infatti, di approfondire proprio questo aspetto del progetto di vita che Cristo offre nel Vangelo di Matteo. Per poterne comprendere la portata occorre soffermarsi prima su altre parole che, dopo la propria passione e morte, il Maestro Risorto rivolge agli Apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.” (cfr. Gv. 14,27-31). Alla luce del Mistero pasquale, Gesù rivela come la sorgente della pace sia l’Amore, la Croce ne sia il prezzo, la gioia della Risurrezione il frutto. Dio stesso è Amore e l’Amore esige il bene dell’altro. Esige quindi la pace poiché desidera unicamente il bene dell’altro. Ma cos’è la pace? Per riflettere su questo interrogativo, Mons. Bodo ha analizzato sinteticamente quale fosse il significato di questa parola nelle tre lingue proprie del contesto storico-culturale del Vangelo: l’espressione ebraica “shalom” indicava la totalità di un benessere oggettivo e soggettivo; la greca “ειρήνη” a sua volta indicava prevalentemente un tempo senza guerra; mentre l’espressione latina “pax” si riferiva alla tranquillità basata sul raggiungimento di accordi e sul rispetto di essi. Sono tutte accezioni esclusivamente umane e terrene, limitate rispetto alla realtà rivelata e promessa da Cristo. Egli è la pace e lo Spirito Santo ne è sorgente in ciascuno di noi. Per questo il Vescovo di Saluzzo ha invitato i presenti a soffermarsi qualche istante sul domandarsi cosa sia la pace, se ed in quale misura sappiamo essere operatori di pace tra le persone che amiamo, tra gli amici ed i familiari o ancora nella comunità in cui siamo inseriti e presso la quale prestiamo diversi servizi, come reagiamo alla violenza di parole o gesti che riceviamo? “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9): se siamo quindi operatori di pace, siamo figli di Dio e se siamo figli di Dio siamo operatori di pace. Essere tali, spiega Mons. Bodo, è ben altro che essere pacifici, poiché tale espressione indica prevalentemente uno stato psicologico, in una dimensione puramente statica. La proposta del Vangelo implica, invece, una dimensione strettamente dinamica. Bisogna adoperarsi per la pace, costruirla, non restando fermi nelle nostre posizioni, bensì andando incontro a coloro che ci hanno ferito, così come Cristo si è chinato verso i peccatori per riconciliarli con Dio, attraverso il sacrificio della Croce, che diviene a sua volta il prezzo della pace (cfr Ef 2,14-16). Riconciliazione e unità sono inscindibili dalla vera pace. Perché essa dia i propri frutti è necessario innanzitutto domandarla a Dio. La pace non può essere il risultato di soli sforzi umani, ma al contrario richiede una dinamica ascendente (la preghiera che sale a Dio) e discendente (il dono che da Dio si riversa sugli uomini), perché venga condivisa. Nella vita di un Cristiano non può esserci preghiera più potente, né momento di più intensa comunione tra Cielo e Terra e tra fratello e fratello, dell’Eucarestia: essa rende presente e attuale quel sacrificio della Croce, attraverso il quale abbiamo ricevuto la pace. Forti di questa certezza, al termine della meditazione tenuta da Mons. Bodo, i partecipanti al ritiro si sono recati nell’attigua chiesa di Sant’Agostino, pregevole edificio cinquecentesco, nella quale hanno partecipato alla Celebrazione Eucaristica, presieduta dallo stesso Vescovo di Saluzzo.
Nel corso della sua omelia, Mons. Bodo ha richiamato quanto già condiviso, completandolo con una breve riflessione sulla terza beatitudine: “Beati i miti, perché erediteranno la Terra” (Mt 5,5). Collocando queste parole del Maestro all’interno del contesto storico culturale giudaico di allora, Mons. Bodo ha chiarito come queste risuonassero antitetiche rispetto alla tesi messianica del popolo ebraico, il quale attendeva la venuta di un potente liberatore dall’oppressore romano. Infatti, nel Getsemani il Cristo risponde al tradimento di Giuda chiamandolo amico. Al gesto di Pietro che, mettendo mano alla spada per difenderlo dall’arresto, taglia un orecchio al servo del Sommo Sacerdote, Gesù risponde, chiedendo di riporla nel fodero e guarendo la ferita di Malco. Contro la violenza del potere esercitato da Erode e Pilato, Gesù risponde con il silenzio; ai tormenti sulla Croce ed alla morte Egli risponde chiedendo al Padre il perdono per l’umanità intera. Questa è la strada tracciata nelle Beatitudini, non precetti o teorie astratte, ma l’esempio vissuto da Cristo stesso: la mitezza, atteggiamento proprio di chi è veramente povero in spirito, è pazienza, amicizia, padronanza di sé, silenzio in risposta al potere, perdono dinnanzi alla morte. E proprio quel perdono è la più alta manifestazione dell’Amore.
Al termine della Santa Messa, dopo aver recitato la Preghiera del Cavaliere Costantiniano, in comunione con ogni membro della Sacra Milizia, il Delegato per il Piemonte e Valle d’Aosta, il Nob. Andrea dei Marchesi Serlupi Crescenzi, Cavaliere di Giustizia, assistito dal Referente per la Città di Cuneo e Provincia, Dott. Flavio Fantino, Cavaliere di Merito con Placca, ha consegnato le insegne di Cappellano di Gran Croce di Merito a Mons. Cristiano Bodo, esprimendo viva gratitudine per aver guidato questa giornata di esercizi spirituali ai piedi del Monviso, la cui cima, come freccia orientata al cielo, sembra volerci ricordare la meta verso cui siamo in cammino.