Al termine della Celebrazione Eucaristica, prima della benedizione finale, il Cappellano Capo ha invitato a pregare per le Nazioni in cui i Cristiani sono perseguitati, con particolare attenzione al Nicaragua, dove la Chiesa Cattolica non allineata al regime è soggetta a imprigionamenti e persecuzioni. Tra i perseguitati vi è Don Osman Amador, temporaneamente ospite del Commissariato di Terrasanta a Napoli, insieme ad altri sacerdoti stabilmente ospitati in San Giovanni in Laterano a Roma, da quando, dopo aver subito il carcere ed altre violenze, sono stati espulsi definitivamente dal proprio Paese.
A conclusione della mattinata di raccoglimento spirituale, si è svolto un momento di saluto e scambio degli auguri pasquali, con l’auspicio di ritrovarsi presto.
La redenzione è stata realizzata tramite Gesù Cristo, ma per noi deve essere realizzata ancora
Tutto il Nuovo Testamento si interessa alla dottrina centrale della redenzione. Il ritorno di ogni uomo e di ogni cosa alla santità, presso il Padre, si compie attraverso la vita, la morte e la risurrezione di Cristo.
Il Vangelo di Giovanni (Gv 3,14-21) pone l’accento in particolare sull’incarnazione. Gesù è stato mandato dal Padre. È venuto in un mondo decaduto e ha portato luce e vita nuova. Attraverso la sua passione e la sua risurrezione, egli restituisce ogni cosa al Padre e rivela la piena realtà della sua identità di Verbo fatto carne. Per mezzo di lui tutto è riportato alla luce.
Tutta la nostra vita nella Chiesa è il compimento della nostra risposta a Cristo. L’insegnamento del Nuovo Testamento – e ne vediamo un esempio nella lettura di oggi – è assai preciso. La redenzione è stata realizzata tramite Gesù Cristo, ma per noi deve essere ancora realizzata. Noi possiamo infatti rifiutare la luce e scegliere le tenebre.
Nel battesimo Cristo ci avvolge: noi siamo, per così dire, “incorporati” in lui ed entriamo così in unione con tutti i battezzati nel Corpo di Cristo. Eppure la nostra risposta di uomini, resa possibile dalla grazia di Dio, necessita del nostro consenso personale. Quando c’è anche tale accordo, ciò che facciamo è fatto in Cristo e ne porta chiaramente il segno. Diventiamo allora suoi testimoni nel mondo.
La Santa Messa
Al termine della sua meditazione quaresimale incentrata sul significato profondo sull’evento evangelico della Trasfigurazione, e dopo una breve pausa, Fra’ Sergio Galdi d’Aragona ha presieduto la celebrazione della Santa Messa, concelebrante Don Osman Amador, assistiti dal Cerimoniere della Delegazione, Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito.
Le Letture ed i Salmi sono state letti dal Segreteria Generale della Delegazione, Nob. Patrizio Romano Giangreco, Cavaliere de Jure Sanguinis, e dal Dott. Domenico Giuseppe Costabile; il Vangelo è stato proclamato da Don Osman Amador; la preghiera dei fedeli è stata recitata dal Responsabile della Comunicazione della Delegazione, Prof. Antonio De Stefano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento.
Nella sua omelia, Fra Galdi d’Aragona ha analizzata in particolare la Prima Lettura, tratta dal Secondo Libro delle Cronache (2Cr 36,14-16.19-23), riflettendo sulle conseguenze degli errori e dei peccati del popolo di Israele. Sono passati oramai settanta anni dalla distruzione di Gerusalemme e del Tempio, l’intero popolo è stato deportato e si chiede come mai dunque tutto ciò sia stato possibile? Dove sono finite le promesse di Dio? Ma tutto ciò non è stato un castigo di Dio, bensì frutto degli errori e dei peccati degli israeliti. Non è stato certo Dio a mandare in esilio Israele ed incitare Nabucodonosor e le sue truppe contro la popolazione, ma tutto ciò è stato frutto dell’insensatezza del popolo e della classe dirigente che hanno decretato la rovina di Gerusalemme. Quattro secoli più tardi avverrà lo stesso e sarà ripetuto lo stesso errore: rifiuteranno “la via della pace” e Gerusalemme “non riconoscerà il tempo in cui Dio l’ha visitata” (Lc 19,41-44).
La meditazione quaresimale
Il Cappellano Capo della Delegazione di Napoli e Campania, Fra’ Sergio Galdi d’Aragona, OFM, Cappellano di Giustizia, Commissario Generale di Terrasanta a Napoli, ha incentrato la sua riflessione della meditazione quaresimale sul significato profondo sull’evento evangelico della Trasfigurazione, con particolare attenzione alle figure di Mosè ed Elia, che confortano Gesù in un momento di difficoltà della Sua missione.
La pagina evangelica della Trasfigurazione è narrata da tutti e tre gli Evangelisti sinottici. Gesù presentandosi trasfigurato ai discepoli è accompagnato da Mosè ed Elia, entrambe figure che hanno vissuto sia la prova della contestazione anche da parte di coloro che erano le persone ad essi più vicine, come nel caso di Aronne e di Myriam per Mosè (Nm 20) ed anche il dramma del dover rivedere, introspettivamente, il proprio cammino spirituale e di crescita interiore, come per Elia, il quale, puro e custode della purezza delle forme, dovrà accettare di essere alimentato da un corvo, animale considerato impuro e dovrà trovare accoglienza e sostentamento a Sarepta di Sidone (1Re 17,9), ovvero proprio nella terra pagana della regina Gezabele che lo perseguitava. Entrambe le figure arrivano al Tabor dopo aver sperimentato l’incomprensione ed anche, in parte, il fallimento della loro missione. Gesù, da parte Sua, giunge al Tabor otto giorni dopo gli avvenimenti di Cesarea di Filippo (Mt 16,21-23), dove darà il primo annuncio della Passione e sarà biasimato dallo stesso Pietro, che solo poc’anzi lo aveva riconosciuto come il Messia di Dio. Le figure di Mosè ed Elia sono, dunque, attorno a Gesù per confortarlo in un momento di difficoltà della Sua missione. La trasfigurazione ci palesa parte della divinità di Gesù e, al contempo, manifesta la piena umanità del Figlio di Dio, mostrando “la bellezza originaria della natura umana”, ovvero quella che apparteneva ai progenitori prima della caduta. Le vesti di Gesù erano come “di luce” (Mt 17,2), al pari di Adamo ed Eva che nel Paradiso Terrestre erano avvolti in un manto di luce, che cadde dopo aver contravvenuto al comando di Dio. Rimasero così nudi. I primogenitori, nell’interpretazione giudaica e nella mistica cabalistica perdono questa trasparenza luminosa che li rivestiva e che si converte in pelle. Gesù sul Tabor ci mostra sia la divinità del Figlio di Dio, sia la bellezza delle origini di Adamo.