La Santa Messa in suffragio dell’anima del Duca Don Diego de Vargas Machuca è stata officiata dal Cappellano Capo per il Centro Italia della Real Commissione per l’Italia, Mons. Carlo Dell’Osso, Cappellano di Giustizia; concelebrante Don Maurizio Modugno, Cappellano di Merito, autore del libro Il Gran Maestro, alla presenza del Presidente della Real Commissione per l’Italia, il Principe Don Flavio Borghese, dei Principi di Sulmona e di Montecompatri, Cavaliere Gran Croce di Giustizia; e il Luogotenente per l’Italia Centrale, S.E. l’Ambasciatore Alfredo Bastianelli, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro.
Hanno partecipati, tra gli altri, S.A.S. Don Maurizio Ferrante Gonzaga di Vescovato, Principe del Sacro Romano Impero, Marchese del Vodice, Cavaliere Gran Croce di Giustizia, Consigliere della Real Commissione per l’Italia; S. E. l’Ambasciatore Amedeo De Franchis, Cavaliere Gran Croce di Giustizia; il Marchese Don Marco Leone di Cusano, Cavaliere di Giustizia; il Nob. Avv. Alfonso Marini Dettina, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, Consulente di Diritto Canonico della Real Commissione per l’Italia; il Delegato per Roma e Città del Vaticano, Prof. Giuseppe Schlitzer, Cavaliere Gran Croce di Merito; e il Segretario di Delegazione, Dott. Michele Cantarano, Cavaliere de Jure Sanguinis, Segretario Generale della Cancelleria della Real Commissione per l’Italia.
Nella sua omelia, Mons. Dell’Osso ha ricordato lo spirito di servizio e la dedizione che il Duca Don Diego de Vargas ha avuto verso l’Ordine Costantiniano e come il suo ricordo sia ancora vivo nel cuore di tutti i Cavalieri e le Dame Costantiniani. Esemplare la sua dedizione all’Ordine, che seguiva senza risparmiare tempo e energia. L’attenzione alla liturgia e all’evangelizzazione ha caratterizzato la sua persona a tal punto da divenire modello per i Confratelli. La devozione alla Croce Costantiniana si è concretizzata in lui attraverso le sofferenze dei suoi ultimi mesi di vita. È stato quindi affidato a San Giorgio perché lo accompagni davanti al trono di Dio per ricevere la ricompensa dei giusti.
Le notizie pubblicate
a seguito della scomparsa
del Duca Don Diego de Vargas Machuca
- Il trapasso del Presidente delle Real Commissioni per l’Italia e San Marino [QUI]
- L’ultimo abbraccio dei Cavalieri Costantiniani al Duca Don Diego de Vargas Machuca [QUI]
- Le Sante Messe in suffragio dell’anima del Duca Don Diego de Vargas Machuca [QUI]
- Come un letto di fiume. Un ricordo del Duca Don Diego de Vargas Machuca [QUI]
Conclusa la Santa Messa, presso l’attigua Cappella dei Santi Sposi, è stato presentato il libro Il Gran Maestro. Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e Ferdinando IV di Borbone tra Rivoluzione e Restaurazione (Aracne 2024, 192 pagine [QUI]), che ha come tema le complesse e concentriche vicende del Regno di Napoli e dell’Ordine Costantiniano.
Il 2 aprile 2024 abbiamo pubblicato la notizia “Il Gran Maestro” di Don Maurizio Modugno [QUI], e il 7 e 12 maggio 2024 “Il Gran Maestro” di Don Maurizio Modugno. La recensione su “Il Sussidiario” [QUI].
Il saggio è stato presentato dall’autore, Don Maurizio Modugno, e dal Delegato, Prof. Giuseppe Schlitzer, il quale ha consigliato la lettura del libro, sia per approfondire la storia della Sacra Milizia Costantiniana, sia per saperne di più su quello che alcuni storici hanno definito “un Regno che è stato grande”.
La presentazione del Delegato
Il libro
Sono molto lieto di poter presentare questo saggio di Don Maurizio Modugno, nostro Cappellano di Merito, uscito di recente per i tipi dell’Aracne. Il libro abbraccia un periodo storico ben preciso, ossia il regno di Ferdinando IV Re di Napoli e di Sicilia, poi Ferdinando I delle Due Sicilie, fino agli anni 1818-19.
Titolo e sottotitolo del libro non danno pienamente merito all’ampiezza dei temi trattati. La narrazione infatti non si limita a ripercorrere le varie fasi dell’Ordine Costantiniano e del Gran Magistero nel periodo storico considerato, ma fornisce altresì una prospettiva sulla Corte napoletana, sugli usi e costumi dell’epoca, sull’organizzazione del governo del Regno, e naturalmente su Ferdinando e la sua consorte Maria Carolina d’Austria, gettando nuova luce sui rapporti e sul ruolo dei due sovrani, in special modo durante le drammatiche fasi del periodo napoleonico.
Ne scaturisce una lettura avvincente, che inevitabilmente cattura il lettore. Il saggio è ricco di riferimenti storici e bibliografici, ma non è una semplice sequela di avvenimenti ed avvicendamenti nel governo del Regno. Don Maurizio entra nelle vicende personali e nella psicologia dei protagonisti, e ci svela aspetti che normalmente sono trascurati dalle classiche rappresentazioni storica.
Sono dunque a consigliare caldamente questo libro ai Confratelli e alle Consorelle della Sacra Milizia desiderosi di saperne di più su quello che alcuni storici hanno definito “un Regno che è stato grande”.
In questo mio commento metterò in rilievo le figure di Ferdinando – il Borbone che ha regnato più a lungo sul Mezzogiorno d’Italia – e di Maria Carolina, facendo cenno altresì agli svariati personaggi che hanno influito sulla Corte e le scelte strategiche dei sovrani. Tratterò alla fine l’Ordine Costantiniano.
Prima di far questo, è tuttavia necessario ed utile fornire una breve cronologia degli avvenimenti.
Breve cronologia degli avvenimenti
1734/35 – Carlo, Duca di Parma e Piacenza e figlio di Filippo V Re di Spagna ed Elisabetta Farnese, conquista il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia sconfiggendo gli austriaci. Col trattato di pace di Vienna (1938), Carlo viene riconosciuto Re di Napoli e di Sicilia, dovendo però rinunciare agli stati farnesiani (e a quelli medicei in Abruzzo) a favore degli Asburgo-Lorena. Nello stesso anno sposa Maria Amalia di Sassonia.
1759 – Carlo ascende al trono di Spagna col titolo di Carlo III. Definitiva separazione tra le corone di Spagna e quelle dell’Italia meridionale, sancita anche da un accordo tra Carlo e Maria Teresa d’Austria (sottoscritto a Napoli dal Tanucci e dall’Ambasciatore austriaco nell’ottobre del 1759, il conte Leopold von Neipperg). Ferdinando, che ha appena otto anni, diventa Ferdinando IV, Re di Napoli, e Ferdinando III, Re di Sicilia.
1768 – Divenuto sedicenne, Ferdinando sposa Maria Carolina d’Austria (figlia di Maria Teresa). I due sovrani regnano indisturbati per 30 anni, proseguendo nella stagione di riforme inaugurata nel Regno da Carlo III, fino a quando la rivoluzione francese del 1789 cambierà il corso della storia.
1793 – Il 12 luglio i sovrani stipulano un’alleanza con l’Inghilterra, potenza egemone in ambito marittimo. A settembre giunge a Napoli l’Ammiraglio Horatio Nelson. Ha così termine la storica politica di neutralità del Regno, che si pone apertamente contro la Rivoluzione e contro la Francia.
1798 – Su suggerimento del Ministro Acton e dell’Ammiraglio Nelson, Ferdinando e Maria Carolina si rifugiano a Palermo, con al seguito circa 2000 persone tra aristocratici della corte, gentiluomini, maggiordomi, servitori, cuochi e dame di compagnia. A Napoli viene fondata la Repubblica napoletana e le truppe francesi, vinta anche l’ultima, strenua resistenza dei “lazzari”, fanno il loro ingresso a Napoli sotto la guida del Generale Championnet.
1799 – L’esercito controrivoluzionario guidato dal Cardinal Ruffo per conto del Re Ferdinando espugna, a partire dalla Calabria, tutte le roccaforti giacobine. Ha termine l’esperienza della Repubblica napoletana. Il perdono riconosciuto dal Cardinal Ruffo agli sconfitti viene sconfessato dal Re (dello stesso avviso Maria Carolina, Nelson e Acton). Inizia una massiccia campagna di repressione.
1802 – Dopo la pace di Amiens tra Francia e Gran Bretagna (25 marzo 1802), a giugno i sovrani rientrano a Napoli in un tripudio di folla.
1805/06 – Napoleone, già incoronato Imperatore dei Francesi, vince ad Ulma, occupa Vienna e poi vince ad Austerliz. Si firma la pace di Presburgo (26 dicembre 1805). Napoleone dichiara decaduta la dinastia borbonica delle Due Sicilie. Nel gennaio 1806 Ferdinando si rifugia nuovamente a Palermo e affida il governo del regno al figlio primogenito Francesco. Nel febbraio del 1806 le truppe francesi fanno nuovamente ingresso a Napoli al comando di Giuseppe Bonaparte.
1808-1815 – Nel 1808 Gioacchino Murat è nominato Re di Napoli dopo che Giuseppe Bonaparte diviene Re di Spagna. Invano proverà a conquistare anche la Sicilia, sotto il protettorato degli Inglesi. Nel gennaio del 1814, volgendo le spalle a Napoleone, Murat firma un tratto con l’Austria nella speranza di mantenere il Regno di Napoli. Verrà poi sconfitto a Tolentino dagli stessi Austriaci. La sua epopea ha termine il 13 ottobre 1815 quando, dopo essere stato arrestato dalla gendarmeria borbonica, viene fucilato a Pizzo Calabro. Il Congresso di Vienna sancirà la definitiva restaurazione di Ferdinando IV sul trono di Napoli.
1814 – Dopo essere rientrata a Vienna, Maria Carolina muore senza mai poter vedere la restaurazione dei Borbone a Napoli. Nello stesso anno Ferdinando sposa morganaticamente Lucia Migliaccio, Duchessa di Floridia.
1816 – Con la Legge fondamentale del Regno, Ferdinando unisce le due corone e prende il titolo di Ferdinando I, Re delle Due Sicilie. Rifacendosi alla tradizione normanna, introduce i titoli di Duca di Calabria (abolito dal padre Carlo) e Duca di Noto per indicare, rispettivamente, il primo e il secondo successore al trono.
1825 – Ferdinando muore all’età di 74 anni. L’anno dopo morirà, ad appena 56 anni, anche la Duchessa di Floridia.
Ferdinando
Come sappiamo, Ferdinando è il terzogenito maschio di Carlo. Infatti il primogenito maschio, Filippo (1747), è affetto da demenza e soffre di attacchi di epilessia, mentre il secondogenito maschio, Carlo Antonio (1748), è l’erede designato al trono di Madrid e, stante l’incompatibilità tra le due corone, non può essere incoronato a Napoli. La scelta pertanto cade su Ferdinando, nato nel 1751.
Nel 1759 tuttavia Ferdinando ha solo otto anni. Il suo tutore è Domenico Cattaneo, Principe di San Nicandro. Ma Carlo saggiamente affida la reggenza ad un Consiglio, dove la figura di spicco è la sua persona di fiducia, Bernardo Tanucci, uomo di legge che non proviene dalla nobiltà napoletana (era nato nei pressi di Arezzo da una famiglia della media borghesia toscana). Inoltre, stabilisce che il figlio potrà assumere la corona a sedici anni, due anni più tardi di quella che era considerata la maggiore età nelle corti europee dell’epoca, al fine di garantirsi un più lungo periodo di controllo indiretto sul regno.
Come è Ferdinando? I contemporanei lo descrivono, da ragazzo, più simile ad uno “scugnizzo”, che al modello ideale del piccolo principe. Ferdinando evita i rampolli di famiglia e si mescola piuttosto ai figli dei servitori e ai paggi. Le lingue straniere gli interessano, poco mentre conosce bene le forme più colorite del dialetto napoletano. È insofferente dell’etichetta e dello studio, ha scarsa capacità di concentrazione.
Questa rusticitas di Ferdinando è in gran parte frutto di un’indole personale. Ma, sembra suggerire Modugno, è forse anche dovuta alla frequentazione del compagno di giochi Gennaro Rivelli, figlio di una balia (p. 23).
Raggiunta la maturità, Ferdinando conserverà alcuni di questi tratti. Anche negli incontri istituzionali sorprende perché parla a voce alta, per le risate senza controllo, e perché ama schernire dame e gentiluomini. Con gli anni questi atteggiamenti si attenueranno, senza mai scomparire del tutto.
Ferdinando ama la caccia e lo svago. Tuttavia non è uno sprovveduto, e il suo carattere forte, la sua vera personalità, emergeranno col tempo. Lo si vede bene nelle pagine scritte da Modugno, in particolare dalla ferma opposizione alle richieste dell’emissario britannico, Lord Cavendish-Bentick, durante l’occupazione francese e la travagliata permanenza a Palermo.
Interessante il quadro che dipinge Modugno della corte napoletana. “Tale corte così alla moda era peraltro assai meno formale di quanto non fossero quelle d’Austria o d’Inghilterra: vi si discorreva in modo abbondante, sempre rumoroso e spesso confuso”. Il cerimoniale era strettamente osservato in quanto a inchini e genuflessioni, ma Ferdinando, al gusto della bellezza e del piacere, aveva voluto unire una semplicità, una cordialità di tratto, talora una certa rusticitas senz’altro personali“.
Maria Carolina
Nata Arciduchessa d’Austria nell’agosto del 1752, era la tredicesima dei figli di Maria Teresa d’Austria e dell’Imperatore Francesco I (Maria Teresa diede alla luce ben 16 figli, di cui 13 sopravvissuti). Il suo matrimonio risponde a ben precise logiche di alleanza tra le principali famiglie regnanti d’Europa, e in particolare si ricollega al patto tra Carlo III e Maria Teresa, col quale:
- Carlo riconosceva i possedimenti austriaci nell’Italia centrosettentrionale e garantiva l’incompatibilità tra corona di Madrid e corona di Napoli;
- Maria Teresa riconosceva la legittimità della successione a Carlo, sancendo in tal modo la definitiva indipendenza del Regno.
L’intesa tra Vienna e Napoli prevede il fidanzamento tra Ferdinando e l’Arciduchessa Giovanna (11 anni), che però muore di vaiolo. La scelta cade sulla sorella Maria Giuseppina e le cose vanno avanti. Divenuto Ferdinando maggiorenne, iniziano i festeggiamenti e le celebrazioni sia a Vienna che a Napoli, ma il vaiolo colpisce anche Maria Giuseppina, che muore.
Si diffondono mormorii sul fatto che Ferdinando porti sfortuna, ma per fortuna si arriva ad un terzo accordo e si decide che a sposare Ferdinando sarà Maria Carolina. Le nozze vengono celebrate prima a Vienna per procura, subito dopo, Maria Carolina inizia la discesa a Napoli seguita da un ricco corteo di berline reali, carri, lettighe, venendo accolta con festeggiamenti prima in Veneto e Lombardia, poi a Firenze dove viene accolta dal fratello Leopoldo, Granduca di Toscana.
Maria Carolina e Ferdinando si incontrano a Portella, prima città del Regno d’Italia, dove si erano incontrati anche Carlo III e Maria Amalia di Sassonia. Portella, nei pressi di Monte San Biagio, è la “porta di frontiera” del Regno delle Due Sicilie.
La storiografia ci descrive Maria Carolina come una ragazza (all’epoca dell’incontro sedicenne) vivace e volitiva, convinta di essere destinata a diventare regina e a governare per vocazione e per rango. Fisicamente non si può dire che sia bella (il naso aquilino e la bocca piccola non le donano) ma ha una sua femminilità. Culturalmente è stata preparata come si conviene ad una principessa asburgica e, in vista del matrimonio, ha studiato intensamente l’italiano.
Che aspettative ha la futura regina su Napoli e sullo sposo Ferdinando? L’autore riporta alcune testimonianze che riferiscono di una corte – quella di Napoli ai tempi di Ferdinando ancora adolescente – che si poteva definire The Most Magnificent in Europe (p.20), che verrà difatti rimpianta da Maria Amalia alla sua partenza per la Spagna. Ma Maria Carolina è cresciuta alla corte di Vienna, che per prestigio è pari solo a quella di Versailles. È quindi consapevole che a Napoli non troverà lo stesso livello di aristocratica raffinatezza. Sa che lo sposo non è bello e non risponde ai canoni comportamentali di un principe viennese.
Modugno ci offre una descrizione dei primi incontri intimi tra i due sposi, resi complicati dalle differenze di cultura e educazione. «La prima notte dei Reali di Napoli era stata sgradevole ad entrambi: “Dorme come un’ammazzata e suda come un porco” aveva detto Ferdinando; e lei aveva scritto alla madre: “Confesso apertamente che preferirei morire piuttosto che rivivere un’altra volta tutto ciò che mi è capitato” (pp. 27-8).
Eppure, metteranno al mondo diciotto figli. In realtà la nuova Regina presto coglierà la straordinaria bellezza del luogo e la piacevolezza del clima. Scriverà alla madre che Ferdinando ha un carattere migliore del previsto e che si sta abituando al suo aspetto fisico. Intuisce che lo stile di Ferdinando le lascia ampi margini di manovra. Subito rianima la corte, intorpidita durante gli anni della reggenza, con ricevimenti, balli e spettacoli. E così, la Regina Maria Carolina, il Vesuvio e gli scavi di Ercolano e Pompei attirano a Napoli moltissimi aristocratici e intellettuali da tutta Europa (tra questi, Giacomo Casanova e Johann Wolfgang Goethe). Con i suoi oltre 400mila abitanti, la capitale del Regno può legittimamente considerarsi la più grande “metropoli d’Italia”.
Che ruolo giocherà Maria Carolina nel governo del Regno? Il giudizio non è facile. Certamente fu molto attiva, anche nell’intessere relazioni. Sappiamo peraltro che alla nascita del primo figlio maschio Carlo Tito nel 1775 (che morirà bambino nel 1778), Maria Carolina entrerà nel Consiglio di Stato, come previsto dall’accordo di matrimonio. Maria Carolina all’epoca ha 23 anni e, da protagonista della vita mondana di Corte, aspira a diventare lo stesso nel governo del Regno. Tant’è che sia Carlo III da Madrid, che il potente Ministro Bernardo Tanucci erano preoccupati dall’attivismo della Regina e del suo possibile influsso sul Re.
In effetti l’intervento forse più incisivo della Regina fu proprio nell’allontanamento del Tanucci nell’ottobre del 1776. Questa storia si intreccia con la diffusione delle logge massoniche nel Regno, di cui la Regina fu simpatizzante e forse ne fece parte. Del resto, la regina proveniva da una corte dove la presenza massonica era tra le maggiori d’Europa e massone era, ad esempio, il Conte Ernst Kaunitz von Rietberg, Ambasciatore austriaco nel Regno delle Due Sicilie nonché principale artefice della politica estera dell’Austria in quegli anni.
Non è possibile in questa sede sviluppare per intero tutta la vicenda e le sue implicazioni. Siamo senza dubbio di fronte a un passaggio esiziale per il Regno. L’atteggiamento accomodante dei sovrani – per non dire la protezione – verso le logge massoniche smentisce di fatto la politica di Carlo III e, con l’allontanamento del Tanucci, si sancisce una sostanziale autonomia da Madrid. Entra in gioco un nuovo personaggio, Francis John Acton, nobile di origine anglo-irlandese che si era già messo in evidenza nel Granducato di Toscana, la cui ascesa politica sarà molto rapida. Nel 1980 verrà nominato Segretario alla Guerra con competenza su tutti gi aspetti della politica militare del Regno.
È difficile dire chi spinse di più, tra Ferdinando e Maria Carolina, per operare tali cambiamenti. Parte della storiografia tende a dare un ruolo maggiore alla Regina – del resto l’autonomia di Napoli da Madrid rientrava nel disegno dell’Austria – ma lo stesso Ferdinando aveva in passato scritto al padre lamentando le ingerenze del Tanucci e l’eccessiva autonomia del ministro, arrivando a definire sé stesso “la statua del Re di Napoli”.
Gli anni difficili (tra rivoluzione e restaurazione)
L’autonomia politica permette ai sovrani di inaugurare una stagione di riforme, segnatamente nel campo dell’educazione (ad esempio si dispone che tutti i Comuni aprano scuole elementari), di interventi infrastrutturali (ferrovie e ponti), nonché di accordi commerciali e per la navigazione con altri Paesi (Marocco, la Reggenza di Tripoli, e la Russia). I cambiamenti più profondi sono nella ristrutturazione operata da Acton nell’esercito e nella marina (i cantieri navali vengono spostati da Napoli a Castellammare), sui quali non vi è il tempo di intrattenersi. Nei confronti della Chiesa, la politica che fu portata avanti fu decisamente anticlericale.
Tutto sommato, è l’assolutismo illuminato di Maria Teresa applicato al Mezzogiorno. I due sovrani dimostrano di non essere degli sprovveduti e di sapersi muovere con accortezza sulla strada dell’autonomia. Ma non c’è da illudersi troppo: al protettorato della Spagna si sostituirà ben presto quella della Gran Bretagna (soprattutto in Sicilia). La rivoluzione francese prima (5 maggio 1789) e l’ascesa di Napoleone Bonaparte poi sconvolgeranno gli equilibri dell’Europa e del Regno di Napoli e Due Sicilie. I due sovrani probabilmente sottovalutarono i “piccoli movimenti sismici già tali da far presagire, presto o tardi, un collasso…” (p. 19).
Modugno ci offre una vivida descrizione di quegli avvenimenti e di come i due sovrani affrontarono momenti a dir poco drammatici. Circa il ruolo esercitato da Maria Carolina, corretto mi sembra il giudizio che «il suo ruolo effettivo non dev’essere sopravvalutato. Il regal consorte avrà una pazienza ma anche una fermezza sempre su di lei con-vincenti».
Sul finire degli anni ‘90 i rapporti, come ci descrive l’autore, si fanno più difficili (pp. 28/9). Ancor più lo saranno durante i difficili anni del governo murattiano e dell’esilio in Sicilia. Maria Carolina è già molto provata dagli eventi. Nel 1790 è morto il fratello Imperatore Giuseppe II, e dopo appena un anno l’altro fratello, Pietro Leopoldo, succeduto al trono come Leopoldo II. La sua sorella prediletta, Maria Antonietta Regina di Francia, è stata ghigliottinata il 16 ottobre 1793. L’“illuminata” regina Maria Carolina, anticonformista, riformatrice e protettrice della massoneria, si trasformerà presto nell’alfiere di una politica repressiva volta a prevenire la diffusione delle idee rivoluzionarie e giacobine.
Così ci racconta Modugno: “Feste in musica, innodie storiche in versi e in prosa, investiture cavalleresche, descrizioni del Regno, non nascondono che più di qualcosa si è spezzato nel cammino illuminato, nel programma di riforme, nell’interna armonia di quella corte già magnifica e di quei regnanti”. Al rientro da Palermo si registrano gli ultimi interventi innovatori, in particolare va segnalata l’apertura nel 1804 della Reale Biblioteca di Napoli, oggi Museo Archeologico, contenente la preziosissima collezione farnesiana.
Seguirà dopo appena due anni la seconda fuga a Palermo di Ferdinando. Maria Carolina si trattiene ancora un po’ a Napoli e scrive lettere a Napoleone che non riceveranno risposta. Nel giugno 1813 Maria Carolina lascia la Sicilia, soggiorna in vari Paesi dell’Europa e giunge a Vienna nel gennaio del 1814. Qui morirà nel castello di Hetzendorf l’8 settembre 1814, colpita da un fatale ictus, senza quindi mai vedere la restaurazione della dinastia borbonica a Napoli.
Nel novembre dello stesso anno Ferdinando, 63enne, sposa morganaticamente Lucia Migliaccio (di anni 44), vedova del principe di Partanna, creata Duchessa di Floridia. Ferdinando regnerà sul trono delle Due Sicilie fino alla sua morte nel 1825. Anche al netto degli anni passati senza avere la maggior età e delle parentesi napoleoniche, resta il sovrano della dinastia borbonica che ha regnato più a lungo sul trono di Napoli.
L’Ordine Costantiniano e il Gran Magistero
Molto interessanti sono le pagine contenute nel libro riguardanti la Sacra Milizia Costantiniana che, oltre a ripercorrere le origini dell’Ordine, ne descrivono il funzionamento e l’organizzazione ai tempi di Carlo e Ferdinando.
I primi riferimenti scritti all’Ordine Costantiniano sono successivi al 1500. Certa è la titolarità del Gran Magistero da parte degli Angelo Flavio Comneno di Macedonia, fino al passaggio nel 1699 alla dinastia Farnese. Quest’ultimo passaggio è “certificato” prima da Papa Innocenzo XII con la Bolla Sincera fidei del 24 ottobre 1698, poi dall’Imperatore Leopoldo I con decreto del 5 agosto 1699.
Il successivo passaggio, dalla dinastia Farnese a quella dei Borbone di Napoli, nonché il trasferimento della sede dell’Ordine da Parma a Napoli, è più articolato.
Antonio Farnese, Duca di Parma e Piacenza, muore nel 1731 senza eredi maschi. L’unica erede è la sorella Elisabetta, moglie del Re di Spagna Filippo V di Borbone. Il titolo di Duca di Parma e Piacenza e il Gran Magistero passano al figlio di Elisabetta, Carlo, come peraltro stabilito sin dal 1718 dal Trattato di Londra. Solo una volta assunti i troni di Napoli e di Sicilia, Carlo trasferirà la sede del Gran Magistero a Napoli.
In sostanza, il trasferimento del Gran Magistero alla dinastia dei Borbone di Napoli è avvenuto non prima del 1734, anno della conquista da parte di Carlo dei Regni di Napoli e di Sicilia (riconosciuto tuttavia solo nel 1738 con la pace di Vienna). È non è un caso che, nell’utilissimo elenco dei Gran Maestri riportato da Modugno alle pagine 71-74 del suo libro, a partire da Costantino I il Grande, non compaia una data certa relativamente a questo passaggio!
Sia chiaro: non vi fu alcuna soluzione di continuità nella titolarità nel Gran Magistero Costantiniano, che fu sempre di Carlo (almeno dal 1732). Il punto è: quando nasce la dinastia dei Borbone di Napoli? Una risposta puntuale può darla solo uno storico. Mi limito pertanto a ricordare alcune date essenziali.
Carlo conquista i due regni meridionali nel 1734 e nel 1736 cede il Ducato di Parma e Piacenza – e dunque gli Stati farnesiani – all’Imperatore Carlo VI d’Asburgo (per inciso: Carlo si premura di portare a Napoli tutte le collezioni farnesiane, che si possono ammirare al Museo Archeologico Nazionale). Successivamente, con la pace di Vienna nel 1738, vi è il riconoscimento di Carlo come Re di Napoli e Re di Sicilia e la separazione tra le corone di Napoli e di Spagna. Infine, con Monitorium di Papa Clemente XIII del dicembre 1763, vi è il riconoscimento da parte della Sede Apostolica del Gran Magistero Costantiniano ai Borbone-Napoli.
Un altro aspetto di notevole rilevanza, di cui si ritrova più volte traccia nel volume, è la separazione tra la Corona e il Gran Magistero. Nell’ottobre del 1759 Carlo cede al figlio Ferdinando i Regni di Napoli e Sicilia e il Gran Magistero Costantiniano con due atti espressamente separati. Tale netta separazione viene confermata dallo stesso Ferdinando nel marzo del 1796 di fronte alla possibile avanzata in Italia dei Francesi. Si tratta di un aspetto sempre confermato dalla storiografia, che qualifica il Gran Magistero non come prerogativa regia, ma come diritto de jure sanguinis del primogenito (maschio) farnesiano.
Molto interessanti sono poi alcuni aspetti che attengono all’organizzazione dell’Ordine, in special modo il regime delle Commende e dei Cavalieri Inquisitori. Questi ultimi – tra i quali troviamo l’antenato dell’autore Nob. Donato Antonio Vitullli (Cavaliere donatore e Commendatore) – non facevano parte della Real Deputazione, ma esercitavano importanti funzioni di controllo (e ispettive) in tutte le province del Regno (ad eccezione di Napoli), sia sui Cavalieri che sulle Commende dell’Ordine.
A tale ultimo proposito, interessante è anche il quadro che l’autore ci offre sul patrimonio dell’Ordine. Questi era composto da vari elementi: i cespiti originari, le successive annessioni (come ad esempio tutte le proprietà degli Antoniani del Meridione d’Italia disposte nel 1776 da Papa Pio VI) e, infine, le Commende (nell’anno 1792, si contavano circa 40 Cavalieri donatori).
Stime precise sono difficili a farsi, ma certamente siamo di fronte a un patrimonio consistente. Come nota lo stesso autore (p. 60), “un’architettura assai vasta e complessa di Commende e benefici, di rendite e di contribuzioni, andava pertanto a strutturare l’economia e la ricchezza dell’Ordine Costantiniano: tale, ove vi s’aggiungano i numerosi beni immobili, da potersi valutare, al tornante fra i due secoli, in diverse centinaia di migliaia di ducati”.
Giuseppe Schlitzer