Santa Messa mensile del Gruppo di Enna della Delegazione Sicilia Orientale in ricordo delle Vittime delle Foibe

Domenica 25 febbraio 2024 alle ore 10.30 presso il Santuario di San Giuseppe, il Gruppo di Enna della Delegazione della Sicilia Orientale del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha celebrato la solenne Santa Messa in ricordo delle Vittime delle Foibe, officiata dal Parroco Don Giacomo Zangara, Cappellano di Merito con Placca d’Argento.
Foto di gruppo

Il Giorno del ricordo che ricorre il 10 febbraio, fu Istituita il 30 marzo 2004 per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle Foibe, dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Le Foibe, la storia di un massacro dimenticato

Quella della strage delle Foibe è una storia tragica e disumana a lungo rimasta nel silenzio, e solo negli ultimi anni riportata alla luce. Infatti, per commemorare le vittime italiane massacrate nelle foibe, solo con la legge N. 92 del 30 marzo 2004 fu istituito il Giorno del Ricordo delle Vittime delle Foibe: «La Repubblica Italiana riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Grazie a tale legge, il Giorno del Ricordo delle Vittime delle foibe, divenuta solennità civile nazionale, viene celebrato annualmente dal 10 febbraio del 2005.

Con il termine Foibe si intendono le cavità naturali tipiche del terreno roccioso del Carso fra il Friuli Venezia Giulia e quelle che ora sono la Croazia e la Slovenia. Profonde anche centinaia di metri, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per opera delle milizie partigiane comuniste della Jugoslavia di Tito, in quei luoghi vennero gettati i corpi di migliaia di italiani per cancellarne ogni traccia.

I condannati venivano legati l’uno all’altro con un lungo filo di ferro stretto ai polsi e schierati sull’orlo della foiba. Colpiti i primi cadendo trascinavano con sé gli altri! La crudeltà di queste esecuzioni consisteva nelle sofferenze inimmaginabili inferte agli esseri umani feriti o ancora vivi costretti a sopravvivere per diversi giorni sui cadaveri dei loro compagni, tra sofferenze e lunghe agonie.

Se inizialmente l’obiettivo dei partigiani comunisti jugoslavi fu quello di ribellarsi ai crimini di guerra subiti, l’insurrezione popolare però si trasformò ben presto in genocidio finalizzato alla pulizia etnica nei confronti degli Italiani.

Le vittime delle Foibe dal 1943 al 1947 furono tra le cinque e le diecimila e ad essere trucidati non furono solamente militari e avversari politici ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani comunisti di Tito. Coloro, tra la popolazione, che riuscirono a sottrarsi alle inaudite violenze col pieno disprezzo della vita umana, furono però costretti all’esodo dalle ex province italiane della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia. Infatti al massacro delle Foibe seguì, per coloro che non condivisero il regime totalitario comunista della Jugoslavia, l’esodo giuliano-dalmata, ovvero l’emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia. Tutti territori del Regno d’Italia prima e poi dall’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del Maresciallo Tito, che con i trattati di pace di Parigi del 1947 furono annessi alla Jugoslavia.

L’oppressione esercitata da tale regime ma soprattutto la vicinanza dell’Italia, che costituiva una forte attrattiva per le popolazioni non disposte ad accettare il nuovo regime dittatoriale, contribuirono a l’inasprimento delle repressioni e feroci esecuzioni tanto da rappresentare un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare la pesante eredità di un Paese uscito distrutto e sconfitto dalla guerra.

I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare le tragiche vicende hanno rappresentato per tanto tempo un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza di un popolo. Così l’istituzione del Giorno del Ricordo, rendendo verità giustizia e dignità a tante vittime innocenti e al dolore dei loro familiari, ha avuto il merito di riportare alla memoria quel periodo e quelle sofferenze, anche se con tanti anni di ritardo.

Ma non è sufficiente.

Purtroppo la storia non ci ha insegnato nulla ed il mondo continua ad essere minacciato da violenze odio guerre e distruzioni mentre le armi si ammucchiano in mezzo ad un’umanità affamata. Il dolore dei popoli che soffrono non è frutto del caso: «Ci sono i faraoni che opprimono il popolo, i farisei che tacciono, i diversi “Pilati” che crocifiggono» (Teresino Serra, Fondazione Nigrizia). Ascoltiamo allora il grido di chi soffre e lasciamo che il loro pianto arrivi ai nostri cuori, poiché il grido di sofferenza degli ultimi, dei dimenticati aspetta una risposta da ognuno di noi.

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