Il nome soave e caro del Natale evoca dapprima nella mente immagini di luce. Luci gentili di lumi e di candele alle finestre delle case e sulle mense imbandite, luci sfolgoranti di luminarie lungo le strade e sugli abeti, luci ammiccanti e colorate nelle vetrine dei negozi, luci umili e discrete nei presepi domestici. Natale è infatti una festa di luce. Profetizzato da Zaccaria come «sole che sorge per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte», il Figlio di Dio viene annunciato dagli angeli ai pastori «avvolti da una grande luce» e indicato da una stella misteriosa che guida a Betlemme i magi provenienti da terre lontane; contemplato dal vecchio Simeone come «luce per illuminare le genti», sarà annunciato dall’evangelista teologo come «luce degli uomini, luce vera».
Tuttavia, quando si pronuncia il nome tanto soave e tanto caro del Natale, a quelle immagini di luce che si affollano nella mente si affiancano ancor più nel cuore risonanze, suoni, canti, melodie: da lunghi secoli la musica celebra il Natale con le sue composizioni più belle e toccanti. Il caleidoscopio iridescente delle musiche natalizie presenta un tesoro ricchissimo: i canti della tradizione popolare, gli strumenti dei pastori, i corali della liturgia, i capolavori della musica colta. Non c’è persona al mondo che non si commuova profondamente davanti un gruppo di bambini che canta nella notte di Natale o ad un’orchestra che interpreta i brani natalizi composti dal genio di Bach o di Händel.
Così si presenta il palcoscenico, altamente luminoso e musicale, di quel momento celebrativo straordinario che è il Natale.
Questo palcoscenico tanto ricco e commovente ha un protagonista discreto e soave, il Bambino Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, che ci raggiunge non accompagnato da squillanti richiami di tromba, ma con il vagito leggero e indifeso di un neonato. Il protagonista sta lì, al centro del palcoscenico, e non fa nulla per rubare la scena alle luci e ai suoni che lo celebrano, anche quando questi si fanno così belli e affascinanti da arrivare ad attrarre soltanto su di sé l’attenzione. Sta al cuore di ciascuno saper guardare Lui, il protagonista, saper rivolgere il proprio sguardo su quel Bambino e ascoltare il suo messaggio. Allora si schiude l’autentico senso del Natale e si scopre che esso è il «santo Natale», la santa ricorrenza della nascita al mondo del Dio fatto uomo. Se ci si lascia condurre dalle luci festose e dalla musica natalizia al vero protagonista di quella meravigliosa festa, ci si scopre con gli occhi commossi davanti al Bambinello e si desidera soltanto il suo abbraccio, il suo sguardo carezzevole, il suo invito a prenderlo tra le braccia perché inondi il nostro cuore di soavità, di pace, di santità. È il momento della grazia, della luce, della scoperta del senso dell’esistenza. Non resta allora che mettersi in ginocchio, contemplare rapiti e silenti come i pastori, adorare il Signore, diventare una cosa sola con lui, accogliere tutti i suoi doni.
Quando si è giunti al centro del palcoscenico, quando quel Bambino è davanti ai nostri occhi, quando ci si è inginocchiati umilmente per contemplarlo, allora è il momento di abbandonarsi all’ascolto. Avvolti dalla luce della grazia, si può intendere ogni voce, ogni accento di quella sinfonia magnifica e profondissima che l’annuncio natalizio ci presenta, perché ogni Natale sia un vero «santo Natale».
Mons. Federico Gallo
Foto di copertina: è tempo di Natale e di presepi. Vale la pena ricordare quanto la rappresentazione della Natività sia ricca di significati, non solo dottrinali. È folklore, ricordi personali, emozione, gusto estetico, insieme di simboli legati alla rinascita. È arte.
La cultura del presepe è di matrice francescana: a San Francesco d’Assisi si attribuisce la scelta di allestire a Greccio, la notte del 24 dicembre 1223, la sacra rappresentazione della Natività. Domenicani e Gesuiti l’avrebbero poi affermata. Tra il Duecento e il Cinquecento, si verificò pertanto una fioritura di opere d’arte a tema natalizio. Com’è noto, esse erano il mezzo per istruire una popolazione perlopiù analfabeta. Le scelte iconografiche avevano dunque motivazioni teologiche. Ciò non significa che le raffigurazioni della Natività seguano pedissequamente i Vangeli canonici. Le fonti letterarie sono plurime. Includono: la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (1228/9–1298), raccolta di episodi sulla vita di Cristo e dei santi; il Protovangelo di Giacomo (140/170), sulla vita di Maria e dei suoi genitori; il Vangelo dell’infanzia di Tommaso (metà II sec.) e quello dello Pseudo Matteo (VIII-IX sec.), basato sui due precedenti.
L’opera del Natale proposta in copertina è la suggestiva Natività dipinta dall’artista fiammingo Matthias Stom nel 1646, oggi custodita presso il Palazzo Comunale di Monreale. Stom (che significa muto in neerlandese) era nato nel territorio delle Diciassette Province dei Paesi Bassi. Lavorò in varie località italiane, dove godette del patrocinio di istituzioni religiose e di importanti membri della nobiltà. Morì in Sicilia.
La scena si svolge all’interno di un contesto notturno, all’interno di una stalla frequentata dalle galline che si vedono dipinte in primo piano e dall’asino del quale si vede il muso a destra. L’unica fonte luminosa che consente di rischiarare il buio è il Bambino stesso che riesce a irradiare la propria luce divina tutt’attorno, illuminando i personaggi che gli stanno attorno.
La scelta accurata dei colori da parte del pittore e la sua capacità di rendere i soggetti in maniera realistica conferiscono all’opera una sensazione di tranquillità e serenità ma anche di grande sacralità, invitando lo spettatore a riflettere sul potente simbolismo del momento della nascita di Gesù. L’uso attento della luce conferisce all’immagine un’aura sacra, mettendo in risalto il divino nella scena.
È interessante notare come l’artista rappresenti le figure umane in modo estremamente realistico, con le loro emozioni, le loro peculiarità fisiche e i gesti che raccontano senza parola alcuna quella scena che si sta svolgendo sotto gli occhi dello spettatore. Ogni dettaglio, dall’abbigliamento dei personaggi alla modesta stalla in cui si svolge la scena, contribuisce a creare un’atmosfera intensa e coinvolgente. Per rendere omaggio al Salvatore appena venuto al mondo, sono dipinti attorno alla mangiatoia umili pastori e contadini. “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero» (Mt 11,28-30).