Riflessioni sulle letture festive – Meditazione sulle letture della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, Regina della Pace

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, a cura del Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento, il podcast con la meditazione sulle letture della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, Regina della Pace, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. Perché la Madonna ispira tanta umanità? Forse perché è un’icona (= immagine) di Dio? Forse perché Dio parla per suo tramite, anche se Maria resta sempre una sua creatura, sia pure una creatura unica grazie ai doni ricevuti dal Padre? Maria fu definita Madre di Dio, Theotokos, appellativo è particolarmente caro ai nostri fratelli ortodossi. Cominciamo l’anno nel segno di questo grande mistero. Cerchiamo di approfondire la devozione a Maria, Madre di Dio e nostra, in un idealismo rispondente alle aspirazioni più profonde dello spirito umano, ma che richiede impegno e molto coraggio.
Vergine con gli angeli

Podcast 2-36 – 1° gennaio 2025 – Meditazione sulle letture della solennità di Maria Santissima Madre di Dio, Regina della Pace

«Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre» (Lc 2,16-21).

Nell’Ottava del Natale del Signore e nel giorno della sua Circoncisione, solennità della Santa Madre di Dio, Maria: i Padri del Concilio di Efeso l’acclamarono Theotokos, perché da lei il Verbo prese la carne e il Figlio di Dio abitò in mezzo agli uomini, principe della pace, a cui fu dato il Nome che è al di sopra di ogni nome (Dal Martirologio). Prima Lettura Nm 6, 22-27 – Porranno il mio nome sugli Israeliti, e io li benedirò. Seconda Lettura Gal 4,4-7 – Dio mandò il suo Figlio, nato da donna. Vangelo Lc 2,16-21 – I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.

All’inizio di un nuovo anno siamo chiamati a festeggiare la Maternità di Maria la quale, mediante la sua carne, ha dato un corpo a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, che è diventato carne. E se il Figlio di Dio è diventato carne, e se quel Figlio di Dio è la pace che Dio esprime nei nostri confronti, è mediante Lei che la pace di Dio è entrata in questo mondo.

Quello che noi oggi siamo chiamati a fare è di continuare l’opera di Maria: fare in modo che quella pace non si estingua, non si perda, nel cammino del tempo, ma continui ad essere generata e rigenerata nella vita degli uomini, anno per anno, giorno per giorno.

Per fare questo cammino, i nostri giorni terreni, come il giorno eterno, sono illuminati da due nomi: il nome del Signore Gesù, al di là del quale non si dà altro nome né nel secolo presente né in quello futuro, e il nome di sua Madre, Maria memoria della nostra autentica identità, posta come modello e riferimento per dare speranza e senso ai giorni del nuovo anno che incomincia.

Continuiamo a contemplare il Natale del Signore, celebrando la venuta al mondo  del vero “Sole che sorge” per “visitarci dall’alto” (Benedictus, Luca 1,78), quasi contemporaneamente al solstizio d’inverno: in tal modo si mettono in luce i simbolismi potenti, espressione di Dio, “Padre e Creatore”, “Signore delle schiere celesti”, cui obbediscono le stelle, i venti, i mari e la natura tutta, che ha creato l’intelligenza umana e la rispetta, come scintilla della sua Sapienza infinita, in ogni uomo. Tutti gli anni, durante questo solenne Tempo liturgico e proprio nella ricorrenza dell’Ottava di Natale, cade anche il primo giorno dell’anno civile, che segna simbolicamente il rinnovarsi del ciclo della vita e della storia.

“Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti gli fu messo nome Gesù”, che significa “Dio Salva” (Luca 2).

Noi Cristiani viviamo nel segno della Salvezza acquistataci da Cristo e sappiamo che il nostro tempo è nelle mani di Dio: Egli ci ha creati per l’eternità; Egli, l’Infinito, si è incarnato nel tempo, in cui è entrato per dargli il respiro dell’Eterno; in Lui solo, e nella sua incarnazione, il nostro tempo si fa Eternità. Dio rispetta il tempo dell’uomo, la storia che ha affidato alle mani sapienti dell’adam, maschio e femmina, fatto a immagine e somiglianza di Lui.

Il nostro tempo non è un kronos insensato, e talora disperato, che scivola inesorabilmente nel nulla, come pensava il paganesimo, il tempo di noi “figli della Luce e figli del Giorno” (1Tessalonicesi 5,5), è un kairòs provvidenziale nel quale Dio, proprio Lui, nel suo corpo e nel suo sangue, si manifesta e si fa vedere: proprio in questo tempo Egli ci salva, con la carne del Figlio, nel grembo della Madre. È per questo che ogni anno affidiamo il nostro tempo alla iša perfetta, la “Donna” da cui Gesù è “nato nella pienezza del tempo” (II Lettura, Galati 4), segno potente di una grande benedizione, perché portatrice della Vita vera, a immagine della quale ogni vita umana è fatta. Vita è, dal principio, la benedizione di Dio, la promessa solenne che il Signore ci “custodisce”, come il grembo di una Madre, e “fa risplendere il suo volto su di noi… concedendoci la Pace” (I Lettura, Numeri 6). Lo sguardo di Dio è benedizione (Genesi 1): questa invoca da Lui anche il Salmo 66, Responsorio della solennità di oggi. In Lui prorompe la Gioia, cuore del Natale, che ci consegna “lo Spirito del Figlio” (II Lettura).

Il brano lucano del Vangelo di oggi vede come protagonisti i pastori che vanno a “vedere”, espressione che presuppone adesione a quanto era stato loro annunziato dagli angeli: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questa parola che il Signore ci ha fatto conoscere”. Nelle lingue semitiche si usa il termine “parola” per indicare un avvenimento che è portatore di significato. La Pace che dal cielo viene agli uomini è un fatto concretissimo: la Parola di Dio che si fa carne.

I pastori, dopo aver ricevuto il messaggio (vv. 8-15), devono diventare testimoni oculari. Essi sono modelli di fede che fanno propria l’attesa dei poveri, così come descrive la Sacra Scrittura. L’evangelista ama sottolineare ancora una volta la fretta – vanno senza indugio – per adempiere l’incarico del Signore. È la stessa fretta che ebbe Maria nella visita alla parente Elisabetta. I pastori, in obbedienza alla Parola, si affrettano e verificano il segno: Maria, Giuseppe e il bambino, avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.

La sottolineatura di questo segno da parte degli angeli, e il suo riscontro da parte dei pastori, vuole essere un elemento che evidenzia ancora di più l’aspetto umano di colui che è il Figlio di Dio. “trovarono… videro”. Sono i verbi classici per indicare l’incontro dei discepoli con Gesù. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. I pastori vedono la realtà di ciò che il Signore ha fatto loro conoscere. Ed è tanto importante che non possono trattenersi dal renderlo noto agli altri. Diventano messaggeri e apostoli.

Si profila qui la nostra stessa dinamica missionaria: l’annuncio porta all’ascolto, l’ascolto alla visione, conferma di quanto annunciato ed alla successiva testimonianza. Sulle labbra dei pastori è la testimonianza che Dio rende del suo Figlio: accogliere la parola della rivelazione, lasciarsi portare a Gesù, fare l’esperienza iniziale della fede e quindi comunicarla agli altri.

È la meraviglia, la sorpresa che il Vangelo non può non suscitare. Lo stupore di tutti all’udire ciò che i pastori rivelano di questo bambino è legato alla sproporzione fra le pretese di regalità messianica e di salvezza proclamate dagli antichi e le apparenze modestissime della scena vissuta, fra ciò che è stato detto e l’evento, tra la parola e il fatto.

Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore che è custodia, l’Arca del Verbo, la Nuova Alleanza. Il suo è un cuore di sapienza simile a quello dello scriba che da suo tesoro sa trarre cose antiche e cose nuove; è anticipazione e figura del cuore dei figli della sapienza cui è stata resa giustizia (Lc 7,35). Luca sottolinea la meditazione di Maria sui fatti il cui senso sarà manifestato solo nella rivelazione pasquale.

Maria è colei che raccoglie gli avvenimenti, li mette insieme, per penetrare più a fondo nel loro significato e nel mistero in cui s’è trovata coinvolta. Li confronta fra di loro e con la comunicazione che i pastori hanno fatto sul Bambino. Maria appare così come colei che è madre e sa interpretare gli eventi del Figlio e diventa, così, simbolo e modello della comunità cristiana, che in atteggiamento sapienziale e contemplativo cerca di assimilare interiormente il mistero inesauribile del Verbo Incarnato. L’ascolto della Parola è dono di Dio e i pastori glorificano Dio per quello che hanno udito. Questa è la forza e l’umiltà della Parola, la forza e l’umiltà dei semplici, dei poveri. Vedere e udire sono verbi della fede che tante volte ricorrono negli Atti degli Apostoli e configurano i pastori come i primi testimoni-apostoli. Potremmo osservare che l’esperienza cristiana, in questo brano, è espressa da pochi verbi che interagiscono tra loro: ascoltare, ubbidire, trovare, vedere, testimoniare, lodare. È importante verificare se e come li coniughiamo nella nostra vita, se e in quale misura sappiamo annunciare la gioia d’avere incontrato il Salvatore.

Il testo evangelico prosegue menzionando il rito della circoncisione (attraverso il quale il Bambino è inserito ufficialmente nel popolo di Dio) e l’imposizione del nome, a cui Luca dà un risalto particolare: è Dio che ha voluto tale nome e quindi la missione che esso esprime. “Gli fu messo nome Gesù”. L’evangelista sottolinea questo particolare senza far menzione ai genitori. Il nome nella Bibbia dice l’identità e la missione di chi lo porta. Gesù, infatti, nella lingua ebraica si scrive: Yehôsua‘ e significa YHWH salva. Questa attenzione da parte l’evangelista sta ad indicare che il nome imposto è proprio il Nome di Dio che è innominabile per gli Ebrei, origine di ogni nome. Ora noi possiamo nominare Dio perché egli stesso ci si è donato. Il nome di Dio per l’uomo non può essere che Gesù, cioè “Dio salva”. Dio è per noi, anche per i perduti e i lontani, perché è un Dio-con-noi e un Salvatore.

Tutta la Scrittura non fa che sottolineare come l’uomo riesca magistralmente quasi a mettere in pericolo la sua vita spirituale. E Dio se ne fa carico, per l’amore che porta alla sua creatura. E quale immane e terribile potenza teofanica metterà in atto per riuscire nel suo disegno di salvezza? Ecco la teofania di Dio: un neonato, fragile e povero, figlio, nella carne, di una Donna umile e nascosta. Così l’Onnipotente risolve la faccenda triste di una nostra possibile perdizione.

Vogliamo poi guardare alla Madre in questo inizio di anno civile, a lei che è l’inizio del nostro totale rifacimento e che le antiche Litanie invocano “causa nostre letitiae”, cioè inizio della nostra gioia, e “ianua coeli”, cioè soglia del Paradiso. Tutto in Maria è annuncio, preludio, entrata, porta. In lei è stato partorito il cominciare del mondo nuovo e chiunque vuole ‘iniziare’ la trova davanti, donna delle paure vinte, grazie alla fede. Lei vive tutti i suoi giorni “all’ombra del Figlio”, ma non esiste al mondo un punto più luminoso di quell’ombra e davvero sarebbe l’impostazione di un nuovo inizio anche per i nostri giorni collocarci “all’ombra del Figlio”.

“Maria custodiva tutte queste parole mettendole insieme nel suo cuore”.

Il compito sacro di questa donna, che i secoli diranno beata, è la meditazione vissuta delle ‘parole udite’ e dei fatti della vita. Madre di famiglia, operosa ed attenta, Maria, nostra madre, ricorda e ci rammenta tutti i fatti che costruiscono ‘la trama’ del nostro percorso essa è la vera grazia.

Cominciamo così un nuovo anno, nel segno della Madre: come quelli che vogliono mettere ordine scrupolosamente, laddove altri accumulerebbero cose su cose, senza cercare un senso.

E il senso è già dato alle parole che Maria porta dentro dal giorno dell’Annuncio dell’Angelo: “Gioisci, Maria”. Per questo viene Dio, al servizio della nostra gioia; mai con altra intenzione.

Propedeutica alla vera gioia sono le parole dell’Arcangelo Gabriele: “non temere”.  Nella Scrittura la frase ricorre 365 volte. È come se Dio, il Padre, il Creatore, ogni giorno dell’anno, dal primo all’ultimo, rassicuri i suoi figli, i figli della sua famiglia, circa la sua costante e continua presenza amorevole e provvidenziale che vince ogni paura. Già, perché se lasci comandare le tue paure sono loro a portarti e magari dove non volevi. Custodire le parole cercandone il senso, questo ci fa sapienti contro ogni stoltezza e ci mette nella beatitudine. Sarà possibile fra tanti cercatori fantasiosi di emozioni e nel numero dei superstiziosi che inseguono curiosità o pratiche deliranti, farsi conquistare dalla normale, realistica, quotidiana stoffa di una donna che, come quella del Libro dei Proverbi (Pr 31,10-31) o di quello del Siracide (36,24-27), tra i tanti, è, addirittura, immagine della Sapienza di Dio (Pr 8,22-33)?

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Cristo è la nostra pace

Il 1° gennaio – “Giornata di preghiera per la pace”; la liturgia celebra la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Maria apre all’umanità il futuro atteso da secoli, l’era della pace universale. La divina maternità di Maria è la pietra miliare che segna l’inizio dell’era nuova: a mezzanotte inizia il nuovo anno. Noi cristiani siamo consapevoli che il tempo e la vita sono contrassegnati dalla nascita di Cristo Gesù perché questo è il piano salvifico di Dio. La Liturgia oggi inizia invocando la benedizione di Dio ed implorando, per intercessione di Maria, il dono della pace; la pace vera annunziata dagli Angeli, che non è una conquista dell’uomo o frutto di accordi politici: la pace vera è dono di Dio da implorarsi costantemente; una pace da portare avanti con gioia e pazienza, restando sempre docili all’insegnamento di Gesù. Maria, madre di Cristo e della Chiesa, ispiri oggi propositi di dialogo, di riconciliazione, di pace nella famiglia e nel mondo intero. “Donna, sei tanto grande e tanto vali, | che qual vuol grazia ed a te non ricorre, ! sua disianza vuol volar senz’ali” (Dante, Divina Comedia, Paradiso XXXIII, 13-15). Rivolgi a noi, Madre, gli occhi tuoi misericordiosi (Prof. Don Pietro Pisciotta).

Vergine con gli angeli

La solennità di Maria Santissima Madre di Dio è una ricorrenza liturgica celebrata in diverse Chiese cristiane. È strettamente connessa con il titolo mariano di Theotokos, Madre di Dio, proclamato come dogma cristiano dal Concilio di Efeso il 22 giugno 431. Con il motu proprio Abhinc duos annos del 23 ottobre 1913, Papa Pio X ordinò che non si dovesse più assegnare una festa perennemente ad una domenica. Una delle feste così abolite era quella della maternità di Maria che, pur non inserita nel calendario romano generale, si celebrava comunemente nella seconda domenica di ottobre. Nel 1931 Papa Pio XI, in occasione del 1500º anniversario del Concilio di Efeso, che proclamò Maria Madre di Dio, inserì la festa nel calendario romano generale, da celebrare l’11 ottobre, vicino alla data (la seconda domenica del mese) in cui si celebrava prima la maternità di Maria. Inoltre, nel mese di ottobre tradizionalmente dedicato con maggiore insistenza alla recita del Rosario, era allora il primo giorno non già assegnato ad una festa. L’11 ottobre 1962, proprio in occasione di tale festa 31 anni dopo la decisione di Papa Pio XI, Papa Giovanni XXIII diede avvio al Concilio Vaticano II, menzionando esplicitamente il legame ideale fra la festa e il concilio del 431. Nella riforma liturgica del rito romano del 1969, la celebrazione di Maria Santissima Madre di Dio fu trasferita al 1º gennaio come solennità. Nel VII secolo, si celebrava il 1º gennaio una festa generica in onore di Maria, Natale Sanctae Mariae, con testi della Messa per le Vergini. Questa festa scomparve quando si adottarono nuove feste mariane. La celebrazione del 1º gennaio cambiò nome da Natale sanctae Mariae a Ottava di Natale, a Circoncisione del Signore, e di nuovo a Ottava di Natale. Nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 2 febbraio 1974, Papa Paolo VI spiegò: “Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio Ci sembra che la comune attenzione debba essere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Santissima Madre di Dio; essa, collocata secondo l’antico suggerimento della Liturgia dell’Urbe al primo giorno di gennaio, è destinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa… per mezzo della quale abbiamo ricevuto… l’Autore della vita”. L’orazione colletta della solennità prega: “O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita, Gesù Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te”.

Foto di copertina: William-Adolphe Bouguereau, Regina degli angeli, 1900, olio su tela, 285×185 cm, Petit Palais, Musée des Beaux-Arts de la ville de Paris.
Il dipinto realista raffigura la Vergine e gli angeli e tra le sue braccia Maria porta il bambino Gesù, che allarga le braccia sulla gente. Mentre la Vergine è vestita con una tunica scura e la sua testa è coperta, gli angeli appaiono in abiti bianchi.

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