Podcast 2-76 – 18 maggio 2025 – V Domenica di Pasqua. Un comandamento nuovo: “Amare”
Prima Lettura: At 14,21-27 – Riferirono alla comunità tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro. Salmo responsoriale: Sal 144 – Benedirò il tuo nome per sempre, Signore. Seconda Lettura: Ap 21,1-5 – Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. Vangelo: Gv 13,31-35 – Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
O Padre,
che tutto rinnovi nel tuo Figlio glorificato,
fa’ che mettiamo in pratica il suo comandamento nuovo
e così, amandoci gli uni gli altri,
ci manifestiamo al mondo come suoi veri discepoli.
Dove c’è amore, là c’è Dio. Da questo, dice Gesù, sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. È questa la Chiesa, che siamo chiamati a portare avanti. Una Chiesa santa che si costruisce, come faceva Paolo, evangelizzando, organizzando la comunità, ritenendosi tutti veri strumenti di Dio. In essa non c’è posto per i “Giuda”: se siamo Giuda, Gesù non può restare in mezzo a noi. Ciò che conta davanti a Dio è solo l’amore, perché Dio è amore. Gesù dirà: “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”.
Questo è un comandamento nuovo: nuovo perché proclamato mentre viene sancita la Nuova Alleanza tra Dio e l’umanità nel sangue di Cristo Gesù. Non è l’amare la novità, ma amarsi gli uni e gli altri come Lui ci ha amati. Gesù si è fatto esempio e misura di questo amore. Prima di Gesù esisteva il comandamento dell’amore; ora Gesù si è fatto esempio di amore e perdono. Amare allora in nome e sul modello del suo amore. La novità sta in questo: amare come Cristo ci ha amati. Questo è il metro, la misura dell’amore voluto da Dio.
L’amore non è un distintivo, una etichetta, un certificato, una divisa che ci contraddistingue come veri Cristiani. La Chiesa, il popolo di Dio non si costruisce con le critiche o con le armi; si costruisce solo annunciando la Parola di Dio e testimoniando la verità con le parole e le opere. Questo amore ci fa essere uomini nuovi, fratelli e sorelle nel Signore, nuovo popolo di Dio. Questo amore ci permette di amare anche i nostri nemici, perdonare le offese e pregare Dio: “Padre, perdona a noi come noi perdoniamo ai nostri debitori”.
L’amore non è poesia, ma è la realtà nuova che costituisce cieli nuovi e terre nuove. Viviamo purtroppo in una terra dove cresce l’ottimo grano e la zizania; un grande mare che racchiude in sé pesci buoni e pesci cattivi; ma la nostra vera patria è il cielo, quella realtà spirituale che è luce ed amore. Da qui l’Eucaristia che riceviamo nella Messa acquista un significato particolare, perché conferisce quella forza, quel dinamismo che unisce ed affratella. Dirà infatti Sant’Agostino: come diversi chicchi di grano formano l’ostia, come diversi acini di uva formano il vivo, che diventa corpo sangue di Gesù, così gente diversa per cultura, mentalità, talenti, nutrita dalla stessa Eucaristia, costituisce la Chiesa, il popolo santo di Dio. Da qui la missione affidata da Gesù alla sua Chiesa: “Come il Padre ha mandato me, io mando voi”. Questa missione è servire, amare come Cristo Gesù ci ha amati. Vuoi sapere se uno ti ama? Non credere alle sue parole; non fidarti delle sue premure, ma mettilo alla prova se è capace di sacrificare qualcosa per te; se è capace, allora ti ama, se non è capace allora è solo un opportunista: ama sé stesso, non ama te. Talvolta siamo così ipocriti che nascondiamo il nostro egoismo sotto l’etichetta dell’amore; caduta l’etichetta, viene fuori il nostro egoismo e la sua sete insaziabile.
L’amore è qualcosa di veramente serio, perché è divino. Maria, regina della Chiesa, madre di Gesù e nostra, ci aiuti ad accogliere da Gesù il comando dell’amore, lo Spirito Santo ci dia la forza e la luce di attuarlo per assicurare a noi un posto nella Gerusalemme celeste.
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Foto di copertina: Giulio Liverani, Cenacolo, 1997, terracotta modellata dipinta, 67×49,5 cm, Diocesi di Rimini.
Il sacerdote-ceramista Romagnolo Don Giulio Liverani era nato a Modigliana (provincia di Forlì-Cesena) nel 1935. Dotato di profonda umanità, la sua vita è stata segnata dalla passione per l’arte e dalla volontà di contrastare povertà e ingiustizie. Come missionario si trasferisce in America Latina, condividendo l’umile esistenza delle popolazioni locali, nonché le persecuzioni delle dittature. Morì ad Aquidabà (Stato del Sergipe, Brasile) nel 1997. “Lo sguardo dell’artista è trasfigurante, uno sguardo contemplativo, incantato: si lascia percuotere dalla realtà, non la manipola” (Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini).