La Delegazione Tuscia e Sabina onora Sant’Agostino in Viterbo

Il 28 agosto la liturgia fa memoria di Sant’Agostino, vescovo e dottore della Chiesa, autore di innumerevoli opere che, a distanza di sedici secoli, colpiscono ancora per l’attualità del loro contenuto. La figura del Vescovo d’Ippona è particolarmente legata alla Città dei Papi per la plurisecolare presenza dell’Ordine di Sant’Agostino, fin dal XIII secolo, alla chiesa della Santissima Trinità, nel cui convento, peraltro, sono passati illustri personaggi, tra cui due grandi Viterbesi distintisi per santità e dottrina, il Beato Giacomo e il Cardinale Egidio Antonini. La chiesa rappresenta, inoltre, fin dalla sua istituzione, il centro spirituale della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, sempre profondamente grata ai Padri Agostiniani per la loro paterna guida e squisita accoglienza. In occasione della ricorrenza, pertanto, giovedì 28 agosto 2025, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina, guidata dal Delegato Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, come da tradizione ha partecipato alla celebrazione della Santa Messa per la solennità di Sant’Agostino, presieduta alle ore 18.30 dal Priore della Comunità agostiniana, Padre Vito Logoteto, O.S.A., concelebranti Padre Jozef Jurdak, O.S.A., e Don Gianni Carparelli, presbitero diocesano.
Sant'Agostino

I Cavalieri Costantiniani hanno prestato servizio all’Offertorio e al termine del Sacro Rito hanno accompagnato processionalmente i concelebranti dinanzi all’argenteo busto settecentesco del santo Vescovo d’Ippona, esposto alla venerazione dei fedeli, per la recita della preghiera e il canto del tradizionale inno. Sant’Agostino insegnava che «il cantare è proprio di chi ama» (Sermo 336, 1) e che chi canta prega due volte.

A seguire, alle ore 21.00, presso il chiostro rinascimentale del convento della Santissima Trinità, si è svolto l’incontro dal tema Tardi t’amai, con letture tratte dalle Confessioni e da altre opere di Sant’Agostino, e brani musicali di Bononcini, Barrière e Telemann, eseguiti da Padre Gabriele Maria (flauto a becco contralto), Fra Teofane Maria (violoncello), Barbara Aniello (violoncello) e Gemma Vardè (violino).

Nel chiostro si possono ammirare splendidi affreschi sulla vita di Sant’Agostino, che documentano la rilevanza del santo per Viterbo.

Il 5 dicembre 1594 il Cavaliere Giacomo Nini, munifico signore e nobile Viterbese, fece un primo testamento per i rogiti del notaio Rosino Pennacchi stabilendo, tra i vari legati, un lascito di duecento scudi a favore dei frati dell’Ordine eremitano di Sant’Agostino della chiesa della Santissima Trinità di Viterbo, con l’obbligo di erogarli in dipingendum claustrum dicti conventus ubi dipingi debeat vita sancti Augustini. Il 22 agosto 1601 dettò, per lo stesso notaio, un secondo atto di ultime volontà, confermando quanto già espresso nel documento precedente. Il 24 aprile 1605 morì e fu sepolto nella cappella di famiglia all’interno della chiesa della Santissima Trinità. Di lì a poco i frati residenti nel convento contiguo, secondo la volontà espressa dal testatore, promossero la decorazione del chiostro. Le fonti locali ignorano l’anno e le circostanze in cui l’impresa decorativa venne affidata ai pittori Giacomo Cordelli, Viterbese, per le lunette che ricordano le province agostiniane sparse in tutto il mondo, e a Marzio Ganassini, manierista Romano, per le scene relative alla vita del santo. Il ciclo, piuttosto ampio e complesso, dà grande risalto alla vita milanese del santo e alle tradizioni che ancora sopravvivono in questa regione, specialmente a Pavia (tratto da Cassiciaco.it).

In preparazione alla solennità di Sant’Agostino, nella chiesa della Santissima Trinità-Santuario cittadino di Maria Santissima Liberatrice di Viterbo è stato celebrato un Triduo: il 25 agosto La conversione, il 26 agosto Agostino e la comunità, il 27 agosto Agostino e sua madre Monica.

Sui passi di Sant’Agostino

A partire da sabato 23 agosto 2025, all’interno del programma pomeridiano A Sua Immagine trasmesso su RAI 1, ogni settimana alle ore 16.10 circa va in onda un ciclo di otto puntate – delle quali al momento sono state presentate sei – dedicate alle comunità agostiniane maschili e femminili e ai principali luoghi di culto legati all’Ordine di Sant’Agostino. Protagonista di questo itinerario è Padre Pasquale Cormio, O.S.A., che ogni settimana visita una comunità agostiniana, ne illustra i tesori storico-artistici e il carisma spirituale, evidenziando il legame con Sant’Agostino e la sua eredità. Ogni puntata si conclude con una breve riflessione sul Vangelo della domenica, a sottolineare la continuità tra la tradizione agostiniana e la vita della Chiesa di oggi.
Dopo la puntata del 23 agosto dalla basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio a Roma, le prossime cinque puntate si svolgeranno, oggo 30 agosto presso la basilica di Santa Maria del Popolo a Roma, il 6 settembre presso il santuario della Madre del Buon Consiglio a Genazzano, il 13 settembre presso la chiesa di Santa Chiara della Croce a Montefalco, il 20 settembre presso la chiesa della Santissima Trinità a Viterbo, il 27 settembre presso la Basilica di San Nicola da Tolentino a Tolentino.
Un percorso che unisce spiritualità e cultura, e che offre l’occasione di conoscere più da vicino la ricchezza delle comunità e dei santuari agostiniani in Italia.

Veritas, unitas, caritas

Riportiamo il testo del videomessaggio di ringraziamento del Santo Padre Leone XIV, in occasione della consegna della Medaglia di Sant’Agostino, conferita dalla Provincia Agostiniana di San Tommaso da Villanova (Stati Uniti d’America), il 29 agosto 2025: «Per la sua leadership nel servizio, il suo impegno di tutta la vita a favore dei poveri, la sua testimonianza dei valori agostiniani e, ora, come nostro Pastore universale, per l’esempio che dà a tutti noi per avvicinarci al Signore e gli uni agli altri, e che tutti possiamo essere costruttori di pace. L’assicuriamo delle nostre preghiere per lei, perché abbia la grazia e la forza mentre continua a portare questa responsabilità per tutti noi. Che Dio la benedica».

Nella solennità del nostro santo Padre, Sant’Agostino, sono commosso e profondamente onorato di ricevere la Medaglia di Sant’Agostino dalla Provincia di San Tommaso da Villanova.
Mentre registro questo messaggio sono lontano dal caldo di Roma e sto trascorrendo un po’ di tempo a Castel Gandolfo per pregare, riflettere e riposare un po’. Vi farà piacere sapere che la chiesa parrocchiale di questa cittadina fuori Roma è dedicata a San Tommaso da Villanova, conosciuto come padre dei poveri, un frate e vescovo agostiniano straordinariamente dotato che ha dedicato la propria vita al servizio dei poveri.
Come Agostiniani cerchiamo ogni giorno di essere all’altezza dell’esempio del nostro padre spirituale, Sant’Agostino. Essere riconosciuto come Agostiniano è un onore molto sentito. Devo tanto di ciò che sono allo spirito e agli insegnamenti di Sant’Agostino, e sono grato a tutti voi per i molti modi in cui le vostre vite mostrano un profondo impegno verso i valori di veritas, unitas, caritas.
Sant’Agostino, come sapete, è stato uno dei grandi fondatori del monachesimo, vescovo, teologo, predicatore, scrittore e dottore della Chiesa. Ma questo non è avvenuto dalla sera alla mattina. La sua vita è stata piena di tentativi ed errori, proprio come le nostre. Tuttavia, attraverso la grazia di Dio, attraverso le preghiere di sua madre, Monica, e della comunità di brave persone intorno a lui, Agostino è riuscito a trovare la via della pace per il suo cuore inquieto.
La vita di Sant’Agostino e la sua vocazione a guidare servendo ricordano a tutti noi che possediamo doti e talenti donati da Dio e che il nostro scopo, la nostra realizzazione e la nostra gioia derivano dal restituirli nell’amorevole servizio a Dio e al nostro prossimo.
È bello essere con voi questa sera, mentre siete riuniti nella storica Filadelfia, sede della chiesa di Sant’Agostino, una delle più antiche comunità di fede degli Stati Uniti. Siamo sostenuti dall’esempio di frati Agostiniani come Padre Matthew Carr e Padre John Rossiter, il cui spirito missionario li ha spinti, alla fine del Settecento, a portare la buona novella del Vangelo nel servizio degli immigranti irlandesi e tedeschi, in cerca di una vita migliore e di tolleranza religiosa.
Ancora oggi siamo chiamati a portare avanti questa eredità di servizio amorevole verso tutto il popolo di Dio. Nel Vangelo Gesù ci ricorda di amare il prossimo, e questo ci sfida, ora più che mai, a ricordarci di vedere oggi il prossimo con gli occhi di Cristo, che tutti noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio, attraverso l’amicizia, le relazioni, il dialogo e il rispetto reciproco. Possiamo vedere oltre le nostre differenze e scoprire la nostra vera identità di fratelli e sorelle in Cristo.
Come comunità di credenti, e ispirati dal carisma degli Agostiniani, siamo chiamati ad andare avanti per essere costruttori di pace nella nostra famiglia e nel nostro ambiente e a riconoscere veramente la presenza di Dio gli uni negli altri. La pace inizia da ciò che diciamo e facciamo e da come lo diciamo e lo facciamo.
Sant’Agostino ci ricorda che prima di parlare dobbiamo ascoltare e, come Chiesa sinodale, siamo incoraggiati a impegnarci nuovamente nell’arte di ascoltare attraverso la preghiera, il silenzio, il discernimento e la riflessione. Abbiamo l’opportunità e la responsabilità di ascoltare lo Spirito Santo; di ascoltarci gli uni gli altri; di ascoltare le voci dei poveri e delle persone ai margini, le cui voci hanno bisogno di essere udite. Sant’Agostino ci esorta a prestare attenzione e ad ascoltare il maestro interiore, la voce che parla dentro ognuno di noi. È nei nostri cuori che Dio ci parla.
In uno dei suoi discorsi, Agostino incoraggiava chi lo ascoltava: «Non limitatevi all’attenzione dell’udito, ma abbiate l’attenzione del cuore». Che cosa dobbiamo fare per esercitarci ad ascoltare con l’attenzione del cuore? Il mondo è pieno di rumore, e le nostre menti e i nostri cuori possono essere sommersi da diversi tipi di messaggi.
Questi messaggi possono alimentare la nostra inquietudine e rubare la nostra gioia. Come comunità di fede, cercando di costruire una relazione con il Signore, possiamo cercare di filtrare il rumore, le voci divisive nelle nostre menti e nei nostri cuori, e aprirci agli inviti quotidiani a imparare a conoscere meglio Dio e il suo amore. Quando sentiamo la voce amorevole e rassicurante del Signore, la possiamo condividere con il mondo mentre cerchiamo di diventare una cosa sola in lui.
Sono grato per questo onore, e specialmente per le Messe e le preghiere a mio sostegno celebrate questa sera e in altre occasioni, mentre cerco di servire umilmente.
Per favore, continuate a pregare per me, per le intenzioni dell’intero popolo di Dio in tutto il mondo. Assicuro le mie preghiere per tutti voi, che vi siete riuniti qui questa sera: i miei Fratelli Agostiniani, i compagni missionari di Villanova, passati, presenti e futuri, gli anziani e i giovani, i ricchi e i poveri, tutti i nostri cari amici dell’Ordine. Come Agostino, ci riuniamo con i nostri momenti di ansia, di buio e di dubbio e, proprio come Agostino, per grazia di Dio possiamo scoprire che l’amore di Dio guarisce veramente. Cerchiamo di costruire una comunità in cui questo amore sia reso visibile.
Che possiamo continuare a rafforzare la nostra missione comune, come Chiesa e comunità, di promuovere la pace, vivere nella speranza e riflettere la luce e l’amore di Dio nel mondo! È nella nostra unità in Cristo e nella nostra comunione reciproca che la luce crescerà e diventerà più luminosa nel nostro mondo.
Sotto la guida e la protezione della Vergine Maria, nostra Madre del Buon Consiglio, possiamo non dimenticare mai i doni che ci ha dato con il “sì” ricolmo di fede che ha pronunciato quando ha accettato ciò che Dio aveva previsto per lei.
Dio benedica tutti voi e porti pace ai vostri cuori inquieti, e vi aiuti a continuare a costruire una comunità di amore, unita nella mente e nel cuore, volta a Dio. E che la benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga sempre.
Grazie.

Dal dubbio alla Verità

Il passaggio attraverso la fase del dubbio non fu per Agostino un semplice incidente di percorso, ma fu determinante per fargli trovare la via della fede. Secondo Agostino, infatti, solo chi dubita è animato da un desiderio sincero di trovare la verità, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda. È la consapevolezza della propria ignoranza che spinge a indagare il mistero; eppure non si cercherebbe la verità se non si fosse certi almeno inconsciamente della sua esistenza. Un tema, questo, di lontana ascendenza socratica e platonica, ma Agostino lo inserisce nell’ottica cristiana del Dio-Persona: è Dio stesso che fa nascere nell’uomo il desiderio della verità. Un Dio inconscio e nascosto che vuole farsi conoscere dall’uomo. Solo l’intervento della sua grazia permette alla ragione umana di trascendere i suoi limiti, illuminandola. Ed è così che avviene l’intuizione: essa è un comprendere e, al tempo stesso, un credere; non avrebbe senso dubitare se non ci fosse una Verità che, appunto, al dubbio si sottrae; e non si cercherebbe Dio se non Lo si fosse già trovato. Esprimendo un concetto che sarà ripreso da Pascal, Agostino scriveva che «l’intelletto cerca Colui che ha già trovato» (De Trinitate, 15, 2, 2).

Sant’Agostino nacque con il nome di Aurelio Agostino dal padre pagano Patricius, un modesto consigliere municipale e piccolo proprietario terriero di Tagaste, e da madre cristiana, Monica, che esercitò un grande ruolo nell’educazione e nella vita del figlio. Africano di nascita, e quindi probabilmente di madrelingua berbera, apprese e utilizzò il punico e il latino, mentre non imparò mai il greco, l’altra grande lingua di cultura dell’epoca insieme al latino.

Compì gli studi presso Madaura, Tagaste e Cartagine, dove fu mandato a diciassette anni a studiare retorica. Come autodidatta si interessò alla lettura di Cicerone e dei classici (la lettura dell’Ortensio di Cicerone produsse in lui l’amore per la filosofia). Dopo la morte del padre, aprì una scuola di retorica a Tagaste (373), poi insegnò a Cartagine (374-383). Qui Agostino visse per quindici anni in concubinaggio con una donna, dalla quale ebbe un figlio, Adeodato (il quale morì tra il 389 e il 391). Da questa donna si separò nel 386.

Da giovane aderì al Manicheismo, visione che abbandonò in seguito all’incontro con il vescovo manicheo Fausto, il quale sorprese negativamente Agostino per la sua ignoranza. Scoperta la vocazione per la filosofia e, in particolare, per il pensiero dei neoplatonici di Plotino, nel 383 si trasferì a Roma, dove insegnò retorica e, appunto, filosofia. L’anno successivo si trasferì a Milano, dove il praefectus urbis gli procurò un posto di insegnante, con l’intento di contrastare la fama del vescovo di Milano, Ambrogio. Invece Agostino restò affascinato dalla personalità di Ambrogio, dal quale venne convertito al Cristianesimo nel 385.

Decisiva per la sua conversione – così narra egli stesso nelle sue Confessioni, testo che diverrà un classico della teologia e della letteratura – sarebbe stata l’esperienza vissuta in un giardino, quando sentì la voce di una bimba che canticchiava tolle lege, ossia “prendi e leggi”, invito che egli riferì alla Bibbia, che, a quel punto, aprì a caso, cadendo su un passaggio di San Paolo. Divenne così catecumeno e la notte fra il 24 e il 25 aprile 386, vigilia di Pasqua, ricevette il battesimo dalle mani del Vescovo Ambrogio.

Nel 391 venne ordinato sacerdote e nel 396 divenne Vescovo di Ippona (l’attuale Annaba, in Algeria), dove fondò un monastero. Da questo momento in poi si dedicò agli scritti di natura religiosa e, da teorico della pace come aspirazione universale degli uomini, combatté a lungo le dottrine eretiche dei Donatisti e dei Pelagiani, diventando uno dei Padri fondatori del Cristianesimo. Agostino elaborò le sue dottrine sul peccato originale (istituendo, fra il IV e il V secolo, il battesimo infantile nella Chiesa Cattolica), sulla grazia divina e sulla predestinazione.

Si può notare, infine, come la vita di Sant’Agostino sia stata caratterizzata da un percorso religioso irto di difficoltà e ripensamenti, di indecisioni e di periodi nei quali Agostino stesso, nelle Confessioni, si definisce “caduto nel peccato”. Tale percorso portò Agostino a incarnare la figura, per molti tratti emblematica, dell’uomo che approda, con sofferenza e a tappe forzate di maturazione, alla religione cristiana, vista come suprema conquista della verità e del bene.

Sant’Agostino morì nel 430, mentre Ippona era assediata dai Vandali.

Agostino scrisse una mole impressionante di opere autobiografiche, filosofiche, apologetiche, dogmatiche, polemiche, morali, esegetiche, raccolte di lettere, raccolte di sermoni, opere poetiche (con metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte di persone incolte).

Alle opere filosofiche appartengono tre dialoghi (Contra academicos, De beata vita, De ordine) risalenti al periodo che precedette la conversione. Le opere polemiche sono state scritte per combattere sette ed eresie. Le opere morali comprendono scritti contro la menzogna e sul matrimonio, la verginità e il comportamento Cristiano. Il De doctrina christiana si occupa della predicazione, dell’interpretazione della Bibbia e dei rapporti fra retorica classica e retorica cristiana. I sermoni sono caratterizzati dalla chiarezza dell’esposizione e dall’efficacia della nuova retorica, teorizzata nel De doctrina christiana.

Le opere maggiori di Sant’Agostino sono le Confessioni (del 397), La città di Dio (scritta in ventidue volumi tra il 412 e il 426, che costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civiltà pagana), La Trinità (del 419, pietra miliare della teologia), La grazia di Cristo e il peccato originale (del 418), oltre a riflessioni sulla grandezza e l’immortalità dell’anima.

«Corriamo dunque, fratelli miei, corriamo e amiamo Cristo. Quale Cristo? Gesù Cristo… Dove giace il suo corpo? Dove soffrono le sue membra?… Io non so chi viene a fissare nell’Africa i confini della carità. Estendi la tua carità su tutto il mondo, se vuoi amare Cristo; perché le membra di Cristo si estendono in tutto il mondo. Se ami solo una parte, sei diviso, non ti trovi più unito al corpo; se non sei unito al corpo, non sei sottoposto alla testa. Che vale credere e poi bestemmiare? Adori Cristo nel capo e lo bestemmi nelle membra del suo corpo. Egli ama il suo corpo. Se tu ti sei separato dal suo corpo, il capo no» (Commento alla prima lettera di Giovanni 10, 8).

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