Podcast 3-10 – 12 ottobre 2025 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario. Gesù e i dieci lebbrosi. “La tua fede ti ha salvato”
Prima Lettura: 2Re 5,14-17 – Tornato Naamàn dall’uomo di Dio, confessò il Signore. Salmo responsoriale: Sal 97 – Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia. Seconda Lettura: 2Tm 2,8-13 – Se perseveriamo, con lui anche regneremo. Vangelo: Lc 17,11-19 – Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero.
Se consideri le colpe, o Signore, Signore, chi ti può resistere? Con te è il perdono, Dio d’Israele (Cfr. Sal 129,3-4).
Gesù e i dieci lebbrosi
“La tua fede ti ha salvato”
La gratitudine è umiltà e rivela la sensibilità del cuore.
La lebbra ai tempi di Gesù era considerata una malattia drammatica: il lebbroso veniva relegato ai margini della società; non poteva avvicinarsi ad alcuno né essere avvicinato.
Un giorno sulla strada, che unisce Gerusalemme e Gerico, dieci lebbrosi da lontano gridano: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi”. I dieci invocano un miracolo; Gesù legge la fede e la speranza che albergano nel loro cuore e, conforme a quanto prescriveva la legge, risponde: “Andate a Gerusalemme, presentatevi ai sacerdoti del Tempio”.
Chiedere un miracolo significa credere in Dio; porre in Lui ogni speranza ed avere il coraggio della gratitudine e della conversione del cuore. Miracolare è atto di amore. Amore con amore si paga. Gesù non guarda in faccia ad alcuno; Egli guarda il cuore. Per Gesù non esiste ebreo o pagano, amico o avversario: Egli è venuto per salvare l’uomo, tutti gli uomini.
Il miracolo è sempre un segno eclatante che ferma le leggi della natura. La natura, creata da Dio, serve a rendere lode a Dio creatore e padre di tutti.
I dieci lebbrosi ubbidiscono, si avviano verso il tempio per presentarsi ai sacerdoti quando, all’improvviso, pieni di gioia avvertono l’avvenuta guarigione. La loro fede e l’intervento divino li hanno salvati.
Alla realizzazione di un miracolo non si richiede mai qualcosa di forte o di gravoso da attuare perché Dio guarda il cuore dell’uomo e non le forze fisiche che regolano la realtà.
I miracoli sono una breccia che Dio apre nel cuore o nella natura per rivelarci la sua santità e onnipotenza; costituiscono un dono di Dio. Da parte dell’uomo necessita la fede e la gratitudine verso Dio grande e misericordioso. Per i dieci lebbrosi Gesù premia la loro fede; essi, però, eccetto il Samaritano dimenticano il Donatore, il Padre celeste che, nella persona di Gesù li aveva guariti e, lieti, se no tornarono a casa. Solo un Samaritano, uno straniero, sentì il bisogno e il dovere di lodare e ringraziare Gesù.
Ecco l’ingratitudine: dare tutto per scontato come se tutto ci è dovuto. Da qui le parole di Gesù: “Non sono stati guariti tutti e dieci? Gli altri nove dove sono? Solo uno straniero ha sentito il bisogno di dire: Grazie!”
La società va male perché c’é troppo egoismo, molto orgoglio e superbia. Dio resiste ai superbi, dà la grazia agli umili. L’umiltà è verità. Siamo deboli e limitati. Quello che siamo è solo dono di Dio. Da qui la necessità della riconoscenza, della gratitudine, della preghiera. Dio è essenzialmente amore, per ringraziare occorre umiltà. Il Samaritano guarito loda il Signore Gesù. Naaman il Siro, guarito, volle erigere un altare al Signore in atto di ringraziamento.
Io, tu, amico che leggi o ascolti, dobbiamo alzare gli occhi al cielo. Come la Santissima Vergine Maria poter cantare: “L’anima mia magnifica il Signore… perché ha fatto cose grandi in me colui che è potente”.

Foto di copertina: Gesù guarisce dieci lebbrosi (dettaglio), affresco del XIV secolo nella chiesa di Visoki Dečani, un importante monastero serbo-ortodosso in Kosovo, 12 km a sud dalla Città di Pec.
La chiesa, dedicata a Cristo Pantocratore, di stile romanico, è la più grande chiesa medievale nei Balcani e contiene il più grande ciclo di affreschi bizantini. La costruzione venne iniziata nel 1327 per volontà del Re Stefano III Uroš, soprannominato per questo Dečanski, ma i lavori furono ultimati solo nel 1335 dal figlio Stefano Dušan, divenuto poi Imperatore, che commissionò la decorazione ad affresco eseguita tra il 1335 e il 1350.
La chiesa è un edificio a cinque navate, dotato di ampio atrio a tre navate. Il suo monumentale ciclo di affreschi – più di un migliaio – che spazia dall’illustrazione di singoli libri delle Sacre Scritture alle raffigurazioni di episodi evangelici, passando per il calendario liturgico e i ritratti di sovrani e personaggi contemporanei alla fondazione del monastero. Particolare risalto è dato ai miracoli di Cristo, fra cui quello narrato nel Vangelo di questa domenica. L’opera è caratterizzata da un’elegante fusione di stili artistici romanici, gotici e bizantini, segno di un vivace scambio artistico fra Occidente e Oriente d’Europa.
Protetto dal contingente dell’esercito italiano nella missione KFOR, Visoki Dečani è scampato alle distruzioni causate dagli scontri etnici nel Kosovo. Nel 2004, l’UNESCO l’ha inserito nella Lista del Patrimonio Mondiale, citando i suoi affreschi come “uno degli esempi più apprezzati del cosiddetto rinascimento paleologo nella pittura bizantina” e “una preziosa testimonianza della vita nel quattordicesimo secolo”.
Tutti e tre i Vangeli sinottici contengono un passo simile sulla guarigione di un lebbroso: Matteo 8,1-4; Marco 1,40-45 e Luca 5,12-15. Invece, la guarigione dei dieci lebbrosi è raccontata solo da Luca (17,11-19).
L’affresco di Gesù che guarisce dieci lebbrosi illustra un episodio evangelico chiave. Sullo sfondo di una città, raffigurata secondo gli stilemi bizantini, il gesto benedicente di Gesù diventa segno di guarigione per i dieci lebbrosi coperti di piaghe, i quali sono raffigurati nudi per simboleggiare la loro malattia e la loro condizione di emarginazione, dove solo uno, uno straniero, ritorna a ringraziare Gesù, che lo definisce salvato dalla sua fede. L’affresco mette molto bene in evidenza le pustole della malattia, tanto che sia Pietro che Giovanni alzano la mano quasi per prendere le distanze da quei corpi ripugnanti.
Nel Nuovo Testamento i miracoli di Gesù sono accompagnati da un valore simbolico, perché spesso dopo averli fatti Gesù va via, sparisce o si nasconde. Oppure rifiuta di farli, come è successo nel periodo passato nel deserto dopo il battesimo, quando Satana lo sfida a trasformare i sassi in pane per mostrare il suo potere. In questo e in altri episodi Gesù evita che i miracoli da Lui operati possano venire equivocati dalla gente: spesso chiede ai miracolati di mantenere il silenzio su quanto è accaduto loro. Inoltre, vieta loro di seguirlo e indica come segno di conversione quello della croce.
Attraverso i miracoli Gesù annuncia il regno di Dio e la Sua misericordia verso gli uomini, peccatori in primis.
Uno dei miracoli più impressionanti e meno rappresentati nell’arte è quello della guarigione dei dieci lebbrosi. Benché quasi certamente il termine ebraico “tzaraath” presente nell’Antico Testamento (Levitico) – termine tradotto in greco, nella Septuaginta, con la parola Λέπρα (lepra), che indica l’essere “squamoso” e da cui deriva l’italiano lebbra – non coincida con la malattia che noi conosciamo.