Su invito della Diocesi di Viterbo, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha presenziato sabato 8 maggio 2021 alle ore 19.00 nella vetusta Chiesa di Santa Maria Nuova in Viterbo alla tradizionale festa del SS. Salvatore. Questa festa annuale offre una occasione privilegiata per alimentare la devozione alla Sacra Icona che conduce al centro essenziale della Fede: proclamare che Gesù è l’unico Salvatore del mondo e impegnare a mettere in pratica i suoi insegnamenti.
La Solenne Celebrazione Eucaristica è stata presieduta da Mons. Lino Fumagalli, Vescovo di Viterbo, che nell’omelia ha esortato i fedeli a testimoniare con coraggio la propria fede in Gesù, Salvatore del mondo, e a pregare intensamente per i fratelli cristiani che in varie parti del mondo vengono perseguitati per la loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa.
Al termine del Rito, il Presule si è intrattenuto con i Cavalieri, sottolineando come la Croce che orna i loro mantelli sia proprio un segno distintivo di fedeltà al Salvatore.
Una riproduzione del trittico viene portata ogni anno in processione per le vie del centro storico della Città dei Papi su un carro trainato dai buoi, a far memoria del ritrovamento del 1283. La scorta d’onore è abitualmente prestata dai Cavalieri del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il cui fine è l’esaltazione della Santa Croce e la difesa della Fede. La festa annuale del SS. Salvatore è un momento particolarmente sentito dalla comunità parrocchiale, anche se non è stato possibile effettuare la Processione con la Sacra Icona, per il secondo anno consecutivo, a causa delle restrizioni anti covid. Comunque, il Comitato organizzatore si è adoperato per dare il giusto decoro alle celebrazioni che si potranno fare in chiesa nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti. Quindi, la Santa Messa nella vetusta chiesa di Santa Maria Nuova in Viterbo, che di solito faceva seguito alla Processione, quest’anno è stata celebrata con particolare solennità.
Il celebre trittico con il SS. Salvatore benedicente, in cuoio su tavola di scuola romana, è probabilmente degli inizi del sec. XIII, di stile bizantino (tanto da indurre a ritenerla del V o VI secolo), verosimilmente copia dell’immagine del Salvatore custodita in Laterano. L’opera venne nascosta durante l’assedio di Viterbo da parte dell’imperatore Federico II nel 1243. Il prodigioso ritrovamento dell’Immagine è così raccontato in un antico manoscritto: “Nell’anno del Signore nostro Jesu Cristo 1283 a li… del mese di marzo Ioseffo de lo Croco, Joanne de la Cepolla aranno co li boi de Scipione de l’Annio ne lo campo de Iulio de la Chirichera , li boi se restettero e no volerno ire nante e battuti e pongolati se engenocchiorno uno provò co la cerrata e trovorno che l’arato era entoppato ne una preta granne . Scavorno co la zappa e conubero che era una cassa de preta co lo cuperto pure de preta… e dentro c’era una emjene de lo Salvatore che l’annettero a pigliare sei preti tutti l’encontrorno, fota de la città co li Comuni che la metterno ne la ditta chiesa vicino la sua residentia”.
Nella Chiesa di Santa Maria Nuova venne eretta una Cappella e in un tempietto marmoreo fu collocata l’immagine miracolosa. Il Comune assunse il giuspatronato della Cappella, per la cui manutenzione decretò un contributo annuale pagato fino al XIX secolo (altre elargizioni furono erogate in diversi momenti successivi). Inoltre, il Comune partecipava ufficialmente a tutti i riti in onore del SS. Salvatore, che acquisirono una importanza rilevante nella vita religiosa e sociale della città. Il 15 agosto il Cappellano Municipale celebrava la Messa all’altare del Salvatore e dava la pace al Gonfaloniere e agli Anziani che vi assistevano in pompa magna. Tale era l’importanza della festa, che negli Statuti Comunali del 1344 e poi in quelli del 1469 fissò la solenne processione alla sera della vigilia dell’Assunta, stabilendo altresì l’ordine che le Arti dovevano rispettare nella sfilata: era aperta dall’Arte dei Bifolchi, artefici del ritrovamento, con il loro vessillo, seguita dal clero cittadino, dal podestà, dagli otto del popolo, dal prefetto, dai nobili, giudici, medici e notai, tutti paludati in ricche vesti; venivano poi, con le rispettive insegne, le Arti dei Mercanti, Speziali, Fabbri, Calzolari, Macellari e Pesciaroli, Falegnami, Funari, Lanaroli, Sartori, Pellai, Osti e Tavernieri, Ortolani, Molinari, Pecorari, Muratori e Scalpellini, Tessitori, Fruttaroli, Barbieri, Vasai, Legnaioli, recando ciascuna un cero il cui peso era puntualmente prescritto nei rispettivi statuti e che veniva poi donato alla Chiesa.