Nell’obiettivo di fornire una formazione permanente ai Cavalieri, Dame e Postulanti dell’Ordine Costantiniano, l’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia pubblica sul proprio canale Speaker dei podcast su vari temi con cadenza bisettimanale e riflessioni sulle letture festive [QUI], a cura dal Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento.
Però, per essere efficace nella formazione, occorre partire – anche senza pretese di natura accademica – da concetti fondanti, pena l’insignificanza o la superficialità di tutto il nostro sforzo per poter essere, in qualche modo, utili nella verità ai Confratelli e Consorelle.
Quindi, il Corso Base di Formazione a cura del Cav. Prof. Enzo Cantarano, che presentiamo oggi, specificamente dedicato ai Postulanti, affinché siano formati e “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo” (Cfr. 1Pt 3,15-16). Ma anche i Cavalieri, le Dame, gli Amici ed i Sostenitori dell’Ordine potranno trovare qui spunti e informazioni, che potranno essere loro di interesse e di utilità.
Anche nel nostro caso, come nella tragedia euripidea, l’unica soluzione al dramma esistenziale si appalesa nel Deus ex machina. E la macchina che disvela Dio, la sua theophania, non sarà un artificio scenico, ma sarà proprio la storia, la nostra Storia Costantiniana. Di queste radici di fede hanno bisogno la cultura e la società, quelle di oggi come quelle di ieri. Hanno bisogno di un progetto di vita fondato su di una spiritualità incarnata nei veri valori che alla trascendenza fanno capo e riferimento come ultima motivazione e mèta oltre la storia.
Certamente non dobbiamo nasconderci una difficoltà di fondo: anche se questo progetto si concretizzasse e la storia dell’uomo fosse orientata alla utopica realizzazione della Città di Dio di agostiniana memoria, e ogni vero valore umano, che racchiude una componente d’assoluto, fosse assunto nell’eterno, avremmo comunque a che fare con le conseguenze ineludibili della creaturale fragilità e caducità. Di questo dobbiamo tenere conto, senza cadere nella disperazione, ma rafforzando, nell’esercizio delle virtù teologali di Amore, Speranza e Fede, il nostro impegno nella buona battaglia di cui parla Paolo! E siamo certi, con queste premesse, di non combattere mai da soli anche perché da soli non ci si salva. E le Beatitudini, il nuovo “Decalogo di Gesù Cristo per il suo Popolo”, non sono rivolte al singolo individuo, come l’antico Decalogo, ma coinvolgono nei loro consigli salvifici, non ordini legali, l’umanità intera. La militanza nel nostro Sacro Ordine dovrà essere caratterizzata da una vita “cavalleresca” in ottica cristiana, una esistenza alla ricerca della santità come la intende il Santo Padre Francesco concretamente guidata da questa visione della storia, da questa filosofia esistenziale, dalla pratica delle Virtù e dalle Beatitudini.
Questo Corso Base di Formazione vuole essere un piccolo contributo volto a chiarire come “la Cavalleria”, declinata in senso Cristiano, abbia, ancora oggi, nonostante tutto e tutti, un suo senso ed un valore che coincidono con quanto l’attuale Pontefice chiede a gran voce cioè “un’evangelizzazione per l’approfondimento del Kerygma”.
Ma non si tratta di un percorso interpretativo semplice e lineare. Occorre applicare il discernimento, saper “leggere i segni dei tempi”! Infatti, la Cavalleria, come istituzione umana, con caratteristiche sociali e pratiche sue proprie, sembrerebbe oggi poco correlabile con il punto di vista di Francesco. Ma si tratta solo di un fraintendimento sociologico che non inficia il valore antropologico e, soprattutto, ecclesiologico della Istituzione.
Grazie all’importanza acquisita sul piano militare, l’istituzione cavalleresca divenne un mezzo di ascesa sociale tra l’aristocrazia, nel territorio, come tra i ceti più elevati, nelle città. Soprattutto per questo motivo i figli cadetti maschi delle famiglie più ragguardevoli anelavano ad essere armati Cavalieri in quanto esclusi dall’eredità che spettava esclusivamente al primogenito. Tranne rare eccezioni, diventava Cavaliere solo chi era figlio di Cavaliere. Così, dal secolo XI, la Cavalleria diventò un ceto sociale chiuso, una vera e propria “famiglia”, i cui membri erano tutti fratelli, in armi.
L’appartenenza a questa speciale fraternitas, imponeva che i suoi membri dovessero essere liberi, di natali elevati, per nobiltà o per censo, e di costumi adeguati. Ciò voleva dire che i Cavalieri dovevano possedere doti e valori condivisi in vista di una missione compartecipata non più solo bellica, ma coinvolgente tutte le istanze della vita.
Gli ideali comuni erano: difesa dei più deboli, lealtà verso il proprio Signore ed i Confratelli, valore fisico ed integrità morale. Questi valori incarnarono, inizialmente, una etica elitaria ed autoreferente di natura laica e mondana. Intesa in tal senso la Cavalleria, non più limitata ad un particolare modo di combattere, diventò per secoli il riferimento di tutta la nobiltà europea, anche di quella che non aveva origini militari.
Ma, a poco a poco, l’ideale, eminentemente mondano, perse il suo valore e si affievolì. Uno splendido ed eroico tentativo di ridargli un senso, radicandolo più profondamente nei valori religiosi e cristiani, fu la fondazione di Ordini Monastico-Cavallereschi che rappresentarono una svolta anche nello stile di vita dei Confratelli in armi. Sorti a ridosso delle Crociate, questi Ordini, l’Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme, quello del Tempio, il Teutonico ed altri, anche per la loro particolare mission, non furono la panacea adatta a fermare l’inevitabile decadenza della Istituzione cavalleresca almeno dal punto di vista militare.
L’inizio fu lento, quasi inapparente, ma il tracollo divenne, poi, sempre più rapido. Culminerà nella battaglia “degli speroni d’oro” a Kortrijk l’11 luglio 1302 che rappresenta, idealmente, un “punto di non-ritorno”. L’introduzione delle armi da fuoco dette poi il colpo di grazia alla Cavalleria che vide sempre più le proprie cariche fermate da piogge di proiettili di archibugio o dai tiri dei cannoni. Sopravvisse, sempre più mitizzata, quell’etica che era stata alla base della fraternitas, in cui una stessa mentalità ed aspirazione di vita aveva legato i Cavalieri. Anche l’afflato religioso, di cui si è detto sopra, sopravvisse negli Ordini Monastico-Cavallereschi finché ebbero una funzione reale e svolsero un’attività politico-militare, cioè alla fine del Duecento, ma che successivamente o vennero soppressi, come i Templari ad opera di Filippo IV di Francia, o si trasformarono in istituzioni puramente simboliche ed onorifiche.
Mantennero la loro identità e la loro speciale mission quegli Ordini che, nati con ideali cristiani e militari, abbandonati progressivamente gli aspetti bellici, avevano mantenuto e rafforzato gli scopi umanitari come l’Ordine di Malta e quelli che hanno perpetuato fino ai giorni nostri, oltre al riferimento ad una fons honorum indiscussa, l’ossequio alla Santa Sede come il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio sotto la Regola di San Basilio Magno.
Qual’è il senso, il significato dell’essere Cavalieri o Dame di un Ordine Cavalleresco che si definisce cristiano, canonicamente una vera “Associazione di fedeli”, addirittura qualificato come Sacro, al giorno d’oggi? Sostanzialmente è una Queste, una Ricerca, di un Graal non mitico o poetico o immaginifico, ma vero e reale, una meta ambiziosa, ma non impossibile da raggiungere nonostante tutto: la santità di vita. Essere Cavaliere o Dama, oggi, vuol dire continuare a combattere perché i valori cristiani e, quindi, umani, più nobili ed alti non vengano soffocati e dimenticati. Combattere usque ad sanguinis effusionem, se necessario, perché la posta in gioco è la più elevata in assoluto.
In questo ci è di guida la testimonianza del Patrono della Cavalleria cristiana e nostro speciale Eponimo: il Megalomartire San Giorgio. L’origine ideale di questo percorso si trova sia nel De laude novae militiae, scritta da San Bernardo di Clairvaux tra il 1128 ed il 1136, sia nel Libro dell’Ordine della Cavalleria, per la formazione del Cavaliere, composto dal Beato Raimondo Lullo intorno al 1285. Questi scritti si fondano su situazioni storiche concrete e, perciò, transeunti, ma le radici profonde sono situate nelle Sacre Scritture e, quindi, superano tutti i limiti spazio–temporali della realtà umana.
Proprio per questo, l’etica cavalleresca, mutatis mutandis, è atemporale. Non tratteremo degli altri Ordini che possono contare già su di una ricchissima bibliografia e ci limiteremo a considerazioni sul Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Esso ha una storia molto complessa a causa della sua plurisecolare tradizione e delle vicende drammatiche che i Documenti che lo riguardano hanno attraversato.
Alla base della specifica vocazione dei suoi Cavalieri, che abbraccia, idealmente, l’Oriente e l’Occidente, vi è un Testo, una “Legge Fondamentale”: la così detta Regola di San Basilio il Grande. Essa è, purtroppo, quasi sconosciuta e, almeno in Occidente, in Italia, è seguita da una sola Congregazione religiosa i cui professi risiedono nella Abbazia Esarchica di Grottaferrata nei pressi di Roma.
L’approvazione e la conferma di un Sommo Pontefice è conditio sine qua non per porre in essere, a norma del Diritto Canonico, un’Istituzione religioso-cavalleresca. Anche il nostro Ordine è stato approvato e confermato da un Documento della Santa Sede: la Bolla Militantis Ecclesiae di Papa Clemente XI del 1718, mai abrogato o riformato. Dopo più di trecento anni, la Bolla non ha perso il suo valore ed una sua più approfondita conoscenza risulta utile per rendere ragione della rilevanza che l’Ordine ebbe nel passato e che spetta agli attuali suoi Membri mantenere e risvegliare là dove occorresse.
Oggi è immutato l’impegno di un Cavaliere e di una Dama di profondere tutte le proprie energie nel combattimento per la “buona battaglia” contro “l’assalto dell’empietà”, un nemico più subdolo, ma non per questo meno mortale, anche se invisibile, nello spirito della nota pericope18 evangelica di Matteo al capitolo 25, versetti 34 – 45: “Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”.
La Preghiera Tradizionale del nostro Ordine ci indica, in più, un Carisma specifico che non compare in nessuna Preghiera di altri Ordini Cavallereschi e che si riferisce allo stesso Vangelo di Matteo, al capitolo 5, nel famoso Discorso della Montagna o delle Beatitudini e specialmente al versetto 10: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”. La Preghiera ci fa invocare, infatti: “Vi prego affinché possa avere la grazia di esercitare la Carità verso il prossimo e specialmente verso i poveri ed i perseguitati a causa della Giustizia”.
Il Corso Base di Formazione Costantiniana è composto di 29 pagine; un testo con 79 note, suddiviso in 9 capitoli:
- Scopo del corso 2
- Introduzione concettuale 3-5
- L’importanza della formazione 6-8
- Sintesi delle vicende storiche 8-19
- Considerazioni in margine alla Regola di San Basilio Magno 19-21
- La spiritualità nel nostro ordine cavalleresco 21-22
- Typikon del Cavaliere e della Dama Costantiniani secondo la Regola di San Basilio Magno 23-24
- Bolla “Militantis Ecclesiae” di S.S. Clemente XI del 27 maggio 1718. Considerazioni in margine al commento di Don Antonio Radente 24-27
- “Carisma” tipico del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio: “La carità”… specialmente verso… i perseguitati a causa della giustizia 27-29