Documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II – Prima parte: Lumen gentium

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio il primo di una serie di Podcast sui più rilevanti Documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II, nell’occasione del 60° anniversario della promulgazione. Il Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento, propone in nove podcast una sintesi dei principali atti scaturiti dall’assise conciliare. Per quello di oggi – sulla Lumen gentium - è sostanzialmente debitore al suo compianto amico e collega nella Pontificia Università Salesiana, Prof. Padre Luis Angel Gallo, SDB. La Lumen gentium (Luce delle genti) è la seconda delle quattro Costituzioni del Concilio Ecumenico Vaticano II, insieme alla Sacrosanctum Concilium, alla Dei Verbum e alla Gaudium et spes. Il tema, trattato in otto capitoli, è la dottrina Cattolica sulla Chiesa. Riguarda l'autocomprensione che la Chiesa ha di sé stessa, la sua funzione spirituale e la sua organizzazione.
Sessione Vaticano II

Podcast 3-1 – Documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II – Prima parte: Lumen gentium

Costituzione conciliare “Lumen gentium”
dopo 60 anni

Leggendo i documenti e, soprattutto, le Costituzioni, emanati dal Concilio Vaticano II, si comprende come esso sia stato centrato sul tema stesso della Chiesa. Oltre all’entusiasmo quasi carismatico dei suoi partecipanti, si verificò una situazione di preoccupante sconcerto nei confronti del cammino da seguire. Due autorevoli interventi, uno del Cardinale Leo Suenens e l’altro del Cardinale Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI, santo, contribuirono a dare l’orientamento globale all’intero corso del Concilio: «Chiesa, cosa sei?», «Chiesa, cosa devi fare?», furono le due domande che instradarono l’intera riflessione conciliare.

Una serie di fattori avevano preparato i partecipanti a una profonda metamorfosi ecclesiologica. Alcuni all’interno della Chiesa stessa, altri nella società umana, divenuta sempre più autonoma nei confronti della comunità ecclesiale e della fede Cristiana in generale.

Tra i primi vanno menzionati i diversi movimenti sorti tra i Cristiani a partire dalla seconda metà del secolo XIX: ritorno alle fonti bibliche e patristiche, il movimento liturgico, movimento ecumenico, quello missionario e i diversi movimenti laicali. Ognuno di essi contribuì in maggior o minor misura a smuovere concezioni e comportamenti profondamente radicati, e a creare delle sensibilità nuove.

Tra i secondi vanno annoverati il fenomeno della personalizzazione, che si espresse anche in diverse correnti filosofiche, e il fenomeno della crescente socializzazione. Erano sorti nella società civile occidentale, ma il loro impatto all’interno della Chiesa fu indiscutibilmente rilevante. Effetto globale di questo insieme di fattori fu lo spostamento dell’ottica ecclesiale, che permeò l’intero andamento del Concilio, e di conseguenza anche l’elaborazione dei suoi documenti.

Motivi storici avevano portato, sin dal secolo IV, ad assumere una prospettiva accentuatamente istituzionale e gerarchica nel modo di concepire, di sentire, di vivere e di organizzare la Chiesa. Gli ultimi due concili ecumenici prima del Vaticano II, quello di Trento (secolo XVI) e il Vaticano I (secolo XIX), avevano orientato ulteriormente le loro riflessioni sulla Chiesa in quella direzione. Di tale accentuazione erano una chiara espressione la strutturazione piramidale della Chiesa stessa, la separazione tra chierici e fedeli, il modo di concepire e di esercitare in essa l’autorità, la tendenza all’omologazione nel rapporto tra Chiesa universale e Chiese particolari, la concezione riduttiva della salvezza, la prevalenza del criterio integrista nei rapporti con gli altri Cristiani, e una concezione teocratica del rapporto con le realtà del mondo.

Tutto questo insieme di cose entrò in crisi col Concilio Vaticano II, per via della sensibilità profondamente cambiata di molti dei Padri conciliari. È anche questa la ragione per cui, tra i primi schemi preparati per la discussione e la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium [QUI] approvata con 2.151 voti a favore e 5 contrari, la diversità è notevole. È sufficiente affacciarsi agli Atti del Concilio per averne una facile conferma. La struttura della Costituzione comprende sette capitoli “ecclesiologi” e un ottavo, aggiunto dopo travagliate discussioni, su Maria, madre di Dio.

L’idea centrale della Costituzione è il passaggio da una concezione di Chiesa come istituzione a una di Chiesa come comunione. Il Capitolo I del documento porta come titolo «Il mistero della Chiesa» e afferma che quest’ultima questa è frutto di una decisione eterna del Dio Uno e Trino e della sua azione nella storia, e ha come vocazione fondamentale quella di far presente nel mondo il modo divino di essere, quello della comunione di diversi nell’amore. Il numero 4b di questo primo capitolo con cui si conclude, mediante la citazione di un celebre testo di San Cipriano, l’accenno all’agire del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella storia della salvezza, costituisce una delle espressioni più dense e allo stesso tempo più programmatiche di tutta la nuova impostazione assunta. Essa afferma che c’è Chiesa dove c’è comunione tra le persone e con Dio, una comunione che affonda le sue radici nella fede in Cristo e si modella a partire da essa. Orbene questa Chiesa, così costituita, è chiamata, secondo la Costituzione, ad essere in Cristo un sacramento di salvezza per il mondo intero. Significare e produrre la salvezza in mezzo al mondo è, quindi, la sua suprema ragione d’essere.

Ma quale salvezza? La risposta evidenzia una seconda novità proposta dal documento, che è senza dubbio effetto dei fattori a cui abbiamo accennato precedentemente. La Costituzione abbandona, infatti, una concezione plurisecolare di salvezza, frutto dell’inculturazione della fede in un orizzonte di tipo ellenistico, per abbracciarne un’altra, che viene enunciata come «intima unione con Dio e unità di tutto il genere umano» (N. 1). Sarà anche questa rinnovata concezione della salvezza, che le permetterà di riconoscerne e accettarne la presenza non solo tra i Cristiani non Cattolici e tra gli altri credenti in Dio, ma addirittura tra gli atei di buona volontà (N. 16). Ancora un terzo aspetto innovativo va messo in luce all’interno di questa idea centrale, quella che la Chiesa, mistero di comunione e sacramento di salvezza, esiste nel mondo come «popolo di Dio» (Capitolo II). Ciò la mette in rapporto con la storia e le conferisce un carattere eminentemente dinamico. La ricollega, infatti, con la vicenda storica dell’antico popolo d’Israele, ma anche con la sua vocazione messianica, da realizzare dietro le orme di Colui che visse detta vocazione fino alle ultime conseguenze, lasciandola come eredità ai suoi discepoli (N. 9). Radica qui, in ultima istanza, la sua vocazione all’universalità o cattolicità (NN. 13-17), e anche il suo carattere escatologico (Capitolo VII).

Insieme all’idea centrale della Costituzione che abbiamo segnalato ce ne sono altre importanti che riguardano il rapporto della Chiesa col Regno di Dio: per molti secoli tale rapporto fu visto in termini di identificazione. La Chiesa era il regno di Dio (o di Cristo) sulla terra. Lavorare per il regno di Dio significava lavorare per impiantare, far crescere, estendere la Chiesa nel mondo, in vista del regno definitivo dei cieli, con tutte le conseguenze che ciò comportava nei confronti della verità e della santità. Essere regno di Dio equivaleva a possedere tutta la verità e tutta la santità, e a ritenere ciò che non era Chiesa, ossia tutto il resto del mondo, come regno del peccato, della menzogna e del male.

Le ripercussioni che questa concezione aveva su certi atteggiamenti trionfalistici non sono difficili da immaginare. La Lumen gentium ridimensionò tale rapporto, concependolo in un modo diverso: indicò la Chiesa come un germe (N. 5c), e per di più imperfetto (NN. 8c; 48c) del regno di Dio. Riconobbe perciò la reale sproporzione che c’è tra detto regno, che esprime il piano di Dio e di Cristo per tutto il mondo, e la Chiesa reale. Essa porta in sé i segni dell’appartenenza a questo mondo di peccato, benché chiamata ad essere totalmente santa è anche costantemente bisognosa di purificazione, sia nell’ordine della verità sia nell’ordine della santità. D’altronde, non può pretendere di avere il monopolio né della verità, né della santità, perché lo Spirito di Dio che le genera, agisce nel mondo intero, anche nel cuore di coloro che, pur non essendo arrivati a riconoscere Dio, si sforzano di condurre una vita giusta (N. 16c). Nessun trionfalismo è quindi consentito a questa Chiesa, ma solo un senso di modestia e di responsabilità. Una seconda innovazione da annotare la si ritrova nell’ambito del rapporto tra i membri della Chiesa.

Abbiamo già rilevato che la concezione anteriore comportava una strutturazione piramidale dell’Istituzione. A poco a poco essa si era andata modellando sulla base della società politica – quella imperiale prima, quella feudale o monarchica poi -, la quale si ispirava a una visione gerarchica ed autoreferente del potere. Così, il vertice aveva finito per concentrare in sé il massimo del potere, e le basi, ossia i Cristiani secolari, avevano finito per esserne in pratica completamente spogliati. Così la Chiesa risultava costituita da persone di “prima classe”, i chierici e pastori e persone di “seconda classe” i semplici fedeli. Inoltre sembrava che la Chiesa vera e propria fosse solo costituita dai chierici e pastori mentre tutti gli altri membri erano una massa informe chiamata genericamente «popolo di Dio». Ciò si rifletteva sia nell’ambito liturgico, dove i laici venivano considerati o si auto-consideravano come «clientes» dei ministri ordinati; sia in quello profetico, dove i semplici fedeli erano pensati e si ritenevano come una «Chiesa-discente» nei confronti della «Chiesa-docente»; sia ancora in quello regale o pastorale, dove i laici erano chiamati a sottostare docilmente alla conduzione dei pastori costituiti in autorità.

La Lumen gentium, appellandosi al fondamentale principio di comunione, modificò profondamente questo modo di concepire i rapporti tra i membri della Chiesa. Un primo passo decisivo in questa direzione lo costituì l’articolazione stessa del documento. Contrariamente a come era stato organizzato negli schemi precedenti il Concilio, il capitolo sul Popolo di Dio fu collocato immediatamente dopo quello sul mistero della Chiesa e prima di quello sulla sua costituzione gerarchica. Ciò non rappresenta un semplice fatto redazionale, ma rende visibile un profondo cambio d’ottica. Precisamente quel cambio per il quale si ritiene quale dato ecclesiologico primo l’appartenenza di tutti i battezzati, con parità di diritto e di dignità, alla comunione di vita e di missione della Chiesa, e solo quale dato secondo quello della diversità di compiti all’interno di tale parità. Ciò significa abbattere la piramide e mettere al suo posto il principio dell’uguaglianza radicale di tutti i membri della comunità ecclesiale, in modo tale che in essa nessuno prevalga in dignità (N. 32). Solo dopo l’affermazione di questa uguaglianza, e senza intaccarla, va enunciato l’altro principio: nella Chiesa c’è una diversità di servizio fraterno in ordine al bene di tutto l’organismo (NN. 12;18;32;ecc.).

Insieme a questo dato ce ne sono altri tre di singolare importanza. Il primo è la ripresa di un tema antico quanto gli stessi scritti del Nuovo Testamento, ma che per circostanze storiche era andato quasi perduto nella coscienza della Chiesa: quello del sacerdozio comune dei fedeli. Una volta superate le polemiche, il Concilio lo riprese e lo ripropose con decisione e senza mezzi termini. La Chiesa non è una comunità di sacerdoti consacrati che gestiscono riti sacri per delle persone profane; essa è tutta intera una comunità sacerdotale, nella quale il sacerdozio fondamentale è quello della comunità – un sacerdozio d’altronde «spirituale» (NN. 10;11;34a), che si esprime in tutti gli atti della vita e poi nella loro celebrazione nei riti –, al cui servizio si colloca un sacerdozio ministeriale che svolge il ruolo di presidenza.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Sessione Vaticano II

Foto di copertina: una sessione del Concilio Vaticano II.

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