I Cavalieri Costantiniani della Delegazione Tuscia e Sabina onorano Santa Fermina ad Amelia

Domenica 24 novembre 2024, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, ad Amelia si è celebrata la solennità di Santa Fermina, V.M., patrona della Città e compatrona della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, una celebrazione che è un evento religioso e civile nel contempo; inoltre, un incontro tra Amelia e Civitavecchia per rinsaldare il gemellaggio tra le due Città nel nome della comune patrona. I festeggiamenti religiosi in onore della giovane vergine martire del III secolo sono iniziati con il Triduo di preparazione, da giovedì 21 alla vigilia festiva di sabato 23 novembre, con il Canto dei Primi Vespri della solennità. Come da tradizione, su invito della Diocesi, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha partecipato ai solenni festeggiamenti ad Amelia in onore di Santa Fermina, guidata dal Delegato, Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro.
Santa Fermina

Per disegno di Dio, Fermina giunse ad Amelia, per portare a questa Città il Vangelo. Innamorata di Gesù Cristo e della sua Verità, pur di non tradire la fede, ha donato la vita. Una vita Cristiana, fatta di amore e fedeltà, subito diventata pietra angolare di questa Chiesa. Da secoli, Santa Fermina è celebrata ogni anno ad Amelia e a Civitavecchia, come patrona delle due Città e protettrice dei naviganti.

A Civitavecchia (nella foto sopra la statua di San Firmina nel porto) la festa ricorre il 28 aprile – giorno in cui giunsero le reliquie donate nel 1647 dal Vescovo di Amelia – con la celebrazione di un solenne Pontificale, la cerimonia dell’accensione del cero offerto dalla Città di Amelia ed un suggestivo Corteo Storico di entrambe le città. A seguire la statua della santa viene portata su un rimorchiatore all’interno del porto, dove si celebra la benedizione in mare con il ricordo dell’antico miracolo della santa, tra il suono delle sirene delle navi, dei pescherecci e delle numerose imbarcazioni che seguono il corteo in festa.

La festa di Santa Firmina, che ad Amelia ricorre il 24 novembre, «vuol essere ancor più una occasione di preghiera, per rinnovare con entusiasmo la nostra fede e il nostro impegno coraggioso per vivere un tempo di rinascita materiale e spirituale. L’esempio e la testimonianza nel martirio che Santa Fermina ci offre, sia per tutti incoraggiamento a rimanere fedeli al Signore, diventando sempre più testimoni e costruttori di pace e di fraternità», si legge in una nota.

Ad Amelia, a seguito del Corteo Storico, domenica 24 novembre 2024 si è ripetuta alle ore 17.00 nella concattedrale di Santa Firmina la rievocazione storica della pesatura e offerta dei ceri, secondo gli antichi Statuti del Comune di Amelia del 1346, da parte dei Sindaci del comprensorio amerino e di Civitavecchia. Quindi, i ceri sono stati accesi dal Vescovo di Terni-Narni-Amelia, S.E.R. Mons. Francesco Antonio Soddu, con la Fiaccola di Santa Fermina, portata da Civitavecchia in staffetta podistica dalle associazioni sportive di Civitavecchia e Amelia.

A seguire, alle ore 17.30 Mons. Soddu ha presieduto la celebrazione del solenne Pontificale, concelebranti i Canonici della concattedrale, e i sacerdoti della vicaria di Amelia e Valle Teverina, tra cui Don Giuseppe Capsoni, Cappellano di Merito con Placca d’Argento.

I canti liturgici  sono stati eseguiti dalla Cappella Musicale del duomo e i Cori della Vicaria di Amelia-Valle Teverina.

06-09 18 24

Hanno partecipato delle rappresentanze dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, i rappresentanti del corteo storico e delle contrade di Amelia, gli sbandieratori e musici, i rappresentanti della Capitaneria di Porto di Civitavecchia, i podisti che hanno portato la fiaccola da Civitavecchia fino ad Amelia tra cui il Col. Dott. Fabio Uzzo, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, le Autorità civili tra cui i Sindaci di Civitavecchia, Amelia, Alviano, Attigliano, Giove, Guardea, Lugnano in Teverina e Penna in Teverina.

«Anche a distanza di centinaia di anni l’esempio di santa Fermina resta per noi il testamento ricco – ha ricordato Mons. Soddu nella sua omelia – a cui attingere per poter cogliere il bene e solo il bene. Se ognuno di noi sogna e desidera che le sorti del mondo possano cambiare, siamo certi che questo non potrà avvenire per magia. Dovremmo perciò essere consapevoli che, sull’esempio della odierna solennità, nessuna regalità può sussistere soggiogando gli altri, la natura e il mondo. Santa Firmina, vissuta in tempi non meno complessi dai nostri, ci viene offerta come una sorta di lente attraverso la quale vedere chiara e nitida la via del Vangelo e così inquadrare meglio anche il motto e l’obiettivo dell’Anno Giubilare: “Pellegrini di speranza”».

Nella domenica in cui viene celebrata la XXXIX Giornata Mondiale della Gioventù, Mons. Soddu ha sottolineato come, anche in prospettiva dell’Anno Giubilare Ordinario che sta per aprirsi, «i giovani possano interiorizzare il grande dono dell’amore di Dio e soprattutto esserne notizia, con la propria esistenza rinnovata, nei confronti di chi è cosiddetto lontano, ossia notizia positiva a chi reputa di non aver più prospettiva di vita oppure è anche in lotta con se stesso, con le proprie fragilità, con il proprio carattere, con le proprie contraddizioni. Con chi si sente distrutto dentro e talora diventa anche segno e strumento distruttivo per gli altri. Santa Firmina è testimone della Misericordia di Dio e si offre a noi oggi soprattutto perché davanti ai tanti, forse anche infiniti e ripetuti slogan di offerte di felicità, sappiamo cogliere il senso pieno e profondo che l’esistenza cristiana ancora propone ed offre».

Nell’attualità dei tempi difficili che la società sta vivendo «di fronte ai mali dell’umanità – ha concluso Mons. Soddu – dalle ingiustizie sui più fragili, alle intolleranze più varie, dall’egoismo su vasta scala a quanto rimane sommerso nelle macerie dell’indifferenza; dal cyberbullismo alla violenza di genere fino ad arrivare alle guerre, abbiamo la possibilità di ricevere il dono della pace dello spirito per poterlo condividere tra di noi. Ad iniziare dai formatori, ossia dai genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, gli amministratori della cosa pubblica. Non dobbiamo perdere la speranza, perché anche ai nostri giorni il Signore dona a noi il suo Spirito insieme allo squarcio salutare di tante persone che testimoniano la fede, così come fecero Santa Fermina e Sant’Olimpiade».

Il testo integrale dell’omelia di Mons. Soddu [QUI].

Concluso il Sacro Rito, il Vescovo di Terni-Narni-Amelia, S.E.R. Mons. Francesco Antonio Soddu si è amabilmente intrattenuto con il Delegato per la Tuscia e Sabina, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, informandosi diffusamente sulle attività caritatevoli, culturali e formativa dell’Ordine Costantiniano.

Le notizie che abbiamo di Fermina provengono dal suo Passio, che è un testo non anteriore al VI secolo. La sua storia inizia nel 272, con la nascita in una famiglia romana d’alto rango. Il padre, Calpurnio Pisone, era prefetto dell’Urbe. Si convertì al Cristianesimo all’età di 15 anni. Con impegno ed entusiasmo si consacrò all’apostolato, convertendo tantissime persone, sollecitata da una fede fervida e operosa. Dovette fuggire da Roma a causa delle persecuzioni dei Cristiani da parte degli Imperatori Diocleziano e Massimiano. Per questo motivo cercò di imbarcarsi sul Tevere da Ostia, per arrivare a Centumcellae (l’attuale Civitavecchia).

La legenda vuole che durante la traversata si ritrovò in una violenta tempesta che si scatenò sulle imbarcazioni. Con le sue preghiere a Dio, chiese di calmare le acque e di poter proseguire il suo viaggio fino alla terra ferma. Da lì a poco la tempesta si attenuò e i marinai che assistettero al miracolo la dichiararono subito santa e protettrice dei naviganti.

Arrivata a Centumcellae, Firmina si fermò all’interno di una grotta vicino alla costa e cominciò a diffondere la parola del Vangelo alla gente della città. I Cristiani, ormai numerosi in tutto l’Impero, erano perseguitati anche a Civitavecchia così che Firmina incominciò a soccorrere i confessori di Cristo deportati, condannati alla lavorazione delle pietre. Oggi, la grotta in cui visse Fermina si trova incorporata all’interno del Forte Michelangelo all’ingresso del Porto di Civitavecchia.

Fermina dopo la permanenza a Centumcellae, si rimise in viaggio e raggiunse la città di Amelia. Denunciata come Cristiana, fu arrestata e condotta davanti al giudice Megezio il quale, nemico acerrimo dei Cristiani, la sottopose a minacce e tormenti più spietati, che però non spezzarono il suo coraggioso rifiuto di rinnegare la fede Cristiana.

Quindi, Megezio la fece martirizzare da Olimpiade, che non riuscì a scalfire la sua fede, tanto che convertì quest’ultimo al Cristianesimo, dando poi la vita per la fede. Il martire fu seppellito in un suo fondo detto Agulianus a circa otto miglia da Amelia.

Dopo numerosi tormenti, appesa con i capelli alla colonna che la tradizione vuole che sia quella posta all’ingresso del Duomo, mentre veniva torturata con le fiamme, Fermina morì il 24 novembre 304, all’età di 32 anni, pregando il Signore per sé e per i suoi persecutori.

Molti vedendola morire in quel modo si convertirono al Vangelo. Il suo corpo venne segretamente sepolti dai Cristiani con grande venerazione, fuori le mura di Amelia, e vi restarono occulti per circa sei secoli. Furono ritrovati nell’anno 870 e solennemente deposti nella cattedrale di Amelia.

Nel frattempo Centumcellae ricostruita dopo la distruzione dei Saraceni, cambio nome in Civitavecchia, ma non dimenticò mai quella giovane martire che trascorse del tempo in quella grotta sulla costa, tanto da proclamarla patrona della città e protettrice dei naviganti. Proprio grazie a questo riconoscimento, il 28 aprile 1647 il Vescovo di Amelia, decide di donare alcune reliquie di Santa Fermina alla cattedrale di Civitavecchia. Fu così che da allora si festeggia qui Santa Firmina il 28 aprile.

Dopo oltre 17 secoli, Fermina è ancora un esempio di come amare il Signore, anche in mezzo ai sacrifici, ai problemi, alle difficoltà della vita. Le celebrazioni in suo onore, mostrano, ancora oggi, l’intensa devozione che la popolazione locale da secoli destina alla propria patrona.

Amelia è una delle cittadine più antiche dell’Umbria e d’Italia, con un centro storico perfettamente conservato, ricco di testimonianze del passato, tra chiese medievali, palazzi rinascimentali e tracciati di strade preromane che affiorano nel sottosuolo. E poi, un articolato sistema di cisterne romane, opere di alta ingegneria idraulica, con ambienti comunicanti che formano una sorta di seconda città sotterranea. Ovunque affiorano reperti archeologici di valore inestimabile, raccolti in un museo che vanta un ritrovamento eccezionale: la statua bronzea del Germanico.

Arroccata su un colle roccioso, alle cui pendici si estendono distese di lecci ed uliveti interrotti e racchiusa da possenti mura, Amelia è circondata da un paesaggio incantevole: dolci colline pettinate a vigne, da cui proviene una famosa Doc, e punteggiate di ulivi di antiche cultivar locali che ogni anno danno un rinomato extravergine d’oliva Dop Umbria. Ma la bellezza dell’Amerino è fatta anche di boschi, laghi e montagne da esplorare grazie a numerosi sentieri segnalati che portano a scoprire scorci inaspettati, dove non arriva il turismo di massa.

Amelia fa parte di quei borghi dell’Italia minore che va riscoperta per la preziosità dei posti, la cordiale ospitalità, la ricchezza delle tradizioni enogastronomiche. La bella cittadina rappresenta, inoltre, il punto di partenza ideale per scoprire il territorio umbro e perdersi tra i suoi tesori. A breve distanza, le città più note di Narni, Terni, Spoleto e Orvieto.

La storia di Amelia si perde nella notte dei tempi e il borgo è un concentrato di tesori del passato. Colpiscono, per maestosità ed estensione, le imponenti Mura Poligonali (VI e IV sec. a.C.) che cingono, unitamente a quelle tardo romane e medievali, il vasto centro storico. Alte fino a 10 metri e larghe 3,50 metri, sono formate da massi perfettamente incastrati tra loro senza l’ausilio di malta cementizia. Sei sono le porte di accesso alla città, fra cui Porta Romana (III sec. a.C.) che ne rappresenta l’ingresso principale. Accanto alla cinta principale, nella parte più alta dell’acropoli si trova un’altra cinta muraria più antica, detta “megalitica” (VIII-VII sec. a.C.), composta da soli blocchi irregolari, non levigati, orditi in maniera primitiva.

Oltre alle antichissime mura, non si devono perdere le cisterne romane che testimoniano l’importanza di Amelia durante l’Impero dei Cesari. Un insieme di cavità sotterranee che i Romani utilizzavano come via di fuga dalla città, come deposito o per la progettazione di impianti fognari e idraulici. Di particolare interesse è la Cisterna situata in piazza Matteotti che risale al I sec. a.C. Quest’opera di alta ingegneria idraulica, oggetto di restauro negli anni Novanta, ha una capacità di oltre 4.300 m³ ed è costituita da dieci ambienti contigui e comunicanti. Nella prima sala, considerata la più importante poiché è l’unica a conservare inalterate le sue peculiarità architettoniche, è possibile osservare un campione di pavimentazione in cotto, bollato con la dicitura latina così tradotta: “Officina di Tiberio e Caio Attilio Fortunato”.

Ma ad Amelia sono presenti anche altre cisterne di minori dimensioni all’interno dei palazzi del centro, edificate nel momento in cui l’antico borgo umbro divenne municipio romano.

Passeggiando fra le vie del centro storico colpiscono i numerosi palazzi gentilizi rinascimentali, fra cui Palazzo Farrattini, importante opera di Antonio da Sangallo il Giovane, studio preparatorio per il più famoso Palazzo Farnese a Roma. Ha affreschi di notevole fattura come quelli che si ammirano a Palazzo Petrignani dove si contempla una splendida sala dello zodiaco. Altrettanto belli i saloni affrescati di Palazzo Venturelli. In città merita una visita anche il teatro settecentesco, interamente in legno e con meccanismi originali tuttora perfettamente funzionanti.

Proseguendo la passeggiata per i vicoli, si giunge fino in cima al paese dove si trova la Torre dodecagonale risalente all’anno Mille e l’adiacente concattedrale dedicata a Santa Fermina, Patrona di Amelia. Al suo interno sono custoditi stendardi sottratti ai Turchi durante la battaglia di Lepanto (1571). Notevole è la cappella del Santissimo Sacramento (XVI secolo) in forma ottagonale che conserva una tavola attribuita a Taddeo Zuccari e i monumenti marmorei dei Vescovi Bartolomeo e Baldo Farrattini. In stile rinascimentale è il fonte battesimale con una piccola statua in marmo di San Giovanni Battista riferibile forse alla scuola del Donatello. Di fronte al duomo, l’incantevole paesaggio offerto dal Belvedere.

La città vanta un notevole Museo Archeologico con le testimonianze dell’antichissimo centro umbro di “Ameria”, dalle sue origini preromane fino all’Alto Medioevo. È ambientato a Palazzo Boccarini, in origine convento francescano del XIII-XIV secolo con chiostro a doppio loggiato in forme rinascimentali del XVI secolo, ed è organizzato tematicamente su tre piani. Si tratta di una collezione museale tra le più importanti della Regione. Il percorso inizia al piano terra con una sezione dedicata al ritrovamento di una necropoli preromana, riemersa quindici anni fa durante i lavori di demolizione di un edificio adibito a consorzio agrario. Sono esposte numerose suppellettili appartenenti alle antiche genti che popolavano la Città di Amelia, oggetti della vita quotidiana come orecchini, anelli, lucerne, caraffe, specchi, pinzette e pettini per sopracciglia.

Si prosegue con la conoscenza del territorio dal punto di vista geologico, morfologico e storico e la descrizione dei più antichi insediamenti umani fino alla nascita della città. La storia di Amelia viene descritta dall’età arcaica all’ellenismo, fino alla romanizzazione, dal IV sec. a.C. al III sec. a.C. Al primo piano una vasta raccolta archeologica descrive la città di Roscio Amerino, la sua organizzazione, tipica dei municipi romani, la struttura sociale, l’economia basata su una produzione artigianale di pregio. In esposizione, sculture, rilievi, are ed elementi d’arredo, bolli e iscrizioni, cippi funerari, sarcofagi, parti di statue e ritratti. Ma il pezzo più prezioso dell’intera raccolta museale è certamente la statua bronzea di Germanico, a cui è dedicata un’intera stanza.

Pregevole opera del I secolo, ritrovata nel 1963 ad Amelia durante lavori di scavo, è tornata all’antico splendore dopo un lungo restauro. La scultura, di oltre due metri di altezza, è di eccezionale bellezza artistica e rappresenta un unicum, poiché sono molto rare le statue di bronzo di epoca romana giunte ai nostri giorni. La statua raffigura il generale romano Nerone Claudio Druso, detto “Germanico”, nato a Roma nel 15 a.C. sotto il regno dell’Imperatore Augusto. Era figlio del condottiero Druso Maggiore, fratello del futuro Imperatore Tiberio. Il condottiero è rappresentato in veste trionfale come generale vittorioso e di particolare pregio artistico è la decorazione della sua corazza, ricca di elementi simbolici, in cui viene rappresentata la scena dell’agguato di Achille a Troilo.

La visita al museo prosegue al secondo piano dove si trova la pinacoteca con opere provenienti da chiese e palazzi locali, tra le quali la tavola di Sant’Antonio Abate (1475), capolavoro di Pier Matteo d’Amelia, e il “Cristo crocifisso tra i Santi Firmina e Olimpiade” (1557), opera di Livio Agresti.

A circa 4 km dal centro storico, immerso nella natura dei colli amerini, è il Convento della Santissima Annunziata, edificato nel XIV secolo su un preesistente eremo. L’edificio, abitato dai Frati Minori Francescani, sfoggia un chiostro rinascimentale e al suo interno è possibile ammirare un’Annunciazione di Domenico Bruschi (1890), autore degli affreschi della Cappella del Transito nel santuario della Porziuncola. Un’attrattiva di grande interesse artistico è anche il presepe permanente in gesso del celebre presepista spagnolo Juan Marì Oliva, insieme al Planetario che riproduce alcuni fenomeni astronomici.

Avanzamento lettura