Il Delegato della Tuscia e Sabina partecipa al Giorno del Ricordo a Viterbo

Domenica 11 febbraio 2024, la Città di Viterbo ha celebrato il Giorno del Ricordo. Per la manifestazione Foibe ed esodo: è storia d’Italia, promossa dal Comitato 10 Febbraio, in collaborazione con il Comune e con la Provincia di Viterbo, anche quest’anno si è svolto il Corteo patriottico per le vie del centro, che partito alle ore 10.30 da piazza del Teatro, ha percorso via Marconi, il Sacrario - dove è stato reso omaggio al monumento ai caduti - e valle Faul, per poi arrivare a porta Faul, per la deposizione di una corona di alloro in largo Martiri delle Foibe istriane.

A tenere lo striscione che ha aperto il Corteo, Antonella Sberna, Laura Allegrini e Alessandra Croci, Consiglieri comunali, come anche Valentina Rinaldi e Giulia Mileto.

“Foibe, la pacificazione è la via da seguire e la costituzione il punto di riferimento”, ha detto il Prefetto Gennaro Capo alla commemorazione del Giorno del ricordo a porta Faul, a conclusione del Corteo del Comitato 10 Febbraio al monumento che ricorda le vittime delle Foibe e la medaglia d’oro al valore civile Norma Cossetto. “Questi sono momenti in cui le Istituzioni devono essere presenti – ha detto il Prefetto di Viterbo – e hanno il dovere di mantenere vivo il ricordo. C’è ancora molta animosità intorno al Giorno del Ricordo e alla Giornata della Memoria. Il Presidente della Repubblica ha lanciato un messaggio verso la pacificazione, e voglio far riferimento a quanto ha detto Sergio Mattarella. Una pacificazione che si ottiene tenendo ben fermi i valori della nostra Costituzione. Il pensiero deve poi andare anche a chi, pure a rischio della propria vita, ha aiutato e ha accolto gli esuli, continuando a pensare con la propria testa, senza paura”.

“È la prima volta che un Prefetto partecipa al Corteo per il Giorno del Ricordo – ha sottolineato Silvano Olmi del Comitato 10 Febbraio –. Le Foibe furono un’operazione tipica dei regimi comunisti per sopprimere potenziali oppositori. E a morire furono anche 15 Viterbesi, uccisi dall’esercito jugoslavo, assieme ad altre persone provenienti da tutta Italia”.

“Mi dispiace che ancora oggi si continui a negare la verità – ha commentato il Presidente del Comitato 10 Febbraio, Maurizio Federici –. Lo sguardo sulla storia deve essere sempre dritto, conoscendo sempre tutto ciò che è accaduto e accade”.

“Grazie al Comitato 10 febbraio – ha detto il Presidente della Provincia di Viterbo, Alessandro Romoli – abbiamo scoperto una parte di storia del nostro territorio che negli anni è stata dimenticata. Una terra che ha tributato vittime trucidate all’interno delle Foibe. Un fantomatico comitato mi ha mandato una mail dicendomi di non partecipare al Giorno del Ricordo perché gli infoibati erano criminali di guerra. Invece la Provincia c’è – ha aggiunto Romoli – e siamo qui per ricordare fatti drammatici che ci insegnano che il dialogo deve sempre prevalere. Gli Italiani in quella parte d’Italia hanno sofferto non solo per quello che hanno subito, ma anche per l’indifferenza che ne è seguita”.

Elena Angiani, Assessore al Bilancio, in rappresentanza del Comune di Viterbo, ha concluso: “Mi rivolgo ai ragazzi che hanno sulle spalle la responsabilità del futuro per fare in modo che tragedie come queste non si ripetano mai più. E questo avviene solo se si riesce a sviluppare una coscienza critica, così come la capacità di studiare gli eventi e capire i momenti storici”.

Silvia Stocco Moretti di Gallese, esule istriana.

Hanno partecipato alla manifestazione anche il Presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, Mauro Rotelli, il Consigliere regionale Daniele Sabatini, diversi Consiglieri comunali, i Sindaci della Tuscia, il Comandante della Guardia di finanza, Carlo Pasquali, rappresentanti dell’esercito e delle forze dell’ordine, il Prorettore dell’Università della Tuscia, Alvaro Marucci, il Presidente della Consulta provinciale degli studenti, Luca Santo, rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma e Silvia Stocco Moretti di Gallese, esule istriana.

Su invito del Comitato 10 Febbraio, anche il Delegato della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, ha presenziato ufficialmente alla manifestazione, partecipando al Corteo e alla deposizione della corona di alloro al cippo che fa memoria dei Martiri delle Foibe.

Con l’occasione del Giorno del Ricordo, che ricorre il 10 febbraio, si è tornato a parlare delle Foibe. Ma cosa sono? Perché le ricordiamo e cosa è successo?

Le Foibe sono delle grandi caverne verticali tipiche della regione carsica del Friuli Venezia Giulia e dell’Istria. Tuttavia, con il passare del tempo, il termine Foibe è divenuto sinonimo dei massacri subiti dai cittadini Italiani tra il 1943 e il 1947 da parte dei partigiani communisti jugoslavi. Questi massacri si verificarono subito dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale e hanno lasciato una traccia indelebile nella nostra storia. Per questo motivo, ogni anno ricordiamo le Foibe e commemoriamo le persone che hanno perso la vita durante quei terribili eventi.

Quella degli eccidi delle Foibe è una storia dai connotati tragici, a lungo rimasta nel silenzio e solo negli ultimi anni portata alla luce. Per commemorare le vittime dei massacri delle Foibe, con la legge N. 92 del 30 marzo 2004 fu istituito il Giorno del Ricordo, giornata commemorativa che si celebra ogni anno il 10 febbraio.

Per comprendere a fondo il fenomeno del massacro delle Foibe bisogna andarne a ricercare le radici in quella secolare contesa tra popolazione italiana e popolazione slava per il possesso dei territori di Nord-Est, quelli dell’Adriatico orientale. È una disputa che vide il suo inizio con la fine della Prima Guerra Mondiale, quando il confine tra Italia e Jugoslavia venne delineato dalla cosiddetta “linea Wilson”: gli Slavi videro sottrarsi una cospicua fetta dell’Istria dagli Italiani e circa 500mila Slavi si ritrovarono a vivere in territorio straniero, sotto il dominio di un popolo a tratti oppressore. Non è difficile quindi immaginare il malcontento che le popolazioni slave iniziarono a covare, ma ciò in cui questo si trasformò è storia di brutalità che non si può comprendere, né giustificare.

Un’ondata di violenza esplose già durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, nel momento in cui l’Italia l’8 settembre 1943 firmò l’armistizio con gli Anglo-Americani e i Tedeschi assunsero il controllo del nord della penisola instituendo un governo fantoccio guidato da Mussolini. Fu a partire da quel momento che, in Istria e in Dalmazia, i partigiani communisti Jugoslavi iniziarono a rivendicare il possesso di quei territori, torturando e gettando nelle Foibe gli Italiani. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, gli attacchi si fecero via via sempre più violenti ed intensi: nella primavera del 1945, l’esercito jugoslavo guidato da Tito marciò verso i territori giuliani. L’intervento venne accolto con euforia dal popolo italiano che vide negli Slavi, alla stregua di Americani ed Inglesi, dei liberatori. L’esercito di Tito, lungi dal voler aiutare l’Italia ed interessato solo a riappropriarsi delle zone che gli erano state sottratte alla fine della Prima Guerra Mondiale, occupò invece Trieste e l’Istria, obbligando gli Italiani che abitavano quelle zone ad abbandonare la propria terra.

Molti furono i cittadini che vennero uccisi dai partigiani comunisti di Tito, gettati nelle Foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Gli infoibamenti si perpetuarono fino al 1947: l’esercito slavo si impadronì pian piano dell’Istria, operando una vera e propria pulizia etnica, obbligando gli Italiani ad abbandonare la zona e sterminando coloro che decidevano di opporsi a tale violenza. Il massacro delle Foibe iniziò a cessare solo a partire dal 10 febbraio 1947, quando la Jugoslavia riottenne le province di Fiume, Zara, Pola e di altri territori grazie al Trattato di Parigi. L’Italia riuscì ad assumere pienamente il controllo di Trieste solo nell’ottobre 1954, vedendosi obbligata a lasciare l’Istria nelle mani della Jugoslavia.

Secondo le recenti stime, le vittime dell’eccidio delle Foibe furono tra le cinquemila e le diecimila: un dato di certo molto vago, frutto del silenzio che per circa un cinquantennio ha circondato il ricordo di tale massacro. Ad essere uccisi non furono solo fascisti e avversari politici, ma anche e soprattutto civili, donne, bambini, persone anziane e tutti coloro che decisero di opporsi alla violenza dei partigiani titini. Le zone colpite furono quelle del Venezia-Giulia e dell’Istria, in cui ad oggi sono state trovate più di 1700 Foibe.

Con la Legge N. 92 del 30 marzo 2004, il Parlamento italiano ha istituito il Giorno del Ricordo del 10 febbraio, con l’obiettivo di conservare e rinnovare la memoria della tragedia di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, e delle vicende del confine orientale, con la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati [QUI]. Il Giorno del Ricordo fu celebrato per la prima volta il 10 febbraio 2005.

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