La solenne Celebrazione Eucaristica per l’Esaltazione della Santa Croce è stata presieduta dal Cappellano Capo della Delegazione di Napoli e Campania, Fra Sergio Galdi d’Aragona, O.F.M., Cappellano di Giustizia, Commissario Generale di Terra Santa in Napoli (Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Puglia), assistito da un ministrante e dal Responsabile del Cerimoniale ad interim, Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito.



Alla solenne Celebrazione Eucaristica ha partecipato – guidata in vece del Delegato, Conte Don Gianluigi Gaetani dell’Aquila d’Aragona dei Duchi di Laurenzana, Cavaliere di Giustizia, dal Segretario Generale ad interim, Nob. Antonio Masselli, Cavaliere de Jure Sanguinis, e dal Responsabile della Comunicazione ad interim, Prof. Antonio De Stefano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento – una rappresentanza della Delegazione di Napoli e Campania, con: il Cavaliere di Giustizia, Nob. Dott. Alfredo Buoninconti, Barone di Santa Maria Jacobi; il Cavaliere de Jure Sanguinis, Dott. Giovanni Samo; i Cavalieri di Merito, Dott. Maurizio Bava, Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Arch. Carlo Iavazzo e Dott. Adriano Zeni; i Cavalieri di Ufficio, Avv. Paolo Carbone, Dott. Ten. A.M. Angelo De Luca, Dott. Luigi Antonio Galasso, Dott. Gennaro Napoletano, P.I. Luigi Scarano, Dott. Ciro Sommella, Dott. Dario Taranto eDott. Giovanni Tartaglione; i Postulanti, Dott. Antonio d’Ambrosio, Avv. Carlo Maria Faiello e App. Raffaele Napolitano; gli amici dell’Ordine, Nob. Dott. Francesco Pessetti Buoninconti dei Baroni di Santa Maria Jacobi, Ing. Michelangelo Ambrunzo, Andrea D’Aloia, Dott. Francesco Gaudiosi, Prof. Pierluigi Scarpa e Roberta Di Biase.
Ad accogliere i partecipanti, in vece del Soprintendente della Fondazione Real Monte e Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di vestire i Nudi, Avv. Ugo de Flaviis, Cavaliere di Merito, il Censore, Dott. Gennaro Ciccarelli, unitamente ad altri componenti della Fondazione ed Arciconfraternita.


La Prima Lettura: Nm 21,4b-9 – Chiunque sarà stato morso e guarderà il serpente, resterà in vita ed il Salmo Responsoriale: Sal 77 (78) – Non dimenticate le opere del Signore, sono stati letti dal Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito. La Seconda Lettura: Fil 2,6-11 – Cristo umiliò sé stesso, per questo Dio lo esaltò, è stata letta dal Prof. Antonio de Stefano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento. Il Vangelo: Gv 3,13-17 – Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, è stato proclamato dal celebrante. La Preghiera dei fedeli è stata recitata dal P.I. Luigi Scarano, Cavaliere di Ufficio.



Nella sua omelia, Fra Sergio Galdi d’Aragona ha offerto un excursus sulle letture e sulla Vera Croce ritrovata da Sant’Elena, madre dell’Imperatore Costantino I e sulle Basiliche da loro fondate. Ha poi approfondito i temi della spiritualità, spiegando come la Croce, pur essendo un supremo mezzo di sofferenza, rappresenti anche un segno di speranza e di carità.
Fra Galdi d’Aragona ha iniziato, ricordando che i Cristiani primitivi non rappresentavano mai la croce, perché era spesso oggetto di derisione da parte delle comunità pagane (ne è esempio il graffito blasfemo di Alessameno, rinvenuto sul colle Palatino e datato al I secolo). La rappresentazione della croce da parte dei Cristiani, chiamati in tal modo per la prima volta ad Antiochia (cfr. Atti 11,26b), ha avuto inizio a seguito della sua Invenzione (rinvenimento) da parte dell’Imperatrice Elena nella prima metà del IV secolo. Nel luogo del ritrovamento, l’Imperatore Costantino fece costruire un complesso basilicale che comprendeva tre spazi: l’anastasis (la rotonda in corrispondenza del Santo Sepolcro), il triportico (costruito attorno alla roccia del Golgota) e il martyrium (la basilica).
Il Cappellano Capo ha proseguito enunciando i tre significati simbolici della croce nella teologia giovannea:
La croce come il serpente nel deserto, concetto espresso nella Prima Lettura e reso in analogia con la crocifissione nel Vangelo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14-15).
La croce come scala di Giacobbe, che fa salire e scendere gli angeli dai Cieli, raggiungibili dalle creature solo tramite la croce (per crucem ad lucem).
La croce come nuovo legno salvifico, contrapposto dell’albero della conoscenza del bene e del male il cui frutto è stata la causa del peccato originale.
Fra Galdi d’Aragona ha concluso esortando ad essere grati al Signore per il dono della Redenzione, rammentando il valore salvifico universale del Sangue di Cristo, innanzi a Cui, durante l’agonia del Getsemani, stavano i peccati di tutti gli uomini.
Prima della recita del Credo, Fra Galdi d’Aragona, ha ricordato il Concilio di Nicea, in cui la prima forma del Simbolo niceno-costantinopolitano fu redatta e di cui ricorre il 1700° anniversario.
E ancora, prima della recita del Padre nostro, il Cappellano Capo ha ricordato come, per i Padri della Chiesa, le Scritture hanno come fulcro i Vangeli e questi hanno come fulcro le parole di Nostro Signore.

Al termine del Sacro Rito, il Segretario Generale ha recitato la Preghiera del Cavaliere Costantiniano.
Dopo la Benedizione conclusiva ed il canto dell’Ave Maria, Gratia Plena, davanti all’altare maggiore è stata scattata la foto di gruppo con i partecipanti.

In seconda fila, da sinistra: Andrea D’Aloia, Prof. Pierluigi Scarpa, Roberta Di Biase, Dott. Adriano Zeni, Dott. Giovanni Tartaglione (coperto), Dott. Dario Taranto, Dott. Maurizio Bava Gagliardi, Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Arch. Carlo Iavazzo, Dott. Gennaro Napoletano, Ten. A.M. Dott. Angelo De Luca, Dott. Ciro Sommella, Avv. Paolo Carbone.
Riflessioni sulle letture festive – Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Ave Crux, spes unica
Ha collaborato alla redazione di questa notizia, il Cav. Prof. Antonio De Stefano e Andrea D’Aloia. Servizio fotografico a cura del Postulante App. Raffaele Napoletano, di Andrea D’Aloia e del Dott. Francesco Pessetti Buoninconti (per la foto di gruppo).

L’Esaltazione della Santa Croce
“Quando sarò innalzato da terra,
attirerò tutti a me”,
dice il Signore
(Gv 12,32).
L’Esaltazione della Santa Croce ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza d’amore, ma anche di una nuova creazione nella gloria. Attraverso la follia della Croce, lo scandalo della sofferenza può diventare sapienza, e la gloria promessa a Gesù può essere condivisa da tutti coloro che desideravano seguirlo. La morte, la malattia, le molteplici ferite che l’uomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per la piccola creatura, un’occasione per lasciarsi prendere più intensamente dalla vita stessa di Dio. Con questa festa la Chiesa ci invita a ricevere questa Sapienza divina, che Maria ha vissuto pienamente presso la Croce: la sofferenza del mondo, follia e scandalo, diventa, nel sangue di Cristo, grido d’amore e seme di gloria per ciascuno di noi.
O Croce Santa,
per te il mondo è rinnovato, abbellito,
in virtù della verità che splende
e della giustizia che regna in Lui.
Inno Vexilla regis
Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.
Confixa clavis viscera
tendens manus, vestigial
redemptionis gratia
hic inmolata est hostia.
Quo vulneratus insuper
mucrone diro lanceae,
ut nos lavaret crimine,
manavit unda sanguine.
Inpleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
dicens nationibus:
regnavit a ligno Deus.
Arbor decora et fulgida,
ornata regis purpura,
electa, digno stipite
tam sancta membra tangere!
Beata cuius brachiis
pretium pependit saeculi
statera facta est corporis
praedam tulitque Tartari.
Fundis aroma cortice,
vincis sapore nectare,
jucunda fructu fertili
plaudis triumpho nobili.
Salve ara, salve victima
de passionis gloria,
qua vita mortem pertulit
et morte vitam reddidit.
* * *
Del Monarca s’avanza il vessillo:
Della Croce rifulge il mistero,
Onde a morte distrusse l’impero
El che a tutti la vita rendé.
Del Divino Paziente le mani
Qui trafissero i chiodi ferali:
E a riscatto di tutti i mortali
Qui l’Eterno olocausto si fè.
Qui da barbara lancia si vide
Il divino costato trafitto,
E a mondarci del primo delitto
Sangue insieme con acqua versò.
E fu allor che del regio profeta
Si compié la famosa parola,
Lorché disse: Israel, ti consola,
Che l’Eterno da un legno regnò.
O dell’ostro regal rivestito,
Arbor santo, fra mille, tu solo
Del Signor della terra e del polo
L’almo corpo trascelto a toccar.
La salute del mondo sostennero
Le tue braccia tre volte beate,
E le schiere d’Abisso, spogliate,
Di lor preda, si vider tremar.
Salve, Croce, che l’unica speme
Sei dell’uomo: tu compine i voti;
Per te cresca la grazia ai devoti,
E de’ rei si cancelli l’error.
Ogni spirto ti lodi, gran Triade,
E di lor che a salvezza Tu guidi,
Per la croce muovanti i gridi,
E li guarda con occhio d’amor.