Il Santuario del Santissimo Crocifisso di Nemi, già Chiesa di Santa Maria di Versacarro, venne edificato dal Marchese Mario Frangipane nel 1637, insieme all’annesso convento per ospitare i Francescani dell’Ordine dei Frati Minori Osservanti, dopo che i Francescani Cappuccini avevano lasciato Nemi per trasferirsi nel loro convento di Genzano. Da circa duecento anni è affidato ai frati Mercedari dell’Ordine di Santa Maria della Mercede. È la chiesa di riferimento della Sezione dei Castelli Romani.
L’Arcivescovo metropolita di Torino, Cardinale Roberto Repole, Custode Pontificio della Sindone, ha annunciato che quest’anno non ci sarà l’ostensione. Però, i sindonologi hanno fatto qualcosa, rendendo possibile l’ostensione diffusa in tutte le chiese che lo vogliono, con una copia della Sacra Sindone. Anche di fronte ad una copia si può pregare, meditare, contemplare, riflettere e arrivare a compiere una santa Quaresima. un santo Giubileo. Innanzitutto, un periodo di speranza, perché ne abbiamo bisogno.
La Quaresima si apre con il racconto delle tentazioni di Gesù. Poste alla soglia del suo ministero pubblico, in esse è rivelata l’autenticità dell’umanità di Cristo, che, in completa solidarietà con l’uomo, subisce tutte le tentazioni tramite le quali il Nemico cerca di distoglierlo dalla sua completa sottomissione al Padre. “Cristo tentato dal demonio! Ma in Cristo sei tu che sei tentato” (Sant’Agostino). In esse viene anticipata la vittoria finale di Cristo nella Risurrezione. Cristo inaugura un cammino, che è l’itinerario di ogni essere umano, cioè di recuperare per l’uomo la sovranità della sua vita in un libero riconoscimento della sua dipendenza da Dio. È nell’obbedienza a Dio che risiede la libertà dell’uomo. L’abbandono nelle mani del Padre è la fonte dell’unica e vera libertà, che consiste nel rifiutare di venire trattati in modo diverso da quello che siamo. Il potere di Dio la rende possibile.

La solenne celebrazione della Santa Messa in occasione dell’ostensione della riproduzione autentica della Sacra Sindone, domenica 9 marzo 2025 nel santuario del Santissimo Crocifisso a Nemi, è stata presieduta alle ore 09.30 da Mons. Vincenzo Viva, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Albano, concelebranti Padre Ettore Ricci, O.de.M., Superiore del convento dei Mercedari e Prof. Padre Stefano Defraia, O.de.M., docente associato presso la Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana.








Hanno partecipato i Sindaci di Nemi, di Ariccia e di Genazzano Alberto Bertucci, Cavaliere di Ufficio, Ing. Gian Luca Staccoli, Postulante, e Prof. Alessandro Cefaro; del Comandante della Stazione dei Carabinieri di Nemi, Maresciallo Domenico De Rosa; del Comandante della Polizia Locale, Gabriele Di Bella; dei Vigili del fuoco volontari del locale Distaccamento, rappresentati da Fabrizio Cavatella; di una rappresentanza dell’Associazione Paracadutisti Colline Romane e una rappresentanza della Sezione di Castelli Romani della Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
La rappresentanza Costantiniana era guidata dal Referente per i Castelli Romani, Ing. Franco Iacobini, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro; i Cavalieri di Merito con Placca d’Argento Prof. Luigi Cardillo e Dott. Salvatore Alovisi; la Dama di Merito con Placca d’Argento Prof.ssa Maria Strati Cardillo; i Cavalieri di Merito Prof. Franco Arrigoni, Prof. Andrea Cardillo, Dott. Michele Marocco e Massimo Ortolani; i Cavalieri di Ufficio Alberto Bertucci, Sindaco di Nemi, e Angelo De Renzi; i Postulanti Ing. Gian Luca Staccoli, Sindaco di Ariccia, Dott. Giuseppe Amato, Avv. Andrea Pasqualini, Dott. Andrea Vitale, Dott. Paride Ferrazza e Dott. Alberto Lena.





Prima Lettura: Dt 26,4-10 – Professione di fede del popolo eletto. Salmo responsoriale: Sal 90 – Resta con noi, Signore, nell’ora della prova. Seconda Lettura: Rm 10,8-13 – Professione di fede di chi crede in Cristo. Vangelo: Lc 4,1-13 – Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.

Iniziando la sua omelia, Mons. Vincenzo Viva ha ringraziato i Padri Mercedari per l’invito, tutte le autorità civili e militari presenti, nonché tutti i fedeli che hanno gremito il Santuario.
Proseguendo, ha incentrato le sue riflessioni sul brano del Vangelo proclamato, che mostra Gesù guidato dallo Spirito Santo nel deserto e tentato dal diavolo. Questo è un passaggio cruciale: dopo il battesimo nel Giordano, dove il Padre lo ha riconosciuto come «Figlio amato» (cfr. Lc 3,22), Gesù affronta la prova legata alla sua missione. Per Gesù, questi quaranta giorni furono un tempo di solitudine, digiuno e preghiera, ma anche di confronto con le tentazioni. Il Vangelo, infatti, racconta che Gesù fu «tentato dal diavolo». Alla fine di questo periodo, Satana gli propone tre strade che sembrano allettanti: trasformare le pietre in pane per placare la fame fisica; ottenere il dominio sul mondo in cambio di un patto con il male; e sfidare Dio chiedendo un segno straordinario per metterlo alla prova.
Alla fine, come racconta l’evangelista Luca, «dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato». Questo ci dice che la battaglia non è conclusa: il maligno riapparirà nel Getsemani, nel tradimento di Giuda, nell’agonia della Croce. Ma Gesù trionfa sempre, perché rimane fedele al Padre, rifiutando la logica mondana. Anche per noi, le tentazioni torneranno. Ma con Cristo, possiamo superarle ogni volta, se ci aggrappiamo saldamente alla sua Parola.
Abbiamo visto che Gesù resiste alle insidie del demonio. Non con le sue forze, ma con la Scrittura: «Sta scritto…» (vv. 4,8,12). Ogni sua risposta attinge dal Libro del Deuteronomio. Questo ci insegna che, se confidiamo in Dio, Egli ci darà la forza di resistere alle seduzioni del mondo, perché Lui non ci lascia mai soli.
La Quaresima non è un periodo di malinconia, ha concluso il Vescovo Viva, ma di autenticità e conversione. Come Gesù nel deserto, anche noi dobbiamo scegliere: tra il pane che nutre il corpo e la Parola che salva l’anima; tra il dominio che opprime e l’amore che rende liberi; tra l’arroganza che sfida Dio e l’umiltà che si affida alla sua bontà. Così, vivremo la Quaresima non come un peso, ma come un cammino di rinascita verso la luce di Pasqua.
Dopo la Santa Messa i Padri Mercedari hanno offerto un rinfresco nel chiostro del convento.

L’importanza dell’ostensione della copia della Sacra Sindone è stata sottolineata dal Sindaco di Nemi, Alberto Bertucci: «Accogliere l’ostensione della Sacra Sindone a Nemi è un grande onore e un segno di profonda spiritualità per la nostra comunità. Questo evento rappresenta un messaggio di fede, speranza e tradizione che attraversa i secoli. Il nostro santuario del Santissimo Crocifisso diventerà un luogo di riflessione e accoglienza per i pellegrini, testimoniando la vocazione spirituale della nostra città».
L’ostensione a Nemi non solo è un’occasione di devozione religiosa, ma rappresenta anche un ponte tra storia e innovazione della tradizione tessile italiana, grazie alla riproduzione autentica, disvelata durante la Santa Messa, in scala 1:1 della Sacra Sindone, realizzata attraverso un progetto avviato nel 2020 in Val Gandino nella provincia di Bergamo. Qui un campo fu coltivato a lino nell’ambito dell’iniziativa Lino Val Gandino. Il tessuto, la reliquia del mondo [QUI], che ha ricevuto il riconoscimento e il supporto del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone (CISS), unico ente ufficialmente riconosciuto dal Custode Pontificio della Sindone, a cui presta la propria attività di consulenza. Questa iniziativa rappresenta una straordinaria sintesi tra scienza, fede e artigianato italiano, conferendo all’ostensione di Nemi un valore ancora più profondo.
La riproduzione autentica della Sacra Sindone in ostensione presso il Santuario del Santissimo Crocifisso di Nemi è la copia che è stata donata al santuario di Santa Maria di Carpignano a Grottaminarda in provincia di Avellino, affidato ai Mercedari, ove è in ostensione permanente dal 5 maggio 2021, da Padre Nicola Boccuzzo, O.de.M., già Parroco di Santa Maria del Pozzo a Nemi, e può essere in ostensione a Nemi per tutto l’Anno Giubilare, grazie alla gentile concessione di Padre Antonio Venuta, O.de.M., Superiore del Santuario di Santa Maria di Carpignano.
“Con la Sindone non si scappa”
La vista dell’Uomo dei dolori ricorda, a quanti si accosteranno a questa copia, che la fede non si fonda su un uomo potente, ma su una persona umiliata e uccisa che ha vinto la morte. Tutti constatiamo la grande fatica di portare avanti l’esperienza di fede. In tanti, a volte per motivi diversi, come la grande prova della malattia, di un lutto o altro, si allontanano dalla fede in Cristo Gesù. L’auspicio è che la meditazione arriva ad una professione di fede piena, attraverso la conoscenza della preziosissima e più celebre Reliquia acheropita, cioè non fatta da mano dell’uomo. L’unica immagine sicuramente acheropita è la Sacra Sindone, perché nessun scienziato è riuscito a spiegare come il corpo di Gesù l’abbia prodotta.
Ci sono tanti particolari inconfutabili, come per esempio il lino che nelle fonti viene chiamato bisso di lino, un tessuto pregiato fatto a spina di pesce che solo persone ricche si potevano permettere. Un uomo crocifisso che non finisce in una fossa comune, ma viene avvolto addirittura in un lino così pregiato non può essere che Gesù.
Sul sacro lino sono impressi i segni del Calvario e della morte di Cristo. Sono filologici perché la crocifissione non poteva avvenire nel palmo delle mani per questioni fisiche. Si tratta di una vera crocifissione romana del I secolo perché i chiodi sono stati messi nei polsi per sostenere il corpo in quanto, all’epoca di Gesù, non si usava il poggiapiedi. Il poggiapiedi, che poi raffigurano gli artisti, nasce nella seconda metà del I secolo, quando le crocifissioni si svolgono nel circo e si deve rallentare l’agonia per fare spettacolo. Invece la Sacra Sindone ci mostra i piedi di Gesù molto flessi in avanti, perché inchiodati direttamente contro la croce. Per sostenere il corpo c’erano solo i chiodi nei polsi, proprio nel punto dove riuscivano a sostenere il corpo. Ci sono altre tracce: per esempio sulla guancia destra c’è il segno di un colpo di bastone. E sappiamo che Gesù ha ricevuto questo colpo che, nel Vangelo, viene detto schiaffo in latino, ma in greco è detto ράπισμα (rapisma), cioè una specie di bastonata che Gesù riceve gonfiando tutta la guancia e schiacciando il naso. Nella Sindone c’è tutto quello che ci dice il Vangelo e anche di più: non sono ricordati quanti sono stati i colpi di flagello, mentre la Sindone ci dice che ne ha ricevuti 120. E questo trova una spiegazione: Pilato lo voleva salvare, quindi non lo condanna a una classica flagellazione leggera, ma a una flagellazione abbondante che però non riesce a impietosire la folla. Dunque il Prefetto della Giudea si lascia convincere anche a crocifiggerlo. La Sindone ci presenta questa doppia condanna.
Il vaticanista Orazio Petrosillo, coautore con la Prof.ssa Emanuela Marinelli del primo libro dedicato alla Sacra Sindone, definiva la Sindone “foto notizia” dal Calvario, una definizione da giornalista, che pone in evidenza come si debba accettare l’evidenza di ciò che si vede. La Sindone è preziosa anche contro ogni tentativo di smantellare il Vangelo. “Con la Sindone non si scappa”, afferma la Prof.ssa Marinelli.
La nostra fede nasce da un Crocifisso, da una persona umiliata, sputacchiata, coronata di spine, abbandonata, alla fine messa sul patibolo, motivo di vergogna, sepolta e poi l’esito finale della resurrezione. Ritornando al tema della sofferenza, del dolore, della passione, San Paolo scrisse ai Corinzi, che “alcuni cercano la sapienza, altri cercano la gloria, noi cerchiamo la potenza della croce”. “Ciò che per altri è motivo di vergogna, per noi è motivo di sapienza, motivo di forza”.