Riflessioni sulle letture festive – Solennità della Natività di San Giovanni Battista: “Ti renderò luce delle nazioni” (Isaia 49, 6)

La Delegazione di Roma e Città del Vaticano del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, nell’obiettivo di fornire una formazione continua ai propri Cavalieri, Dame e Postulanti, con la Domenica delle Palme 2024 ha iniziato la pubblicazione sul proprio canale YouTube dei podcast con delle riflessioni sulle letture festive, a cura dal Referente per la Formazione, Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. È stata pubblicata la Meditazione sulle letture della Solennità della Natività di San Giovanni Battista: "Ti renderò luce delle nazioni” (Isaia 49, 6), 24 giugno 2024.
Copertina

Podcast 24 giugno 2024 – Solennità della Natività di San Giovanni Battista: “Ti renderò luce delle nazioni” (Isaia 49, 6) [QUI]

Con l’Orazione Colletta della Celebrazione del giorno chiediamo al Padre, che ha mandato Giovanni Battista a preparare a Cristo Signore un popolo ben disposto, di allietarci con l’abbondanza dei doni dello Spirito, e guidarci sulla via della salvezza e della pace.

Celebriamo il 24 giugno la solennità della Natività di San Giovanni Battista e il 29 agosto ne celebreremo la memoria del martirio. Non c’è alcun altro santo per il quale entrambi questi due momenti sono solennizzati, di solito lo è solo la “nascita al cielo” [*].

Ma dobbiamo ricordare che Gesù stesso ne indicò la eccezionale umanità, quando disse di lui: “In verità vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista” (Mt 11, 11). Ultimo dei grandi profeti d’Israele; primo testimone di Gesù; iniziatore di un battesimo per il perdono dei peccati e, in questo contesto, battezzatore di Gesù; martire per la difesa della legge morale.

Già nel IV secolo troviamo commemorazioni liturgiche di San Giovanni Battista a date variabili. Quella del 24 giugno viene fissata tenendo presente Lc 1, 36 quando dice che Elisabetta è già al “sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile”, quindi sei mesi prima di Natale. Proprio per sottolinearne la solennità, dal VI secolo questa ricorrenza prevede la celebrazione liturgica anche di una vigilia.

Giovanni è figlio di Zaccaria, il muto, e di Elisabetta, la sterile: la sua nascita annuncia l’arrivo dei tempi messianici nei quali la sterilità diventerà fecondità, e il mutismo diventerà esuberanza profetica.

Il Vangelo, descrivendolo come uomo di grande misticismo ed ascesi, gli dà il soprannome di “Battista”, perché egli pratica e predica un nuovo rito di abluzione (Mt 3,13-17) che si differenziava da quello degli Ebrei per tre aspetti principali: mirava a una purificazione non più rituale, ma morale; non si ripeteva e rivestiva perciò l’aspetto di una iniziazione; aveva un valore escatologico per il fatto che introduceva nel gruppo di coloro che professavano un’attesa attiva del Messia vicino e costituivano in anticipo la sua comunità. Giovanni intendeva anche mostrare che l’uomo non si può purificare da solo, ma che ogni santità viene da Dio.
La tradizione ha ricordato soprattutto il suo carattere profetico. Egli è profeta nel senso in cui questa parola era intesa nell’Antico Testamento; anzi Giovanni è il più grande dei profeti di Israele, perché ha potuto additare l’oggetto stesso delle sue profezie (Mt 11, 7-15; Gv 1, 19-28). Per far risaltare questa appartenenza di Giovanni alla grande discendenza dei profeti dell’Antico Testamento, Luca ci dà un racconto della sua nascita che permette di vedere sullo sfondo il profilo delle grandi vocazioni degli antichi profeti. Ma il profeta non è soltanto l’annunciatore del futuro messianico; è essenzialmente il portatore della parola di Dio e il testimone della presenza di questa Parola creatrice nel mondo nuovo.

La vita e il martirio del Battista sono una di quelle innumerevoli risposte-memoriali che sempre salgono al Padre, per Cristo con Cristo e in Cristo, nello Spirito.

La gente è stupita di fronte a questo bimbo, ma anche di fronte alla sconvolgente fecondità della coppia dei suoi genitori, anziani e quindi sterili. Una meraviglia illuminata dalla fede, tanto che “custodivano” quanto ascoltavano e vedevano, e lodavano Dio. Uno stupore accompagnato dalla consapevolezza che non capiscono tutto: “Che sarà mai questo bambino?”

Una domanda legittima, anche perché lì dove tutto è comprensibile, non avrebbe senso chiamare in gioco Dio! “L’avvenimento della nascita è circondato da un gioioso senso di stupore, di sorpresa, di gratitudine. Il popolo fedele intuisce che è accaduto qualcosa di grande, anche se umile e nascosto: il popolo è capace di vivere la fede con gioia, con senso di stupore, di sorpresa… Ho senso dello stupore, quando vedo le opere del Signore, quando sento parlare dell’evangelizzazione o della vita di un santo…? So sentire le consolazioni dello Spirito o sono chiuso?” (Papa Francesco, 24 giugno 2018).

Chi è giunto per la circoncisione, vuole mettere il nome del padre, Zaccaria. Ma i figli non sono nostri, non appartengono alla famiglia, bensì alla loro vocazione, alla profezia che devono annunciare, all’umanità; non al passato, ma al futuro. Il padre, titolare del diritto assoluto di imporre il nome a suo figlio, il sacerdote, tace ed è la madre, fatto assolutamente inusuale e quasi blasfemo, a prendere la parola. Un rivoluzionario rovesciamento delle parti. Elisabetta ha saputo ascoltare e quindi ha l’autorevolezza per parlare: “Si chiamerà Giovanni”, che significa dono di Dio (nella cultura biblica il “nome” è l’essenza stessa della persona e, per questo, non si può nemmeno nominare il nome di Dio). Si tratta del nome che Dio stesso aveva indicato attraverso l’angelo: “Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni” (Lc Lc 2, 13). Elisabetta sa bene che l’identità del suo bambino è di essere dono, che la vita che ha sentito fremere e danzare dentro di sé viene da Dio. Sa anche che i figli non sono nostri, vengono da Dio: caduti da una stella fra le braccia della madre, portano con sé lo scintillio dell’infinito. E questa è anche l’identità profonda di noi tutti: il nome di ogni bambino è “dono perfetto”.

Zaccaria aveva cominciato male con Dio, manifestando la sua incredulità, Zaccaria ha dubitato. Ha chiuso l’orecchio del cuore alla Parola di Dio, e da quel momento ha perso la sua parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire. Ora, nell’obbedienza a quanto Dio gli ha chiesto – chiamarlo Giovanni – ha inizio una storia nuova. Il testo ci dice che la lingua di Zaccaria si è sciolta e la sua bocca può nuovamente parlare, ma sta a noi intuire che non è l’unica cosa che si è aperta. In realtà inizia qui, con il nome del Precursore, il Nuovo Testamento. Il passaggio tra i due Testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al sacerdozio incredulo, volata via dal tempio, si è intessuta, per opera divina, nel ventre di due madri, Elisabetta e Maria. Dio scrive la sua storia dentro il calendario della vita, fuori dai recinti del sacro. Ma i dubbi del vecchio sacerdote non fermano certo l’azione di Dio. A Zaccaria si scioglie la lingua e benedice Dio: la benedizione è un’energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall’alto e dilaga. Benedire è vivere la vita come un dono: la vita che mi hai ridato / ora te la rendo / nel canto (Turoldo). Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartiene ad una storia più grande. Che il segreto di tutti noi è al di la di noi.

Il bambino, figlio del miracolo, nasce come lieta trasgressione, viene alla luce come parola felice, vertice di tutte le natività del mondo: ogni nascita è profezia, ogni bambino è profeta, portatore di una parola di Dio unica, pronunciata una volta sola.

Una donna anziana e sterile, mette al mondo un figlio; un uomo muto, parla. Due segni che indicano che dove le cose sembrano impossibili, Dio ha in serbo sempre una possibilità, come ricorda il profeta Isaia: “Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43,19). Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere vita che viene da altrove, oltre a un amore diventato visibile? Cosa porterà al mondo questo bambino, dono unico che Dio ci ha consegnato e che non si ripeterà mai più? Credo che tutti noi abbiamo il dovere di festeggiare la nascita di Giovanni Battista perché nella sua storia ritroviamo una luce di speranza per ognuno di noi. È la speranza di vederci riconosciuti nella nostra diversità. Troppo spesso infatti siamo costretti a dover assomigliare a quello che gli altri dicono o si aspettano di noi. Giovanni Battista ha la fortuna di nascere in una famiglia che difende con i denti la sua unicità. Chi è unico e lo manifesta è sempre un po’ un agitatore, anche non volendolo. Giovanni pare esserlo stato anche nel grembo della madre Elisabetta. Quando Maria varca la soglia della sua casa e comincia a parlare, Giovanni immediatamente si mette a scalciare nel grembo di sua madre. E poi tutta la sua vita è stata sempre una vita strana, unica, e forse anche per questo affascinante. Nessuno come lui attirava la gente senza bisogno di grandi discorsi o di attrattive. Chi è pienamente se stesso è sempre misteriosamente affascinante e attrattivo. Forse perché le persone così ci fanno venire la nostalgia di voler essere anche noi allo stesso modo, ma molto spesso non ne troviamo il coraggio. Ci vuole coraggio ad essere se stessi, ma è lì la grande differenza e la nascita di ogni vero santo.

Dai “Discorsi” di Sant’Agostino, Vescovo
(Discorso 293, 1-3)

La Chiesa festeggia la natività di Giovanni, attribuendole un particolare carattere sacro. Di nessun santo, infatti, noi celebriamo solennemente il giorno natalizio; celebriamo invece quello di Giovanni e quello di Cristo. Giovanni però nasce da una donna avanzata in età e già sfiorita. Cristo nasce da una giovinetta vergine. Il padre non presta fede all’annunzio sulla nascita futura di Giovanni e diventa muto. La Vergine crede che Cristo nascerà da lei e lo concepisce nella fede.

Sembra che Giovanni sia posto come un confine fra due Testamenti, l’Antico e il Nuovo. Infatti che egli sia, in certo qual modo, un limite lo dichiara lo stesso Signore quando afferma: “La Legge e i Profeti fino a Giovanni” (Lc 16, 16). Rappresenta dunque in sé la parte dell’Antico e l’annunzio del Nuovo. Infatti, per quanto riguarda l’Antico, nasce da due vecchi. Per quanto riguarda il Nuovo, viene proclamato profeta già nel grembo della madre. Prima ancora di nascere, Giovanni esultò nel seno della madre all’arrivo di Maria. Già da allora aveva avuto la nomina, prima di venire alla luce. Viene indicato già di chi sarà precursore, prima ancora di essere da lui visto. Questi sono fatti divini che sorpassano i limiti della pochezza umana. Infine nasce, riceve il nome, si scioglie la lingua del padre. Basta riferire l’accaduto per spiegare l’immagine della realtà. Zaccaria tace e perde la voce fino alla nascita di Giovanni, precursore del Signore, e solo allora riacquista la parola. Che cosa significa il silenzio di Zaccaria se non la profezia non ben definita, e prima della predicazione di Cristo ancora oscura? Si fa manifesta alla sua venuta. Diventa chiara quando sta per arrivare il preannunziato. Il dischiudersi della favella di Zaccaria alla nascita di Giovanni è lo stesso che lo scindersi del velo nella passione di Cristo. Se Giovanni avesse annunziato se stesso non avrebbe aperto la bocca a Zaccaria. Si scioglie la lingua perché nasce la voce. Infatti a Giovanni, che preannunziava il Signore, fu chiesto: “Chi sei tu?” (Gv 1,19). E rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto” (Gv 1,23). Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: “In principio era il Verbo” (Gv 1,1). Giovanni è voce per un po’ di tempo; Cristo invece è il Verbo eterno fin dal principio.

[*] Vengono celebrati quelli di Nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio (Natale, 25 dicembre e Venerdì Santo) e della Beatissima Vergine Maria, la Madre (8 settembre e 15 agosto).

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Domenico Bigordi detto Ghirlandaio, Nascita di San Giovanni Battista (ciclo degli Episodi della vita della Madonna, di San Giovanni Battista e di Santi), 1485-1490, affresco, cappella maggiore detta Tornabuoni, dedicata alla Vergine Maria, chiesa di Santa Maria Novella, Firenze.

Avanzamento lettura