Podcast 1/36 – 15 agosto 2024 – Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria: “Magnificat anima mea Domino”:
Nel cuore del mese di agosto in Oriente e in Occidente si celebra la Solennità dell’Assunzione di Maria, Madre di Dio, al Cielo. Nella Chiesa Cattolica, il dogma dll’Assunzione fu proclamato durante l’Anno Santo del 1950 dal Papa Pio XII con la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus: “Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, … pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II afferma: “Maria assunta in cielo, con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen gentium, 62).
La celebrazione, però, di questo mistero affonda le radici nella fede e nel culto dei primi secoli del cristianesimo, per quella profonda devozione verso la Madre di Dio che è andata sviluppandosi progressivamente nella Comunità cristiana. Già dalla fine del IV secolo e l’inizio del V, abbiamo testimonianze di vari Autori che affermano come Maria sia nella gloria di Dio con tutta se stessa, anima e corpo, ma è nel VI secolo che a Gerusalemme, la festa della Madre di Dio, la Theotòkos, consolidatasi con il Concilio di Efeso del 431, cambiò volto e divenne la festa della Dormizione, del passaggio, del transito, dell’assunzione di Maria, divenne cioè la celebrazione del momento in cui Maria uscì dalla scena di questo mondo glorificata in anima e corpo in Dio. Per capire l’Assunzione dobbiamo guardare alla Pasqua, il grande Mistero della nostra Salvezza, che segna il passaggio di Gesù alla gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la risurrezione. Maria, che ha generato il Figlio di Dio nella carne, è la creatura più inserita in questo mistero, redenta fin dal primo istante della sua vita, e associata in modo del tutto particolare alla passione e alla gloria del suo Figlio. L’Assunzione al Cielo di Maria è pertanto il mistero della Pasqua di Cristo pienamente realizzato in Lei. Ella è intimamente unita al suo Figlio risorto, vincitore del peccato e della morte, pienamente conformata a Lui. Ma l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Comunità dei Christifideles, la Comunione dei Santi.
Le scritture della festività di mezz’agosto indicano, tutte, l’eccezionalità dell’evento solennizzato. In particolare la prima: Apocalisse, capitolo 11 e 12. L’Apocalisse, come noto, è l’ultimo libro della Bibbia, libro visionario, affascinante e difficile. Il testo descrive il trionfo definitivo del regno di Dio. Appare, anzitutto, l’arca dell’Alleanza che rappresenta la presenza reale di Dio in mezzo al suo popolo. Dopo l’arca appare la Donna che è sposa feconda come il nuovo popolo del Signore, ed è esposta a grandi tribolazioni e persecuzioni. È vestita di sole, della stessa luce abbagliante di Dio, ed è coronata di dodici stelle che rappresentano l’interezza del popolo di Israele dal quale la Donna discende. È incinta e grida per le doglie del parto. La partoriente è l’immagine che i profeti spesso usano per annunciare i tempi finali della storia umana, quelli nei quali si sarebbero realizzate le grandi promesse di Dio. Tutto rinasce, tutto ricomincia da capo dopo la sconfitta del dragone, immagine che vuole richiamare l’antico e possente rettile seduttore e la nascita del figlio che “è destinato a governare tutte le nazioni”: dunque è il Messia di cui parla il Salmo 2: “Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: ‘Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato’. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra”. E il bambino “fu rapito verso Dio”: chiara allusione alla Risurrezione. Le forze dal male non prevalgono, il Messia torna presso Dio e non muore più. La donna, il popolo di Dio fugge nel deserto, luogo dell’esperienza ineguagliabile di Dio, dell’intimità con Lui. Davvero “Ora si è compiuta la salvezza…”, come canta una “gran voce” che viene dal cielo. Dio ha vinto, il male è sconfitto. La morte cede il passo alla risurrezione. Maria è stata assunta in cielo corpo e anima, cioè con tutto il suo essere è già partecipe della risurrezione dei morti che aspetta tutti noi, senza aver subito la corruzione del corpo di carne.
Per questo motivo il brano della seconda lettura è tratto dalla Lettera ai Corinti di Paolo in cui egli mette in chiaro come avverrà la resurrezione dei morti. I Cristiani di Corinto infatti avevano assunto una interpretazione tutta loro della risurrezione di Cristo: in forza della loro professione di fede pensavano di partecipare già spiritualmente alla salvezza cristiana. Il momento della morte era visto per loro come il passaggio definitivo verso questa situazione di pienezza. Escludevano così la risurrezione futura promessa invece dalla predicazione di Paolo e dal Vangelo. Nel capitolo 15 della sua lettera, Paolo mette in chiaro la situazione: Cristo è davvero risorto ed è stato il primo. Poi risorgeranno tutti coloro che gli appartengono ed egli riconsegnerà il suo regno a Dio Padre. Se Cristo è il primo di coloro che risorgono dai morti, Maria è la seconda e con la sua assunzione al cielo ci ricorda il destino di gloria e di felicità che attende tutti noi dopo la prova della morte. Paolo sembra spostare l’angolo di osservazione parlandoci della resurrezione di Cristo. In realtà non è così. La responsabilità e la morte di Adamo vengono riscattati dalla morte e resurrezione del Salvatore. In Maria è presente la nuova Eva: l’Immacolata. Per questo non poteva subire la corruzione della morte. Se Cristo ascende al cielo, Maria viene assunta al cielo anticipando il prodigio che investirà l’intera comunità dei credenti, coloro, cioè, che hanno fatto proprio questo mistero e lo vivono nell’attesa.
Il brano del Vangelo di Luca (1,39-56) che leggiamo nella liturgia di questa solennità ci fa vedere il cammino che la Vergine di Nazareth ha percorso per essere nella gloria di Dio. È il racconto della visita di Maria ad Elisabetta, in cui la Madonna è proclamata benedetta fra tutte le donne e beata perché ha creduto al compimento delle parole che le sono state dette dal Signore. E nel canto del Magnificat che eleva con gioia a Dio traspare la sua fede profonda. Ella si colloca tra i “poveri” e gli “umili”, che non fanno affidamento sulle proprie forze, ma che si fidano di Dio, che fanno spazio alla sua azione capace di operare cose grandi proprio nella debolezza. Se l’Assunzione ci apre al futuro luminoso che ci aspetta, ci invita anche con forza ad affidarci di più a Dio, a seguire la sua Parola, a ricercare e compiere la sua volontà ogni giorno: è questa la via che ci rende “beati” nel nostro pellegrinaggio terreno e ci apre le porte del Cielo. Il cantico della Vergine individua in tre fasi diverse la storia della salvezza interpretata alla luce dei nuovi avvenimenti che si stanno realizzando:
1. Nella prima parte (vv. 48 – 50) viene esaltata la bontà dell’Onnipotente e la disponibilità di chi accetta di condividere il suo disegno.
2. Nella seconda parte (vv. 51 – 53) si annuncia un capovolgimento di prospettiva: la fedeltà del Salvatore, che ha già dato storicamente prova della sua bontà, non è una fumosa speranza utopica.
3. Nella terza parte (vv. 54 – 55) si prende coscienza che le promesse fatte ad Israele stanno trovando il loro compimento: Gesù è la pienezza ed il compimento della salvezza promessa, ma non ci sono più tracce veterotestamentarie di vendetta, non ci sono nemici da distruggere, ma un mondo rinnovato dove anche ai ricchi liberati dalle loro vuote ricchezze è ridata la dignità dei poveri: “Rovesciando i potenti, Dio li libera dalle loro vane illusioni e li promuove alla dignità dei poveri”. Per questi legami con l’Antico Testamento si è avanzata l’ipotesi che il Magnificat, come gli altri due cantici presenti nel vangelo di Luca, erano già materiale liturgico utilizzato in ambiente giudeo-cristiano e che l’Evangelista ha utilizzato come fonte, adattato ed inserito nella vicenda che stava narrando. l’Inno meriterebbe pagine e pagine di esegesi che andrebbero dall’Antico al Nuovo Testamento. Maria, infatti, “Figlia di Sion” e “Madre dei Credenti” si pone come cardine tra l’uno e l’altro. Lei è, secondo l’espressione lirica ed ispirata del teologo riformatore Gerhoh di Reichersberg (1092-1169) nel suo Liber de gloria et honore Filii hominis 10,1, “Consummatio Synagogae” in una doppia prospettiva, l’una verso il passato, la Sinagoga, l’altra verso il futuro, la Chiesa. La Vergine, l’Autore dice, “era e rimane l’adempimento della Sinagoga (consummatio Synagogae), come figlia prediletta dei patriarchi; ma è anche – dopo il suo Figlio – della Chiesa santa il nuovo inizio (Ecclesiae sanctae nova inchoatio), come madre dei Credenti”. A tal proposito un pensiero mariano ci riporta all’Antico Testamento, nel Cantico dei Cantici al cap. 4 dove l’archetipo che il poeta ha in mente è quello generativo e materno, valorizzato dalla presenza delle acque fecondatrici (la “sorgente sigillata”) in riferimento al corpo umano della donna. In seguito l’espressione di sorgente o fontana sigillata è stata applicata alla Vergine Maria.
E Maria è per Elisabetta e in lei per tutti i Credenti, la portatrice dello Spirito Santo. La presenza dello Spirito Santo fa sussultare, ricolmare di gioia. Anche Elisabetta è colma di Spirito Santo. Questo è il dono che viene dall’Alto, l’Inattesa presenza, la Shekinà, la possente esistenza che non può restare rinchiusa perché è il Bene ed il Bene è “diffusivum sui”, come afferma Tommaso nella sua Summa! La prima azione generata dallo Spirito Santo è una benedizione. Le parole pronunciate da Elisabetta sono parole pregne di Spirito Santo, sono proclamazione della autentica beatitudine di Maria, che è beata perché ha creduto e credendo ha concepito il Signore. Ha offerto all’Altissimo la possibilità di realizzare il Suo desiderio. Dio ha realizzato il sogno di abitare in mezzo al suo popolo, di camminare tra le strade del mondo, di dire a tutti che Egli è innamorato di ciascuno di noi. Che è disposto a manifestare il suo amore fino in fondo, fino alla fine. Dove lo Spirito passa con il suo soffio toglie il velo del non conosciuto e Luca attira l’attenzione sulla funzione di Maria: essere la “Madre del Signore”. Maria non è destinataria passiva di un arcano disegno che la rende benedetta, ma attivamente sa accettare e aderire alla volontà di Dio. Maria è una creatura che crede, perché si è fidata di una parola nuda e che ella ha rivestito col suo “sì” di amore.
Elisabetta ha cantato la grandezza di Maria, ora Maria canta le lodi del Signore, il vero artefice della sua grandezza. Egli ha manifestato la sua vicinanza salvifica, è intervenuto nell’esistenza di questa ragazza.
Dio ha guardato alla bassezza (tapeinosis) della serva. L’umiltà di Maria però non è bassezza, carenza o povertà, ma apertura a rendersi disponibile al dono di Dio che la renderà beata per tutte le generazioni. Maria sottolinea come Dio in lei è diventato tutto, la sua vita: una cosa sola. Le “grandi cose” fatte da Dio fino a quel momento erano la creazione (Gb 5, 9) e la liberazione di Israele dall’Egitto (Dt 10, 21; 11, 7), con lei Dio si manifesta grande per il concepimento verginale e soprattutto per la divina maternità. L’ha costituita Madre del suo Figlio Unigenito. Le ha data una così alta dignità, che non sarà mai di nessun’altra creatura. Solo Lei è così eccelsa, così elevata, così santa, così divinizzata, così ricca di Spirito Santo. Per questo il suo Nome è Santo: Dio stesso viene riconosciuto nella sua divinità, imprevedibile nel suo agire eccetto che per la sua certa misericordia. Santo sarà anche il frutto del suo intervento creatore (Lc 1, 35). Ora viene per dare santità ad ogni altro uomo attraverso la Tutta Santa. Le opere di Dio non riguardano più solo Maria, la persona che esprime la lode, ma acquista dimensioni più ampie, universali. La rivoluzione di Dio cantata da Maria indica il progetto del Creatore sull’umanità: costruire una comunità di fratelli perché la parola d’ordine è unica: “fare una Comunione di Santi”. Dio cerca l’uomo. In lui vuole la conversione, per questo per rifare la storia umana, fatta di peccato e di sangue, indica la strada dimostrandosi come colui che preferisce gli umili, i poveri; come colui che è dalla parte degli schiantati dai potenti, dalla parte degli emarginati. La salvezza cantata da Maria ha come base la liberazione dal peccato e, quando si dice peccato, si dice rottura di relazione tra l’uomo e Dio e degli uomini tra loro. Il rovesciamento di situazione proclamato da Maria è come la risposta di fedeltà all’impegno che Jahvè aveva preso con i primi patriarchi a favore del suo popolo e di tutta l’umanità. Questa promessa è per sempre, cioè abbraccia tutta l’umanità e tutti i tempi, perché Gesù è il vero compimento di tutta la Legge e di tutti i Profeti.
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