Podcast 2-54 – 2 marzo 2025 – VIII Domenica del Tempo Ordinario. Gesù invita alla purificazione del cuore
Prima Lettura: Sir 27,5-8 – Non lodare nessuno prima che abbia parlato. Salmo responsoriale: Sal 91 – È bello rendere grazie al Signore. Seconda Lettura: 1Cor 15,54-58 – Ci ha dato la vittoria per mezzo di Gesù Cristo. Vangelo: Lc 6,39-45 – La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Il Signore è il mio sostegno,
mi ha portato al largo,
mi ha liberato
perché mi vuol bene
(Cf. Sal 17,19-20)
Con quattro brevi parabole Gesù esorta i discepoli a guardarsi bene dell’ipocrisia. L’ipocrisia è il male terribile che impedisce di prendere coscienza dei propri limiti e rende l’uomo giudice implacabile degli altri.
Gesù invita la sua Chiesa ad una vera conversione del cuore per vivere una fede viva e coinvolgente. Le quattro brevi parabole sono assai efficaci e sono dirette sia ai pastori che al popolo di Dio. Da qui la necessita di un’autocritica alla luce della “parola di Dio”. È la parola di Dio che oggi ci interpella, ci invita a riflettere, a tirare fuori ciò che è buono e saggio, ci invita a misurare con la stessa misura noi e gli altri, consapevoli dei nostri limiti e carenze. Essere persona libera ed aiutare il fratello a liberarsi è la dinamica del saggio educatore senza quella falsa ipocrisia che porta a vedere i difetti degli altri e non scorgere mai i propri. La tentazione è sempre quella di essere indulgenti con noi stessi; e duri, anzi durissimi, nei riguardi degli altri. Gesù ebbe a dire: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del fratello e non vedi la trave che c’è nel tuo occhio?”. Può, dirà Gesù, un cieco guidare un altro cieco?
Una vera guida deve possedere quella saggezza ed umiltà che gli permetta di svolgere bene il suo ruolo e discernere la via giusta da seguire. L’atteggiamento da vivere è l’empatia o la capacità di immedesimarsi nella realtà dell’altro, ascoltare le motivazioni per meglio aiutarlo. Inoltre possedere sempre rispetto caloroso ed accoglienza incondizionata dell’altro: due virtù che evidenziano l’amore misericordioso di Dio. L’atteggiamento da evitare: quello di volere apparire predicatore, giudice, moralista.
Deciditi, dunque caro amico, a seguire la vera guida: Cristo Gesù, colui che non è nato cieco perché è la “luce”; l’unico che conosce la strada perché è “la via”; l’unico che dà senso alla vita perché è “la vita”: Gesù è vero Signore e Maestro. “Un discepolo, dice Gesù, non è più del maestro”, unico vero maestro è Gesù che si rivolge a noi dicendo: “imparate da me, che sono mite ed umile di cuore”.
Come riconoscere noi stessi se siamo o no guide cieche? Ce lo insegna lo stesso Cristo Gesù: l’albero si riconosce dai frutti; l’albero buono dà frutti buoni, l’albero cattivo dà frutti cattivi. Non dobbiamo essere ipocriti: predicare bene ed operare male. L’ipocrisia sta nello zelo nel rilevare i difetti degli altri e nessuna premura nel correggere i propri difetti. La carità fraterna è un dovere ma va fatta sempre con verità, carità ed umiltà. La parola buona sa correggere con mitezza chi sbaglia ed aiuta a rimuovere la pagliuzza che può esserci nel proprio occhio; parola buona è quella che infonde sempre coraggio e speranza.
Cristo Gesù oggi invita il suo discepolo, ciascuno di noi, alla purificazione del cuore, ad una vita responsabile ed attenta. Uomo, sii te stesso; vivi da uomo, da figlio di Dio, redento da Cristo, per la vita eterna. Se la Chiesa tutta: clero e laici, ci mettiamo con umiltà in ascolto della parola di Dio, si può guardare al futuro anche in mezzo a difficoltà dovute alla cattiveria altrui o alla nostra fragilità. Il futuro è nelle mani di Dio, l’avvenire è del Cristianesimo, come assicura Gesù: “Le porte degli inferi non prevarranno”. Maria, madre di Gesù e madre nostra, alla quale siamo stati affidati dalla misericordia divina, non abandonerà mai i suoi figli. “Rivolgi a noi, Madre, gli occhi tuoi misericordiosi”.
Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Hamburger: una logica
di Don Erminio Villa
Capita di essere sommersi da parole amare di chi vede solo nero nella propria vita buia e allora mastica lamentele, negatività, acidità, e ti sotterra di brontolamenti, sentenze, pianti e rimpianti. Appena però tu provi a dire mezza frase su ciò che ti riguarda, quelle stesse persone di colpo ci vedono benissimo per analizzare te e pretendono di darti lezioni, anzi ti compatiscono perché non vedi e non reagisci.
Gesù ci fa fare una visita oculistica: “Come può un cieco guidare un altro cieco? Come puoi dire: Lascia che tolga la pagliuzza nel tuo occhio. Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e ci vedrai”.
Ci diciamo pacifisti, ma quante guerre causiamo nel nostro piccolo, quante battaglie inneschiamo, quante invasioni nella vita degli altri per assoggettarli a noi ferendoli nel cuore, uccidendo la loro serenità, distruggendo sentimenti, rapporti, sorrisi, reputazione, stima, o radendo al suolo idee, sogni, progetti, dialoghi.
Pensiamo all’hamburger. Ci vuole un pane morbido e fragrante. In ogni dialogo si inizia con il buono: “Mi sei piaciuto quando… Ti faccio i complimenti perché…”. Sentendosi apprezzati, si è più predisposti ad ascoltare tutto. Abituati a focalizzarci sul negativo, non cogliamo il bene che non solo va scovato, ma va poi usato come leva per intervenire su ciò che non va, distinguendo sempre tra l’errore e l’errante. Sono due dimensioni diverse: confonderle inquina i rapporti.
È la sostanza del panino, che va cucinata con cura e attenzione alla misura usata per ingredienti diversi. Ogni acidità rovina. La critica è costruttiva se diventa sinergia per aggiustare, sistemare, raddrizzare, rifare, ripartire. Ogni osservazione o correzione che rivolgo però mi interpella come parte in causa dell’errore o della mancanza: ho fatto e ho detto tutto quanto potevo e come dovevo? Sono sicuro di aver dato il meglio di me? Ho provveduto a garantire gli strumenti per capire e agire? Come sono messo io nell’offrire quello che sto pretendendo?
Un hamburger poi necessita del gusto in più delle salsine, della maionese dell’ironia o del check-up della simpatia da aggiungere con attenzione perché se si fa in qualche modo schizza e si fanno guai.
Infine si chiude con un’altra morbida profumata fetta di pane, che è sia il credere che c’è un bene che fa andare oltre, sia il dichiarare e il dimostrare di volerlo. E poi farlo.

Foto di copertina: Jan Collaert I alias Hans Collaert, La pagliuzza nell’occhio altrui, 1585, incisione a bulino e acquaforte, 27,5×34 cm, Biblioteca nazionale di Spagna.
Da un soggetto di Ambrosius Francken, inserita nella raccolta “Theatrum Biblicum, hoc est, Historiae sacrae veteris et novi testamenti tabulis aeneis expressae”, versione seicentesca del “Thesaurus Novi Testamenti elegantissimis iconibus expressus continens historias atque miracula do[mi] ni nostri Iesu Christi”, una serie di 12 parabole evangeliche originariamente pubblicata da Gerard de Jode ad Antwerpen nel 1585 e successivamente da Claes Jansz. Visscher ad Amsterdam.
Stampato su sottile carta pregiata vergellata recante filigrana “Arme di Amsterdam”, tipica di produzione cartaria neerlandese del XVII secolo, con grandi margini oltre l’impronta della lastra.
A sinistra, un uomo con una pagliuzza nell’occhio, a destra, un uomo con una trave nell’occhio; l’uomo a destra, che cerca di rimuovere la pagliuzza dall’occhio del suo vicino; dietro, a destra, una mandria di maiali selvatici.