La Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal Parroco della Cattedrale, Don Domenico De Risi, assistito dal Diacono Dott. Giovanni Prevete, Cavaliere di Ufficio, alla presenza del Delegato di Napoli e Campania, il Nob. Manuel de Goyzueta e Toverena, dei Marchesi di Toverena, dei Marchesi di Trentinara, Cavaliere di Giustizia, e del Responsabile della Comunicazione della Real Commissione per l’Italia, Vik van Brantegem, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento.
Don De Riso ha condiviso riflessioni profonde e significative, che hanno toccato il cuore di tutti i presenti, offrendo un momento di preghiera e di ricordo intenso e commovente. Ha iniziato la sua omelia – di cui riportiamo a seguire il testo integrale – ricordando tre fatti luttuosi. I primi due in riferimento alla celebrazione: la fine dell’assedio di Gaeta del 13 febbraio 1861 e l’incendio della Cattedrale di Nola nella notte.
A questi Don De Risi aggiunto un terzo fatto storico: la morte del filosofo domenicano Giordano Bruno, nato a Nola nel 1548, arso vivo a Campo de’ Fiori a Roma il 17 febbraio 1600. Era l’Anno Santo, ha sottolineato Don De Risi, e a Roma c’era anche il Vescovo di Nola, Fabrizio Gallo. Al riguardo, Don De Risi ha osservato: «Questi fatti rappresentano delle tragiche evidenze, sono l’oggettività documentata di una civiltà dimentica del Vangelo, non solo, ma delle più elementari norme del vivere civile bensì. E noi che rabbrividiamo al ricordo della sanguinaria ferocia dei popoli del passato, dovremmo maggiormente rabbrividire considerando questi fatti, avvenuti non in un passato remoto ma nel pieno dell’epoca moderna. Essi sono un monito a noi: monito a non dimenticare mai che la ragion di stato, o il trionfo della verità, perdono ogni valore, se la loro affermazione dovesse costare lacrime, sangue, morte e distruzione» [*].
Al momento delle Preghiere dei fedeli, recitate dal Diacono, il Cerimoniere Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito, ha reso omaggio a Don Gaetano Iaia, Cappellano de Jure Sanguinis, deceduto nella mattinata, rinnovando l’impegno nel portare avanti con devozione e rispetto il suo lavoro e il suo ricordo.
I partecipanti alla Santa Messa hanno potuto ricevere la Santa Comunione sotto le due specie.
Al termine del Sacro Rito, il Delegato Don Manuel de Goyzueta ha recitato la Preghiera del Cavaliere Costantiniano.
Quindi, il Cav, Vik van Brantegem ha dato lettura della Lettera inviata dal Gran Maestro al Delegato per l’occasione, di cui riportiamo di seguito il testo integrale.
Dopo la tradizionale foto di gruppo a conclusione della Santa Messa, per l’occasione è stato fatto anche una foto di gruppo con sullo sfondo il dipinto Incendio della cattedrale di Gaetano D’Agostino, che si trova in fondo alla cattedrale sulla parete della controfacciata principale d’ingresso, al di sopra della porta principale.
Poi, in una breve ma commovente cerimonia che si è svolta in sagrestia, sono stati consegnati dei Diplomi di Elogio Costantiniani ai tre Carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna in provincia di Napoli, che lo scorso mese di maggio sono riusciti a rianimare una bambina in piena crisi respiratoria prima dell’arrivo dei soccorsi, salvandogli la vita, mostrando grande abnegazione e senso del dovere: il Brigadiere Francesco Trinchese, l’Appuntato Scelto Qualifica Speciale Raffaele Napolitano e l’Appuntato Scelto Clemente Rossino.
A seguire, si è svolta la programmata visita guidata alla parte antica della Cattedrale e al Museo Diocesano, organizzata dal Cav. Prof. Antonio De Stefano e reso possibile grazie alla generosa ospitalità del Dott. Michele Napolitano, Presidente dell’Associazione Culturale “Meridies” e della Dott.ssa Antonia Solpietro, Direttore del Museo Diocesano.
La visita al museo, aperto per l’occasione esclusivamente per l’Ordine Costantiniano ha offerto un momento di suggestione, e di elevazione spirituale e culturale, arricchita dalla grande competenza e dalla passione della Dott.ssa Luigina Panagrosso, Segretario di “Meridies”, che ha guidato i partecipanti attraverso opere d’arte di straordinaria bellezza e valore storico e che con grande dovizia di particolari, ha permesso di ammirare opere d’arte veramente eccezionali, come la Cappella cinquecentesca della Famiglia Barone, Marchesi di Liveri, la pala d’Altare in marmo riproducente San Girolamo di Giovanni Merliano da Nola.
Inoltre, altre opere lapidee risalenti alla cattedrale antica e opere quattrocentesche e cinquecentesche, come una Santa Lucia su tavola, proveniente dalla chiesa del Castello della Famiglia Ruffo di Castelcicala, e la pala d’altare in legno di Gerolamo Scacco, riproducente l’Annunciazione, proveniente dalla chiesa dell’Annunziata del convento delle Canonichesse Lateranensi.
Nel Salone dei Medaglioni, che in passato faceva parte del Piano Nobile dell’Episcopio, l’appartamento del Vescovo, tra i ritratti dei Vescovi di Nola, si trova quello di Filippo Lopez y Royo (Monteroni di Lecce, 26 maggio 1728 – Napoli, 1º maggio 1811) che fu Vescovo di Nola, Arcivescovo di Palermo e Monreale e Viceré di Sicilia, nonché membro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
Figlio cadetto del Duca di Taurisano, studiò presso i Teatini di Lecce: completò la sua formazione presso la Casa di San Paolo Maggiore a Napoli, dove fece pure il noviziato e professò come chierico teatino. Fu ordinato sacerdote a Castellammare di Stabia nel 1752. Fu docente presso numerosi seminari e collegi e Procuratore generale del suo ordine. Nel 1768 fu eletto Vescovo di Nola e indisse alcuni Sinodi per riportare il clero diocesano sotto l’autorità episcopale. Per volere di Re Ferdinando IV nel 1793 si trasferì in Sicilia come Arcivescovo di Palermo e di Monreale, nomina che fu approvata da Papa Pio VI. Nel 1794 divenne Presidente e Capitano Generale del Regno di Sicilia, e successivamente Viceré. I principali obiettivi del suo governo furono quelli di evitare il formarsi in Sicilia di un partito filofrancese e di rafforzare i poteri dell’aristocrazia per riavvicinarla alla Corona.
Nel libro di Maria Toscano, Da santuario a laboratorio. La centralità del Vesuvio per lo sviluppo delle teorie naturalistiche nel secondo Settecento (Adi editore 2021) si legge: «Le fonti inedite mostrano bene come durante gli anni del vescovato di Lopez il Seminario Nolano rappresentò uno dei luoghi di cultura e di formazione più significativi del Regno, se non il più significativo (fonte Renata De Lorenzo). Il corpo docente di esso annoverava infatti alcune delle personalità più in vista delle lettere e delle scienze (…). Tutti personaggi scelti dal vescovo in persona, in maniera assai attenta, per l’eccellenza delle competenze ma anche per essere caratterizzati da una mentalità progressista e aperta alle idee d’oltralpe. (…) Questa vera e propria età dell’oro del seminario nolano non mancò di dare i propri frutti, tra i numerosissimi discenti provenienti da ogni parte del Regno vi furono infatti alcuni tra gli uomini più significativi della stagione giacobina e riformista (…) che indica che l’indirizzo dato da Lopez al seminario riuscì a perdurare per diversi decenni e nonostante le travagliate vicende politiche che caratterizzarono quegli anni». Agape fraterna
Terminata la visita guidata, la serata è proseguita in un clima di fraternità presso il rinomato Ristorante-Pizzeria “Biliardo 65”, dove gli ospiti hanno potuto gustare prelibatezze culinarie in un ambiente conviviale e accogliente, cementando i legami di amicizia e rispetto reciproco, che sono alla base dell’appartenenza all’Ordine Costantiniano. Ringraziamenti
Il Delegato ha espresso il ringraziamento al Parroco Don Domenico De Risi per la calorosa accoglienza riservata; al Cav. Vik van Brantegem per la sua presenza anche in rappresentanza della Real Commissione per l’Italia; al Consigliere e Responsabile della Comunicazione della Delegazione, il Prof. Antonio De Stefano, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, per il supporto organizzativo fornito come sempre; al Consigliere e Cerimoniere della Delegazione, il Dott. Domenico Giuseppe Costabile, Cavaliere di Merito; al Dott. Michele Napolitano e alle Dott.sse Antonia Solpietro e Luigina Panagrosso per la grande disponibilità e vicinanza nel aver reso possibile la visita guidata; e infine a tutti i Cavalieri e Postulanti intervenuti da luoghi anche lontani, come Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno
La caduta di Gaeta
L’assedio di Gaeta tra il 5 novembre 1860 ed il 13 febbraio 1861 fu uno degli ultimi fatti d’armi delle operazioni di conquista dell’Italia meridionale nel corso del Risorgimento italiano. La Città di Gaeta, al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, era difesa dai soldati dell’esercito delle Due Sicilie, ivi arroccati dopo la Spedizione dei Mille e l’intervento della Regia Armata Sarda. La caduta di Gaeta, insieme con la successiva presa di Messina e di Civitella del Tronto, portò alla proclamazione del Regno d’Italia.
Il 13 febbraio 1861, nella villa reale dei Borbone (già villa Caposele, attualmente Villa Rubino, a Formia) venne firmato l’armistizio. Alle ore 18.15 le artiglierie di entrambi gli schieramenti cessarono le ostilità, entrando in vigore il cessate il fuoco a seguito della firma della capitolazione, e la guarnigione di Gaeta uscì dalla piazzaforte con l’onore delle armi.
La cittadella di Messina si arrese a Garibaldi dopo due mesi, il 12 marzo e Civitella del Tronto – ultima roccaforte dell’esercito duosiciliano – riuscì a resistere all’esercito piemontese con 530 uomini appartenenti ai diversi corpi (gendarmeria, fanteria di riserva, reali veterani, artiglieria) con 21 cannoni, 2 obici, 2 mortai e 1 colubrina in bronzo del museo, fino al 20 marzo 1861. Dopo due giorni di terrificanti bombardamenti – 7.860 proiettili per 6.500 kg di polvere utilizzata – i Piemontesi riescono ad entrare attraverso una breccia. Finisce il Regno delle Due Sicilie.
La cattedrale di Nola
La basilica cattedrale di Nola, dedicata a Santa Maria Assunta in Cielo e ai Santi Felice Vescovo Martire e Paolino conserva le spoglie di San Paolino trafugate dal complesso paleocristiano di Cimitile tra il IX e X secolo dai longobardi e trasportate prima a Benevento e poi a Roma, ritornate a Nola soltanto nel 1909. Una cappella conserva le spoglie in un’urna bronzea mentre sull’altare maggiore svetta l’Immacolata Concezione fatta in cartapesta secondo l’artigianato tipico della città, famosa a livello internazionale per la festa dei Gigli come molti dettagli in essa presenti, gli angeli reggicero e il soffitto a cassettoni. L’opera è stata realizzata in collaborazione con manovalanza leccese.
La cattedrale sorge in piazza Duomo, dove su lato sinistro è visibile la statua dedicata all’imperatore Augusto legato al territorio nolano, nel punto in cui si costruì la basilica inferiore intorno alla sepoltura del corpo di San Felice Vescovo e Martire, mai ritrovato. La facciata è preceduta da un portico con cinque arcate sorrette da colonne in marmo.
La chiesa collega i due momenti storici, dalla fine del Trecento quando venne costruita per volere del Conte Niccolò Orsini al di sopra delle strutture più antiche relative alla basilica inferiore in cui sono ancora visibili una croce gemmata di V-VI secolo ed un altorilievo con Cristo fra gli apostoli di XIII secolo. Distrutta più volte durante i secoli, è una costruzione moderna, edificata tra il 1869 e gli inizi del Novecento su progetto dell’architetto Nicola Breglia in stile neorinascimentale: essa fu inaugurata nel maggio 1909 con la traslazione delle reliquie di San Paolino.
La nuova costruzione fu necessaria a causa del devastante incendio che avvenne nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 1861, ad opera di facinorosi rivoluzionari e massoni. La cattedrale fu prima saccheggiata e poi incendiata, quando la capitolazione della Fortezza di Gaeta era già concordata e firmata, e ne era giunta la notizia anche a Nola. L’incendio doloso distrusse completamente l’antica chiesa gotica; di essa si salvarono soltanto alcuni manufatti, le statue dei santi patroni, la cripta, la cappella e la statua dell’Immacolata.
Messaggio del Gran Maestro
Nob. Don Manuel de Goyzueta di Toverena
dei Marchesi di Toverena e di Trentinara
Cavaliere di Giustizia
Delegato di Napoli e Campania
del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio
Madrid, 18 gennaio 2024
Caro Delegato, cari Confratelli, Amici e Amiche. È con immenso piacere che ricevo la notizia della partecipazione della Delegazione di Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata dal nostro Delegato, Nob. Don Manuel de Goyzueta di Toverena, dei Marchesi di Toverena e di Trentinara, Cavaliere di Giustizia, alla solenne Santa Messa che viene celebrata nel duomo di Nola, in occasione del 163° anniversario della Capitolazione della Fortezza di Gaeta, avvenuta il 13 febbraio 1861.
Dedichiamo questo momento di preghiera in suffragio di tutti i caduti del Regno delle Due Sicilie e in ricordo dell’incendio doloso del duomo avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 1861. È anche occasione per riflettere su un capitolo cruciale della nostra storia, l’assedio di Gaeta, uno degli ultimi fatti d’armi delle operazioni di conquista dell’Italia meridionale durante il Risorgimento italiano. Gaeta, al confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, fu difesa con coraggio dai soldati dell’esercito duosiciliano. La caduta di Gaeta, avvenuta il 13 febbraio 1861, segnò la proclamazione del Regno d’Italia.
Ricordiamo con profonda commozione la firma dell’armistizio nella villa reale dei Borbone, oggi Villa Rubino, a Formia. Alle ore 18.15 del 13 febbraio 1861, le artiglierie di entrambi gli schieramenti cessarono le ostilità, entrando in vigore il cessate il fuoco a seguito della firma della capitolazione. La guarnigione di Gaeta uscì dalla piazzaforte con l’onore delle armi.
Questo periodo storico segnò la fine del Regno delle Due Sicilie, con la successiva caduta di Messina e di Civitella del Tronto. Vogliamo, con questa Santa Messa, onorare la memoria di coloro che sacrificarono la propria vita per difendere la propria Terra e ricordare con rispetto e dolore l’incendio doloso del duomo di Nola.
Pregando insieme, chiediamo la pace per le anime di quanti hanno patito e sofferto in quei giorni di conflitto.
Che questa celebrazione sia un rinnovato impegno per custodire la memoria di coloro che ci hanno preceduto e per costruire un futuro di fratellanza, di comprensione e di pace.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie e Orléans
Duca di Calabria, Conte di Caserta
Gran Maestro
Solo l’amore «crea», e ciò che non è amore, dunque, distrugge
Omelia di Don Domenico De Risi
Carissimi fratelli e sorelle, stimatissimi cavalieri dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio,
fatti luttuosi si presentano oggi alla nostra memoria: la fine dell’assedio di Gaeta, che causò alle truppe borboniche 826 morti e 569 feriti (a fronte dei 46 morti e 321 feriti dell’esercito piemontese), l’incendio della Cattedrale di Nola del 13 febbraio 1861, e la morte del grande filosofo Giordano Bruno, arso vivo a Campo de’ Fiori il 17 febbraio del 1600 (era l’Anno Santo, e a Roma c’era anche il vescovo di Nola Fabrizio Gallo).
Questi fatti rappresentano delle tragiche evidenze, sono l’oggettività documentata di una civiltà dimentica del Vangelo, non solo, ma delle più elementari norme del vivere civile bensì. E noi che rabbrividiamo al ricordo della sanguinaria ferocia dei popoli del passato, dovremmo maggiormente rabbrividire considerando questi fatti, avvenuti non in un passato remoto ma nel pieno dell’epoca moderna. Essi sono un monito a noi: monito a non dimenticare mai che la ragion di stato, o il trionfo della verità, perdono ogni valore, se la loro affermazione dovesse costare lacrime, sangue, morte e distruzione.
Non sarà, dunque, inopportuno quest’oggi richiamare le parole pronunciate da Paolo VI nel suo discorso all’ONU del 4 ottobre 1965: «Voi attendete da Noi questa parola, che non può svestirsi di gravità e di solennità: non gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l’Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace! Ascoltate le chiare parole d’un grande scomparso, di John Kennedy, che quattro anni or sono proclamava: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”. Non occorrono molte parole per proclamare questo sommo fine di questa istituzione. Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve camb