Dottrina Sociale della Chiesa – Ottava parte: Sintesi – Quarta parte

È stato pubblicato sul canale Spreaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio l’ottavo Podcast di una serie sulla Dottrina Sociale della Chiesa a cura del Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento. Nel suo impegno per la salvezza di ogni persona, la Chiesa si preoccupa di tutta la famiglia umana e delle sue necessità, compresi gli ambiti materiali e sociali. A tal fine sviluppa, come una bussola, una dottrina sociale per formare le coscienze e aiutare a vivere secondo il Vangelo e la stessa natura umana. «Con tale dottrina, la Chiesa non persegue fini di strutturazione e organizzazione della società, ma di sollecitazione, indirizzo e formazione delle coscienze» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 81). «La Chiesa (…) ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell'uomo, della sua dignità, della sua vocazione» (Caritas in veritate, 9).
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Podcast 2-70 – Dottrina Sociale della Chiesa – Ottava parte: Sintesi – Quarta parte

CAPITOLO SETTIMO – La vita economica

1. Aspetti biblici – Nell’Antico Testamento si riscontra un duplice atteggiamento verso i beni economici e le ricchezze: apprezzamento per i beni necessari per la vita e condanna per il loro cattivo uso. Gesù conferma ovviamente quanto asserito nell’Antico Testamento rilevando, tuttavia, che i beni, pur se legittimamente posseduti, mantengono sempre una destinazione universale.

2. Morale ed economia – La Dottrina Sociale della Chiesa insiste sul necessario rapporto fra morale ed economia, intesa come il complesso delle attività e delle relazioni fra gli uomini connesse alla produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi. Essa è, anzitutto, per l’uomo che resta il soggetto della vita economica e sociale di cui deve favorire lo sviluppo solidale. Per questo non sono accettabili e vanno combattute, pur nel rispetto della giustizia e della carità, quelle strutture che generano e mantengono povertà, sottosviluppo e degradazione.

3. Iniziativa privata e impresa – In un regime che riconosce i diritti fondamentali l’uomo ha piena libertà di iniziativa e quindi anche quella di costituire un’impresa. Da ciò consegue la legittimità del profitto. Ma la morale esige che l’impresa si caratterizzi anche per la capacità di servire il bene comune mediante la produzione di beni o servizi utili. Sul lavoro va scrupolosamente rispettata la dignità della persona. L’attività lavorativa dovrà inoltre essere organizzata in modo da favorire la famiglia. Fra gli altri obblighi di carattere sociale un’attenzione particolare va riservata alla tutela dell’ambiente. Le risorse dovrebbero infine essere investite, preferibilmente, in luoghi e settori che valorizzino uomini e popoli.

4. Istituzioni economiche al servizio dell’uomo – La prima di tali istituzioni può essere considerata il libero mercato, sistema economico basato sulla libera concorrenza rispondendo ai bisogni dei consumatori e moderando gli eccessi di profitto. In questo quadro l’azione dello Stato e del sistema fiscale ha il compito di promuovere e orientare lo sviluppo e di regolare con norme di diritto i rapporti economici. Un ruolo di crescente importanza negli Stati dell’Occidente è quello svolto dalle organizzazioni private che operano a favore degli altri senza fini di lucro (privato sociale).

5. Le “res novae” in economia – La globalizzazione. È un fenomeno che caratterizza il nostro tempo e che si è sviluppato negli ultimi decenni del ‘900, come progressivo allargamento delle relazioni sociali sino ad arrivare a interessare l’intero Pianeta. La globalizzazione economica e finanziaria e la globalizzazione delle comunicazioni (informatizzazione) ne rappresentano le forme più vistose. Ma questa riguarda pure la cultura e anche le forme dell’organizzazione politica della società. Va notato che “interrelazione globale” significa anche “interdipendenza globale”, per cui sostanziali modifiche che avvengono in una parte del mondo avranno ripercussioni anche altrove e in tempi relativamente brevi. La globalizzazione è un fatto positivo per un verso e negativo per altri. È positivo che gli uomini siano “più legati” tra loro facilitando la conoscenza delle rispettive culture, smorzando le incomprensioni e le paure, favorendone in qualche modo l’unità nel “villaggio globale”. Negativo è che la globalizzazione stia omologando tutte le culture e cancellando le radici ideali di molti popoli e nazioni. L’attuale globalizzazione economico-finanziaria scavalca le autorità politiche nazionali, che non possono controllarla appunto perché fenomeno mondiale, e finisce per sopraffare soprattutto le deboli autorità di certi Stati. La globalizzazione economica è il fenomeno attraverso il quale le economie nazionali, nel quadro generale della globalizzazione, tendono a integrarsi sempre più, arrivando alla creazione di un mercato unico mondiale. E ciò in funzione delle opportunità di crescita ovvero di difesa dei profitti. La realtà dell’integrazione fra le diverse economie è sotto gli occhi di tutti. Una diversa osservazione va invece fatta per alcune iniziative economiche che mettono sotto un certo aspetto in relazione Paesi diversi, ma a prevalente vantaggio degli uni sugli altri. Alludo alla cosiddetta delocalizzazione della totalità o di alcune fasi dei processi industriali in Paesi in via di sviluppo con basso costo del lavoro e assenza di vincoli sindacali, ambientali e d’altro genere con la finalità di accrescere la quota di mercato e ridurre i costi di produzione. Come la globalizzazione in generale, anche quella economica presenta aspetti positivi e aspetti negativi. Fra i primi, l’abbattimento dei prezzi delle merci e dei costi delle comunicazioni e delle nuove tecnologie. Fra i secondi va invece sottolineato l’inumano sfruttamento della manodopera dei Paesi poveri. A livello di Stati i dati rivelano poi che la globalizzazione economica sta producendo conseguenze inaccettabili e che devono essere corrette. La globalizzazione finanziaria. È noto che, da sempre, i mercati finanziari sono indispensabili alle attività produttive. E che, senza di essi, non si sarebbe avuta crescita economica. Ma oggigiorno assistiamo a uno sviluppo delle transazioni finanziarie fine a se stesso e quindi privo del suo ruolo originario ed essenziale di servizio all’economia reale e in definitiva alle persone. Ciò, tra l’altro, aumenta la possibilità di instabilità finanziaria e quindi espone molti Paesi, specie quelli ad economia fragile, alle conseguenze negative dell’instabilità. Per questo è necessario, sostiene la DSC, introdurre un sistema di norme capace di tutelare la stabilità e assicurare la massima trasparenza a vantaggio di tutti. Un fatto molto positivo riguarda la cosiddetta “Tobin tax” (dal nome dell’economista statunitense James Tobin, Premio Nobel nel 1981), consistente in una tassa sulle transazioni finanziarie. Dal 2013 è stata introdotta in Europa (non nel Regno Unito!). Fra le diverse proposte di utilizzo della somma riscossa il finanziamento degli ammortizzatori sociali contro la disoccupazione. I pericoli della globalizzazione e i possibili rimedi. La Dottrina sociale afferma poi con forza la necessità e l’urgenza che la comunità internazionale, attraverso gli organismi competenti, eserciti un forte ruolo di indirizzo economico e finanziario, in modo da contenere nel giusto binario gli effetti della globalizzazione. Ma per far ciò detti organismi dovrebbero essere dotati di maggiori poteri e resi più “democratici”, ossia più aperti alla partecipazione degli Stati. Nel contempo e da subito è necessaria una grande e completa azione educativa e culturale, che coinvolga ovviamente il sistema dell’istruzione giovanile. Per quanto infine riguarda il tema “economia ed etica” può essere interessante ricordare che un’apposita legge (“motu proprio”) recentemente emanata dal Papa obbliga lo Stato della Città del Vaticano a rispettare, tra l’altro, le regole stabilite dalla comunità internazionale (e per essa dall’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) contro il reato di riciclaggio.

CAPITOLO OTTAVO – La comunità politica

1. Aspetti biblici – Il popolo di Israele, all’inizio, non ha un re, come gli altri popoli, perché riconosce soltanto la signoria di Jahvè. Dio interviene nella storia attraverso uomini carismatici: i Giudici. All’ultimo di questi, Samuele, il popolo chiederà un re. E alla fine Saul riceverà l’unzione regale. Ma sarà un re diverso dagli altri. Scelto da Dio e da Lui consacrato, dovrà farsi difensore dei deboli e assicurare la giustizia. Le denunce dei profeti riguarderanno proprio le inadempienze dei re. Il prototipo del re scelto da Jahvè è Davide, iniziatore di una speciale tradizione regale, la tradizione “messianica”. Questa culmina infatti in Gesù Cristo, il Messia, l’”Unto di Jahvè”, il “Figlio di Davide”. Anche Gesù rifiuta, naturalmente, il potere oppressivo e dispotico dei capi delle nazioni, ma non contesta mai direttamente l’autorità e svela poi all’autorità umana, sempre tentata dal dominio, il suo significato autentico e compiuto di servizio. In definitiva il messaggio biblico nel suo complesso ispira il pensiero cristiano sul potere politico, ricordando che esso scaturisce da Dio ed è parte integrante dell’ordine da Lui creato.

2. Il fondamento e il fine della comunità politica – L’uomo è fondamento e fine della comunità politica. Essa è infatti costituita e amministrata dall’uomo a vantaggio dell’uomo stesso. La comunità politica è l’unità organica e organizzata di un popolo, complesso degli abitanti di uno Stato, e ha propri fini da perseguire. A sua volta il concetto di popolo non va confuso con quello di nazione, che è l’insieme degli individui legati da una stessa lingua, storia, civiltà e interessi. A ogni Stato corrisponde in genere una nazione, ma non sempre i confini dello Stato coincidono con quelli di una nazione. Sorge così la questione delle minoranze nazionali, che storicamente ha originato non pochi conflitti. Il Magistero sociale afferma che le minoranze costituiscono gruppi con specifici diritti e doveri. In primo luogo, un gruppo minoritario ha diritto alla propria esistenza. Nella legittima rivendicazione dei propri diritti, le minoranze possono essere spinte a cercare una maggiore autonomia o addirittura l’indipendenza. Le minoranze hanno anche doveri da assolvere tra cui, anzitutto, quello della cooperazione al bene comune dello Stato in cui sono inserite. Per la Dottrina sociale la convivenza politica acquista tutto il suo significato se basata sull’amicizia civile, che è l’attuazione effettiva dei principi di fraternità, libertà e di uguaglianza (Rivoluzione francese del 1789), rimasti in gran parte inattuati nelle società politiche moderne e contemporanee soprattutto a causa dell’influsso esercitato dalle ideologie individualistiche e collettivistiche.

3. L’autorità politica – In linea con gli “Aspetti biblici” sopra riportati, l’Enciclica Pacem in terris di san Giovanni XXIII afferma che “la convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune in grado sufficiente. Tale autorità, come insegna San Paolo, deriva da Dio: Non vi è infatti autorità se non da Dio” (n. 26). L’ autorità disciplina e orienta l’attività dei singoli e dei gruppi, rispettandone l’indipendenza, in vista del bene comune. Essa deve infatti riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani e i valori morali essenziali. Sono dunque leggi giuste quelle conformi alla dignità della persona umana e ai dettami della retta ragione. Il cittadino non è obbligato in coscienza a osservare le leggi ingiuste. Per tutelare il bene comune l’autorità pubblica ha il diritto e il dovere di comminare pene, proporzionate alla gravità dei delitti, con la duplice finalità di promuovere una giustizia riconciliatrice e di favorire il reinserimento delle persone condannate.

4. Il sistema della democrazia – Afferma l’Enciclica Centesimus annus che “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico ove ciò risulti opportuno” (n. 46). Continua l’enciclica che oggigiorno molti ritengono che solo l’agnosticismo e il relativismo morale consentano di essere dei veri democratici. In effetti, nella visione della DSC non basta il criterio della maggioranza dei consensi per aversi una decisione democratica. Occorre infatti che al criterio della maggioranza si affianchi anzitutto il rispetto dei valori umani e morali, fra cui primeggia il rispetto della verità oggettiva. È proprio in una società senza valori, conclude la Dottrina sociale, che la democrazia si converte facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo, come dimostra la Storia. I regimi democratici nella loro pratica realizzazione sono naturalmente connotati da altre caratteristiche. Tra esse: la divisione dei poteri, la presenza di enti pubblici intermedi e di strumenti per la partecipazione popolare, la libertà e la pluralità dell’informazione.

5. La comunità politica a servizio della società civile – La società civile è un insieme di relazioni e di risorse, culturali e associative, relativamente autonome dall’ambito sia politico sia economico. La comunità politica, e cioè l’organizzazione politica della società, è invece costituita per essere al servizio della società civile, dalla quale deriva. La comunità politica è tenuta a regolare i propri rapporti nei confronti della società civile secondo il principio di sussidiarietà.

6. Lo Stato e le comunità religiose – Il Concilio Vaticano II, con la Dichiarazione Dignitatis humanae, ha impegnato la Chiesa cattolica a promuovere la libertà religiosa come uno dei diritti umani fondamentali. E ciò naturalmente dev’essere anche fatto da ogni Stato che riconosca tali diritti. Nonostante quanto sopra, si calcola che la libertà religiosa sia attualmente negata in quasi un terzo dei Paesi del mondo.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in Città (dettaglio) (fa parte di Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, una serie di affreschi realizzati da Lorenzetti, contemporaneo al periodo del Governo dei Nove, volendo dare una rappresentazione del governo e delle conseguenze positive dello stesso nella società, e nella vita nella Città di Siena), 1338-40, affresco su parete, 200×720 cm, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena, Italia.
«Amate la giustizia voi che governate questa terra»
Gli affreschi del Buon e del Cattivo Governo di Siena
In Toscana, i frutti più nobili del lavoro e della creatività umana risalgono all’epoca in cui le città raggiunsero in Italia un livello di vita avanzatissimo e costituirono degli Stati il cui obiettivo non era la potenza ma il benessere dei cittadini. La riproduzione più significativa di questa epoca è quella degli affreschi del Buon e del Cattivo Governo, dipinti fra il 1337 ed il 1339 da Ambrogio Lorenzetti nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena e che rimangono di una grande importanza per il mondo contemporaneo. Furono commissionati ad Ambrogio Lorenzetti dal Governo dei Nove, che governò Siena dal 1287 al 1355, nel momento in cui la città è all’apogeo della sua potenza e della sua ricchezza ed è una delle quindici città più importanti d’Europa. Una potenza ed una ricchezza che Siena deve alla Via Francigena, una rete di strade e stradine che seguono i pellegrini provenienti dalla Francia per andare a Roma, che è anche un’arteria fondamentale per gli scambi ed il commercio fra l’Oriente e l’Occidente. Grazie a questa strada i mercanti senesi possono esportare i loro beni verso il nord dell’Europa ed importare d’Oriente spezie, tessuti e pietre preziose, come gli stili artistici ed i colori che ne fanno ancora il suo splendore. Con questi affreschi, Lorenzetti è chiamato a fare l’elogio del modello politico sofisticato della Repubblica di Siena.
Nell’allegoria del Buon Governo, la dama vestita di rosso porpora ed oro è la Giustizia, con la frase Amate la giustizia voi che governate questa terra, che apre il Libro della Saggezza. La stessa frase si legge nella pergamena che Gesù tiene in mano nella Maestà di Simone Martini, che si trova nella Sala del Mappamondo, dove si riuniva il Gran Consiglio di Siena, il Parlamento della Città. È la frase che Dante vede apparire nel cielo del Paradiso.
Le altre due figure che sono al centro del dipinto, sono la Saggezza e la Concordia, che sono legate da una corda ai cittadini che a loro volta la passano al Comune di Siena, rappresentato da una persona vestita in bianco e nero, i colori della Città. Tutti i dettagli dell’allegoria fanno riferimento alla concezione filosofica e del mondo di Aristotele e di San Tommaso d’Aquino, che sono l’essenza della Divina Commedia.

Nelle immagini che riproducono gli effetti del Buon Governo, Lorenzetti ha dipinto le sue caratteristiche e le sue conseguenze. Tutti si danno da fare e lavorano ad ogni angolo di strada; i contadini scambiano i loro prodotti e parlano con gli abitanti della città. I bambini giocano. Le fanciulle danzano, una donna in rosso convola a nozze e fonda una nuova famiglia, in un quadro di pace e serenità. Un’atmosfera che si oppone a quella di guerra e di distruzione provocata dal cattivo governo, rappresentato nell’allegoria del cattivo governo, i suoi effetti in città ed i suoi effetti in campagna.

L’allegoria del Cattivo Governo è dominata da una figura con le corna, il tiranno, che è strabico. Il tiranno non è per Lorenzetti, e la sua epoca, il dittatore. Il tiranno è colui che non pensa che ai suoi interessi e non vede il bene comune.
Nel 1310, il governo di Siena ha fatto tradurre gli Statuti della Città in toscano, affinché tutti i Senesi possano capire le leggi e le regole della vita comune. Nel 1337, commissionando gli affreschi a Lorenzetti, il Governo dei Nove vuole dire a tutti i cittadini, anche coloro che non sanno leggere, che la miglior forma di governo possibile è la repubblica.
I 9 che componevano il governo della Repubblica di Siena assumono il loro compito a rotazione, per un periodo di 3 a 6 mesi, restano rinchiusi nel Palazzo durante tutto il periodo del loro mandato per essere totalmente a servizio dei loro ideali e dedicarsi interamente alla missione del Bene Comune, che si oppone all’interesse particolare. Il nome originario degli affreschi è “il Bene Comune e la Pace” ed è solamente nel XVII secolo che vengono chiamati “Il Buon e il Cattivo Governo”.
Gli affreschi del Buon e del Cattivo Governo fanno comprendere che è sul rispetto dei valori etici come la giustizia, la saggezza, la concordia, che riposa il buon governo, quello che assicura il “Bene Comune”, il bene di tutti. Essi fanno vedere che è nelle città che è nato quel sistema di governo straordinario che è stato quello delle repubbliche italiane del Medio Evo, le Città-Stato, in cui un terzo dei cittadini partecipavano concretamente alla vita pubblica e politica. Essi ricordano che queste Città-Stato avevano fondato la loro potenza e la loro ricchezza sul commercio e lo scambio con il resto del mondo e che quelle società fiorenti furono il punto di partenza del Rinascimento, che avrebbe contribuito allo sviluppo dell’Europa e dell’umanità.

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