Podcast 2-63 – Dottrina Sociale della Chiesa – Sesta parte: Sintesi – Seconda parte
Questo è il secondo podcast dedicato alla sintesi del testo pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace sulla Dottrina Sociale della Chiesa.
CAPITOLO TERZO
La persona umana e i suoi diritti
1. Dottrina sociale e principio personalista – L’uomo è immagine vivente di Dio stesso e Cristo, Figlio di Dio, con la sua incarnazione, si è unito in un certo senso ad ogni uomo. Per questa sua suprema dignità, unica e intangibile, nella vita sociale l’uomo è il soggetto, il fondamento e il fine (principio personalista).
2. La persona umana “imago Dei” – Dio pone la creatura umana al centro e al vertice del creato. “Essendo ad immagine di Dio – scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica – l’individuo umano ha la dignità di persona (come Dio stesso). Non è soltanto qualcosa, ma qualcuno. È chiamato, per grazia, a un’alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore”. La relazione tra Dio e l’uomo si riflette nella dimensione relazionale e sociale della natura umana. L’uomo infatti non è un essere solitario, ma per sua natura è un essere sociale e non può vivere né esprimere le sue doti senza relazioni con gli altri. Per la sua dignità, la vita dell’uomo è sacra e inviolabile e Dio solo ne è il Signore. Con questa particolare vocazione alla vita, l’uomo e la donna si trovano di fronte anche a tutte le altre creature, di cui possono godere e fruire, senza libertà di sfruttamento arbitrario ed egoistico. Ed eccoci al dramma del peccato. Sappiamo dalla Genesi che l’uomo approfitta del grande dono della libertà e tenta di forzare il suo limite di creatura, sfidando Dio. La conseguenza del peccato è la frantumazione della famiglia umana. Il peccato, sempre personale perché è atto di libertà di un singolo uomo, è anche sempre sociale, in quanto ha anche conseguenze sociali di vario genere. Le conseguenze del peccato causano e alimentano quelle che vengono chiamate strutture di peccato: condizionamenti e ostacoli che durano molto di più delle azioni compiute nel breve arco della vita di un individuo e che interferiscono anche nel processo di sviluppo dei popoli, provocandone il ritardo o la lentezza.
3. La persona umana e i suoi molti profili – Facendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la Dottrina Sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle caratteristiche della persona umana, da cui deriva il suo mistero e la sua dignità: è un essere materiale, legato a questo mondo mediante il suo corpo e un essere spirituale, aperto alla trascendenza e alla scoperta di una verità più profonda. Sappiamo che lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura. Con questa posizione contrastano lo spiritualismo, che disprezza la realtà del corpo, e il materialismo, che considera lo spirito pura manifestazione della materia. Da questo “sinolo” discende la unicità ed irripetibilità della persona, intelligente e cosciente, capace di riflettere su sé stessa e quindi di aver coscienza di sé e dei propri atti. Tali caratteristiche possono anche mancare, senza che per questo l’uomo cessi di essere persona. La persona è in possesso di una libertà creata e quindi non assoluta il cui limite fondamentale, in apparenza, è la legge morale stabilita da Dio. Ma è proprio nell’accettazione della legge morale che l’uomo trova la sua vera e piena realizzazione. Allontanandosi da essa, l’uomo attenta alla propria libertà, si fa schiavo di se stesso, spezza la fraternità coi suoi simili e si ribella contro la volontà divina. La persona è vincolata alla verità e alla legge naturale. Nell’esercizio della libertà, l’uomo compie atti moralmente buoni, costruttivi della sua persona e della società, quando ubbidisce alla verità. L’esercizio della libertà implica anche il rispetto di una legge morale naturale che è universale e immutabile. La persona possiede l’uguaglianza in dignità di fronte a tutte le altre in virtù della sua somiglianza con Dio. Anche nei rapporti tra Popoli e Stati, condizioni di equità e di parità sono il presupposto per un autentico progresso della comunità internazionale. La persona è un essere sociale, perché così l’ha voluta Dio che l’ha creata.
4. I diritti umani – Il Magistero della Chiesa non ha mancato di valutare positivamente la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata dall’ONU il 10 dicembre 1948, “una vera pietra miliare sulla via del progresso morale dell’umanità”. Trattandosi di diritti legati alla dignità inviolabile di ogni essere umano, essi non sono concessi, ma devono essere semplicemente riconosciuti da tutti gli Stati. Le caratteristiche dei diritti umani sono: l’universalità, l’inviolabilità e l’inalienabilità. È evidente che quanto è vero per l’uomo è vero anche per i popoli e che il diritto internazionale poggia sul principio del rispetto dei singoli Stati, sul diritto all’indipendenza e all’autodeterminazione di ciascun popolo e su quello alla libera cooperazione in vista del superiore bene comune dell’umanità. Sul rispetto di questi diritti si fonda la pace.
CAPITOLO QUARTO
I principi della Dottrina Sociale della Chiesa
1. Significato e unità – Costituiscono i veri e propri cardini dell’insegnamento sociale Cattolico e sono le colonne portanti per edificare in modo compiuto una vita sociale buona, autenticamente rinnovata. Si tratta del principio della dignità della persona umana (personalismo) e dei principi del bene comune, della sussidiarietà e della solidarietà. Ogni principio non può essere applicato come fosse indipendente dagli altri. Infatti tra i principi esistono legami di reciprocità e di complementarità.
2. Il principio del bene comune – Esso è “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alla collettività sia ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente” (Gaudium et spes, N. 26) e si concretizza “nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona” (Mater et magistra, N. 65). È un bene di tutti e di ciascuno, indivisibile, che non corrisponde alla semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale, ma è un qualcosa di diverso e di più, che non può essere né imposto né concesso da qualcuno o da qualcosa. L’autorità pubblica ha la responsabilità di perseguire il bene comune, armonizzando con giustizia i diversi interessi settoriali.
3. La destinazione universale dei beni – Tra le molteplici implicazioni del bene comune assume un rilievo particolare il principio della destinazione universale dei beni, tipico della Dottrina Sociale Cristiana. “Dio ha destinato la terra, con tutto quello che in essa è contenuto, all’uso di tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire a tutti con equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la carità” (Gaudium et spes, N. 69). Questo principio deve ispirare l’economia, in modo che essa contribuisca alla creazione di un mondo più equo e solidale e quindi più umano, in cui ciascuno possa dare e ricevere e in cui il progresso degli uni non sia un ostacolo allo sviluppo degli altri né un pretesto per il loro assoggettamento. Col principio della destinazione universale dei beni non contrasta il diritto naturale alla proprietà privata, la quale dev’essere anzi accessibile a tutti. Ma quest’ultimo diritto resta subordinato alla destinazione universale dei beni e al conseguente diritto dell’uso comune. [Ricordo che anche la Costituzione italiana fa proprio il principio della funzione sociale della proprietà privata (Art. 42)].
4. Il principio di sussidiarietà – “Com’è illecito sottrarre agli individui ciò che essi possono compiere con le proprie forze e di loro iniziativa per trasferirlo alla comunità, così è ingiusto affidare ad una maggiore e più alta società quello che le minori e inferiori comunità possono fare. È questo, insieme, un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società, perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già di distruggerle o di assorbirle” (Quadragesimo anno, N. 86). Poiché al centro di ogni organizzazione sociale e politica sta sempre la persona umana, anche l’applicazione di questo principio ha come fine ultimo la difesa e lo sviluppo della persona stessa. Contrastano nettamente col principio di sussidiarietà tutte le forme di assistenzialismo.
5. La partecipazione – È caratteristica conseguenza della sussidiarietà e si esprime essenzialmente in una serie di attività mediante le quali il cittadino, come singolo o in associazione con altri, direttamente o a mezzo di propri rappresentanti, contribuisce alla vita culturale, economica, sociale e politica della comunità civile cui appartiene e in vista del bene comune. È uno dei pilastri di tutti gli ordinamenti democratici, oltre che una delle maggiori garanzie di permanenza della democrazia.
6. Il principio di solidarietà – Esso si presenta sotto due aspetti complementari: legame sociale naturale che deve tendere alla giustizia e virtù morale di aiuto ai più poveri e conferisce particolare risalto all’intrinseca socialità della persona umana, all’uguaglianza di tutti in dignità e diritti, al comune cammino degli uomini e dei popoli verso una sempre più convinta unità. Ma in questo legame, che spesso poggia su situazioni di grave iniquità come nei rapporti tra Paesi ricchi e Paesi poveri o nel commercio internazionale, occorre introdurre la giustizia, per fare poi quel “di più” che richiede il Vangelo e che caratterizza la carità.
7. I valori fondamentali della vita sociale – La Dottrina Sociale della Chiesa, oltre ai principi che devono presiedere all’edificazione di una società degna dell’uomo, indica anche dei valori fondamentali che devono accompagnare l’applicazione di quei principi. Tali valori sono essenzialmente: la verità, la libertà, la giustizia e l’amore. Vivere nella verità evita l’arbitrio. Il nostro tempo richiede un’intensa attività educativa affinché la ricerca della verità sia promossa in ogni ambito, in modo particolare nel mondo della comunicazione pubblica e in quello dell’economia. Ogni persona umana, creata a immagine di Dio, ha il diritto naturale di essere riconosciuta come libera e responsabile di realizzare la propria personale vocazione tramite libere scelte. La giustizia consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La Dottrina Sociale della Chiesa invita al rispetto delle tre forme della giustizia: commutativa, distributiva, legale e sociale che riguarda la situazione economica, sociale e politica dei popoli. I valori della verità, della giustizia e della libertà nascono e si sviluppano dalla sorgente interiore dell’amore. Si parla in questo caso di carità sociale e politica, che mira al massimo bene possibile per la tà nel suo insieme. Dovrebbe animare i Cristiani e tutti gli uomini di buona volontà nell’impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria, soprattutto quando questa diventa la situazione in cui si dibattono interi popoli e uno sterminato numero di persone.
Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in Città (dettaglio) (fa parte di Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, una serie di affreschi realizzati da Lorenzetti, contemporaneo al periodo del Governo dei Nove, volendo dare una rappresentazione del governo e delle conseguenze positive dello stesso nella società, e nella vita nella Città di Siena), 1338-40, affresco su parete, 200×720 cm, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena, Italia.
«Amate la giustizia voi che governate questa terra»
Gli affreschi del Buon e del Cattivo Governo di Siena
In Toscana, i frutti più nobili del lavoro e della creatività umana risalgono all’epoca in cui le città raggiunsero in Italia un livello di vita avanzatissimo e costituirono degli Stati il cui obiettivo non era la potenza ma il benessere dei cittadini. La riproduzione più significativa di questa epoca è quella degli affreschi del Buon e del Cattivo Governo, dipinti fra il 1337 ed il 1339 da Ambrogio Lorenzetti nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena e che rimangono di una grande importanza per il mondo contemporaneo. Furono commissionati ad Ambrogio Lorenzetti dal Governo dei Nove, che governò Siena dal 1287 al 1355, nel momento in cui la città è all’apogeo della sua potenza e della sua ricchezza ed è una delle quindici città più importanti d’Europa. Una potenza ed una ricchezza che Siena deve alla Via Francigena, una rete di strade e stradine che seguono i pellegrini provenienti dalla Francia per andare a Roma, che è anche un’arteria fondamentale per gli scambi ed il commercio fra l’Oriente e l’Occidente. Grazie a questa strada i mercanti senesi possono esportare i loro beni verso il nord dell’Europa ed importare d’Oriente spezie, tessuti e pietre preziose, come gli stili artistici ed i colori che ne fanno ancora il suo splendore. Con questi affreschi, Lorenzetti è chiamato a fare l’elogio del modello politico sofisticato della Repubblica di Siena.
Nell’allegoria del Buon Governo, la dama vestita di rosso porpora ed oro è la Giustizia, con la frase Amate la giustizia voi che governate questa terra, che apre il Libro della Saggezza. La stessa frase si legge nella pergamena che Gesù tiene in mano nella Maestà di Simone Martini, che si trova nella Sala del Mappamondo, dove si riuniva il Gran Consiglio di Siena, il Parlamento della Città. È la frase che Dante vede apparire nel cielo del Paradiso.
Le altre due figure che sono al centro del dipinto, sono la Saggezza e la Concordia, che sono legate da una corda ai cittadini che a loro volta la passano al Comune di Siena, rappresentato da una persona vestita in bianco e nero, i colori della Città. Tutti i dettagli dell’allegoria fanno riferimento alla concezione filosofica e del mondo di Aristotele e di San Tommaso d’Aquino, che sono l’essenza della Divina Commedia.

Nelle immagini che riproducono gli effetti del Buon Governo, Lorenzetti ha dipinto le sue caratteristiche e le sue conseguenze. Tutti si danno da fare e lavorano ad ogni angolo di strada; i contadini scambiano i loro prodotti e parlano con gli abitanti della città. I bambini giocano. Le fanciulle danzano, una donna in rosso convola a nozze e fonda una nuova famiglia, in un quadro di pace e serenità. Un’atmosfera che si oppone a quella di guerra e di distruzione provocata dal cattivo governo, rappresentato nell’allegoria del cattivo governo, i suoi effetti in città ed i suoi effetti in campagna.

L’allegoria del Cattivo Governo è dominata da una figura con le corna, il tiranno, che è strabico. Il tiranno non è per Lorenzetti, e la sua epoca, il dittatore. Il tiranno è colui che non pensa che ai suoi interessi e non vede il bene comune.
Nel 1310, il governo di Siena ha fatto tradurre gli Statuti della Città in toscano, affinché tutti i Senesi possano capire le leggi e le regole della vita comune. Nel 1337, commissionando gli affreschi a Lorenzetti, il Governo dei Nove vuole dire a tutti i cittadini, anche coloro che non sanno leggere, che la miglior forma di governo possibile è la repubblica.
I 9 che componevano il governo della Repubblica di Siena assumono il loro compito a rotazione, per un periodo di 3 a 6 mesi, restano rinchiusi nel Palazzo durante tutto il periodo del loro mandato per essere totalmente a servizio dei loro ideali e dedicarsi interamente alla missione del Bene Comune, che si oppone all’interesse particolare. Il nome originario degli affreschi è “il Bene Comune e la Pace” ed è solamente nel XVII secolo che vengono chiamati “Il Buon e il Cattivo Governo”.
Gli affreschi del Buon e del Cattivo Governo fanno comprendere che è sul rispetto dei valori etici come la giustizia, la saggezza, la concordia, che riposa il buon governo, quello che assicura il “Bene Comune”, il bene di tutti. Essi fanno vedere che è nelle città che è nato quel sistema di governo straordinario che è stato quello delle repubbliche italiane del Medio Evo, le Città-Stato, in cui un terzo dei cittadini partecipavano concretamente alla vita pubblica e politica. Essi ricordano che queste Città-Stato avevano fondato la loro potenza e la loro ricchezza sul commercio e lo scambio con il resto del mondo e che quelle società fiorenti furono il punto di partenza del Rinascimento, che avrebbe contribuito allo sviluppo dell’Europa e dell’umanità.