Il Cavaliere Martino, la leggenda, la storia. Il potere e la misericordia

È stato pubblicato sul canale Speaker dell’Ufficio Stampa della Real Commissione per l’Italia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, a cura del Referente per la Formazione della Delegazione di Roma e Città del Vaticano, il Prof. Enzo Cantarano, Cavaliere di Merito con Placca d'Argento, il podcast con la meditazione per la memoria liturgica di San Martino di Tours, un Cavaliere Cristiano che ha declinato il potere come misericordia, di cui riportiamo di seguito l’audio e il testo. Nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell’odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Gallia, l’odierno Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini.
San Martino

Podcast 2-21 – Il Cavaliere Martino, la leggenda, la storia. Il potere e la misericordia

Il nostro Ordine, per antica tradizione, ha un proprio Santo eponimo, Giorgio di Lydda (280 – 303), proposto come Patrono della Cavalleria Cristiana. Ma non sempre ricordiamo, anche noi Membri di un Ordine cavalleresco, un altro Santo Cavaliere, di poco più tardo rispetto a Giorgio: Martino, poi noto come Martino di Tours. La fama, gli onori ed il culto di San Giorgio in Oriente furono tributati, non molto tempo dopo, a Martino di Tours (Sabaria, 316 circa – Candes, 8 novembre 397) in Occidente.

Originario della Pannonia, nell’odierna Ungheria, esercitò il suo ministero, dapprima come militare e, poi, come vescovo, nella Gallia del tardo Impero romano.

Fu tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa Cattolica Romana, ed è venerato anche da quella Ortodossa e da quella Copta. Se la venerazione, più o meno marcata, di defunti particolarmente incisivi nella storia del Cristianesimo, come i martiri, sorse molto presto, come testimoniano iscrizioni e fonti di vario genere, è solo nel secondo millennio di vita della Chiesa, che nasce un vero e proprio processo di canonizzazione.

Nell’Occidente medievale, la Sede Apostolica fu chiamata, a partire dal Sinodo Romano del 933, a intervenire sulla questione delle canonizzazioni per garantire decisioni più autorevoli ed uniformi. Il termine “canonizzazione” apparve nei documenti di Benedetto VIII, Papa tra il 1012 ed il 1024. La prima donna fu canonizzata nel 1047 da Papa Clemente II. Fu Papa Alessandro III, all’inizio del XII secolo, che rivendicò a sé il potere di riconoscere la santità di una persona al fine di mantenere un’uniformità di culto in tutta la Cristianità, inserendo definitivamente i processi di canonizzazione nelle causae maiores Ecclesiae. La norma fu confermata nel 1234 ed inserita successivamente nel Corpus Juris Canonici.

La Bolla di Papa Innocenzo III del 1200 portò a richieste sempre più elaborate da parte della Sede Apostolica sulla materia. Numerosi cambiamenti furono introdotti da Papa Sisto V, che creò la Congregazione dei Riti nel 1588, e da Papa Urbano VIII, che avocò definitivamente ed irrevocabilmente alla Sede Apostolica sia la beatificazione sia la canonizzazione, che vennero nettamente distinte e normate. Il 12 marzo 1642 la Decreta servanda in beatificatione et canonizatione Sanctorum regolò ulteriormente questi atti. L’eminente canonista Prospero Lambertini, poi Papa Benedetto XIV, nel De Servorum Dei beatificatione et de Beatorum canonizatione (1734–1738), regolò le canonizzazioni fino al 1917.

Il Codex Juris Canonici del 1917 recepì la sostanza del trattato, rimasta in vigore fino alla successiva riforma del 1983. Durante i pontificati di Papa Pio IX e di Papa Leone XIII vi fu un notevole incremento del numero dei processi. San Paolo VI ed il Concilio Ecumenico Vaticano II riformarono la canonizzazione semplificando il processo con una riconsiderazione in positivo del ruolo del vescovo locale e delle decisioni sinodali. Il processo di canonizzazione fu strutturato nelle seguenti tappe: Servo di Dio, Venerabile, Beato, Santo. Con la proclamazione della santità, viene assegnato un giorno della commemorazione valido per la Chiesa Universale, la possibilità di consacrare edifici di culto e di celebrare Sante Messe in onore del nuovo Santo.

Dopo questo sinteticissimo excursus sulla Canonizzazione nei secoli, torniamo al nostro Cavaliere Martino. È considerato uno dei grandi santi della Gallia insieme a Dionigi, Liborio, Leonardo, Privato, Saturnino, Marziale, Ferreolo e Giuliano. Forse non è a tutti noto che Martino è celebrato anche come il fondatore del monachesimo occidentale. Istituì infatti a Ligugé il primo monastero d’Occidente, probabilmente dopo il 371. La prima istituzione monastica di San Benedetto da Norcia a Subiaco risale invece, secondo la tradizione, al 520.

Martino nacque a Sabaria Sicca, l’odierna Szombathly in Ungheria, in un avamposto dell’Impero Romano alle frontiere con la Pannonia. Il padre, Tribunus Militum della Legione ivi stanziata, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse l’infanzia. Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell’Esercito Romano. Figlio di un alto ufficiale, fu reclutato, come, forse, anche Giorgio, nelle Scholae imperiali, corpo scelto di 5.000 cavalieri. Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato.

Durante una ronda avvenne l’episodio che gli cambiò la vita e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall’iconografia. Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo sofferente per il freddo. Tagliò in due il suo grande mantello militare, l’ampia clamide bianca della Guardia imperiale e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù, rivestito della metà del suo mantello militare, dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che, pur non essendo battezzato, ha avuto misericordia di me e mi ha vestito”. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. L’indumento miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei Re Merovingi dei Franchi e in seguito dei Re di Francia.

Il sogno ebbe un tale impatto su Martino, che egli, già catecumeno, venne battezzato la Pasqua seguente e divenne Cristiano.  Martino rimase ufficiale dell’esercito per una ventina d’anni raggiungendo il grado di ufficiale nel corpo scelto delle alae scholares.

Giunto all’età di circa quarant’anni, decise di lasciare l’esercito, secondo Sulpicio Severo dopo un acceso confronto con Giuliano, il Cesare delle Gallie, poi Imperatore, in seguito noto come Apostata. Lì iniziò la seconda parte della sua vita. Martino s’impegnò nella lotta contro l’eresia ariana, condannata al I Concilio di Nicea (325), e venne perseguitato e cacciato, prima dalla Francia, poi da Milano, dove si era rifugiato e dove erano stati eletti vescovi ariani. Nel 357 si recò quindi sull’Isola Gallinara di fronte ad Albenga in Liguria, dove condusse per quattro anni una vita in eremitaggio in compagnia di un prete di grande virtù e di Ilario di Poitiers (310-367) futuro vescovo e grande teologo.

Tornato in patria, dopo il rientro del vescovo Cattolico, divenne monaco e venne presto seguito da nuovi compagni, fondando uno dei primi monasteri d’occidente, a Ligugé, sotto la protezione del Vescovo Ilario. Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro presule, anche se alcuni chierici avanzarono resistenze per il suo aspetto trasandato e le origini plebee.

Come vescovo, Martino continuò ad abitare nella sua semplice dimora da monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio molte nuove piccole comunità di monaci. Avviò un’energica lotta contro l’eresia ariana e il paganesimo rurale, interrompendo anche riti e celebrazioni per il sospetto di paganesimo. Inoltre predicò, battezzò interi villaggi, abbatté templi, alberi sacri e idoli, dimostrando comunque compassione e misericordia verso chiunque. La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità Cristiana dove, oltre ad essere noto come taumaturgo, veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà. Martino aveva della sua missione di “pastore” un concetto assai diverso da molti vescovi del tempo, uomini di potere e spesso di abitudini cittadine e quindi poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente i distretti abitati dai servi agricoltori, dedicando particolare attenzione all’evangelizzazione delle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero, a poca distanza dalle mura, che divenne, per qualche tempo, la sua residenza. Il monastero, chiamato in latino Maius monasterium (Monastero grande), divenne in seguito noto come Marmoutier dove la vita era incentrata sulla condivisione, la preghiera e, soprattutto, l’impegno di evangelizzazione.

Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace tra il clero locale. La sua morte, avvenuta in fama di santità anche grazie ai miracoli attribuitigli, segnò l’inizio di un culto nel quale la forza e la generosità del Cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria erano associate. Tra i miracoli che gli sono stati attribuiti, ci sono anche tre casi di risurrezione di morti, per cui veniva designato Trium mortorum suscitator.

San Martino di Tours viene ricordato l’11 novembre, sebbene questa non sia la data della sua morte, ma quella della sua sepoltura. Questa data è diventata una festa straordinaria in tutto l’Occidente, grazie alla sua popolare fama di santità e al numero notevole di Cristiani che portavano il nome di Martino. Il Concilio di Mâcon del 585 decise che sarebbe stata una festa non lavorativa.

In Europa sono state dedicate al santo moltissime chiese, fin dal pieno Medioevo. La Basilica a lui dedicata in Tours, l’edificio religioso francese più grande di quei tempi, fu tradizionale meta di pellegrinaggi medievali. Nel 1562, in seguito alle lotte di religione che insanguinarono la Francia, fu messa a sacco dai protestanti e data alle fiamme, tanto era il suo richiamo simbolico. Durante la Rivoluzione Francese la basilica fu demolita quasi completamente; rimasero due torri, ancora oggi visibili. Nel 1925 fu consacrata una nuova basilica. Molte chiese in Italia sono dedicate a San Martino, e Lucca e Belluno hanno dedicato a San Martino la propria Cattedrale.

Alla ricorrenza del Santo sono collegate, nonostante l’avanzare della laicizzazione, moltissime feste popolari in Europa. In Italia il suo ricordo è legato alla cosiddetta estate di San Martino, all’inizio di novembre, e dà luogo ad alcune tradizionali feste popolari. La celebrazione era vissuta maggiormente in ambiente rurale ove, in passato, scadevano e dovevano essere rinnovati i contratti in ambito agrario. La data era scelta in quanto i lavori nei campi erano terminati senza però che fosse già arrivato l’inverno. Spesso questa ricorrenza è legata alla prima spillatura del vino novello.

In Italia, ed un po’ in tutta Europa, sono molte le rappresentazioni artistiche del Santo Cavaliere Misericordioso. Tra il 1312 e il 1318 Simone Martini affrescò la Cappella a lui dedicata nella Basilica Inferiore ad Assisi con dieci episodi della vita del santo, ma numerosissime sono le opere d’arte che vedono Martino come protagonista secondo i racconti della tradizione.

Dal 2009, sotto il Patrocinio dell’Unione Europea, è stato inaugurato un itinerario di pellegrinaggio, la Via Sancti Martini, che unisce i luoghi di nascita e di morte del santo e varie località per mettere al centro la figura di Martino come pellegrino tra i popoli europei, nello spirito dell’accoglienza reciproca.

Il nostro excursus sui due santi Cavalieri, Giorgio e Martino [QUI], ha voluto quasi mettere a confronto queste due illustri figure di Cristiani esemplari anche per mostrare come il potere e la misericordia posso essere declinati in modi diversi e apparentemente contrastanti se ci fermiamo alla logica di questo mondo e di questo tempo, ma, opportunamente valutati alla luce salvifica e sempre nuova dell’ Annuncio di Cristo, anche apparenti enantiomorfismi o reali aporie o contrapposizioni insanabili possono essere vissuti in modo costruttivo e in una sorta di “reductio ad unum” che la logica delle Beatitudini bene incarna e ci rimanda immutata nel tempo e nello spazio.

Indice dei podcast trasmessi [QUI]

Foto di copertina: Jean Bourdichon, San Martino di Tours condivide il suo mantello, miniatura tratta da Les Grandes Heures d’Anne de Bretagne, f. 387, 1503-1508.

Avanzamento lettura