Piansano
Piansano è un piccolo comune dell’Alto Lazio, in Provincia e Diocesi di Viterbo in cui vivono circa 2.220 abitanti, su una superficie di 26,5 km2, con una densità abitativa di circa 84 abitanti per km2. Il borgo sorge ad una altitudine media di 400 m.s.l.m., che lo rende sempre fresco e ventilato, anche nelle afose giornate d’estate, con temperature e precipitazioni che hanno prodotto intorno una vegetazione a bosco misto, con diffusione dominante del cerro. Si trova in una posizione favorevole, a circa 7 km dal lago di Bolsena e a circa 40 km dal capoluogo Viterbo, incastonato tra i pascoli e i campi della Maremma laziale, che lasciano anche spazio ai boschi.

Il territorio di Piansano è attraversato dal torrente Arrone, che nascendo dal vicino monte Cellere, attraversa diversi comuni della zona, per segnare, prima di gettarsi nel Mar Tirreno, il confine naturale tra Tarquinia e l’antichissima Vulci.
La vite, un tempo diffusissima – tanto da campeggiare sullo stemma comunale – è oggi quasi del tutto scomparsa, come anche la coltura dell’olivo, mai veramente radicata nonostante gli incentivi. Il territorio è intensamente sfruttato per la produzione cerealicola – soprattutto grano e orzo – e per l’allevamento degli ovini, che per generazioni hanno costituito le due componenti principali dell’economia locale.

Il toponimo Piansano-Planzano, evidente provenienza di Plauziano, fa ipotizzare una originale derivazione etimologica da Plautianus, variante di Plotianus, che vuol dire letteralmente di Plozio, appartenente a Plozio. Plozio era il nome di una gens romana che potrebbe essere stata interessata alla centuriazione di questa zona, ossia alla sua assegnazione in lotti a veterani e cittadini Romani.
Le cronache medievali parlano poi di un Castrum Planzani, o direttamente di Pianzano, nell’orbita di Tuscania ma conteso dalle varie Signorie dell’epoca, con ripetuti interventi diretti della Chiesa. Dai Signori di Bisenzo, che con alterne vicende lo tennero di fatto dalla seconda metà del XII secolo fino al 1338, il castello passò poi ai Prefetti di Vico e finalmente ai Farnese, i quali se ne impadronirono intorno al 1385 e ne fecero distruggere definitivamente il castello nel 1396.
Il territorio di Piansano rimase un “fondo”, una tenuta, per oltre un secolo e mezzo, durante il quale la Chiesa ne dispose a piacimento assegnandolo a questo e a quello, fino a quando nel 1537, con la creazione del Ducato di Castro ad opera di Paolo III Farnese, il territorio non fu inserito nel nuovo staterello di cui seguì le vicende.
Piansano fu fatto ripopolare nel 1560 da una colonia di Casentinesi, evento che segna la vera e definitiva rinascita del borgo, che assistette ad una rapida e inarrestabile espansione, portandolo in breve tempo ad eguagliare e superare quella di altri centri vicini sempre in Provincia di Viterbo.
Nel 1649, con la distruzione di Castro, Piansano fu di nuovo incamerato dalla Santa Sede e per tutto il Settecento seguì la sorte di tutti gli altri borghi dell’ex Ducato, concessi in blocco in affitti novennali a vari appaltatori. È in questo periodo che fiorisce la figura di Lucia Burlini (1710-1789), l’umile operaia del telaio vissuta nella scia di San Paolo della Croce, morta in odore di santità ed oggi proclamata Venerabile.
Nel 1790 il territorio di Piansano fu concesso in enfiteusi al Conte Alessandro Cardarelli, che lo tenne fino al 1808, quando la Camera Apostolica vendette il feudo al Principe polacco Stanislao Poniatowski. Questi a sua volta lo rivendette nel 1822 al Conte Giuseppe Cini, che ne rimase proprietario fino al 1897, quando il latifondo fu aggiudicato all’asta al Monte dei Paschi di Siena. Nel 1909 anche la banca toscana lo rivendette a più persone, alle quali però fu in gran parte espropriato dall’Opera Nazionale Combattenti dopo la Prima Guerra Mondiale, perché fosse assegnato ai reduci dalla Grande Guerra.

La festa della Madonna del Rosario
a Piansano
L’appuntamento più solenne della tradizione piansanese è rappresentato dall’Ascesa della Madonna del Rosario, che avviene nel venerdì antecedente alla prima domenica di ottobre. Come ogni anno, il 4 ottobre 2024 l’intera comunità parrocchiale di Piansano è in chiesa, per vivere questo momento bello di preghiera e devozione popolare. Sono presenti anche le massime autorità civili e militari del territorio, a partire dal Prefetto, del Questore, del Sindaco e dei rappresentanti dei Carabinieri, dell’Esercito e della Guardia di Finanza, oltre che la Confraternita del Santissimo Sacramento, i portantini (i Facchini della Macchina della Madonna del Rosario, che indossano una stola candida con fascia celeste e monogramma mariano), le associazioni, la rappresentanze dell’Accademia Internazionale Mauriziana e, guidata del Vice Delegato, Nob. Sandro Calista, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, tradizionalmente invitata ad una delle manifestazioni mariane più importanti della Diocesi di Viterbo, in un posto distinto ai lati del presbiterio.

La cerimonia, presieduta dal Vescovo emerito di Viterbo, Mons. Lino Fumagalli, Cappellano Gran Croce di Merito dell’Ordine Costantiniano, non ha un inizio preciso. È spontanea, come l’amore che lega un popolo alla sua protettrice.
Intenso e partecipato il Rosario animato dal Parroco Don Andrea Mareschi, intime le preghiere, tradizionali i canti, illuminata la chiesa per una festa che reca in sé storia, fede, cultura e, appunto, tradizione. Poi, si leva il canto delle litanie lauretane. Tutti volgono lo sguardo lassù, verso l’alto, sulla sommità dell’altare maggiore dove è già posizionata la splendida macchina che accoglierà la Madonna, un antico e fastoso baldacchino in legno impreziosito da lacche e intarsi colorati.
C’è aria di attesa, di preghiera, di festa, mentre gli addetti alla macchina proseguono le operazioni: dispongono obliquamente sull’altare due lunghe travi di legno che vanno a incastrarsi con quelle che in alto sorreggono il baldacchino. I fedeli accompagnano ogni momento della preparazione della struttura sulla quale la macchina scenderà, fino a posarsi dolcemente a terra. Si invoca la Vergine con le espressioni di fede, poesia e spiritualità che generazioni di musicisti, autori, poeti hanno elaborato e i nostri avi tramandato. Si intona anche Mira il tuo popolo oh bella Signora, invocazione di aiuto, protezione e intercessione, che si usa cantare in molti borghi durante le processioni.
Ecco la macchina si muove, lentamente inizia la discesa, dapprima quasi impercettibile. Quando la macchina – accesa da lampadine – si posa lievemente a terra, la cerimonia entra nella sua fase di più intensa partecipazione.
Una breve processione di ecclesiastici, guidata dal Vescovo, scende dal presbiterio e, percorrendo la navata centrale, si dirige verso la piccola sacrestia nei pressi dell’ingresso della chiesa. La processione è preceduta dai “Sacramenti”, ovvero gli accoliti della Confraternita del Santissimo Sacramento nel loro tradizionale saio bianco legato in vita e mozzetta rossa con scudetto argenteo. Giunti davanti alla sacrestia, “i Sacramenti” si dispongono di lato per aprire la strada agli ecclesiastici che entrano. Seguono istanti di palpitante attesa.
Il Vescovo si è raccolto in preghiera con i soli sacerdoti all’interno della nicchia dove si trova la sacra effige. Un momento intimo e privato dove il Vescovo ha pregato la Madonna per alcune intenzioni personali.
Finalmente, la statua della Madonna del Rosario esce e percorre la navata, tra gli inni dei fedeli, viene posta sul baldacchino che sarà di nuovo issato, come in una miracolosa ascesa, sopra al tabernacolo. Uscirà in processione solenne, solamente la domenica della festa, a benedire le vie del borgo.
Dopodiché è avvenuto il momento culminante della festa, con l’Ascesa della Madonna del Rosario che tornata trionfante sul suo trono sopra all’altare maggiore. Il grido “Evviva Maria!” si leva nuovamente alto e forte al cielo verso la Vergine che guarda il suo popolo, la sua gente, i fedeli che la venerano, si inchinano e si affidano a Lei.

La concelebrazione della Santa Messa è stata presieduta dal Vescovo Lino Fumagalli. Davanti all’altare, seduti, con la loro allegria e vivacità, i bambini della Prima Comunione.

Una tradizione antica
Il culto della Vergine Maria in Piansano iniziò presumibilmente nel tardo medioevo, con l’erezione di un altare, mentre nel 1608 fu costituita la più antica Confraternita del Paese, dedicata alla Madonna del Rosario. Poi, la vera svolta devozionale arrivò nel secolo successivo, quando nel 1771 il Parroco Don Nicolò Fanti decise di commissionata alle suore del Monastero di Santa Maria Maddalena a Monte Cavallo in Roma una immagine della Madre di Dio seduta in trono, che ha sulla destra il Bambino e nella mano sinistra un mazzo di fiori. Si tratta di una statua processionale dal corpo ligneo e dalle mani e del capo in cartapesta, mentre entrambe le teste sono ricoperte da capelli veri. Successivamente si diffuse la notizia della presenza in Piansano del miracoloso simolacro della Madonna. La tradizione racconta che i fedeli, provenienti dai paesi limitrofi, si recavano ai piedi della Vergine con i malati, per chiedere grazie che venivano esaudite.

A partire dalla metà del Settecento nacque l’usanza di occuparsi della vestizione del simulacro. Il privilegio fu prima affidato ad una famiglia del borgo e poi, dall’Ottocento, alle Maestre pie con la partecipazione di alcuni fedeli. Tale usanza prese talmente piede, che già nel 1772 la sacra immagine possedeva ben quattro abiti preparati in stoffe preziose e rifiniti in lamina d’oro.
La venerazione si accrebbe quando fu attribuita alla Madonna la cessazione dell’epidemia di colera che ha imperversato nella Tuscia nel 1855-1856. Nel 1856 iniziò il rituale dell’Ascesa della Madonna del Rosario. Venne realizzata “la macchina”, un antico baldacchino in legno, che porta la statua processionale della Madonna. Il congegno innalza il simulacro ben oltre il piano dell’altare maggiore, dando ogni anno il via ai festeggiamenti. Dalle fonti sappiamo che fino al 1855 la statua percorreva semplicemente la navata, trasportata dai sacerdoti tra la folla osannante.
Alla metà del Ottocento, il Vicario foraneo Don Vincenzo Fabrizi supplicò il Vescovo di Montefiascone, Mons. Luigi Jona, di promuovere le azioni necessarie perché il Capitolo Vaticano concedesse la corona aurea alla Madonna del Rosario di Piansano.
Il 26 settembre 1863 il Capitolo Vaticano concesse gli onori e lo stesso Papa Pio IX stabilì che la prima domenica di ottobre a Piansano fosse Solennità di Prima Classe con Ottava. La solenne incoronazione avvenne il 4 ottobre 1863 per mano di un commosso Vescovo Jona. Fu in quel momento che dal popolo si levò il fragoroso “Evviva Maria!” Mons. Jona ha promulgato avvisi sacri sia in occasione della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (proclamato da Papa Pio IX nel 1854 con la Bolla Ineffabilis Deus che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento), sia per chiedere preghiere e atti di pietà ai fedeli per lo scampato pericolo dall’epidemia di colera.
Il 14 giugno 1951 Mons. Luigi Boccadoro fu nominato Vescovo di Montefiascone e di Acquapendente, unendo così in persona episcopi le due sedi. L’8 giugno 1970 divenne Vescovo anche di Viterbo e Tuscania e l’anno successivo Amministratore apostolico di Bagnoregio. In questo modo, nella sua persona, furono riunite tutte le diocesi dell’Alto Lazio, primo passo di un lungo processo di unificazione che avrà il suo compimento il 27 marzo 1986, quando Papa Giovanni Paolo II, con la Bolla Qui non sine, soppresse la Diocesi di Montefiascone e ne unì il territorio a quello della Siocesi di Viterbo. Dal 16 febbraio 1991 Montefiascone è annoverata fra le sedi vescovili titolari.
Il primo weekend di ottobre è un appuntamento irrinunciabile e sentitissimo a Piansano, al punto che, quando nel 1933 il Vescovo Giovanni Rosi tentò di eliminarlo, incorse nelle ire della popolazione che, con falci e forconi, lo costrinse prima a barricarsi in chiesa e successivamente a lasciare il Paese attraverso una porta di servizio. A seguito di tale episodio, il rito di apertura dei festeggiamenti si è mantenuto intatto fino ad oggi, in un’incomparabile manifestazione di fede, devozione e passione. E non si può immaginare cerimonia più solenne e interiormente vissuta della processione della Madonna del Rosario a Piansano, la prima domenica di ottobre, quando, fin dal primo mattino, il clima di festa pervade gli animi e si riversa nell’aria. Oggi si rinuncia a tanta pompa, ma la celebrazione non perde nulla in termini di solennità e partecipazione emotiva. Il momento culminante è naturalmente quello della discesa della Madonna. Una volta a terra, tra le grida di giubilo degli astanti, la macchina della Madonna in trono viene portata in processione sollevata a spalla dai portantini, che si assumono il gravoso onere di trasportare per vari chilometri il pesante baldacchino.
La Madonna del Rosario sul suo trono processionale resta trionfalmente esposta sopra l’altare maggiore per un’intera settimana, durante la quale è costante oggetto di devozione e preghiera. La domenica successiva, nel pomeriggio, durante una cerimonia lontana dai clamori del “venerdì della festa”, ma non per questo meno partecipata, ha luogo la “reposizione”: la Madonna scende per l’ultima volta dall’altare maggiore per essere nuovamente riposta nella piccola sacrestia, prima di raggiungere la sua tradizionale sede nella cappella della navata destra, dove resterà per il resto dell’anno, fino al prossimo magico venerdì.

La chiesa parrocchiale di Piansano
La chiesa di San Bernardino da Siena, in piazza Guglielmo Marconi a Piansano è stata edificata ad opera dei coloni Toscani nel XVI secolo, artefici della rinascita economica e culturale del borgo. Il tempio sacro porta il nome del santo senese, aderendo al desiderio espresso dai nuovi arrivati e venne innalzato nello stesso luogo di un preesistente edificio sacro risalente agli anni Venti del XV secolo, quando i Duchi Farnese “ebbero la premura” di costruirne una dedicata al patrono San Ercolano.
Come raccontano le cronache, i Maestri Luca Alessi di Corneto e Giacomo Bucci di Rimini strinsero un accordo con la comunità, che prevedeva il pagamento con 1.010 scudi ed una botte di vino, mentre il popolo piansanese avrebbe dovuto fornire e trasportare del materiale (sassi, rena e legname).
La chiesa che ammiriamo oggi, è frutto di una demolizione e di una ricostruzione nel XVI secolo, che la rese più sfarzosa. Fu totalmente ricostruita ed ampliata tra il 1750 e il 1753, per accogliere la comunità in espansione.

La chiesa all’interno è luminosa e ottimamente decorati, dagli artisti che realizzarono gli affreschi e dagli intagliatori, provenienti da Viterbo. Gli affreschi interni della volta che copre la navata centrale, realizzati nel XVIII secolo, raffigurano l’Assunta, San Bernardino, Santa Lucia Filippini, che a Piansano ha fondato la scuola delle maestre pie, i martiri Sinesio e Costanzo.
La chiesa presenta una sola navata, con sei cappelle laterali dotate di altari lungo le pareti laterali. Una delle cappelle laterali contiene la statua di San Bernardino da Siena e il santo è ricordato anche nell’iscrizione dedicatoria della facciata, negli affreschi del soffitto e insieme al compatrono San Giovanni Battista nella pala dell’altare maggiore. La chiesa custodisce anche il corpo della Venerabile Lucia Burlini, la tessitrice di Piansano, qui sepolta per volere dello stesso San Paolo della Croce. Vissuta nel XVIII secolo, donna di modeste origini, ha condotto una vita semplice e frugale, è riuscita a destare e commuovere la popolazione della Tuscia, lasciando un segno indelebile nella fede e nella devozione popolare.

La preghiera in onore della Vergine
La parola rosario, da cui prende il nome la preghiera in onore della Vergine, deriva dal latino rosarium che significa “giardino di rose, roseto”.
In epoca medioevale era assai diffusa l’usanza di metter una corona di rose sulle statue della Vergine quale simbolo delle preghiere a Lei rivolte dai devoti.
Nei conventi dell’epoca, e soprattutto nei monasteri irlandesi del IX secolo, i fratelli laici, spesso illetterati, dispensati dalla recita del Salterio per la scarsa familiarità con il latino, integravano le loro pratiche di pietà con la recita di 150 Pater Noster o Ave Maria in sostituzione dei 150 salmi che non potevano imparare a memoria.
San Beda il Venerabile aveva suggerito l’adozione di una collana di grani infilati in uno spago per facilitare il conteggio e guidare la meditazione e la preghiera. Questa “collana” di grani chiamata, non a caso, corona, assurse a simbolo di un mistico serto di fiori offerto, in preghiera, alla Madonna.
Questa devozione fu resa popolare da San Domenico che, secondo la tradizione, nel 1214 ricevette il primo Rosario dalla Vergine Maria, nella prima di una serie di apparizioni, come un mezzo per la conversione dei non credenti e dei peccatori.
Nel XIV secolo il certosino Enrico di Kalcar ne propose la suddivisione in 15 decine separate da un Pater Noster (solo nel 1613 si aggiunse, a completamento, il Gloria.
Intanto, alla contemplazione insita nella preghiera vocale, si aggiunse quella meditativa basata sulla evocazione di momenti della vita di Cristo, opportunamente enunciati con frasi e denominati “misteri”.
Nel 1470 Alano de la Roche distinse le tre cinquantine in rapporto a tre cicli meditativi incentrati sull’Incarnazione, la Passione, la Gloria di Cristo e di Maria (misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi). È in questa epoca che il Salterio mariano comincerà a chiamarsi “Rosario della Beata Vergine Maria”.
Nel 1478, Papa Sisto IV promulga la Bolla Pastor aeterni in cui si afferma che il Rosario della Beata Vergine Marina è composto da 150 Ave Maria e 15 Pater Noster.
Nel 1571, anno della battaglia di Lepanto, Papa Pio V chiese alla Cristianità di pregare con la recita del Rosario per chiedere la liberazione dell’Europa Cristiana dalla minaccia turco-ottomana e allontanare il pericolo dell’invasione. La vittoria della flotta cristiana, avvenuta il 7 ottobre, venne attribuita all’intercessione della Vergine Maria invocata con il Rosario.
Il 17 marzo 1572, il santo Papa Pio V, con la Bolla Salvatoris Domini istituiva la “Commemoratio Beatae Virginis de Victoria”. Nel 1573 il suo successore, Papa Gregorio XIII, con la Bolla Monet apostolus istituisce la festa solenne della Madonna del Rosario, fissandola alla prima domenica di ottobre. Nel 1913 un decreto del santo Papa Pio X riporta tale festa alla data storica del 7 ottobre.