Presenti alla Celebrazione Eucaristica, presieduta dal Vescovo di Viterbo, Mons. Orazio Francesco Piazza, concelebranti i sacerdoti secolari e regolari della diocesi, anche le massime autorità civili e militari del territorio, tra cui il Prefetto Gennaro Capo; il Procuratore Paolo Auriemma; Alessandro Romoli, Presidente della Provincia di Viterbo; Chiara Frontini, Sindaco di Viterbo; Antonella Sberna, Presidente del Parlamento europeo; i rappresentanti delle forze armate e delle istituzioni. In tanti, cittadini comuni e religiosi, hanno voluto rendere omaggio a colui che per dodici anni ha guidato la Chiesa universale con semplicità, coraggio e misericordia.







La rappresentanza della Delegazione Tuscia e Sabina era guidata dal Vice Delegato Nob. Sandro Calista, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro.

«Siamo toccati dalla tristezza del distacco – ha esordito Mons. Piazza nella sua omelia -. Una tristezza che invita alla riflessione ma che è illuminata dalla luce del cero pasquale. Quella luce che ci ha insegnato cosa significa rinascere e mai rassegnarsi di fronte alle complessità del vivere».
Quindi, Mons. Piazza ha tracciato un bilancio simbolico del magistero di Papa Francesco, riconoscendone i segni più concreti: «È iniziato con la gioia del Vangelo e si è concluso con la speranza che non delude. Una speranza fondata sulla potenza dell’amore che redime, rigenera e chiama alla trasparenza interiore».
Mons. Piazza ha parlato di un pontefice che ha (anche) rivoluzionato il linguaggio con cui la Chiesa si relaziona al mondo: «Ha cambiato il vocabolario con cui leggere i contesti della vita, pronunciando anche parole politiche importanti. Ha chiamato la Chiesa a seguirlo sul suo tracciato fatto di pace, misericordia, giustizia e purezza di cuore per saper guardare alla realtà per ciò che è».
Mons. Piazza ha espresso un richiamo forte alla speranza nella resurrezione e all’impegno dei fedeli a proseguire nel cammino tracciato da Francesco, che ha posto al centro del suo pontificato l’attenzione ai poveri, la pace e la fraternità tra i popoli. «Per Francesco – ha aggiunto – l’agenda della Chiesa è sempre stata quella dei bisogni del mondo. La parola chiave era “contestualità”: parlare alle persone là dove si trovano, riconoscere la dignità di ogni essere umano, promuovere un’economia dal volto umano, custodire il creato con responsabilità e non con dominio. E per tenere insieme le tante realtà, la strada è solo una: il dialogo e l’inclusione, per ritrovare un mondo realmente umano”.
Mons. Piazza conclude con un ricordo personale: «Ho incontrato Papa Francesco in diverse occasioni, anche in modo privato. Due parole non sono mai mancate: “coraggio e creatività”. Per lui significavano la capacità di andare oltre, di varcare le soglie e aprire sentieri nuovi, dove tutto converge in una corresponsabilità condivisa».
