Uomo di grandi vedute metapolitiche, per le quali concepiva un assetto federale dell’Italia intera secondo il modello vagheggiato da Gioberti, da Rosmini e dallo stesso Cattaneo, che avrebbe ricalcato il processo unitario federale della Germania, dell’Austria-Ungheria, della Svizzera, del Belgio, della Gran Bretagna, e come tale in voga nell’Europa di metà Ottocento. Nel rispetto delle specifiche identità dei popoli, che avrebbero perseguito vie pacifiche di convivenza e affratellamento, conservando le peculiari caratteristiche culturali e morali delle rispettive regioni di appartenenza.
Altro che negatore dell’unità d’Italia. Altro che avversario del Risorgimento. Papa Pio IX fu l’antesignano dell’unità d’Italia così come Egli la immaginava, non certo sotto forma delle successive invasioni e annessioni rispetto al Piemonte, contrassegnate da guerre fratricide, violenze, soprusi, spogliazioni e spargimento di sangue; e sradicamento delle specificità proprie delle diverse contrade d’Italia. Fu dunque sovrano di un principato civile prospero e pacifico che subì l’invasione del 1860, che privò lo Stato Pontificio dell’Italia Centrale senza dichiarazione di guerra; l’aggressione rivoluzionaria del 1867 di una masnada di forze irregolari garibaldine; e quella finale del 1870, pur essa senza dichiarazione di guerra ed in violazione della Convenzione stipulata tra il governo subalpino e la Francia. Nonostante il supporto di un esercito volontario costituito dagli zuavi provenienti da tutta Europa, dovette subire la violenza di Porta Pia ed ordinare la resa ad una armata che per l’onore militare voleva battersi fino in fondo. Alla resa seguirono le spoliazioni, l’umiliazione dei soldati volontari, l’unilaterale “legge delle guarentigie” e la persecuzione della religione che si protrasse sino alla Conciliazione.

Anche quest’anno, nel 146° anniversario, il Pontificale del 7 febbraio è stato presieduto alle ore 18.00 dal Vescovo di Termoli-Larino, Mons. Claudio Palumbo, riconosciuto quale maggiore storico vivente della figura e dell’opera del Beato Pio IX. Hanno concelebrato Mons. Lino Fumagalli, Vescovo emerito di Viterbo, Cappellano Gran Croce di Merito dell’Ordine Costantiniano, i frati della Comunità Cappuccina di San Lorenzo Fuori le Mura, con il Parroco Fra’ Fabrizio Carli, OFM Cap e il Parroco emerito Fra’ Armando Ambrosi, OFM Cap, e il Primo Cappellano Vicario della Delegazione della Tuscia e Sabina dell’Ordine Costantiniano, Prof. Don Stefano Sivilla Clary, Cappellano di Merito con Placca d’Argento.





Al Sacro Rito, organizzato dall’Istituto di Studi Storici Beato Pio IX, presieduto da S.E. il Conte Prof. Fernando Crociani Baglioni, hanno partecipato delle rappresentanze di università pontificie e statali, confraternite, associazioni, accademie di studi storici e giuridici, provenienti dall’Italia e dall’estero, e di ordini religiosi e cavallereschi, del Sovrano Militare Ordine di Malta, dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio.
La rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina dell’Ordine Costantiniano era guidata dal Delegato, il Nob. Avv. Roberto Saccarello, Cavaliere Gran Croce de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, con il Vice Delegato, il Nob. Sandro Calista, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, al seguito di Mons. Lino Fumagalli. Per la Delegazione delle Marche e Romagna, ha partecipato il Responsabile della Comunicazione, Dott. Costantino Brandozzi, Cavaliere di Merito.
Inoltre, ha partecipato una rappresentanza della Delegazione del Cantábrico della Commissione per la Spagna dell’Ordine Costantiniano, guidata dal Delegato, Antonio Calvo y Rubio, Cavaliere di Merito con Placca d’Argento, con Jaime Sánchez-Llorente Illescas, Cavaliere di Merito, Esther Vaquero del Castillo, Postulante.
Hanno partecipato anche personalità dei ceti storici, a vario titolo legati alla storia del pontificato del Beato Pio IX e dell’Ottocento, tra cui la Principessa Donna Patrizia Torlonia, la Contessa Anna Teodorani Fabbri (discendente dal Conte romagnolo Edoardo Fabbri, Primo Ministro laico di Papa Pio IX), la Marchesa Virginia Coda-Nunziante (esponente di famiglie aristocratiche piemontese e calabrese), N.U. Avv. Giampaolo Giorgio Berni Ferretti (discendente dalla famiglia del Beato Papa IX). la Contessa Antonella d’Amore Angiono (discendente da famiglia napoletana e piemontese, che diede personalità al Risorgimento), la Contessa Simona Cecilia Crociani Baglioni Farcaș (discendente di famiglia cattolica romana romena e ungherese), la Dott.ssa Tatiana Ciobanu e l’Avv. Marcela Ciobanu (discendenti di famiglia ortodossa russa e romena).





Il Pontificale si è concluso con la processione e l’omaggio all’urna del Beato Pio IX nella cripta della basilica, al canto di Tota pulchra es Maria.
Come da tradizione all’evento liturgico è seguita un’agape fraterna, per condividere in sede conviviale la gioia, l’entusiasmo, lo stare insieme di laici e sacerdoti tanto legati alla santa figura di Pio IX.




Il Beato Pio IX
Papa Pio IX, nato Giovanni Maria dei Conti Mastai Ferretti a Senigallia il 13 maggio 1792 e deceduto in Vaticano il 7 febbraio 1878. Fu terziario francescano. È stato il 255º Vescovo di Roma e il 163º e ultimo Sovrano dello Stato Pontificio, dal 1846 al 1870. Il suo pontificato, durato 31 anni, 7 mesi e 23 giorni, rimane il più lungo della storia della Chiesa cattolica dopo quello di San Pietro. È stato beatificato da San Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo dell’Anno 2000, il 3 settembre.
“Giovannino il buono”, così lo chiamavano da piccolo a Senigallia, provincia di Ancona, dove era nato. Vivace e dedito al gioco come tutti i bambini, il venerdì pomeriggio, però, era capace di raccogliere in piazza intorno al Crocifisso grandi e piccini, parlando loro del Vangelo. Iniziò la sua formazione dagli Scolopi, era un assiduo frequentatore della Confessione e dell’Eucaristia, finché a 17 anni decide di diventare sacerdote, e si trasferisce a Roma per studiare al Collegio Romano.
“Semplicemente un prete”, così lo definiva il fratello Gabriele, perché tale si sentiva Giovanni Maria, pur con la consacrazione ad arcivescovo, pur con la berretta cardinalizia e fino alla salita al Soglio di Pietro: semplicemente un prete, un pastore che voleva guadagnare a Gesù quante più anime possibile e farsi Santo.
Nel 1819 fu ordinato sacerdote nel 1819. A 35 anni divenne Vescovo di Spoleto e poi fu trasferito a Imola. Nel 1840 fu creato cardinale. Nel 1846 succede a Papa Gregorio XVI prendendo il nome di Pio IX.
Si racconta che avesse una devozione per la medaglia miracolosa, che teneva sempre con sé. Amava definirsi un “parroco di campagna” e la sua vita privata si svolgeva come quella di un semplice sacerdote. Si alzava alle cinque in punto del mattino e per un’ora rimaneva nella sua camera in preghiera su un inginocchiatoio di fronte ad un crocifisso. Celebrava la Santa Messa e poi assisteva ad un’altra di ringraziamento, durante la quale recitava le ore canoniche e le preghiere di pietà con un libretto appartenuto a sua madre. Dai tempi del Collegio degli Scolopi amava pregare recitando la corona delle Dodici Stelle, una preghiera composta da San Giuseppe Calasanzio, in cui ci si rivolge a Maria preservata dal peccato originale. Dopo le preghiere si dedicava alle udienze ufficiali concesse sia agli aristocratici sia ai semplici fedeli. Ogni giovedì riceveva, inoltre, petizioni da chiunque e ogni 14 del mese riceveva tutti in pubblica udienza. Alle tre del pomeriggio terminava le udienze e si recava a pranzo. Non voleva che si consumasse più di uno scudo al giorno per i suoi pasti. Dopo pranzo amava fare lunghe passeggiate o andare in carrozza per la città. Tornato in Quirinale leggeva la corrispondenza e poi recitava il Vespro. Dopo la cena riceveva il suo confessore e si ritirava nella cappella privata a pregare dinanzi al tabernacolo. Ricordava spesso l’importanza di pregare Gesù Eucaristico, al quale si poteva confidare tutto.
Particolarmente devoto a Maria, nel giorno dell’Immacolata Concezione, l’8 dicembre 1854, definì dogma di fede che la Madonna fosse stata concepita senza peccato originale e che fosse Tutta Santa dall’inizio della sua esistenza. Nel 1869, sempre l’8 dicembre, sotto la protezione della Vergine, aprì il Concilio Ecumenico Vaticano I che riunì a Roma vescovi di ogni parte del mondo. Nel 1870, poi, con la Costituzione Pastor aeternus, stabilì il dogma dell’infallibilità del Papa quando insegna ex cathedra, come maestro della fede e della vita Cristiana, con l’autorità concessa da Cristo.
I lunghi anni in cui Papa Pio IX governò la Chiesa Cattolica Romana, furono anni di grandi rivolgimenti politici in Italia.
Il 14 marzo 1848, a seguito dei moti rivoluzionari che avevano investito tutta l’Europa, Papa Pio IX concesse lo Statuto Fondamentale per il Governo Temporale degli Stati della Chiesa, seguendo l’esempio del Sovrano delle Due Sicilie, S.M. Francesco II di Borbone. Lo Statuto istituiva due Camere legislative e apriva le istituzioni sia legislative sia esecutive ai laici. Il 15 settembre nominò Pellegrino Rossi Primo Ministro. Quest’atto può essere visto come un tentativo da parte del Pontefice di cercare un compromesso con le forze rivoluzionarie interne allo Stato Pontificio, oltre ad un tentativo di portare avanti il progetto federativo iniziato con la Lega Doganale. Il programma di Rossi cercava di conciliare le istanze rivoluzionarie da un lato e le esigenze pontificie dall’altro, ma il progetto federalista era inviso a chi voleva unire l’Italia in uno stato centralizzato sul modello francese. Rossi avviò la riorganizzazione delle Finanze e dell’Esercito. Il 15 novembre, alla riapertura del Parlamento, Rossi fu accoltellato sulle scale del Palazzo della Cancelleria e il suo assassinio fu l’inizio della serie di eventi che portarono alla proclamazione della Repubblica Romana. A seguito dell’assassinio del Rossi i rivoluzionari, guidati da Ciceruacchio, pretesero di dettare condizioni per la formazione del nuovo governo.
Papa Pio IX, non volendo scendere a patti con essi, ma avendo capito che un’azione repressiva avrebbe potuto innescare una guerra civile, decise di lasciare Roma. Il 24 novembre partì nottetempo, vestito da semplice sacerdote, con destinazione Gaeta, nel territorio del Regno delle Due Sicilie.
Rese note le sue ragioni con una Lettera aperta ai sudditi e a tutti gli uomini di buona volontà, in cui affermò: «Le violenze usate contro di Noi negli scorsi giorni, e la manifestante volontà di prorompere in altre […], Ci hanno costretto a separarci temporaneamente dai Nostri sudditi e figli, che abbiamo sempre amati e amiamo. Fra le cause che Ci hanno indotto a questo passo (Dio sa quanto doloroso è al Nostro cuore) una di grandissima importanza è quella di avere la piena libertà nell’esercizio della suprema potestà della Santa Sede, quale esercizio potrebbe dubitare l’Orbe cattolico che nelle attuali circostanze ci venisse impedito. […] Intanto avendo a cuore di non lasciare acefalo in Roma il governo del Nostro Stato, nominiamo una Commissione Governativa […] [e] nell’affidare alla detta Commissione Governativa la direzione temporanea degli affari pubblici, raccomandiamo a tutti i Nostri sudditi e figli la calma e la conservazione dell’Ordine».
Mentre Papa Pio IX era andato in esilio a Gaeta, a Roma s’instaurava la Repubblica Romana di Mazzini che dichiarava decaduto il potere temporale del Papa.
Durante la permanenza nel Regno delle Due Sicilie, il Papa l’8 settembre 1849 sperimentò per la prima volta un viaggio in treno sulla linea Napoli-Nocera.
Il 12 aprile 1850, grazie all’aiuto di alcuni principi Cattolici e all’intervento francese, Papa Pio IX torna a Roma. Acclamato dalla folla, si diresse in Vaticano, scelto come sua nuova residenza in luogo del Quirinale. La situazione dello Stato era peggiorata. Le finanze erano vicine al dissesto. L’amministrazione pontificia, ripreso il controllo dell’economia, cominciò un’opera di risanamento che portò in otto anni al pareggio di bilancio. Il carico fiscale dei cittadini era molto al di sotto della media europea, il che si tradusse in un afflusso di residenti stranieri a Roma, molti dei quali non Cattolici, che creò problemi in quanto il loro culto pubblico non era permesso. Papa Pio IX continuò poi la politica riformista già attuata nei primi due anni di pontificato. Il 14 agosto 1850, con una legge unica nell’Europa dell’epoca, stabilì disposizioni per tutto lo Stato Pontificio per la tutela e formazione dei sordomuti. Fra le principali opere pubbliche cominciate o portate a compimento vi furono: prosciugamento delle paludi di Ferrara e di Ostia; ampliamento dei porti di Ravenna, Cesenatico, Senigallia e Ancona; nuovi fari negli scali di Ancona, Civitavecchia, Anzio e Terracina; ammodernamento delle strade con la costruzione di venti importanti viadotti, tra cui spiccò quello fra Albano e Ariccia; completamento della rete telegrafica; consacrazione il 9 dicembre 1854 della basilica di San Paolo fuori le Mura, ricostruita dopo l’incendio del 15 luglio 1823; realizzazione di una rete ferroviaria. Nei due decenni che precedettero l’annessione dello Stato Pontificio al Regno d’Italia, furono in massima parte completati i lavori di bonifica dell’Agro romano e cominciati quelli relativi alla rete idrica per il soddisfacimento del fabbisogno di acqua potabile degli abitanti di Roma che tuttavia vennero portati a compimento solo dopo la costituzione del Regno d’Italia.

Lo scontro con il Regno d’Italia, costituita nel 1861, giunse all’apice quando nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe dei Savoia entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, ponendo fine alla sovranità temporale dei Papi.
“I nemici di Dio spariscono uno per uno,
e la Chiesa resta.
Saremo tribolati, ma vinti mai”
(Papa Pio IX all’Azione Cattolica).
In un’epoca di forti contrasti politici e grande incertezza, Pio IX spesso intonava questa preghiera, da lui stesso chiamata “contro l’errore”:
«Dolcissimo Gesù, nostro divino Maestro, Voi che sempre rendeste vane le infami astuzie dei farisei con le quali spesso essi Vi assalivano, distruggete le trame degli empi e di tutti quelli che nella meschinità del loro animo, cercano di sedurre e di sopraffare il Vostro popolo con le loro false sottigliezze.
Illuminate tutti noi, Vostri discepoli, con la luce della vostra grazia, perché non ci accada di venire corrotti dall’astuzia dei sapienti di questo mondo. Sapienti che diffondono dovunque i loro errori, i loro funesti sofismi; per trascinare anche noi nel loro abisso.
Concedeteci la luce della fede così forte da smascherare le insidie degli empi, credere fermamente ai dogmi della Vostra Chiesa e respingere con costanza le massime ingannevoli».
- L’ultimo Papa Re. La traslazione di Pio IX, perseguitato anche da morto di Antonio Tarallo su La Nuova Bussola Quotidiana, 7 febbraio 2025 [QUI]




La basilica di San Lorenzo fuori le Mura
La basilica di San Lorenzo fuori le Mura, detta anche San Lorenzo al Verano, è una delle Sette Chiese di Roma, situata all’inizio del tratto extraurbano della via Tiburtina. Nel XIX secolo fu costruito accanto alla basilica il primo cimitero comunale di Roma, quello del Verano.
La basilica ospita la tomba di San Lorenzo, arcidiacono, martirizzato nel 258, dello statista Alcide De Gasperi e di cinque Papi: San Zosimo, San Sisto III, Sant’Ilario, Damaso II e Beato Pio IX.
La primitiva basilica, basilica maior, fu eretta nel IV secolo dall’Imperatore Costantino I vicino alla tomba del martire Lorenzo, come altre basiliche cimiteriali della stessa epoca (San Sebastiano sulla via Appia, Sant’Agnese fuori le Mura, Santi Marcellino e Pietro, presso Torpignattara). Proprio sopra la tomba fu contemporaneamente costruito un piccolo oratorio.
L’oratorio fu rimpiazzato da una nuova chiesa all’epoca di Papa Pelagio II (579-590). Per un certo periodo coesistettero dunque la basilica maior costantiniana, che in un momento imprecisato fu dedicata alla Madonna, e una basilica minore, pelagiana. Tra il IX e il XII secolo, tuttavia, la basilica costantiniana fu probabilmente abbandonata.
Papa Onorio III, in occasione forse dell’incoronazione di Pietro II di Courtenay come Imperatore latino di Costantinopoli, nel 1217, iniziò grandi lavori di ampliamento della basilica di Pelagio II: la chiesa fu prolungata verso ovest, abbattendo la vecchia abside, l’orientamento fu ribaltato e la vecchia basilica divenne il presbiterio rialzato della nuova chiesa, che presenta ancora oggi un pavimento più alto nella navata centrale.
La nuova basilica era decorata da affreschi che illustravano la vita di San Lorenzo e di Santo Stefano, il primo martire Cristiano, sepolto sotto l’altare maggiore insieme al santo titolare della chiesa.
La basilica di San Lorenzo fuori le Mura fu sede del Patriarca latino di Gerusalemme dal 1374 al 1847, anno in cui Papa Pio IX ripristinò la sede a Gerusalemme.
La chiesa subì trasformazioni nel periodo barocco, ma le aggiunte furono eliminate con il restauro dell’Arch. Virginio Vespignani tra il 1855 e il 1864.

Il 19 luglio 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, la chiesa fu gravemente colpita durante il primo bombardamento alleato su Roma. Dopo la distruzione bellica, la basilica fu ricostruita e restaurata con il materiale originale. I restauri, terminati nel 1948, permisero l’eliminazione di strutture aggiunte nel XIX secolo, tuttavia gli antichi affreschi della parte superiore della facciata erano irrimediabilmente perduti.
Nel 1957 furono effettuati saggi di scavo in corrispondenza del muro del cimitero del Verano: le indagini permisero di riconoscere i resti della basilica costantiniana: un grande edificio a circo, a tre navate separate da colonne. Scavi effettuati sotto la basilica hanno portato alla luce numerosi ambienti e cripte.
La chiesa è officiata dai Cappuccini, ed è sede di parrocchia, istituita il 4 luglio 1709 con il decreto De cuiuslibet statuta del Cardinale Vicario Gaspare Carpegna. La parrocchia fu affidata in origine ai Canonici Regolari Lateranensi, ma nel 1855 passò ai Cappuccini.
La chiesa è preceduta da un piazzale, voluto da Papa Pio IX, ove si trova una colonna sormontata dalla statua bronzea raffigurante San Lorenzo, opera di Stefano Galletti del 1865. Affiancano la chiesa il monastero ed il campanile in stile romanico (XII secolo).
La facciata, in laterizio con tre finestre, è stata ricostruita dopo i bombardamenti del 1943. Essa era interamente ricoperta di mosaici, andati per la maggior parte perduti. Ne sono rimasti alcuni frammenti, che riproducono Cristo Agnello e la Presentazione di Pietro di Courtenay a San Lorenzo.
Precede la facciata un portico, risalente al XIII secolo, sostenuto da sei colonne di spoglio con capitelli medievali ionici. Sotto il portico sono conservati alcuni sarcofagi; gli affreschi delle pareti, dello stesso periodo del portico, rappresentano storie tratte dalla Vita di San Lorenzo e dalla Vita di Santo Stefano protomartire, e miracoli attribuiti ai due santi dopo la morte. Nella parete di sinistra è collocato il monumento funebre ad Alcide De Gasperi, opera di Giacomo Manzù. Il portale d’ingresso alla basilica è affiancato da due statue marmoree raffiguranti leoni, di epoca medievale. Infine, una lapide ricorda la visita di Papa Pio XII il 19 luglio 1943, dopo il bombardamento americano sul quartiere San Lorenzo.
La basilica è a tre navate, ed è composta dalle due basiliche costruite in epoca diversa, contigue ma non coassiali tra loro: quella pelagiana (VI secolo), rialzata e trasformata in presbiterio; e quella onoriana (XIII secolo), che costituisce il corpus principale dell’edificio.
La basilica fatta costruire da Papa Onorio III è a tre navate separate tra loro da 22 colonne di diverso formato e fattura. Si ipotizza che le colonne, assieme alle loro basi e alla trabeazione, provengano dall’antica basilica costantiniana.
Nella controfacciata è posto il monumento funebre del Cardinale Guglielmo Fieschi, composto da un sarcofago del III secolo e da un baldacchino cosmatesco. Sempre dei Cosmati è il pavimento e i due amboni nei pressi dell’altare maggiore: accanto all’ambone di destra è un candelabro, sostenuto da due leoni e decorato a mosaico. La navata centrale era stata interamente affrescata nell’Ottocento da Cesare Fracassini: i restauri eseguiti dopo gli eventi bellici hanno conservato solo due affreschi, nella controfacciata e nell’arco trionfale (quello rivolto verso la basilica onoriana). La navata termina con l’altare detto della confessione, in posizione rialzata.
Nella navata di destra vi sono resti di affreschi medievali raffiguranti Santi e una Madonna col bambino. La navata termina con la cappella di San Tarcisio, realizzata da Virginio Vespignani: in essa è conservata una tela di Emilio Savonanzi (1619), con la raffigurazione della sepoltura di San Lorenzo. La navata di sinistra, priva di opere pittoriche, termina con la “cappella sotterranea di Santa Ciriaca”, decorata nel XVII secolo: qui si trovano due monumenti funebri realizzati su disegno di Pietro da Cortona.
Dalla cappella di San Tarcisio, e dell’adiacente sagrestia, si accede al chiostro della fine del XII secolo, da cui, a sua volta, si scende nella catacomba di San Lorenzo.
L’ampio presbiterio corrisponde alla navata centrale all’antica basilica fatta costruire da Papa Pelagio II. Esso è in posizione rialzata e vi si accede attraverso due rampe di scale. Al di sotto vi è la cripta (IV secolo), da cui è possibile venerare le tombe dei Santi Lorenzo e Stefano protomartire. Nell’arco trionfale, rivolto verso la basilica pelagiana, vi sono mosaici del VI secolo raffiguranti Gesù tra santi e papa Pelagio.
Il pavimento cosmatesco, così come il suo innalzamento, è dovuto ai lavori fatti eseguire da Papa Onorio. Il ciborio, opera dei Cosmati, risale al 1148, ed è composto da quattro colonne di porfido sormontate da una copertura a piramide. In fondo al presbiterio è la sede episcopale del 1254, decorata con mosaici. Dietro la sede è la “cappella di Pio IX”, opera di Raffaele Cattaneo della fine del XIX secolo, con mosaici che ritraggono momenti della sua vita: questa cappella era, in origine, il nartece della basilica pelagiana.
Le navate laterali del presbiterio sono sormontate da un matroneo, e sono inquadrate da 10 colonne, con capitelli corinzi e trabeazioni di reimpiego.