«Ho cercato di essere padre e fratello
di chi mi è stato affidato»
(Mons. Lino Fumagalli)





Alla solenne Santa Messa hanno partecipato sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli, tutti uniti nel rendere omaggio a Mons. Fumagalli, figura di riferimento per la comunità viterbese durante i suoi anni di ministero episcopale. Hanno partecipato anche i familiari e una rappresentanza della Delegazione della Tuscia e Sabina del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, guidata dal Vice Delegato, il Nob. Sandro Calista, Cavaliere de Jure Sanguinis con Placca d’Oro, che ha preso posto in basilica nel settore riservato ai membri degli ordini cavallereschi, con le Delegazioni del Sovrano Militare e Ordine di Malta e del l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
















Hanno concelebrato con il Vescovo emerito di Viterbo, Mons. Lino Fumagalli, il suo successore, Mons. Orazio Francesco Piazza, e il Segretario del Dicastero per le Cause dei Santi, Mons. Fabio Fabene, Arcivescovo titolare di Montefiascone. Una presenza significativa, perché nato a Roma, dopo aver frequentato il Seminario minore della Diocesi di Montefiascone, Mons. Fabene ha compiuto gli studi teologici presso il pontificio seminario regionale di Viterbo. Dopo aver ricevuto l’ordinazione sacerdotale nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo, ha esercitato il ministero di parroco di Santa Maria del Giglio a Montefiascone, ricoprendo anche l’incarico di cancelliere vescovile presso l’istituto teologico viterbese, prima di entrare in servizio presso la Congregazione per i Vescovi e svolgendo anche l’incarico di Sostituto presso la Segreteria del Collegio cardinalizio.

Nella sua omelia, Mons. Orazio Francesco Piazza ha espresso parole di profonda stima e affetto verso Mons. Fumagalli, ricordando i suoi undici anni di servizio pastorale come Vescovo di Viterbo. Ha tratteggiato la figura del vescovo, che è chiamato sull’esempio di Cristo buon Pastore ad essere più di tutti, esempio di fede, guida luminosa e padre spirituale per tutti i fedeli.



Al termine del Sacro Rito, prima della Benedizione Conclusiva, Mons. Lino Fumagalli ha ringraziato i partecipanti alla Santa Messa e che hanno manifestato in modi diversi vicinanza e preghiera affettuosa: «Questo mio anniversario di episcopato mi dà la possibilità oggi di esprimere gratitudine al Signore per il dono della vita e della vocazione sacerdotale ed episcopale. In questo giorno, ripercorro e rivedo nella mia vita tutte le persone, i confratelli, i sacerdoti e i fedeli che mi sono stati affidati e a cui ho cercato di essere padre e fratello e di questo ringrazio Dio, ma chiedo anche perdono se posso aver recato sofferenza a qualcuno».


La celebrazione si è conclusa in un clima di commozione e riconoscenza, suggellando un momento di grande importanza non solo per Fumagalli ma per tutta la comunità di Viterbo, che ha voluto onorare un pastore che ha lasciato un segno profondo nella diocesi.

Mons. Lino Fumagalli
Vescovo emerito di Viterbo
Mons. Lino Fumagalli è nato il 13 maggio 1947 a Roma, in zona La Storta, nella Diocesi Suburbicaria di Porto-Santa Rufina.
Dopo aver compiuto gli studi inferiori a Frascati, frequentò il liceo ed il corso filosofico e teologico ad Anagni.
Il 3 gennaio 1971 è stato ordinato diacono e il 24 luglio 1971 è stato ordinato presbitero nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maria a La Storta dall’Arcivescovo Andrea Pangrazio per la Diocesi Suburbicaria di Porto-Santa Rufina.
Nel 1973 ha conseguito la licenza in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana e nel 1973 la licenza in Diritto Canonico alla Pontificia Università Lateranense.
Dopo l’ordinazione sacerdotale è stato per un anno Vicario parrocchiale della Madonna di Fatima nel quartiere della Massimilla, dal 1972 al 1977 è stato Vicario parrocchiale di San Giuseppe a Santa Marinella e dal 1977 al 1984 è stato Parroco di Sant’Angela Merici a Santa Severa.
Ha ricoperto molteplici incarichi di responsabilità nella sua diocesi. Dal 1978 è stato docente presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, di cui è stato rettore dal 1984 al 1993, e dal 1981 anche insegnante presso l’Istituto di Scienze religiose della Pontificia Università Gregoriana.
È stato docente nel Pontificio Seminario Regionale di Anagni dal 1978 e nella Pontificia Università Gregoriana dal 1981. Dal 1984 al 1993 è stato Rettore e Prefetto degli studi del Pontificio Seminario Regionale di Anagni. Nel 1985 è stato nominato Direttore della Scuola Diocesana di Teologia “Cardinale Eugenio Tisserant” e nel 1989 Vicario episcopale per la Pastorale e per la Vita religiosa della Diocesi Suburbicaria di Porto-Santa Rufina. È stato docente e Preside dell’Istituto di Scienze Religiose Veritas in Caritate di Civitavecchia dal 1993 Nel 1996 è stato nominato Parroco della cattedrale de La Storta. Dal 1998 è Segretario della Commissione Presbiterale Italiana, Direttore del Centro Regionale Vocazioni del Lazio e Membro della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università della Conferenza Episcopale Italiana. Ricopre tutti questi incarichi fino al momento della nomina episcopale.
Il 14 novembre 1985 è stato nominato prelato d’onore di Sua Santità.
Il 31 dicembre 1999 è stato eletto da Papa Giovanni Paolo II Vescovo di Sabina-Poggio Mirteto. Fino a quel momento era Parroco e Canonico della cattedrale, consultore, delegato episcopale per la formazione dei diaconi permanenti, vicario episcopale, membro del Consiglio presbiterale della Diocesi Suburbicaria di Porto-Santa Rufina. Il 20 febbraio 2000 è stato ordinato vescovo nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maria di Sabina-Poggio Mirteto e il 19 marzo seguente ha preso possesso canonico della diocesi. Dal 7 aprile al 5 ottobre 2008 è anche Amministratore apostolico della Diocesi di Tivoli. L’11 dicembre 2010 Papa Benedetto XVI lo ha trasferito alla Diocesi di Viterbo e il 27 febbraio 2011 ha preso possesso canonico della diocesi.
Dal 2 maggio 2002 è membro della Congregazione delle Cause dei Santi.
Il 7 ottobre 2022 Papa Francesco ha accolto la sua rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Viterbo per raggiunti limiti di età e rimane Amministratore apostolico fino all’ingresso del suo successore del 3 dicembre seguente.
Il 6 novembre 2022, nella sua commossa omelia della Messa di Ringraziamento a conclusione del governo pastorale della Diocesi di Viterbo, che ha presieduto al Santuario della Madonna della Quercia, Mons. Lino Fumagalli ha ringraziato tutti ripetendo di essere contento del cammino fatto nella Diocesi di Viterbo in questi dodici anni del suo ministero episcopale: «Avrò più tempo per pregare e negli incontri silenziosi con il Signore presente nel tabernacolo della mia cappella rivedrò i vostri volti, gli eventi gioiosi e tristi delle vostre vite, le vostre difficoltà in famiglia e tutti affiderò al Signore implorando il suo aiuto e il suo sostegno per ciascuno di voi. Il mio ultimo desiderio, quasi un testamento, lo prendo dalla lettera ai Filippesi. La Chiesa più cara, dice Paolo, se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto frutto della verità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanete unanimi e concordi. Amici miei, rendete piena la mia soglia con il medesimo sentire. Tutti impegnati per rendere la nostra Chiesa autentica famiglia di Dio. Nel disegno di Dio un presbiterio unito e concorde con il vescovo, con i religiosi, con i laici. Tutti attenti al disegno di Dio da individuare e portare avanti insieme nella ricerca del bene comune».

Maria Santissima della Quercia
La storia del miracoloso dipinto della Maria Santissima della Quercia è straordinaria.
Scriveva lo storico Mortier nei primi del ‘900: «La Madonna della Quercia è il tesoro della città di Viterbo, ed a lei appartiene non solo per diritto di proprietà territoriale, ma, e più ancora, per la intensa devozione che le è stata incessantemente tributata da secoli, cosa che costituisce un diritto di ben d’altra guisa inalienabile: il diritto del cuore». Questo ”diritto del cuore” la Madonna della Quercia l’ha conquistato nel corso dei secoli, mantenendo sempre un posto caro e davvero speciale nell’anima dei Viterbesi (e non solo).
Esso venne commissionato nel 1417 per personale devozione da Mastro Battista Ruzzante al pittore Maestro Monetto, per porlo a protezione dei fedeli fu posta su una quercia in campagna e divenne motivo di venerazione.. Lo incaricò di dipingere l’immagine della Vergine Maria con il Bambino su di una tegola piana. La tradizione tramanda, come riferisce lo storico Niccolò della Tuccia, che mentre il pittore stava lavorando al dipinto si addormentò e nel sogno vide gli angeli che completavano l’opera, disegnando e colorando il volto e gli occhi della Madonna. Al suo risveglio scoprì il dipinto completato e perfetto tanto da attribuirlo con certezza a mano angelica.
“Al nome sia de Iddio et della Gloriosissima Vergine Maria protettrice di questa casa e di tutti i Santi della Celestial Corte”. Inizia così un libro di memorie scritte nell’anno 1576 da Fra’ Vittorio d’Arezzo, sacrestano maggiore del convento di Santa Maria della Quercia e con questa invocazione comincia questa storia, che vuole essere testimonianza della fede di tanti uomini e dell’aiuto che la Madre Celeste offre ai figli devoti, quali essi siano, ricchi o poveri, sapienti od ignoranti, Papi o Imperatori. La Madonna, come tutte le mamme, non fa discriminazione tra figli e il suo aiuto è per tutti.
Continuiamo a leggere ciò che scrive Fra’ Vittorio: “Dapprima ricordo come questo nostro luogo dove è ora la Chiesa et convento si chiamava il Campo Gratiano et era luogo incolto, et boscareccio. In quel tempo si trovava a Viterbo uno certo Mastro Battista Magnano Iuzzante molto timorato de Iddio et devoto della gloriosa Vergine Maria, il quale l’anno 1417 fece dipingere in un tegolo, di quelli che si cuoprono i tetti, una immagine della gloriosissima Vergine Maria con suo figlio in collo, a un certo pittore detto per nome suo proprio Monetto”.
Mastro Battista posò la tegola su di una quercia che stava ai bordi di una sua vigna, vicino alla strada che conduceva a Bagnaia e lungo la quale spesso i ladroni attendevano i viandanti. E lì rimase per circa 50 anni in incognito; solamente alcune donne che le passavano davanti si fermavano per dire qualche orazione e per ammirare la bellezza di un tabernacolo naturale che una vite selvatica, abbracciata alla quercia, aveva fatto.
Durante questo periodo un eremita senese, Pier Domenico Alberti, il cui romitaggio era ai piedi della Palanzana, andava in giro per le campagne e le cittadine dei dintorni di Viterbo, dicendo: “Tra Viterbo e Bagnaia c’è un tesoro”. Molta gente, spinta dall’avidità, iniziò a scavare ma, non trovando nulla, chiese spiegazioni all’eremita. Egli allora portò costoro sotto la quercia prescelta dalla Vergine ed indicò il vero tesoro: “La Madonna “. Narrò anche come un giorno per arricchire il suo romitorio si fosse deciso a portare via la sacra immagine e come quella fosse ritornata sulla quercia. Questa era la ragione per cui annunciava la presenza di un tesoro in quel luogo.
Una delle donne che spesso passavano davanti alla quercia si chiamava Bartolomea e ad ogni passaggio si fermava a pregare la Vergine. Un giorno decise di prendere la tegola ed di portarsela a casa. Dopo aver detto le orazioni della sera, Bartolomea andò a letto ma, svegliatasi, la mattina non trovò più la sacra icona. Pensò che i familiari l’avessero posta altrove, ma, non sentendo parlare nessuno dell’argomento, corse alla quercia e vide ciò che già aveva intuito: la tegola era ritornata miracolosamente al suo posto. Dopo non molto tempo ritentò il furto, ma sempre la sacra immagine tornò sull’albero. Bartolomea però non disse niente per non essere presa per pazza.
Nel 1467, durante i mesi di luglio e agosto, tutta l’Etruria Meridionale fu colpita dal più grande flagello di quei tempi: la peste. In ogni luogo vi erano morti; nelle strade deserte solo pianti e lamenti. Molti si ricordarono dell’Immagine dipinta sull’umile tegola e come spinti da una forza inspiegabile accorsero sotto la quercia. Nel mese di agosto, all’improvviso come chiamata da una voce misteriosa, una moltitudine di persone accorse intorno alla quercia con il dipinto della Madonna. In seguito arrivarono migliaia di persone proveniente da tutti i paesi della Tuscia. Niccolò della Tuccia, storico viterbese, presente al fatto essendo uno dei Priori della città, dice che in uno stesso giorno 30.000 persone erano in Campo Graziano ad invocare pietà.
Pochi giorni dopo, la peste cessò ed allora ritornarono in 40.000 a ringraziare la Vergine ed erano abitanti di Viterbo, con a capo il loro Vescovo Pietro Gennari, di “Toschanella, Caprarola, Carbognano, Bassano, Soriano, Civitella, Bagnaia, Buomarzo, Vetralla, Luprano, Chanapina, Montefiascone, Vitorchiano, Ronciglione, et molti altri circumvicini”, dice Fra’ Vittorio.
Nei primi giorni di settembre di quello stesso anno accadde un altro fatto straordinario. Un cavaliere viterbese aveva molti nemici e un giorno fu sorpreso da essi fuori delle mura di Viterbo, solo e disarmato. Non sapendo come fronteggiare quel pericolo si diede alla fuga in mezzo ai boschi. Stanco e disperato sentiva le grida dei nemici sempre più vicine. Alla fine fu vinto dalla stanchezza e scorgendo sopra la quercia la sacra immagine di Maria si gettò ai suoi piedi ed abbracciando con gran fede il tronco dell’albero mise la vita nelle mani della Madre Celeste.
I nemici arrivati sotto la quercia si stupirono di non vederlo più e si misero a cercarlo dietro ad ogni albero, ad ogni cespuglio e lo sfiorarono ripetutamente senza più vederlo in quanto era sparito ai loro occhi. Non riuscendo a trovarlo, dopo molto tempo, se ne andarono. Allora il cavaliere, dopo aver ringraziato la Madonna, ritornò a Viterbo ed a tutti raccontò quanto successo. Bartolomea lo sentì, ed incoraggiata da quelle parole, descrisse i miracoli di cui era stata protagonista. Ed andavano dicendo a tutti quanto era loro successo con così grande entusiasmo e fede che la devozione alla Madonna della Quercia si allargò a macchia d’olio e moltissime persone, provenienti dalle località più diverse d’Italia, continuarono ad accorrere ai piedi della quercia ed a raccomandarsi alla Vergine.
Il Popolo decise allora di fare una solenne processione di ringraziamento e i Priori di Viterbo ne chiesero il permesso al Vescovo Pietro, che autorizzò anche il culto alla Vergine ormai da tutti invocata come “Madonna della Quercia”. La prima processione del “Patto d’amore” fu fatta il 20 settembre del 1467 e rinnovata lungo i secoli fino ai nostri giorni. Come avviene dal XV secolo, la Città dei Papi continua a rivolgersi con fervore alla Madre di Dio per chiedere la sua celeste protezione.
Molte furono le offerte per cui nel 1467 si decise di costruire un altare ed una cappellina di tavole di legno che circondava la quercia e successivamente, dopo che da Papa Paolo Il venne l’autorizzazione, nel 22 ottobre 1467 di costruire una cappella.
Inizialmente fu affidata all’ordine toscano dei frati Gesuati che, non potendo amministrare i sacramenti, perché ordine religioso laico, fondato dal Beato Colombini di Siena, avevano l’incarico di aiutare i pellegrini e di raccogliere le offerte. E le offerte continuavano ad affluire con la moltitudine della gente e perciò, dopo che i frati dell’Ordine dei Predicatori sostituirono i Gesuati nel 1469, si decise di costruire una grande chiesa che via via, anche per l’incremento che diedero ai lavori ed alla devozione alla Madonna i frati della Congregazione di San Marco, discepoli del Savonarola, arrivati alla Quercia nel 1496, tutto il complesso raggiunse lo splendore attuale. Costruita in stile rinascimentale tra il 1470 e il 1525, la chiesa fu solennemente consacrata in onore “Nativitatis beatissimae et gloriosissimae Virginis Mariae” l’8 aprile 1577 dal Cardinale Francesco de Gambara, gran devoto della Vergine della Quercia, che vi è sepolto ai piedi dell’altare della Madonna.
Il santuario acquisì molti mecenati, compresi i Papi devoti dell’Immagine dipinta su tegola .Paolo II, Sisto IV, Innocenzo VIII, Alessandro VI, Giulio II, Leone X, Clemente VII, Paolo III, Giulio III, Paolo IV, Pio IV, San Pio V (che alla protezione della Madonna della Quercia aveva affidato l’armata Cristiana che sconfisse a Lepanto i Turchi), Gregorio XIII, Sisto V, Clemente VIII, Paolo V, Urbano VIII, Innocenzo X, Beato Innocenzo XI, Innocenzo XII, Clemente XI, Benedetto XIII, Clemente XIV, Pio VI (per il riscatto del quale tutto il tesoro della basilica viterbese fu consegnato a Napoleone), Gregorio XVI, Pio IX (che nel 1867 Pio IX elevò la chiesa a basilica minore), Leone XIII.
Molti i santi e beati devoti della Vergine Santissima della Quercia: Filippo Neri, Carlo Borromeo, Paolo della Croce, Ignazio di Lojola, Giacinta Marescotti, Lucia Filippini, Rosa Venerini, Lucia da Narni, Colomba da Rieti, Camillo de Lellis, Domenko della Madre di Dio, Crispino da Viterbo, Massimiliano Kolbe, Vincenzo M. Strambi, José Maria Escrivà, Lorenzo Salvi ed altri.
Fra le notizie della storia del santuario, non possiamo dimenticare la grande rovina che i Lanzichenecchi, sterminati poi da una grandinata eccezionale alle pendici del Monte Sant’Angelo nei pressi di Bagnaia, procurarono al santuario nel 1527-28.
Altre volte il complesso monumentale subì l’oltraggio della guerra: agli inizi del 1800 da parte dei soldati francesi al seguito di Napoleone e da parte dei garibaldini nel 1867.
Un altro triste episodio fu il furto, perpetrato la sera di Natale del 1700, che fruttò ai ladri un ingente bottino. Infatti tutti gli ori e gli argenti presenti nella chiesa furono rubati e la tegola della Vergine venne ripulita da tutte le pietre preziose che i fedeli avevano donato. In riparazione fu celebrata poi una cerimonia, durante la quale si incoronò la Madonna (1706).
file-495.png Santino della miracolosa immagine di Maria Santissima della Quercia che si venera nella chiesa dei Padri Domenicani presso Viterbo, 1890 circa (Archivio Mauro Galeotti).
La devozione della Madonna della Quercia ebbe una più grande risonanza ed arrivò anche in lontane regioni d’Europa. Infatti ad Ascona in Svizzera si venera un quadro della Vergine della Quercia dipinto, si dice, da Fra’ Paolino da Pistoia, che i frati Domenicani portarono da Viterbo nel 1550. In Francia, a Nancy, Padre Enrico Lacordaire portò, nel 1843, un quadro, opera del pittore Pierre Giacinto Besson, raffigurante la Vergine della Quercia che divenne la protettrice dell’Ordine Domenicano in Francia. Dalla Polonia il Nunzio Apostolico Claudio Rangono mandò, in devozione alla Madonna della Quercia, nel 1607, delle reliquie di San Stanislao, San Alberto e di San Giacinto, quest’ultimo sepolto a Cracovia.
I Domenicani, dopo che il santuario fu fatto parrocchia nel 1920, se ne andarono nel 1933. Nel 1936 fu nominato Parroco Mons. Sante Bagnaia, al cui amore ed impegno si deve la ristrutturazione ed il restauro del tempio.
C’è rimasto da raccontare un ultimo fatto che dimostra come anche ai nostri giorni la Vergine protegga i suoi devoti. Il 20 gennaio 1944, durante il bombardamento di Viterbo, una squadriglia di 12 bombardieri si diresse verso la Quercia; ma all’improvviso giunto all’altezza del paese inspiegabilmente virò a destra e le bombe gettate fecero corona al paese non distruggendo niente al di fuori dell’asilo che proprio quel giorno era vuoto. I resti delle bombe, 3 grossi spezzoni, si conservano dietro l’altare della Madonna.
Ancora oggi, la devozione verso la Vergine Santissima della Quercia è molto sentita. Ogni anno, la seconda domenica di settembre, giorno in cui si commemorano i “benefici dalla Sacra Immagine della Beata Vergine della Quercia”, numerose città e paesi, con le loro confraternite, partecipano alla processione di ringraziamento, chiamata del “Patto d’Amore” e il Sindaco di Viterbo, a nome di tutti i partecipanti, rinnova la consacrazione antica, fatta da tutto l’Alto Lazio nel lontano 1467.

La basilica presenta una facciata semplice, realizzata con pietra rustica, su cui si aprono tre portali d’ingresso sormontati da lunette in terracotta raffiguranti la Madonna, Santi e Angeli, opera di Andrea Della Robbia (1504–1508). L’alta torre campanaria è situata a destra del santuario, isolata rispetto alla facciata. Opera di Ambrogio da Milano, ha tre ordini di colonne.
L’interno della chiesa è un capolavoro di armonie del Rinascimento, diviso a tre navate da due file di colonne reggenti ampie arcate a tutto sesto. Nella navata centrale il bellissimo soffitto a lacunari, realizzato da Giovanni di Pietro detto Pazera su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, raffiguranti i simboli della Madonna, il Leone simbolo di Viterbo, lo stemma di Papa Paolo III e i gigli della famiglia Farnese, aggiunti nel 1536, quando il Papa a proprie spese fece realizzare la sfarzosa doratura. La controfacciata presenta un affresco raffigurante il Miracolo del Sacerdote di Canapina di Angelo Pucciati (1636). Le pareti delle cappelle presentano affreschi sei-settecenteschi staccati da chiese vicine soppresse o distrutte.
Al centro del presbiterio troneggia l’edicola marmorea di Andrea Bregno (1490), che racchiude la quercia e la tegola miracolosa. Intorno furono completati i dipinti di Michele Tosini, nipote di Domenico Ghirlandaio. Oltre il tabernacolo si apre un grandioso coro, intarsiato da Francesco di Domenico di Zanobi del Tasso e Giuliano di Giovanni detto il Pollastra, ora ridotto ai due terzi della sua primitiva lunghezza.
Il complesso è arricchito da due chiostri, uno del XV e l’altro del XVI secolo.